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Autore: bubs89    07/07/2014    0 recensioni
Non appena la donna fu uscita dall'appartamento, Sherlock si alzò con foga e si sporse dalla porta.
-Signora Hudson!- ululò -Del tea!- ordinò perentorio per poi tornare a sedersi, contrariato.
-Ma non è partita?- domandò Hailey indicando la porta, dubbiosa.
-Chi?- chiese Sherlock corrugando la fronte.
-La signora Hudson.- ribatté la rossa con una scrollata di spalle.
-Oh. Si.- si ricordò lui inarcando il sopracciglio -D'accordo, allora. Niente tea e tu che ti intrometti nel mio lavoro. Una giornata davvero elettrizzante.- commentò sarcastico tamburellando le mani sulla poltrona.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Vorrei ringraziare tutti voi che avete letto, commentato e inserito la mia storia tra le seguite. Voglio scusarmi per tutti gli errori e/o imprecisioni che potreste trovare. I commenti e, ovviamente, le critiche sono più che ben accette.
l Mau Mau Bar esiste davvero, ma non è fatto come l'ho descritto nella storia, è solo un nome preso in prestito. Tutti i personaggi appartengono ai loro creatori, compresi i miei che appartengono solo a me :-P
Buona lettura.

Sherlock si era rifiutato di fornire a Watson altre informazioni. Avevano preso uno dei tanti taxi neri che circolavano per le strade e si erano lasciati condurre nel centro pulsante di uno dei quartieri più visitati di Londra.
Il sole era coperto dalla consueta coltre di nubi, grigie e pesanti.
Decine di persone passeggiavano, ridevano, parlavano. La strada era un brulicante vortice di visi, suoni, colori. Sherlock camminava passando in rassegna la gente che sfilava davanti a lui.
Donna, bionda, trentacinque anni, occhi arrossati, tracce di irritazione all'anulare sinistro, ma nessun anello. Ha rotto il fidanzamento dopo aver scoperto che il fidanzato le aveva regalato un anello falso.
Ragazzo, diciassette anni, tremore alle mani, pupille dilatate. Continua ad asciugarsi il naso con la manica della giacca. Rinorrea. Sindrome di astinenza da oppiacei.
Tre turisti. Marito e moglie con figlia tredicenne al seguito. Americani. I genitori controllano una guida di Londra, la ragazzina gioca con un videogioco elettronico portatile. Non si sono accorti dell'uomo che li segue. Indossa un cappello da baseball, la visiera calata a coprirgli il viso. Borseggiatore.
L'uomo fece uno scatto in avanti, afferrò il videogioco della bambina e cominciò a correre.
Sherlock, le mani giunte dietro la schiena, allungò il piede nell'esatto momento in cui il borseggiatore stava per superarlo, facendolo rotolare a terra.
Un bobby, attirato dalla confusione, intervenne, bloccando il ladro prima che potesse tentare la fuga una seconda volta.
Sherlock afferrò il giocattolo sfuggito dalle mani del borseggiatore e lo restituì alla bambina in lacrime.

-Spaccone.- lo ammonì Watson con un sorriso.

Era circa venti minuti che camminavano. Si erano lasciati alle spalle le vie principali con i loro negozi dalle vetrine scintillanti adornate per attirare i turisti, addentrandosi nel dedalo di stradine secondarie.
Sherlock aveva continuato ad ignorare le domande dell'amico, camminando stoico per la sua strada. Ci vollero altri dieci minuti prima si fermasse.
L'insegna del negozio recitava Harry's Tattoos in caratteri neri e arzigogolati su sfondo blu.
Quando il consulente investigatore aprì la porta, una campanella tintinnante ne accompagnò l'ingresso. Una ragazza ricoperta di tatuaggi in ogni parte visibile del corpo alzò lo sguardo, annoiata. Era seduta dietro una piccola scrivania grigio scuro su una sedia girevole malandata. Sherlock la osservò. Capelli biondi intrecciati a ciuffi neri annodati in dreadlock spessi quanto un pollice. Piercing al sopracciglio destro e al labbro inferiore. Unghie lunghe, nere. Le batté ritmicamente sul piano della scrivania in attesa.
Il viso di Sherlock si aprì in un caloroso sorriso una volta decisa la strategia da usare.

