Cap
1
Riunire
nella stessa stanza Gabriel e Kate poteva
rivelarsi un’esperienza in grado di far sembrare la seconda
guerra mondiale una
semplice scaramuccia tra bambini. Quella volta, però, i due
ragazzi ostentavano
un’indifferenza palese e, quando proprio non potevano fare
altrimenti, si
rivolgevano brevi frasi condite di una formalità e una
cordialità chiaramente
finta.
-
Non sembrano neanche loro due. – commentò Rafael,
mentre nello stesso momento Cesar lanciava un’occhiata
incredula a Gabriel, che
aveva appena chiesto a Kate di “passargli la salsiera, se non
le era di troppo
disturbo”.
-
Secondo me sono stati ricattati da quelle due. –
replicò il figlio di Peter, lanciando un’occhiata
significativa in direzione di
Eve e Rashel che sembravano incredibilmente divertite dalla situazione.
-
È l’unica spiegazione possibile. –
convenne, prima
di scuotere la testa e ricordarsi con chi stava parlando.
Quasi
gli avesse letto nel pensiero, Cesar emise un
verso disgustato ed esclamò: - Si può sapere
perché mi sono messo a parlare con
te? –
Poi
assestò una gomitata all’amico, venendo
fulminato da un’occhiataccia.
-
Che c’è? – sibilò Gabriel,
mettendo giù il
coltello.
Forse,
se non avesse maneggiato arnesi affilati e
potenzialmente mortali, sarebbe riuscito a trattenere
l’impulso di trasformare
quella cena nella scena di un omicidio particolarmente cruento.
L’idea della
frigida in preda agli ultimi momenti di vita gli passò
fugacemente nella mente.
Sì, non sarebbe stato poi così male.
Certo,
sua madre dopo lo avrebbe disintegrato, ma ne
sarebbe valsa la pena.
-
Calcolami. Stavo quasi cominciando una
conversazione con Pedrad. – replicò.
Sì,
se Cesar cominciava a parlare con Rafael doveva
proprio essersi ridotto in condizioni pietose.
-
Non riesci proprio a mangiare in silenzio, eh? –
-
Perché adesso ti metti a fare domande stupide? Mi
conosci, sai che io non riesco neanche a dormire
in silenzio. –
Già.
Doveva essere stato proprio una persona
orribile nella sua vita precedente se il destino gli aveva assegnato un
migliore amico logorroico. Cesar riusciva a parlare per ore anche del
nulla.
-
Bè, sforzati di riuscirci, perché in questo
momento sono troppo concentrato nell’evitare una strage.
– ribattè, rivolgendo
un sorriso tutto denti alla gemella che lo fissava come se la sua
atroce
sofferenza fosse la cosa più buffa che avesse mai visto in
tutta la sua vita.
-
Oh, andiamo, Kate non è poi così … -
cominciò, ma
l’occhiata assassina che gli rivolse lo spinse a tacere.
-
Non stavi per dire che non è poi
così male, vero? –
-
Assolutamente no. È tremenda, insopportabile, e tu
hai tutte le ragioni del mondo. – lo assecondò.
-
Bene, mi fa piacere che la pensiamo allo stesso
modo. –
Cesar
non ribattè. Improvvisamente l’idea di rimanere
in silenzio non gli sembrava più così malvagia.
Eve
non si era lasciata sfuggire nemmeno una parola
del dibattito in corso, ma per il resto era stranamente silenziosa e fu
proprio
questo ad attirare l’attenzione di Kate e Rashel.
-
Si può sapere che ti succede? – le chiese Kate,
osservandola con la fronte corrugata alla ricerca di qualche segno che
tradisse
un eventuale malore.
-
Stavo pensando … - replicò, vaga.
-
A cosa? –
Un
sorrisetto furbo le increspò le labbra. –
È un
segreto. –
-
E questo segreto com’è? – intervenne
Rashel, con l’aria
di chi la sapeva lunga.
-
Bello come il Sole. –
Kate
e Rashel si scambiarono un’occhiata complice,
il segnale che l’interrogatorio sarebbe cominciato
all’istante e sarebbe andato
avanti finchè la ragazza non avesse confessato il nome di
colui che aveva
attirato la sua attenzione.
