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Autore: What_aNakiDay    07/07/2014    0 recensioni
Questa storia è un tentativo di descrivere la situazione che si vive quando, terminati i cinque anni delle superiori, ci si trova dinanzi all'obbligo di scegliere. Scegliere che strada prendere, che cosa fare da grandi, chi diventare! Mi farebbe davvero piacere sapere che cosa ne pensate :) chi di voi si è trovato o si trova a vivere il dissidio di Alice? Siete per assecondare il cuore o per farvi guidare dalla ragione?
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aveva finito il liceo. L’unica cosa che sapeva era che le sarebbe mancato e lo capì mentre riponeva i libri nello scaffale, da cui, da cinque anni a questa parte, tutte le sere li cacciava per metterli nello zaino, dopo aver scorso l’orario e dopo aver realizzato che il lunedì magari, fosse una giornata scolasticamente pesante. Avrebbe voluto pensare a settembre come ci aveva pensato sino ad allora, ma per quanto si sforzasse di credere che le cose sarebbero cambiate in meglio, non ci riusciva.
L’università, la città in cui sarebbe andata a vivere, le persone che avrebbe incontrato e le persone con cui sino a quel momento aveva condiviso i suoi anni, assumevano la forma di un gigantesco punto interrogativo.
“La gente si sbaglia quando dice che le amicizie che nascono a scuola non sono per sempre, perché anche qualora non dovessero continuare, non è detto che non siano state vere. Il fatto che le cose non vadano come tu vorresti, non dovrà impedirti di essere grato a non so chi per averti fatto incontrare quelle persone bellissime delle quali non so quanto il mondo è pieno, a prescindere dal posto che occuperanno poi nella tua vita”. Questo continuava a ripetersi Alice nel tentativo di piantarsi dentro le facce di tutti i suoi compagni, i momenti trascorsi con loro e quelli che sempre con loro avrebbe voluto trascorrere. Se avesse potuto, avrebbe imposto alla sua memoria di non azzardarsi a rimuoverli. Voleva che nitidi le rimanessero impressi nella mente, per aggrapparsi a loro nel caso in cui le cose non fossero andate benissimo.
Era convinta che i bei ricordi non dovessero necessariamente suscitare malinconia, ma che fossero addirittura in grado di rendere presenti, nel presente,  le sensazioni del passato. E Alice, solo sul passato, sentiva adesso di poter contare. Era come se per lei non ci fosse più posto nel mondo, come se il suo posto fosse stato occupato da quel gigantesco punto interrogativo che lei, da sola, non riusciva a spostare.
Voleva salvare il mondo, salvare le persone da tutto ciò che le costringeva a non poter essere libere di scegliere. Ma lei stessa sentiva di non poter essere libera di farlo. Avrebbe voluto fare da grande un lavoro che l’appagasse come persona e invece doveva scegliere chi diventare in funzione di ciò di cui “il mercato del lavoro” andava in cerca. Decise che fosse inutile anche tormentarsi per cercare di modificare le cose. Poi capì che seppure avesse voluto, non avrebbe potuto smettere di arrovellarsi: non pensare è fisiologicamente impossibile infatti. Una cosa che poteva fare però c’era. Prese il lettore musicale, le cuffie, andò in giardino, chiuse gli occhi e per un attimo riuscì a far finta che il mondo fosse quello da lei modellato sulle parole delle canzoni che, come linfa vitale, le scorrevano dentro. Le cantava a squarciagola. Sapeva di stare stonando, ma dov’era il problema?! Non avrebbe mai scelto di fare la cantante! Paradossale però, non credete? Scegliere chi diventare in funzione di ciò di cui questo fantomatico “mercato del lavoro” va in cerca, era proprio come scegliere di fare la cantante.
  
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