Capitolo due
Katy
Piangere contro il cuscino era la cosa più patetica di tutta quella
faccenda, soprattutto i miei singhiozzi: imbarazzanti.
Per non parlare poi dei pugni che mi ostinavo a lanciare tutt’intorno a
me, neanche avessi quel bastardo a portata di mano per poterlo far pentire del
suo gesto.
La pioggia e i nuvoloni in cielo sembravano rispecchiare perfettamente
il mio stato d’animo.
Avrei voluto addormentarmi, ma non ci riuscivo, per il momento dovevo
sfogarmi ancora un po’ per tutto quello che mi aveva fatto lui.
Pensare al suo nome avrebbe significato solo altre fitte al cuore.
“Ti odio, ti odio, ti odio!”
Afferrai con forza il cuscino, conficcandovi le unghie e chiedendomi
quanto quella sofferenza sarebbe durata.
Per quanto mi sforzassi però di dimenticare, ogni istante mi tormentava
e mi sommergeva come una valanga.
Il nostro primo incontro e la pessima impressione che mi aveva fatto,
quel giorno in cui ero andata a vedere se la macchina di mamma era finalmente a
posto e, invece del meccanico, avevo trovato lui che mi aveva chiesto di nuovo
il numero di telefono, il nostro primo appuntamento, il nostro primo bacio e la
nostra prima notte insieme.
Se possibile cominciai a singhiozzare ancora più forte sentendo le forze
abbandonarmi e, in pochi minuti, mi ritrovai in uno stato catatonico; le mie
scorte di lacrime erano terminare, ma non riuscivo a dormire, così l’unica
soluzione era continuava a guardare il comodino nel buio mentre non riuscivo a
smettere di pensare a Jay.
Spesso mi chiedevo cosa sarebbe accaduto se avessi voluto rompere prima
di lui, magari dopo il nostro secondo appuntamento, o cosa avrebbe fatto se lo
avessi implorato di restare con me quando mi aveva lasciata, invece di dirgli
che per me non c’era problema.
E invece il problema c’era eccome!
Mi aveva usata, per lui ero stata solo una puttana come tante,
nient’altro.
E forse, se fosse venuto davanti alla mia porta per chiedermi perdono
avrei ceduto; avrei sotterrato il mio orgoglio per lui, pur di poterlo
abbracciare e sentire le sue forti braccia intorno al mio corpo ancora una
volta.
Aveva voluto sempre di più, non gli bastavo mai.
A volte mi chiedevo ancora che cosa stava cercando in me, che cose
voleva a tutti i costi.
L’unica cosa di cui sono sicura è che l’ha trovata, se no non se ne
sarebbe andato mai.
Il ricordo più doloroso era dell’ultima mattina che avevamo passato
insieme, quando mi ero svegliata e lui non era più accanto a me; si era già
vestito ed era appoggiato alla parete.
Mi fissava con uno sguardo pieno di dolore, confusione e determinazione.
Quando avevo incontrato i suoi occhi avevo capito subito che sarebbe
cambiato tutto e, nel momento esatto in cui mi aveva lasciata con quel tono
freddo mi ero sentita morire.
Avrei voluto urlargli contro, gridargli e riversargli addosso tutto il
mio dolore.
“Guardami, bastardo! I miei occhi sono qui, non serve a niente schivare
il mio sguardo! Guardami! Non te ne accorgi? Mi stai uccidendo! Tutto quello
che volevo eri tu, era stare con te ancora, magari per sempre! E invece tu hai
deciso di rovinare tutto, uccidendomi”.
Strinsi forte al mio petto le coperte, ancora scossa dai singhiozzi.
Mi aveva ferita in modo molto profondo, eppure, per quanto mi sforzassi
di odiarlo, non ce la facevo.
Ero troppo innamorata per poter pensare ai cinque mesi passati insieme
come ad una disgrazia, perché in realtà erano stati i più piacevoli, divertenti
e totalizzanti della mia vita.
Ricordavo di esser cambiata per lui, sentendomi più donna ogni volta che
lui mi guardava in quel modo provocatorio e malizioso che mi faceva impazzire.
Eppure, per quanto io abbia provato a tenerlo stretto e a non lasciarlo
andare, alla fine lui si era allontanato da me.
Come ogni bambina avevo sognato il principe azzurro dai tre ai dieci
anni, poi avevo pensato che mi sarebbe bastato un ragazzo dolce e premuroso
dagli undici ai quattordici anni, eppure avevo finto coll’innamorarmi di un
bastardo, egoista, bambinone.
E anche se credevo di non volerlo mai più rivedere, in realtà avrei
voluto andare da lui e farlo pentire della sua scelta crudele nei miei
confronti.
Il punto era che non era stata quella classica storia da una botta e
via, forse in quel caso non avrei sofferto troppo perché il mio cuore non si
sarebbe spezzato del tutto, in realtà era stata una relazione seria fin
dall’inizio e ad entrambi non era bastata una volta per “consumare la
passione”, ma avremmo voluto sfruttare il letto o qualsiasi superficie piana
ogni singolo istante della giornata, perché era inutile negare o far finta di
non vedere l’attrazione sconvolgente che ci legava.
Mi rigirai nel letto e allungai la mano accanto a me, sentendo una fitta
dentro quando trovai il posto accanto a me vuoto.
Mi mancava da morire ogni singolo istante passato insieme ed ora, che mi
ritrovavo sola, non possedevo altro che i ricordi e una piccola e debole
speranza che ero certa si sarebbe affievolita in poco tempo.
Quando sentii cessare la pioggia avevo la mente stanca e affaticata da
tutti quei pensieri dolorosi e non impiegai molto tempo prima di chiudere
lentamente gli occhi e di addormentarmi.
Quella notte sognai per l’ennesima volta di essere con lui e di
perdonarlo.