Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Tom Kaulitz    06/07/2014    2 recensioni
"Gwendolyn... Hai sentito?" Mi chiese Gideon con voce stranamente tremolante. Annuii, in attesa. I passi erano frettolosi, le scarpe pesanti. Cessarono. Lanciai un urlo non appena un oggetto venne lanciato sulla strada, unica cosa illuminata nei paraggi. Guardai meglio: era un coltello.
~
Bill scattò e riuscì a malapena a bloccarlo prima che la sua lama gli trafiggesse la mano. Le spalle al muro, probabilmente di lì a poco sarebbe morto.
D'improvviso Beatrice puntò la pistola contro il ragazzo. Era fottuto. Sembrò accorgersene, perché dallo spavento lasciò cadere il coltello che la mora calciò via, sulla strada. Premette il grilletto, un grido coprì lo sparo.
~
Una vita frantumata da un'altra, due cuori spezzati destinati a ricomporsi con le anime più improbabili, in una missione persa in partenza.
~
Fanfiction con elementi della Trilogia Delle Gemme di Kerstin Gier (i romanzi Red, Blue e Green) - Contiene Spoiler per chi non ha letto i romanzi.
Genere: Azione, Fluff, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Sorpresa, Tom Kaulitz
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



4.

Incontrandoti.

 

I'm screamin' from the top of the world
can you hear me?
Don't you know that
I'm screamin' from the top of the world
Don't you feel me?

- Screamin' Tokio Hotel

 

Gwendolyn si ritrovò a sbuffare e a rigirare la penna nella mano: era sempre più faticoso concentrarsi per fare i compiti, soprattutto quando c'era Gideon nella stessa stanza. Guardò il display del suo cellulare: 12 chiamate perse da Leslie (la sua migliore amica) e 3 messaggi, sempre di Leslie, ovviamente. Guardò annoiata il soffitto. Quelle stanze del 1858 erano sempre rovinate, lo stucco (se esisteva già) si staccava e si vedevano crepe lungo una linea che sembrava essere arrecata dall'umidità, il lampadario sembrava voler, come sempre, esalare l'ultimo respiro da un momento all'altro. Sospirò e volse lo sguardo verso Gideon, che era sdraiato sulla schiena sulla "cugina sofà" come l'avevano chiamata i due: un vecchio divano settecentesco di un tessuto ignoto tutto logoro. Ascoltava la musica con l'ipod con gli occhi chiusi, ogni tanto faceva "mm" intonando le note. Ascoltava Hallelujah. Gwenny arrossì al ricordo di ciò che avevano fatto ascoltando quella canzone e si incantò sul mattone rosso del muro davanti a sè. Gideon intanto aprì gli occhi e la spaventò. «I compiti ti tormentano?» disse rompendo il silenzio. Lei sussultò lievemente e annuì sbuffando di nuovo. «Quanto tempo abbiamo ancora prima del salto?» gli chiese scostando i suoi capelli biondo chiarissimo quasi bianco. Lui aprì finalmente gli occhi, la fissò e disse tranquillo: «Più di due ore, Gwenny.» Lei sorrise maliziosa. «Posso sedermi accanto a te?» si alzò. Gideon si sedette per farle spazio e allungò un braccio sullo schienale dietro di lei, e spense la musica. «Gideon» lo chiamò. Lui alzò la testa sorridendo rassicurante incitandola a continuare. «Mm?» «Cosa diremo a Mr.George e agli altri?» Lui alzò le spalle e poggiò l'iPod sul tavolino sporgendosi, e sospirò.

«Secondo me dovremmo semplicemente ignorare i loro comandi. Anche se il Conte è immortale, perciò è ancora fra noi, credo che nessuno scoprirà cosa sappiamo. Se è così, andiamo di lusso risolto.» Gwen sogghignò. «Forse hai ragione..» Si guardarono per un paio di secondi, Gideon trattenne il respiro e si avvicinò lentamente a lei, che chiuse gli occhi. Le labbra di Gideon, si ritrovò a pensare la ragazza, erano sempre così morbide, calde... Però c'era qualcosa che non andava. Non lo baciava più come agli inizi, non lo baciava più come se fosse l'ultimo giorno. Non lo faceva più, era come se l'euforia iniziale fosse scomparsa per lasciare spazio ad un'abitudine, ad una rassegnazione verso il presente che "era semplicemente così"...

Senza che Gwen lo sapesse, anche Gideon pensava la stessa cosa. Si volevano bene, ma non come una volta.
 