-
È di un’altra fazione? –
Scosse
la testa.
-
E farà la Scelta con noi? –
La
domanda di Kate raggelò la loro allegria per un attimo.
La mattina seguente avrebbero affrontato il test attitudinale e la
paura del
risultato attanagliava i loro cuori in una morsa dolorosa. Cosa sarebbe
accaduto
se la Fazione più adatta al loro temperamento fosse stata
un’altra? Ciò avrebbe
significato dire addio alla famiglia, agli amici, cominciare da
un’altra parte
sapendo che tutti i legami costruiti in quei sedici anni sarebbero
stati recisi
come rami secchi.
Tuttavia,
come sempre, fu il tono malandrino di Eve
a spezzare la tensione.
-
No, non farà la Scelta. È più grande
di noi. –
La
rivelazione scatenò un mormorio eccitato. Gli
unici adulti con cui avevano a che fare erano Intrepidi e tra di loro
si
conoscevano almeno di vista quasi tutti. Ciò significava che
dovevano averlo
visto almeno di sfuggita.
-
Aspetta, non sarà mio padre … o mio zio, vero?
–
domandò d’un tratto Rashel.
-
O il mio. – aggiunse Kate, sgranando gli occhioni
azzurri e fissandola con trepidante attesa.
Eve
scoppiò a ridere, scuotendo la testa come se
quelle fossero le assurdità più grosse che avesse
mai sentito in tutta la vita.
-
È ovvio che non si tratta di nessuno di loro … e
nemmeno di Peter, prima che proviate anche solo a pensare di proporlo.
–
aggiunse in fretta.
-
Allora ho finito le idee. – sospirò Rashel,
lasciandosi ricadere contro lo schienale, sconfitta.
Kate
annuì. – Anche io. –
-
Meglio così, siete troppo giovani e innocenti per
sentire certe cose. –
-
Guarda che sei più vecchia solo di un paio di
mesi. – le fece notare Kate.
Eve
scrollò le spalle, in un movimento fluido ed
elegante che le riusciva ogni volta perfettamente naturale.
-
Sarà anche vero, ma non sono certo innocente come
voi due. –
Su
questo non trovarono nulla da obiettare.
Dall’altra
parte del tavolo, intanto, le donne
chiacchieravano allegramente tra di loro mentre tra gli uomini
serpeggiava un
certo imbarazzo. Peter ed Eric, in particolare, si limitavano a
scambiare poche
parole l’uno con l’altro, evitando accuratamente di
rivolgere la parola agli
altri tre quando non era strettamente necessario.
Eric
aveva infatti scoperto che quando riusciva a
mordersi la lingua e non sparare battute al vetriolo sul Rigido
o l’Idiota
le cose miglioravano
sensibilmente e poteva evitarsi le ulteriori discussioni con Fiamma. Fu
proprio
su quest’ultima che soffermò lo sguardo,
registrando come il vestito le
accarezzasse le curve. Sembravano passati secoli da quando si erano
incontrati
eppure guardarla gli suscitava sempre le stesse sensazioni.
Ammirazione,
rispetto, stima, un istinto di protezione che non aveva creduto di
possedere
finchè non l’aveva incontrata e che si era
riversato anche sui loro figli.
E desiderio. Soprattutto desiderio,
proprio come in quel
momento.
Il
pensiero delle sue mani che percorrevano ogni centimetro
di quella pelle alabastrina, che ormai conosceva alla perfezione
proprio come
se si fosse trattato del suo stesso corpo, gli fece ribollire il sangue
nelle
vene.
Le
accarezzò una coscia sotto al tavolo,
trattenendosi a fatica dal ghignare compiaciuto quando la vide
trattenere il
respiro per un attimo. Si chinò su di lei, sussurrandole
all’orecchio: - Perché
non ce ne torniamo a casa? –
Gli
rivolse un’occhiata contrariata, ma il movimento
delle sue dita che le accarezzavano la pelle al di sotto
dell’abito le impedì
di formulare una risposta categoricamente negativa.
-
Allora? – insistè, risalendo verso
l’alto.