-Buongiorno.- intervenne con voce squillante. John, alle sue spalle, salutò con un cenno del capo.

-Avete un appuntamento?- domandò la ragazza, corrugando la fronte.

-Oh, beh, in realtà no.- rispose Sherlock sempre più smagliante -Abbiamo visto l'insegna e il mio amico, qui, non ha saputo resistere: sono mesi che desidera farsi un tatuaggio.- raccontò dando una pacca sulla spalla di John costringendolo a farsi avanti. Lui lo guardò in cagnesco, ma non osò svelare il bluff del collega.

-Oh, si, infatti. Muoio dalla voglia di farmi sforacchiare la pelle con un ago pieno di inchiostro.- confermò, irritato.

La ragazza gli fece cenno di attendere. Si alzò e si diresse lungo il corridoio scuro alla sua sinistra.
Sherlock passò in rassegna le fotografie di tatuaggi appese su tutti i muri. Pelle irritata e disegni freschi di fattura.

-A che gioco stai giocando?- sibilò sottovoce John senza ottenere risposta.

-È fortunato, un cliente ha disdetto l'appuntamento. Ha già qualcosa in mente?- chiese la ragazza tornando indietro. Aveva portato con sé alcuni quaderni ad anelli. Li posò sulla scrivania aprendoli in ordine sparso. Pagine e pagine di disegni nero su bianco con qualche sprazzo di rosso o verde qua e là.

-Io, beh, non...- iniziò John, preso alla sprovvista. Non aveva idea di dove Sherlock volesse andare a parare.

-Si, questo andrà benissimo. È proprio come lo volevi tu, vero? Sulla spalla.- intervenne il consulente investigatore spostandosi dietro il bancone per indicare il buffo disegno di un barboncino che teneva tra le zampe un cuore.

-Ah... si, perfetto.- sbottò l'amico con un sorriso tirato.

-Venga, da questa parte. Vi accompagno da Harry.- disse la ragazza facendo cenno di seguirla lungo uno stretto corridoio -Lei non viene?- chiese poi quando si accorse che Sherlock era rimasto a contemplare i quaderni.

-Oh, no, grazie. Non sopporto la vista del sangue.- rispose arricciando il naso in una smorfia di disgusto.

Nell'immediato momento in cui i due scomparvero dentro una delle stanze laterali del corridoio, Sherlock cominciò a rovistare nella scrivania. Era piccola e stretta con tre cassetti laterali. Sentì che John cercava di prendere tempo (-Non potrebbe aspettare un momento?- lo sentì ululare) e accelerò le sue ricerche.
Nel terzo cassetto trovò quello che cercava. Il registro dei clienti. Cominciò a sfogliarlo (-No, la prego, aspetti un attimo!- quasi strillò John e -Tranquillo, la prima volta hanno tutti paura. Tienilo fermo, Barbie.- rise quello che doveva essere Harry il tatuatore mentre il ronzio della macchinetta riempiva l'aria).
Sherlock sfogliò l'elenco, il dito indice che correva lungo la lista di nomi, finché non trovò quello che cercava.

-Ok, basta, basta così.- gridò John quasi catapultandosi fuori dalla stanza -Ho cambiato idea. I tatuaggi non fanno per me.- asserì infilandosi la camicia. Sherlock, che lo attendeva davanti all'ingresso, mise il cellulare nella tasca.

-Sei fuori di testa?- lo accusò il dottore una volta che furono usciti dal negozio -Mi hai fatto fare un tatuaggio!- gridò mostrandogli la spalla nuda dove un ricciolo nero, l'accenno a un boccolo del barboncino, svettava sulla pelle arrossata.

Sherlock lo guardò appena.

-Che stupidaggine! È solo una minuscola macchiolina di inchiostro!- lo liquidò scuotendo la testa.

-Allora? È servita a qualcosa questa pagliacciata?- domandò John trattenendo a stento la rabbia.