*
 

Tom e Bill camminavano verso la Saint Lennox high school, sorriso sornione in volto. «Sei sicuro che sia questa?» chiese il rasta a suo fratello. «E che cazzo, è la quarta volta che me lo chiedi! La risposta non cambia nel giro di due minuti..» Lo spinse e rise. «Si scusa, sono nervoso.» Il moro lo guardò con aria ironica; suo fratello che si "scusava" per una cosa stupida? Si, era decisamente nervoso. Bill scrollò mentalmente le spalle. Al loro passaggio, come al solito, le ragazze li guardavano incantate dalla loro bellezza inaudita, nessuno sapeva chi dei due fosse meglio. Bill le ignorava sempre, mentre Tom, con le ragazze particolarmente carine, ricambiava lo sguardo e a volte persino accennava un sorriso.

Svoltarono l'angolo e rimasero a bocca aperta:un enorme edificio bianco pulito si stagliava alla fine della strada. Uno sciame di studenti perfettamente vestiti con l'uniforme dalla camicia bianca e la gonna blu stavano uscendo da una grande e pesante porta laccata. I due gemelli si guardarono leggermente intimoriti: come l'avrebbero trovata, quella Gwendolyn? Anche se, dalla descrizione che gli avevano dato, era piuttosto appariscente: Capelli biondo platino quasi bianco, vari piercing e un abbondante trucco («Ma non sembra una zoccola come altre!» aveva voluto sottolineare lo strano tipo a chi avevano chiesto.) che le ornava gli occhi. Per di più, usciva con un tipo che era "il più figo della scuola".

Stettero ad attendere per un pò appoggiati al muretto del cortile, un pò appartati , e rimasero in un silenzio carico d'attesa. Bill, coi ray ban neri classici, era come sempre bellissimo. Guardava la porta della scuola in attesa della comparsa della famosa chioma bianca. Tom, invece, era incantato a vedere i grandi tigli che ondeggiavano nel vento primaverile, che ti scompigliava i capelli e ti portava addosso l'odore della colonia di qualche eccentrica professoressa; per fortuna Tom aveva le trecce-rasta che erano pesanti, se no anche a lui sarebbe successa la stessa cosa di Bill, che lottava contro la brezza che cambiava sempre direzione senza permettere un'acconciatura decente.

Finalmente eccola: una minuta ragazza, veramente molto carina, si avviava verso l'uscita accomapgnata da una mora mulatta con le lentiggini. I suoi capelli bianchi venivano scompigliati dal vento, il che la rendeva ancora più affascinante. Indossava una collana di perline bianche finte e una collana con una piccola croce gotica nera e portava due labret, uno a sinistra della bocca e uno a destra.
Bill tirò una gomitata al fratello per svegliarlo da quello stato di trance in cui era andato mentre fissava la ragazza. Dopotutto, non doveva scordarsi che erano venuti lì per una missione, ben precisa. Non dovevano farsi coinvolgere, non la conoscevano neanche.

«Tom, dobbiamo decidere quando la spiamo. Voglio dire, giorno e notte mi pare eccessivo. Facciamo mattina te e pomeriggio io?» chiese Bill girandosi verso di lui mentre il rasta continuava a tenere d'occhio la bionda.
«Ma perchè bisogna fare tutto noi? Mandiamo anche le tre grazie, Anna Lise e Lotte costì a spiare un pò. Ho capito siamo i capi della gang ma non ci siamo solo noi.»
«Hai ragione.» convenne il moro. «Ma ricorda che vanno a scuola.»
Tom sbuffò. «E allora facciamo che la mattina ci alterniamo noi due e il pomeriggio si alternano gli altri, no? Acume zero qui..» Bill gli tirò un coppino mentre si avviavano dietro la ragazza che, nel frattempo, camminava spensierata verso Bourdon Place chiacchierando con la sua amica. Tom non riusciva a staccarle gli occhi di dosso: riusciva a mascherare l'attrazione che aveva verso la ragazza soltanto col fatto che fosse suo dovere starle dietro (sempre a distanza però, per non farsi vedere).

I due fratelli riuscirono solo ad origliare alcune frasi, da cui capirono che l'amica di Gwen si chiamava Leslie e che parlavano di alcuni "Guardiani". Bill guardò Tom, entrambi in visibile difficoltà. «Ma che cazz..?» sussurrò Bill guadagnandosi una breve risata del fratello che era in contemplazione dei capelli perfettamente lisci della bionda. Chissà...
 

*
 

Tom sbadigliò e si stiracchiò, procurandosi le vertigini. Gemette e si tenne la testa, in attesa che il sangue tornasse a fluire normalmente. La settimana passata era stata molto movimentata ma al contempo monotona. Le volte in cui Tom aveva dovuto seguire Gwendolyn erano state sempre molto irritanti: stava insieme al ragazzo, a quel Gideon de Villiers. Era, si, bello, ma Tom non ci trovava nient'altro. Come era possibile che Charlotte sarebbe pronta ad uccidere per lui e che Gwen lo amasse così tanto? Una piccola, impercettibile fitta di dolore lo pervase. Ma a cosa pensava? Credeva forse che doveva parlarci con Gwen? No! Doveva solo fare il proprio lavoro. Solo il proprio lavoro..... Solo il.... No. Le avrebbe parlato.