Gli
sembrava quasi di poter vedere i denti che
mordicchiavano la parete interna della guancia nella speranza di
riuscire a riprendere
il controllo. Speranza vana, dal momento che non aveva fatto i conti
con lui.
Le
accarezzò lascivamente l’interno coscia,
sentendola fremere sotto il suo tocco.
-
Che tu sia dannato, Eric Murter. Andiamo a casa. –
gli sibilò nell’orecchio.
Sorrise,
soddisfatto, salutando tutti i presenti con
un cenno del capo e rivolgendosi al figlio. Gabriel era un ragazzo
sveglio,
incredibilmente simile a lui sotto tutti i punti di vista,
perciò bastò la sua
occhiata per fargli capire che per quella sera non erano tollerate
interferenze
di alcun tipo.
-
A meno che non si tratti di qualcosa di grave, e con
grave intendo dire che tu o tua sorella siete in procinto di morire,
non voglio
essere disturbato. – gli comunicò sottovoce,
raggiungendolo.
Gabriel
annuì. – Entriamo dalla porta sul retro.
–
-
Bravo ragazzo. –
Raggiunse
Fiamma mentre si scusava con i padroni di
casa, salutandoli e adducendo come pretesto un fastidioso mal di testa
e la
necessità di sdraiarsi al più presto. Quattro e
Tris annuirono, comprensivi,
troppo Rigidi per cogliere la
malizia
di quella situazione, ma Nicole sorrise come chi sapeva perfettamente
come
intendessero curare quel “mal di testa”.
*
Due
ore più tardi, sotto le coperte con Fiamma che
si era accoccolata sul petto muscoloso di Eric, erano avvolti dal
silenzio
della notte e si limitavano a fissarsi negli occhi.
-
Sono un po’ preoccupata. – ammise d’un
tratto,
interrompendo quel momento di perfetta beatitudine.
-
Perché dovresti esserlo? Sono Intrepidi dalla
testa fino alla punta dei piedi, il risultato è scontato.
– replicò Eric,
trattenendo uno sbadiglio.
-
E se volessero fare un’altra scelta, se il posto
giusto per loro fosse un altro? –
Scosse
risolutamente la testa. – Ti preoccupi
troppo, non accadrà. Piuttosto, sai chi sono stati scelti
come istruttori per
gli interni? –
-
Da come lo hai detto non deve trattarsi di niente
di buono. – osservò Fiamma.
-
Patrice … e Reaper. – aggiunse, sputando fuori il
nome con disgusto.
Patrice
era una ragazza di appena diciotto anni,
nata e cresciuta nella Fazione, conosciuta da tutti per un semplice
motivo: era
la figlia di Max. Era in gamba, su questo non si discuteva, ma
bisognava vedere
se avrebbe avuto la stoffa e la tempra necessaria ad addestrare dei
ragazzi
così poco più giovani di lei.
Quanto
a Reaper. Bè, nessuno dubitava del suo valore
come Intrepido, ma Eric non avrebbe chiesto di meglio che farlo a pezzi
a mani
nude. Malgrado fossero passati diciotto anni, continuava a vedere nel
collega Capofazione
il suo peggior nemico. Era qualcuno in grado di far passare in secondo
piano
persino la sua antipatia istintiva per il Rigido
e quello era tutto dire.
-
Reaper? – chiese, sorpresa.
Ancora
adesso avvertiva un fastidio e una punta
irrazionale di gelosia quando la sentiva pronunciare il suo nome.
-
Già, ma ho già messo in chiaro che se
darà
problemi a Gabriel ed Eve poi sarò io a dargli problemi. E
non so quanto la
cosa gli convenga. – ribattè, soffiando minaccioso.
Fiamma
rise, scoccandogli un bacio a fior di labbra:
– Il mio Capofazione iperprotettivo. –
-
Già, ma che non si sappia in giro. –
-
Assolutamente. – promise, baciandolo nuovamente.
Quando
le mani di Eric le afferrarono i fianchi,
facendola aderire il più possibile al suo corpo, rise
nuovamente.
-
Ancora? Sei avido stasera. –
-
Di te? Sempre. –
*
Eve
scivolò giù dal suo letto, stringendosi nella
vestaglia e dirigendosi verso la stanza del gemello. Non riusciva a
dormire,
non con quell’ansia che l’attanagliava.