-È qui che Hailey Dafford è venuta a tatuarsi. Nella lista non c'era il suo nome, ovviamente. Ha usato uno pseudonimo.- spiegò Holmes soddisfatto, guardandosi in torno alla ricerca di un taxi. Sfortunatamente erano troppo lontani dalle vie principali e di black cabs neanche l'ombra.

-Tu mi hai trascinato qui per un tatuaggio fatto più di cinque anni fa?- chiese esterrefatto il dottore fermandosi in mezzo alla strada. Il consulente investigatore scosse bonariamente la testa continuando a camminare.

-La foto, John, la foto sul Times.- asserì Sherlock.

L'ex medico militare cercò nelle tasche e ne estrasse il famigerato ritaglio.

-Allora?- chiese John con una scrollata di spalle. Sherlock tornò da lui e gli indicò il particolare che non aveva notato.

-Guarda. Qui, sul polso. È appena distinguibile, ma è possibile vedere l'angolo di una garza tenuta ferma da un cerotto bianco. Ho ipotizzato che fosse stata messa lì per proteggere un tatuaggio fresco. Se non si è liberata di quello sul collo, che la rende alquanto riconoscibile, ho immaginato che ci tenesse particolarmente e che si fosse rivolta allo stesso tatuatore per quello nuovo. Ho passato la mattinata a confrontare il disegno e lo stile del primo tatuaggio con quelli dei tatuatori di Londra, di Notting Hill, per la precisione. Non mi ci è voluto molto per trovare quello giusto.- riassunse Sherlock. Sorrise e riprese a camminare.

-E ora dove andiamo?- domandò John allargando le braccia come a voler abbracciare l'intero quartiere.

-Ma a casa della signorina Hailey Dafford, naturalmente.- rispose il consulente investigatore alzando il bavero della giacca.

-Cosa? Hai trovato il suo indirizzo nei registri?- chiese John accennando a una corsa per raggiungerlo.

-Certo che no. È una persona molto intelligente. Ha usato uno pseudonimo per nascondere la sua identità. Non avrebbe mai lasciato il suo reale indirizzo.- ribatté Sherlock con espressione quasi offesa.

John ebbe un moto di stizza.

-E allora...?- domandò il dottore senza capire.

-Pensa, John, pensa! È venuta qui, cinque giorni fa. Ha fatto il tatuaggio. È passata davanti alla fermata di Notting Hill Gate, ma non ha preso la metropolitana. Ha camminato per un quarto d'ora per arrivare al punto in cui è stata scattata la foto.- elencò l'uomo, frenetico.

Finalmente sbucarono su una via trafficata. Sherlock alzò un braccio e, richiamato dal suo gesto, un taxi nero si affiancò al marciapiede. Il consulente investigativo aprì la portiera e si sedette chiudendo lo sportello con un gesto energico. John fu costretto a fare il giro della vettura.
Passarono alcuni minuti di silenzio. Sherlock non sembrava intenzionato a proseguire il discorso, ma John lo imbeccò.

-Allora? Continuo a non capire.- dichiarò alzando le mani in segno di resa.

-L'uomo con cui hai parlato. Al mercato. Lei lo ha incaricato di chiamarla nel caso qualcuno facesse domande. Gli ha dato istruzioni precise. Sapeva che non era una persona attenta e non voleva che la compromettesse, ma voleva essere informata nel caso in cui qualcuno si aggirasse per Portobello Road chiedendo di lei, perchè...- lo imbeccò Holmes con un movimento ciclico delle mani.

-Abita da queste parti.- concluse Watson leggermente irritato, ma, come sempre, impressionato.

-Non semplicemente “da queste parti”. È una persona intelligente, John, ricordatelo, usa acronimi, si prende gioco di quegli stupidi idioti che la stanno cercando. Dove potrebbe abitare, una persona del genere?- chiese Sherlock con un sorriso estasiato. Il taxi accostò a sinistra. Sherlock allungò un paio di banconote all'autista e scese dal mezzo. John lo imitò, fermandosi al suo fianco. Non aveva prestato attenzione alla strada che avevano percorso.
Dall'altro lato della via c'era la saracinesca abbassata del Mau Mau Bar.


 
  
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