Tom si tirò un mentalmente un ceffone. Stava a lambiccarsi il cervello solo per una ragazza che non conosceva neanche! "Bellissima, simpatica, gentile.." suggerì una vocina nella sua testa. Tom la mise a tacere. Come faceva a sapere se era davvero così? -.-"
Decise che sarebbe stato il destino a decidere. Si alzò, si mise una t-shirt e i suoi soliti jeans larghi e andò a fare colazione. Passò accanto al letto del fratello, che ancora dormiva beato.

Vivevano soli in quella casa, dopo che i loro genitori erano morti. A volte però Tom vedeva sua madre, Simone, aprire i cassetti della dispensa per prendere la pasta a forma di stelline che gli piacevano tanto e la vedeva mentre gli sorrideva, imboccando il figlio. Sentiva ancora i rumori dei passi pesanti di suo padre e riusciva ancora a percepire la carezza affettuosa che gli dava sulla testa, prima di sedersi a tavola e dare un bacio a sua moglie. Ricordava ancora Bill che veniva tenuto in braccio da Simone che rideva mentre il moro cercava di cantare la canzone che la madre gli cantava prima di dormire. La classica famiglia felice, prima che morissero in un incidente d'auto. Un banale incidente, causato dal tipico uomo ubriaco della domenica sera.

Il rasta scacciò quei pensieri dalla testa, dopotutto adesso doveva lavorare e non poteva cedere alla tristezza. Prese i biscotti dalla dispensa, quelli su cui c'era scritto "Biscotti al cioccolato bianco", cosa che leggeva nelle mattinate in cui non aveva niente da fare. Si sedeva sullo sgabello della cucina, sbadigliava e iniziava a tirare giù biscotti fino a che non si sentiva sazio, mentre leggeva per noia gli ingredienti. Ma quella mattina non c'era niente da fare: i caratteri sembravano annegare in un lago di solitudine. Quello era il lato dei due gemelli che nessuno, all'infuori di loro due, aveva mai visto: le lacrime amare che versavano, in silenzio, ricordando i genitori.
 

*
 

Gwendolyn passeggiava tranquillamente sul lungo Tamigi fumandosi una lucky strike azzurra. Tom stava abbastanza lontano da lei ad osservarla. Di solito era sempre accompagnata, pensò. Forse si voleva soltanto un pò rilassare lontano dalle parole della sua migliore amica che, si vedeva lontano un miglio, era abbastanza chiacchierona. Diede un tiro alla lucky e trattenne il fumo reclinando la testa indietro, per poi lasciarlo andare, denso. Tom era in apnea da alcuni secondi quando buttò anche lui fuori il fumo ricordandosi di resipirare. Lei, intanto, fece due passi in avanti e si appoggiò al muro che la divideva dal fiume, portandosi i capelli da un lato.

Il rasta era appoggiato ad almeno venti metri da lei allo stesso muro, cercava di non guardarla troppo per non infastidirla o farla sospettare qualcosa: ormai era un mese che il pedinamento andava avanti; non potevano farsi scoprire proprio ora. Erano stati bravi, perchè solo in quel momento Gwendolyn notò Tom.
"Carino quel ragazzo" pensò la bionda, ignara del fatto che lui lo pensasse ogni volta che la vedeva. Gwen buttò la sigaretta per terra e subito le venne voglia di fumarne un'altra. Imprecò ad alta voce, non aveva l'accendino. Le venne un'idea.
Tom sogghignò alla parola che la bionda si era fatta sfuggire e nascose la testa fra le mani per evitare che lo sgamasse ridere.

Solo in quel momento notò che lei si stava avvicinando lentamente. Cazzo, e ora? Non poteva fuggire adesso che lei lo stava puntando, sarebbe stato molto maleducato da parte sua.
«Ehi» disse Gwen. La voce che Tom si sognava da ormai un bel pò di tempo finalmente si fece sentire, finalmente soltanto per lui. Si voltò verso di lei e le sorrise lievemente.«Ehi» le disse con voce tremolante. Lei continuò. «Hai mica da accendere?» Cazzo, aveva persino le fossette mentre sorrideva in quel modo...

 


 

SALLLVEE♥
Amatemi, questo capitolo è arrivato molto ma molto in fretta, non volevo aspettare perchè fra un paio di giorni vado al mare. Non sono sicura ci sia la connessione... Ma scriverò comunque, così appena torno ne posto uno subito.. 
Grazie a coloro che hanno recensito♥
E a coloro che hanno seguito/messo tra i preferiti♥
Ciau, fatemi sapere come sta andando se vi va♥♥

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Tom Kaulitz