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Autore: mattmary15    06/07/2014    1 recensioni
Cosa accadrebbe se, ai giorni nostri, l'erede della famiglia Holmes fosse una stramba ragazza dagli occhi di ghiaccio e dai riccioli neri? Sociopatica e iperattiva, intelligentissima quanto bella. Ha un fratello che lavora per il governo, un ex ragazzo psicopatico e un paio di corteggiatori imbranati. Lei preferisce la solitudine e i delitti efferati. Almeno fino a quando incontra John. Così comincia il gioco una mattina di un martedì di ordinaria follia...
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Spoiler!, Triangolo
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Note dell'autrice: Innanzitutto i personaggi non mi appartengono. Sono certa che Sir Conan non avrebbe mai immaginato il suo investigatore come una donna. A me l'idea ronzava in testa già da un po' ed ecco la storia. Grazie a tutti coloro che le hanno dato una possibilità. Spero che la meriti. Vi lascio alla lettura e fatemi sapere cosa ne pensate. Kisses.



Un serial killer


Quella sera Sherly ricevette altre due visite.
La prima l’aspettava.
“Stai diventando lento, Mycroft!” disse senza smettere di leggere un libro sulle caratteristiche del pastore tedesco riferendosi al tempo che ci aveva messo a trovare la sua nuova abitazione.
“Non ti chiederò di spiegarmi perché hai voluto saltare la seduta dall’analista. Lo sai che ogni volta che devo accompagnarti perdo tempo prezioso. Potresti almeno farmi la cortesia di metterlo a reddito in qualche modo.” Le rispose suo fratello.
Mycroft Holmes era più grande di Sherly e considerava un dovere il fatto di evitare che la sorella, a causa del suo carattere e delle sue attitudini, si mettesse nei guai o gettasse discredito sulla sua famiglia. Per non parlare del fatto che ogni volta che Sherly ne combinava una delle sue, sua madre minacciava con prepotenza di trasferirsi da loro a Londra cosa da cui Mycroft era terrorizzato.
“Non mi serve più la terapia.” Disse Sherly “In quanto al tuo tempo, non sono interessata né a spenderlo per me stessa, né a sapere cosa ne fai.”
“Normalmente è il terapista a stabilire se non c’è più bisogno di continuarla. Ovviamente tu fai caso a sé, giusto?”
“Vedi che quando vuoi, anche tu sai adoperare i neuroni che la mamma ci ha donato?”
“Sherly, fa come vuoi sulla terapia ma ti avviso. Un altro passo falso e giungeremo a soluzioni più drastiche.”
A quelle parole la ragazza voltò una pagina del libro dando ad intendere che non voleva proseguire quella conversazione. Mycroft si alzò e raggiunse la porta.
“Intendi prenderti un cane?”
“E’ per un caso.” Fece lei.
“Giochi ancora a fare l’investigatore privato?”
“In famiglia ne abbiamo una lunga tradizione.”
“Erano tutti uomini, Sherly. Ed erano al servizio della Corona.”
“Allora la tradizione è salva! La corona ha preso te!”
“Quindi qual è la tua funzione, sorellina?”
“Non chiamarmi sorellina!”
“Buonanotte Sherly. Mi raccomando, cresci.”
La porta si richiuse dietro suo fratello e Sherly rimase sola.
Come spesso capitava quando Mycroft andava via dicendole che era ora di crescere, Sherly non riusciva più a pensare. Ci aveva provato a crescere ma aveva dovuto smettere. Aveva imparato a proprie spese che raggiungere velocemente la vetta significa arrivare in luoghi da cui è facile cadere. Raggiungerla più velocemente degli altri significava rimanere facilmente da soli. Sherly sapeva che la mediocrità è rassicurante per la maggior parte delle persone e che la grandezza genera invidia e distanza. Essere più perspicace, più intelligente, più brava era stato un fardello non una benedizione e se Mycroft aveva imparato a fare in modo che la sua grandezza fosse temuta e aveva ottenuto il rispetto, Sherly che aveva desiderato solo una cosa nella sua vita, aveva maledetto se stessa per essere tanto diversa e tanto incapace di essere normale. A quel pensiero, da una delle finestre del suo palazzo mentale si affacciò il volto di Watson. Quel ragazzo che sembrava tanto normale, e non lo era come, faceva a passare indisturbato nella folla e a farsi credere uno dei tanti?
Si alzò dalla poltrona e raggiunse il camino. Dietro una mattonella malmessa c’era un piccolo nascondiglio in cui c’erano due oggetti: un pacco di sigarette e una bustina con una polvere bianca all’interno. Li prese entrambi e raggiunse la finestra. In lontananza si sentivano le sirene di un’ambulanza e delle persone che seguivano una partita di calcio. Tornò al camino e ripose la bustina. Prese una sigaretta e tornò alla finestra.
L’accese e aspirò un paio di boccate sentendo le terminazioni nervose del collo e delle spalle distendersi.
Fu allora che vide la macchina della polizia fermarsi sotto il suo balcone. Vide Lestrade e Donovan scendere dall’auto. Lui continuava a infilare e sfilare le mani dalle tasche. Nervoso. Lei aveva dato una spinta più forte del necessario alla porta della macchina. Seccata. Sherly gettò la sigaretta e tornò a sedersi alla poltrona con le gambe sopra un bracciolo e la testa sull’altro.
“Miss Holmes, c’è la polizia. Ho detto che è tardi ma non hanno voluto sentire ragioni! Ho detto che è inopportuno che vengano nella casa di una signorina per bene a quest’ora!”
“Lasci stare, Mrs Hudson, va bene. Cosa è successo Lestrade? Perché sei nervoso?”
“Non sono nervoso.”
“Come vuoi.”
“Stiamo solo perdendo tempo, Greg.” Intervenne Donovan.
“E tu perché sei tanto seccata, detective?”
“Io non sono seccata!”
“Sì che lo sei,  Donovan! Non volevi venire!” La sbugiardò Lestrade.
“E tu sei nervoso!” si vendicò lei.
“Appunto!” disse Sherly richiamando la loro attenzione.
“E’ successo di nuovo.” Disse il poliziotto sbuffando.
Sherly saltò giù dalla sedia.
“Vedi perché non volevo venire? Lei è contenta! E’ contenta che ci sia un serial killer in circolazione!”
“La sua deduzione al mio comportamento è errata. Almeno parzialmente, detective. Non sono affatto felice che ci sia un serial killer in giro, tuttavia sono contenta di avere avuto ragione. Vi avevo avvertito che il cadavere della biblioteca e quello della cappella appartenevano alla stessa mano. Ora perché mi credete?”
“Quando hai visto il cadavere alla biblioteca ci hai detto di cercare un uomo fra i trenta e i quarant’anni, probabilmente bianco e appartenente ad un ordine religioso, perché?”
Sherly andò in cucina e cominciò a preparare del tea.
“L’uomo che è stato assassinato alla biblioteca aveva nella cartella una serie di schede di diverse istituzioni religiose e doveva decidere a quale effettuare una grossa donazione. Gli hanno sparato da una distanza considerevole quindi la vista dell’assassino doveva essere buona. Dopo i quarant’anni la vista comincia a difettare, soprattutto quella da lontano. Inoltre tutti i palazzi che consentono di avere una visuale libera degli ingressi della biblioteca appartengono ad ordini religiosi. Solo qualcuno che li frequenta avrebbe potuto conoscere le abitudini della vittima.”
L’acqua cominciò a bollire e Sherly preparò tre tazze.
“Per me niente.” Disse Donovan e Sherly ne ripose una.
“Quando hai visto il cadavere nella cappella perché hai detto che era lo stesso killer di quello della biblioteca? Dove hai visto il nesso che è sfuggito a noi miseri mortali?”
Sherly sorrise versando il tea.