Aprì la porta, stando attenta a fare
meno rumore possibile, e sbirciò all’interno.
Strinse gli occhi, cercando di
mettere a fuoco la sagoma nel buio più completo che la
circondava.
-
Gabe? Gabe, sei sveglio? –
Un
paio d’occhi grigi incontrarono i suoi azzurri,
in un guizzo metallico che fu l’unica cosa ben visibile
nell’oscurità.
-
Eve, che c’è? –
Avanzò
a tentoni, sedendosi sul bordo del letto.
-
Non riesco a dormire, sono troppo agitata. –
ammise, prima di lanciare un’occhiata timida allo spazio
libero sul materasso.
Erano
passati anni dall’ultima volta che si era
rifugiata nel suo letto alla ricerca di protezione. Però
Gabriel era il suo
fratellone e non l’avrebbe mai presa in giro, neanche se
ormai aveva sedici
anni e ciò che tanto la preoccupava era uno stupido test.
-
Vuoi dormire qui? – chiese, spostandosi di lato e
sollevando le coperte per permetterle di accoccolarsi contro di lui.
Annuì,
sistemandosi meglio che poteva.
Rimasero
in silenzio per un po’ finchè Eve non
riprese la parola.
-
Tu non sei preoccupato per niente? –
-
Certo che no. – affermò, risoluto.
Qualcuno
magari avrebbe anche potuto credere alle
sue parole, ma non lei. No, lo conosceva troppo bene per lasciarsi
ingannare
dai suoi modi da duro.
-
Bugiardo, sei agitato almeno quanto me. –
Scoppiò
a ridere, colto in fallo.
-
Okay, sono agitato, ma neanche lontanamente quanto
lo sei tu. –
-
Come pensi che sarà? – chiese poi.
Gabriel
sbuffò. – Non ce la fai proprio a chiudere
gli occhi e dormire? –
-
Giuro che è l’ultima domanda. – promise.
-
Non ne ho idea, Eve. Non so cosa aspettarmi, ma non
sarà nulla di troppo orribile. –
assicurò.
-
Ne sei sicuro? –
Le
rivolse un’occhiata a metà tra il rimprovero e il
divertimento.
-
Ma non doveva essere l’ultima domanda? –
Eve
rispose con una linguaccia e uno sfarfallio di
ciglia. – Ho mentito. Questa è
l’ultima.
–
-
Sì, ne sono sicuro. E adesso chiudi la bocca e dormi! – ordinò.
Questa
volta gli diede retta, certa che se avesse
continuato a parlare l’avrebbe con ogni
probabilità frullata fuori dalla
finestra. Sarebbe stato anche un buon piano, un ottimo modo per
inscenare un
suicidio da stress pre test.
Chiuse
gli occhi, cercando la mano del fratello. Gabriel
gliela strinse, intrecciando le dita alle sue.
Si
rilassò. Qualsiasi cosa fosse, l’avrebbero
affrontata insieme. Sarebbe andato tutto bene. Doveva andare tutto bene.
Spazio
autrice:
Eccoci
con il nuovo capitolo. Sono rimasta
piacevolmente sorpresa nello scoprire che così tante persone
hanno apprezzato
la mia idea e ci tengo a ringraziarle tutte quante :) Spero che anche
questo
capitolo vi sia piaciuto e nel prossimo, finalmente, si
entrerà nel vivo della
storia. Per il momento, qual è il personaggio della nuova
generazione che
preferite?
A)
Gabriel
B)
Eve
C)
Kate
D)
Rashel
E)
Rafael
F)
Cesar
Vi
lascio qui sotto anche il nome dei prestavolto
che ho scelto per rappresentarli.
Gabriel
è Gaspard Ulliel (con il look che sfoggia
nella pubblicità di Bleu de Chanel);
Eve
è Marie Avgeropoulos;
Kate
è Laura Vandervoort;
Rafael
è Taylor Lautner;
Rashel
è Bianca Lawson;
Cesar
è Mitch Hewer.
Ora
non mi resta che rimandarvi al prossimo
aggiornamento.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt