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Autore: Its Ellie    07/07/2014    2 recensioni
[Fanfiction Interattiva] [SPOILER "Eroi dell'Olimpo - LA CASA DI ADE"]
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Ebbene sì, ormai le fanfiction interattive sono diventate molto popolari e io ho colto l'occasione per dar vita a un'idea che mi frullava in testa già da un bel po'.
***
In questa storia i protagonisti saranno i personaggi creati da voi. Dovranno partire per un'impresa impossibile, nel disperato tentativo di impedire che il "re del cielo" si risvegli e distrugga tutto ciò che amano.
Ma il re è potente, è antico ed è in cerca di vendetta, riusciranno i semidei a scongiurare il pericolo? La lotta sarà lunga e violenta, chi sopravviverà? Per farcela hanno bisogno di alleati potenti, ma saranno disposti questi alleati a combattere?
Venite a scoprirlo.
[Semidei al completo]
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gli Dèi, Mostri, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Due
I preparativi

Non ci sarà mai più una mattina.
 
Urano era stato fin troppo chiaro.
Dopo che il dio era sparito per la seconda volta – non senza prima aver regalato loro un grandissimo mal di testa – i semidei greci si erano precipitati al Campo Giove, dove avevano trovato i Romani ad attenderli.
 
Aerea era rimasta senza parole; quel posto doveva essere almeno il doppio del Campo Mezzosangue, per non parlare di Nuova Roma! All’improvviso alla ragazza sembrava di essere stata catapultata direttamente dentro la capitale italiana originale.
«Non ci sarà mai più una mattina» ripeté per la quinta volta in quella mezz’ora Lex Pirce, uno dei semidei Romani che sarebbero partiti per l’impresa. «Che vorrà dire?»
Era un po’ inquietante, a dire il vero. Con quei capelli biondo platino, la pelle bianchissima, quegli occhi neri come due pozzi di catrame e l’aria da pazzo sembrava un tipo davvero inaffidabile. Proprio per questo gli era piaciuto sin dal primo momento in cui l’aveva visto. Più tardi le aveva rivelato di essere figlio di Plutone, la controparte romana di suo padre Ade.
Ad Aerea sembrava di capirlo perfettamente. Tutti e due tendevano a mettere a disagio le persone che incontravano a causa del loro aspetto, nonostante entrambi fossero in realtà persone aperte e solari, pronte a far nuove conoscenze. Tra figli della divinità degli Inferi ci s’intendeva bene.
«Be’, a me le parole di Urano sembrano chiare» replicò Alison Wayland, una ragazza Romana figlia di Cupido. Nel pronunciare quel nome la temperatura sembrò calare improvvisamente di parecchi gradi e una folata di vento investì i tre ragazzi.
«Ehm, Alison» mormorò Aerea, mentre un brivido le risaliva la schiena. «Credo sia meglio non nominarlo, sai com’è, con tutta quella storia che i nomi sono potenti eccetera...»
«Oh» fece lei, spalancando leggermente gli occhi scuri. «Oh, hai ragione, scusate!»
«Ad ogni modo, cosa stavi dicendo prima?» le chiese Lex, puntando i suoi occhi neri in quelli della bionda. A differenza degli altri, Alison sembrava non aver problemi a sostenere lo sguardo del ragazzo. «Per te è più chiaro?»
«Diciamo di sì» rispose lei. «Non ci sarà più una mattina, no? Questo vuol dire che sarà sempre notte.»
Aerea capì dove volesse arrivare la Romana. «Cioè stai dicendo che non sorgerà più il sole?»
«Esatto, secondo me è così» annuì lei. Aerea ci pensò su: come ragionamento filava. Niente mattina significava niente sole. Niente sole significava notte perenne.
«Questo sarebbe un problema» commentò Lex. «I mostri sono più forti se c’è oscurità, vero?»
«Già» si limitò a convenire Aerea. Eppure sentiva che c’era anche qualcos’altro...
I tre ragazzi rimasero in silenzio per un po’. Non era un silenzio imbarazzato, ognuno era preso dai propri pensieri.
Aerea osservò meglio Alison. Ogni volta che la guardava sembrava sempre un po’ più bella. Alta e statuaria, capelli biondi, lunghi e ricci, sorriso perfetto. Eppure non sembrava avere un comportamento... da figlia di Afrodite. Era simpatica, forse un po’ civettuola, ma nel complesso piacevole come compagnia.
Si chiese se sarebbe riuscita ad andare d’accordo con tutti i suoi compagni. Dopotutto erano in otto, era probabile che la sintonia non sarebbe nata fin da subito.
Poteva solo sperare che tutto andasse per il meglio.
 
