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Autore: Stilistire    05/07/2014    3 recensioni
Dopo un sabato sera di sballo, Arianna Villa si risveglia ubriaca e non ricorda più nulla della serata precedente. E' sudata, accaldata e seminuda sul suo letto. Questo significa solo una cosa: SESSO. Ma con chi?
"...- Quindi tu ti sei approfittato di me quando ero in uno stato di convalescenza! Non ci posso credere!- sbotto arrabbiata dandogli un pugno sul torace - peccato non aver mai fatto boxe - che afferra con la sua mano potente, al contrario della mia. - Villa non ti conviene giocare con il fuoco - ."
-Tratto dal capitolo 1
Una storia tutta da gustare!
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
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Quella sera sgattaiolai via quasi subito. Come negare che mi vergognassi. Almeno finché eravamo occupati ad eseguire le nostre cose, okay, ma poi, dopo aver finito, ero un po' nervosa ed agitata a trovarmi sotto i suoi occhi scrutatori mentre stavo cercando di recuperare le mie cose per la camera e per tutta casa. 
Una cosa era sicura. Quella notte non avrei di certo chiuso occhio. Non sono una persona particolarmente emotiva, ma per la mia personalità (e credo lo sarebbe anche per la vostra vostra) non è facile assimilare una serata così. 
Una bella pasticca di Valeriana avrebbe aiutato. La Valeriana ha un dono fantastico: da' tranquillità. E a me funziona benissimo, forse sono l'unica persona al mondo. 

La mattina seguente infatti mi svegliai benissimo. Avevo dormito come un bambino di 10 anni, ma quando ricordai ciò che era successo la sera precedente, avrei voluto sprofondare in letargo per giorni, mesi o addirittura anni. 
Dovetti concentrarmi su tutte le mie forze per alzarmi da quel letto, altrimenti mia madre mi avrebbe linciato, giá che ero stata a casa per un paio di giorni fingendo di aver dei dolori al ventre. Grazie mestruazioni, almeno per una volta!

Uscii di casa con calma visto che ero in ottimo orario, così mi presi la comodità - e l'ozio - di prendere l'ascensore. Le cuffiette dell'Ipod sulle orecchie e i miei occhiali da sole versione invernale. Il sole d'inverno mi sembra ancora più fastidioso, rispecchiando sulla strada bagnata. 
Quando sono agitata, la musica mi aiuta a riflettere e a cantare, anche se non mi esprimo mai ad alta voce, soprattuto in strade come quella, dove le persone potrebbero sbucare da un momento all'altro. Sulla mia testa rimbombano gli One Republic con la canzone "If I lose myself".
"Resto in piedi solo per vedere
Che tra tutti i volti
Il tuo è quello vicino al mio".
Mi giro d'istinto e trovo accanto a me proprio lui. Il coglione. Il mio amante per una sera. Davide Costa. 
Non accenna a ieri per fortuna, e lo ringrazio mentalmente. Quelle parole cantate sembrano così reali in quel momento. 
Aspettiamo l'autobus alla fermata insieme. Cosa che condividiamo da quanto facevamo la prima media. Con la coda dell'occhio intuisco che è girato dalla mia parte e mi sta guardando. Lo sento. Sento il suo sguardo. Sento la pressione che mi carica anche se non mi tocca. 
'Le sue mani che vagavano sul mio corpo. Il suo sguardo che fa lo stesso'. Mi sento in imbarazzo, va' che strano!
Faccio finta di non vederlo, di non notarlo, anche se sapevo benissimo le sue coordinate terrestri e l'allineamento del meridiano che passava sotto ai suoi piedi. Così entriamo in autobus e ognuno prende la sua strada (per dire ovviamente). Lui si ritrova agli ultimi posti con i suoi amici coglioni quanto lui - se non di più - che gli tenevano il posto ed io in piedi come un baccalà a chiacchierare con una vecchia amica delle medie che l'autobus non lo prende quasi mai. Parliamo del più e del meno, ma io con la testa non sono davvero lì a chiacchierare con lei. La mia testa sembra voler fare il riassunto di ieri sera.
Quelle mani..
Quello sguardo..
Quella penombra che ha nascosto milioni di sguardi..

A scuola rimango silenziosa, cosa abbastanza strana se ho accanto a me Miriam, l'amica più chiacchierona e pettegola che si possa desiderare. Ovviamente nota che sono strana, ma dopo essermi scaricata con uno "Sto bene.." ha capito che non era aria di approfondire, visto che di solito le parlo di tutto. 
Cerco di passare meno tempo possibile lì dentro: l'intervallo lo passo fuori, metto un piede dentro quella stanza solo per prendere la merenda e andare via come un razzo. Esco appena possibile tra un'ora e l'altra. 
L'ora della Santini capita a fagiolo. Insegna geografia e per ottenere un otto con lei mi basta davvero poco e poi credo di stargli simpatica. Mi manderebbe fuori anche se gli inventerei la scusa di essermi schiacciata un dito. Ma lei è così un po' con tutti. È una professoressa davvero fenomenale. Così colgo la palla al balzo ed esco. 

Vado in bagno: il rifugio di ogni ragazzo/a costretto/a a passare la propria vita tra quelle mura. Guardo la mia immagine riflessa sullo specchio e per la prima volta ammetto che non sto male. Sono una ragazza umile e modesta. Non mi vanto. Anzi solitamente mi sottovaluto e cerco di trovare un difetto anche nelle poche cose belle che ho. 
Un leggero strato di fondotinta tinge il mio viso, poi c'è l'eye-liner nero che da' forma al mio occhio e il mascara. Non mi trucco mai più di tanto. I miei capelli lunghi mi ricadono sulla spalla. Chiudo gli occhi e respiro, pensando che sta andando tutto bene e fin' ora mi sono preoccupata per nulla.

Appunto, FIN' ORA. 

La sua immagine si riflette dietro la mia. Lui sta dietro di me. Dentro il bagno delle ragazze.
Sbotto. -Ma che sei scemo? Esci subito!- 
- Shhhh zitta- mi mima con le dita. 
- Tu non sei normale, esciiiii!- dico più insistente. 
Poggia le sue mani sopra la bocca e mi zittisce. -Ti vuoi stare zitta- 
Okay, premetto che la paura che entrasse qualcuno e ci mandasse dal preside era nettamente minore del dispiacere che mi avrebbe provocato se lui se ne fosse andato. Maledetta alchimia!
Il suo corpo poggiava sulla mia schiena e io rimanevo immobile. Non riuscivo a mettere insieme pensieri decenti e con del senso.  Le sue labbra sfioravano i miei capelli, andarono più profondamente fino ad incontrare il mio orecchio, solo attenti da un po'. 
-Villa, voglio un'altra serata come ieri sera. E non so se mi basterà-. 
In quel momento ho imprecato in tutte le lingue possibili, tanto da dilettarmi anche in un arabo un po' storpiato. Lui non me lo aveva chiesto. Lui me lo aveva ordinato. Lui lo voleva.
Voglio. Voglio. Voglio. 
Eppure la sua voce risuonava come una supplica, come un'esigenza da esaudire. 
Io...io avrei voluto...io avrei voluto strozzarlo.  Ma non potevo competere con la sua vicinanza e i suoi muscoli. Mi avrebbe spezzato. Il cuore?
Sono sempre stata una tipa posata. Nei miei 17 anni non ho mai vacillato a dare una risposta. Sicura di me. Razionale ed intelligente. Capace di dare risposte sensate e sempre azzeccate nel momento giusto. 
17 anni buttati via dopo un vociare nell'orecchia. Un suo vociare, le sue labbra, le scariche elettriche che mi emana il suo corpo, le occhiatine complici che mi lancia. L'occhiolino. Le sue mani, la sua voce, il suo corpo, il suo viso. 
Ed ecco che sono così irrazionale da comportarmi come una ragazzina in preda agli ormoni. 
-Mmmh ok- la mia voce non é affatto convincente, ma è l'unica che mi esce. 

Maledetta me, ci sono ricascata un'altra volta. 
  
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