“Stesso colpo alla nuca da distanza considerevole. Quando si spara alla nuca è per un’esecuzione e normalmente lo si fa da distanza ravvicinata. In questo caso il colpo alla nuca indica che il killer non si limita solo ad aspettare di avere la visuale libera. Vuole che la vittima si volti. Non riesce a spararle guardandola in faccia. Denota un senso di colpa o la conoscenza diretta delle vittime. Non ho un quadro completo ma propenderei per la prima ipotesi. Il killer uccide ma lo fa seguendo uno schema, forse una missione. Non uccide quelle persone ma ciò che rappresentano. Per questo aspetta che siano di spalle e per questo penso sia un religioso. Ora ditemi” disse porgendo la tazza a Lestrade “chi è la terza vittima?”
Lestrade guardò Donovan e bevve un sorso di tea.
“La responsabile di un orfanotrofio non molto distante dalla biblioteca e dalla cappella. Forse il killer è rimasto in zona. Stesso colpo alla nuca. Anderson dice che è stato sparato dalla stessa distanza degli altri due. Questo tea fa schifo!”
“Lo so ma prepararlo mi fa pensare. Ora andiamo.”
“Dove?” chiese la donna del corpo di polizia.
“Sulla scena del crimine!” esclamò Sherly.
“Te l’ho detto che sarebbe voluta venire con noi!” disse stizzita Donovan a Lestrade.
“Non voglio finire sulle prime pagine dei giornali insieme al titolo ‘serial killer terrorizza Londra’ scritto a caratteri cubitali. Andiamo!”
“Io prendo un taxi. Non salgo sulla macchina della polizia.” Disse Sherly decisa.
“Un giorno mi spiegherai il perché di questa fobia?” chiese l’investigatore capo.
“Un giorno mi arresterai e ci salirò per forza. Ora andiamo Gary!”
“Greg, mi chiamo Greg. In quel tuo palazzo mentale non puoi trovare un angolino per ricordare il mio nome, Sherly?”
“Tengo a mente solo le cose di vitale importanza. E poi Gary è molto meglio, sono certa che tua madre intendeva chiamarti Gary e all’ufficio anagrafe hanno sbagliato!” disse Sherly convinta al punto che Greg stesso stava per credergli.
Sherly e Donovan uscirono e Greg chiuse la porta.
“Mio nonno si chiamava così. Solo per la cronaca. Ci sono ventidue Greg Lestrade nel mio albero genealogico!” Urlò Greg mentre Sherly lo salutava con la mano fuori dal taxi.
“Non sa neanche l’indirizzo, Greg!” esclamò Donovan.
“E’ Sherly Holmes. Dagli indizi che le abbiamo dato arriverà anche prima di noi. Muoviamoci!”

Dicono che i soldi non facciano la felicità eppure John aveva capito subito che senza, di certo, felice non lo sarebbe stato comunque. Vivere decorosamente con la pensione di invalidità non sarebbe stato possibile e doveva trovarsi velocemente un lavoro. Cosa sapeva fare John? Solo due cose completamente antitetiche tra loro: sparare e medicare ferite.
Fece una lista di tutte le attività per cui potesse rendersi necessaria la capacità di sparare e le poche che rimanevano nel campo delle attività lecite comprendevano il circo e la polizia privata. Per fare il medico invece doveva trovare solo una clinica in cui cercassero una persona disposta a fare prevalentemente turni di notte più remunerativi e meno affollati.
In entrambe le opzioni rimaneva da dimostrare una cosa fondamentale: una mano ferma.
Si guardò entrambe le mani e tremavano ancora. Raggiunse la scrivania e prese la pistola. La puntò alla sua testa riflessa nello specchio appeso alla parete opposta e cercò di mantenere ferma la destra. Per quanto impercettibilmente, tremava. Abbassò l’arma e la gettò sul letto. In quell’istante il suo cellulare squillò.
“Pronto?”
“Lei non è uno che riceve molte chiamate, vero dottor Watson?”
“Lei chi è? Come fa a saperlo e soprattutto come ha avuto il mio numero?” Chiese il soldato con una punta d’irritazione nella voce e con il sospetto sempre crescente che quella persona avesse a che fare con miss Holmes.
“Dott.Watson, capisco che ricevere una telefonata da uno sconosciuto che dimostra di conoscere alcune cose personali possa dare fastidio, ma le basterà aprire la porta e verrà meno l’assunto di partenza.”
John si affrettò a recuperare l’arma e nasconderla nella cintura e raggiunse la porta rimanendo al telefono. L’aprì e si ritrovò di fronte l’uomo che aveva intravisto quella mattina stessa davanti allo studio della sua analista.
“Ora che ci conosciamo, dott. Watson, è meno seccato per la mia telefonata invadente?”
“No.” Disse John posando il cellulare “Continuo a non conoscerla, signor?”
“Holmes. Mycroft Holmes.”
“Il fratello di Sherly?”
Mycroft sorrise sornione e entrò nella stanza chiudendo la porta e lasciando due guardie del corpo armate fuori.
“Visto che ci conosciamo, in fondo? Del resto, per come la vedo io, ognuno di noi è collegato a chiunque, basta saper vedere i legami.”
“Ora mi verrà a spiegare la teoria dei sei gradi di separazione?” disse John ironicamente poggiando le spalle al muro per nascondere il rigonfiamento della pistola sotto il maglione.
“Siamo colti, dottore! Lei non è un soldato semplice!”
“Capitano John Watson.” Disse fieramente John.
“Capitano John Hamish Watson. Originario di un paesino poco lontano da Londra, medico, entrato nell’esercito volontariamente, partito per l’Afghanistan e tornato solo in seguito ad un brutta ferita alla spalla destra. Pluridecorato per il coraggio dimostrato in azione e congedato con onore. Ahimè dopo il congedo non resta molto da dire.” Concluse ghignando Mycroft.
“Ha preso informazioni su di me a quanto vedo.”
“Prendo informazioni su tutti quelli che ronzano intorno alla mia sorellina.” Disse l’uomo facendosi minaccioso. Il messaggio arrivò a John forte e chiaro.
“Guardi che si sbaglia!”
“E’ stato a casa sua proprio oggi.”
“Credevo fosse in pericolo. Intendevo avvisarla. Ma evidentemente non era in pericolo dato che lei non rappresenta un pericolo. Era da lei che intendevo metterla in guardia e ho scoperto che sua sorella non ha bisogno di essere messa in guardia.”
“Su questo ultimo punto, si sbaglia. Mia sorella negli ultimi mesi è andata in giro a convincere tutti i criminali di Londra che nessuno può compiere un atto efferato senza che lei sia in grado di assicurare i responsabili alla giustizia. E’ praticamente come se uscisse di casa con un bersaglio disegnato sulla schiena.”
“Io cosa c’entro in tutto questo?”
“Lei, dottore, c’entra. Ovviamente se decide di accettare il lavoro che intendo proporle.”
“Lei vorrebbe offrirmi un lavoro?”
“Esatto. A lei, un soldato in congedo.” John lo interruppe.
“Io sono un dottore.”
“Sono certo che qualunque anima preferisce, è in grado perfettamente di essere sia l’uno che l’altro.”
“Con ciò?”
“So per certo che non teme mia sorella.”
“Perché dovrei avere paura di lei?” chiese John e Mycroft rise di gusto.
 “Perché Sherly è una sociopatica iperattiva e spesso agisce in modo sconsiderato.”
“Vorrebbe che proteggessi una persona che per definizione è portata a violare le regole e che ha un cervello mille volte più fine del mio?”
“In parole povere, sì.”
“Mi pagherebbe per questo?”
“Sì e non in parole povere.”
“No.”
“No?” chiese Mycroft perplesso.
“Non prenderò dei soldi per fare da babysitter a sua sorella, signore, perché è di questo che stiamo parlando.”
“No. Non stiamo parlando di questo.” Disse Mycroft porgendo a John un biglietto. Il capitano lesse ad alta voce un indirizzo.
“Che cos’è?”
“Il luogo dove è stato da poco rinvenuto un cadavere. Mia sorella è lì ora. Sta dando una mano a Scotland Yard con il caso. Vada personalmente a rendersi conto se e quanto mia sorella sia in pericolo. Se avrà l’impressione di essere un inutile babysitter, allora noi due non ci rivedremo mai più.”
“Continuo a non afferrare il perché dovrei farlo.” Disse insistendo John.
Mycroft si avvicinò alla porta e l’aprì.
“Perché diversamente non avrà più modo di usare quel giocattolo che si porta dietro. Buona serata, dottor Watson.”
Mycroft svanì nel nulla. John guardò ancora il biglietto poi, mandando tutto al diavolo, usci di corsa a chiamare un taxi.

Il cadavere giaceva riverso in una pozza di sangue. Il colpo alla testa era uguale a quello che aveva ucciso l’uomo della biblioteca e quello della cappella. La donna era caduta in avanti finendo pancia a terra.
Sherly tuttavia sembrò da subito poco interessata al cadavere cui aveva dato solo una veloce occhiata entrando nella stanza.
“Cosa stai cercando?” chiese Lestrade.
“Shh. Non parlate, sto pensando.” Rispose Sherly.
Anderson, detective della scientifica, sbuffò e Sherly lo fulminò con lo sguardo.
“Doveva proprio venire?” chiese Anderson.
“Greg ha insistito.” Gli rispose Donovan.
“Shh!” fece di nuovo Sherly e nella stanza cadde il silenzio. Davanti agli occhi di Sherly si succedettero le immagini della scena del crimine. Il cadavere riverso sul pavimento. Colpo alla nuca.  Il sangue schizzato sulla parete. Colpo da distanza considerevole. Un vaso rotto sul pavimento. Irrilevante. Un braccialetto di perle al polso della vittima. Irrilevante. Una finestra aperta. Via di fuga? Accesso alla stanza. Computer spento. Irrilevante. Qualifica di direttore della vittima. Irrilevante? C’erano una serie di documenti sul tavolo. Nomi di bambini. Troppi nomi. Irrilevante. Porta chiusa a chiave dall’interno. Porta chiave con zampa di coniglio. Soggetto con inclinazione a credere nella fortuna. Irrilevante. Ciondolo al collo con la croce di St.Andrew. Il palazzo mentale di Sherly aprì le proprie porte e l’elemento rilevante fu isolato tra tutti quelli inutili.
“Ma certo!” urlò Sherly scatenando l’invidia di Lestrade spazientito.
“Cosa? Parla in fretta Sherly!”
“Cosa avevano in comune tutte le vittime?” chiese la ragazza in tono trionfante.
“Colpo alla testa da distanza considerevole?” disse Anderson con tono canzonatorio.
“Ovvio, Anderson. Cerca ciò che non è ovvio!”
“Sono morti?” disse l’uomo ridendo.
“Cielo! Che stupidità! Sono tutti membri della croce di Sant’Adrea. Come dimostra la catenina al collo della donna.” Disse Sherly.
“Gli altri non avevano catenine.” Li rassicurò Anderson.
“Il portachiavi attaccato alla borsa del cadavere della biblioteca e l’anello alla mano del chierico della cappella. Croci di Sant’ Andrea. Sono stata una stupida! Non appartiene ad un ordine religioso!” esclamò Sherly.
“La geniaccia che sbaglia?” chiese Donovan.
“Non ho detto di aver sbagliato. Chi ha un senso di lealtà tale da arrivare ad uccidere per difendere un ideale?” li imbeccò di nuovo la giovane Holmes.
“Avanti Sherly, parla. Non abbiamo tutta la notte!”  insistette Lestrade con le mani sui fianchi.
“Un soldato! Dovete cercare un soldato. Un uomo, bianco,  tra i trenta e i quarant’anni. Reduce di guerra. L’uomo che è stato ucciso alla biblioteca. Abbiamo supposto che fosse stato assassinato per via dei documenti relativi ad una grossa donazione. Sbagliato. Il chierico. Assassinato perché facente parte dell’ordine cui era stata assegnata la donazione? Sbagliato. Non avremmo potuto capirlo senza la terza vittima. Il nesso sembrava rappresentato dai soldi. In realtà questa donna non aveva nulla a che fare con la donazione. E’ stata assassinata, come gli altri del resto, per la sua appartenenza alla ‘Croce di St.Andrew’. L’associazione da anni patrocina il reinserimento nella società dei soldati affetti da STPD. Due settimane fa sul Daily Telegraph è apparso un articolo in cui l’associazione sottolinea l’importanza che ha avuto negli ultimi anni nella cura dei disturbi psicologici dei soldati di rientro dalle missioni di guerra. Ha definito i soldati “persone ormai incapaci di eseguire i più elementari comportamenti alla base della convivenza sociale””.
“Ricordi l’articolo a memoria?” chiese Greg lasciando cadere le mani lungo i fianchi.
“Interamente!” disse Sherly.
“E poi non ricorda il mio nome!”
“Secondo te questo sarebbe un movente?” chiese Donovan sorridendo.
“Ovvio! Senza questo terzo omicidio non avremmo potuto collegare le vittime ma gli assassini seriali tendono a commettere omicidi sempre più ravvicinati e il loro margine di errore si allarga. La donna qui presente faceva parte di una lista che l’assassino sta depennando. I soci fondatori dell’ordine. Cinque per l’esattezza.”
“Ora basta. Tutta questa storia è assurda!” Esplose Anderson “Facciamo delle ricerche serie e scopriremo che il nesso è la donazione. Magari dopo la morte del chierico, la chiesa l’ha rifiutata ed è toccata all’orfanotrofio!”
“Cerca pure se vuoi, decerebrato! Sappi però che, così facendo, moriranno altre due persone.” Disse Sherly alzandosi il bavero del cappotto.
“Come fai a dirlo?” la punzecchiò Donovan.
“Elementare! Il ciondolo della vittima, l’anello del chierico e il portachiavi dell’uomo della biblioteca sono in oro. Il simbolo di un’organizzazione che conta 2547 iscritti, non può essere in oro. Solo ai soci fondatori è stata data la decorazione in oro quando hanno ricevuto una speciale menzione dalla corona. Si trattava di cinque soci. Se escludi l’impossibile, ciò che resta è comunque probabile.” Concluse Sherly.
In quel momento il cellulare di Greg suonò.
“Sì? Cosa? Arrivo subito. Trattenetelo!” concluse il detective riponendo il cellulare.
“Che succede Greg?”
“Hanno fermato un uomo armato. Bianco sui trentasette anni. E’ un ex militare. Si aggirava in zona senza motivo.”
“Davvero? Troppo facile.” disse Sherly.
“Andiamo a vedere.” Concluse Donovan.
Certo Sherly non immaginava cosa sarebbe successo di lì a poco.
In manette, poggiato contro la macchina della polizia stava il ragazzo che aveva conosciuto quella mattina.
“Watson! Ma che sorpresa rivederla!” esclamò Sherly.
“Tu conosci quest’ uomo?” chiese Greg e la ragazza annuì.
“Così lei è John Watson. Capitano in congedo. Reduce da una missione in Afganisthan. E che ci faceva qui intorno? Il suo documento dice che abita in tutt’altra zona della città!”
“Temo non mi crederebbe se glielo dicessi.” Rispose John sconfortato.
“Me lo dirà in centrale.” Fece Greg.
“Oh! Andiamo detective! Non sia ridicolo, il dott. Watson non è di certo il vostro uomo!”
Greg scosse la testa.
“Non hai detto tu bianco, sui trenta, militare con una buona mira? Il foglio del congedo dice che è rientrato qualche giorno prima del primo assassinio.”
“Certo che l’ho detto! E lo confermo! Ma Watson! Coraggio non sia ridicolo! Il nostro John è un soldato, ed è un reduce ma frequenta normalmente l’analisi e la sua analista potrà confermarle che non è un pericolo per sé né per altri.”
“Va in giro armato!” esplose Donovan.
“Ah già la pistola! Sono certa che le striature presenti nella canna dell’arma dimostreranno che non fa fuoco da almeno, diciamo, otto giorni. Anderson vuole dare un’occhiata?”
L’uomo della scientifica smontò l’arma e confermò la teoria di Sherly suo malgrado.
“Visto?” disse la ragazza dai riccioli neri.
“Incredibile!” esclamò Watson “Tu sei letteralmente incredibile!”
“Grazie! Manette per favore.” Disse lei facendo cenno a Lestrade di lasciare andare John.
“Sì ma che ci faceva qui? Potrebbe comunque essere un complice dell’assassino!” provò ad insistere Donovan.
“Sbagliato. Se controllerete nel taschino della giacca di John, troverete un bigliettino su cui è scritto l’indirizzo di questo posto. E’ un biglietto della metropolitana ma riconoscerei tra mille la calligrafia. E’ di mio fratello Mycroft. John è venuto qui per me. Se volete, chiamate Mycroft e controllate. Potrebbe essere abbastanza sadico da mentire, tuttavia credo che non lo farà. Chi vuole parlare con il Governo?” disse Sherly tendendo il suo cellulare a Lestrade.
Nessuno rispose e il detective tolse le manette a Watson.
“Fantastico.” Disse John rivolgendosi alla ragazza “Ricordami di averti intorno se mi ricapita una cosa simile.”
“Se ti rimango intorno, ti ricapiterà di certo una cosa simile!” rispose lei e lui sorrise.
“Che fai qui?”
“La consulente investigativa. Tu?”
“Credevo avessi bisogno d’aiuto.”
“La seconda volta in un giorno? Pensavo avessi detto che so badare a me stessa!”
“Prima di scoprire che frequenti scene del crimine!”
“Ti ha mandato Mycroft?”
“Sì, ma non sono qui per lui. Ho rifiutato il lavoro che mi ha offerto.”
“Spiarmi?”
“Proteggerti.”
“Allora che ci fai ancora qui, John?”
“Non lo so esattamente. Ti serve una mano? Dovrei ringraziarti per avermi tirato fuori dai guai con la polizia. Come sapevi che la mia pistola non sparava da otto giorni?”
Sherly unì le mani sotto al mento.
“Vai dalla tua analista quando non riesci più a controllare la tua sindrome. Se eri davanti allo studio stamattina, supponendo che tu sia una persona fondamentalmente precisa, mancavi dal martedì precedente. Quindi otto giorni oggi. Al peggio. Giusto? Forse potresti essere d’aiuto.”
“Impressionante.”
“Victoria o Finsbury?”
“Come?”
“Rimangono due persone nel mirino e io non so ancora quale delle due è la prossima vittima del nostro reduce folle.”
“Quindi?”
“Una abita a Finsbury, l’altra a Victoria. Quale prendi John?”
“Conosci gli indirizzi della gente a memoria?”
“Ovvio che no! Ho cercato su internet. Smartphone!” disse Sherly agitando il telefono.
“Non mi piace nessuno dei due posti. E’ notte ormai.”
“Paura del buio, dott. Watson?”
“Non è troppo tardi per me, miss Holmes. E’ troppo tardi per te!”
“Non hai detto che hai rifiutato il lavoro? Si tratta di salvare una vita. Allora Abbott Casey a Victoria o Amy Mayers a Finsbury? Scelgo io. Vado a Finsbury. Tu andrai a Victoria. Ti mando un messaggio sul cellulare con l’indirizzo preciso. Io prendo questo taxi.” Concluse Sherly sollevando una mano e richiamando un taxi che passava di la.
John rimase un istante interdetto. Quella maledetta ragazza gli era scappata di nuovo da sotto il naso. Se aveva ragione e, da quando l’aveva conosciuta aveva avuto sempre ragione, una vita era in pericolo. Chiamò un taxi e si diresse a Victoria.

  
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