Per qualche motivo, dopo che gli otto semidei della Nuova Profezia si erano divisi, Alex si era ritrovato a passeggiare per le vie di Nuova Roma con Elizabeth Mills, Liz per tutti al Campo Mezzosangue, e Jack Blacknight, lo schivo figlio di Nyx che aveva dato confidenza solo ai suoi fratelli al campo.
E, se la figlia di Efesto continuava a sorridere eccitata e ad indicare tutti i monumenti e le statue che vedeva e non smetteva un attimo di parlare di quanto fosse fantastico quel posto, Jack non aveva ancora aperto bocca. Si limitava ad annuire ogni tanto o scrollare le spalle. Alex aveva capito che non lo faceva per antipatia, ma solo perché faceva parte del suo carattere. In effetti, tutti i figli di Nyx che abitavano al Campo Mezzosangue erano abbastanza schivi e riservati, non poteva di certo fargliene una colpa.
«Non preoccuparti» gli aveva sussurrato Liz ad un certo punto. «Sono sicura che prima o poi farà amicizia con tutti.»
Alex ne dubitava, ma in effetti prima o poi il figlio di Nyx sarebbe stato costretto a socializzare. Almeno credeva.
Era un tipo davvero singolare: snello ma dal fisico scolpito, occhi neri risaltati da piccole striature argentate, capelli blu notte – sì, blu notte, e non sembrava nemmeno che fossero tinti – e sguardo sfuggente. Una persona davvero misteriosa.
Tutto il contrario di Liz, che era probabilmente la ragazza più aperta che avesse mai conosciuto. Era amica di tutti al campo, sempre allegra e di buonumore, divertente e con una battuta pronta per ogni occasione. Alex si era spesso ritrovato a scambiare qualche chiacchiera con lei, suscitando la gelosia di Ambra. Così puntualmente si ritrovava a doverla rassicurare sul fatto che tra lui e la figlia di Efesto non ci fosse niente. Non che gli dispiacesse, ogni occasione era buona per ricordarle quanto fosse speciale e dirle che era innamorato solo ed unicamente di lei.
«Ehi, guardate!» Liz continuava a sorridere ed agitare le braccia mentre parlava. Era proprio un vortice di energia. Indicò un monumento poco distante da loro. «Sbaglio o quello è il Colosseo?»
Jack annuì di nuovo e la ragazza spalancò gli occhi. «Wow, è proprio bello! E non è nemmeno quello originale, forte!»
Alex sorrise tra sé e sé e pensò a quanto sarebbe stato bello avere Ambra lì con lui, passeggiare con lei mano nella mano per il corso principale e baciarla proprio lì, davanti al Colosseo. Sentiva già la sua mancanza, proprio come sentiva la mancanza del Campo Mezzosangue. Il fatto che soffrisse di agorafobia poi non lo aiutava per niente. Si sentiva a disagio in quel posto, sapeva di non essere il benvenuto. Lì era fuori posto, non era la sua casa quella.
Sospirò e cercò di cacciare quei pensieri neri dalla mente. Come avrebbe fatto a partire per l’impresa se continuava a voler essere legato al campo? No, doveva raccogliere tutto il coraggio che aveva e superare quella fobia. L’avrebbe fatto per Ambra, per tornare da lei.
«Ah, che fame!» si stava lamentando Liz, portandosi le mani allo stomaco. «Quando si cena?»
«Tra poco, credo» rispose Alex. «Sarà meglio che ci avviamo, dobbiamo incontrarci di nuovo con tutti gli altri.»
Poi sarebbero partiti per l’impresa, aggiunse mentalmente, ma non lo disse.
A certe cose era meglio non pensare per il momento. Tanto valeva godersi la cena in pace.
 
Ad Alexandra quella bambina piaceva ogni minuto di più.
Era adorabile, continuava a fermarsi per parlare con fiori, alberi ed animali, sostenendo che si sentivano soli e che più persone avrebbero dovuto parlare con le piante.
Quando Annabeth e Reyna avevano annunciato che si sarebbero riunite per ideare velocemente un piano, così da lasciarli partire la sera stessa, avevano anche aggiunto che fino all’ora di cena avrebbero potuto tranquillamente farsi un giro.
Così i semidei si erano divisi in piccoli gruppi e avevano cominciato a passeggiare.
Lei, ad un tratto, si era sentita tirare per la manica da qualcuno. Si era girata ed eccola lì, Clelia Lowglas, una ragazzina Romana di undici anni, figlia di Feronia, la dea dei boschi e delle selve.
«Vieni con me!» aveva esclamato con un grande sorriso. «Ti faccio visitare io Nuova Roma!»
Così avevano cominciato a camminare finché all’improvviso Alexandra non si era ritrovata la ragazzina attaccata alle spalle, stile koala, che continuava a parlare e ad indicarle tutti i monumenti della città.
Se l’era portata a spasso così per un po’, poi lei era scesa e aveva annunciato «Ora di cena!»
Adesso, nella mensa, continuava a parlarle della sua famiglia, di quanto volesse bene a suo fratello, del fatto che non vedeva l’ora di incontrare sua madre, della sua fobia per le rane.
Alexandra non era mai stata il tipo che faceva amicizia in fretta e con tutti. Anzi, a dirla tutta era una ragazza abbastanza solitaria, eppure quella bambina la contagiava con la sua allegria e le aveva ispirato fiducia sin da subito.
«E poi, quando mi è spuntato questo coso sul polso mio fratello ha pensato che mi fossi fatta un tatuaggio!» Rise di gusto e anche Alexandra non riuscì a trattenere un sorriso. «E come avrei fatto, secondo lui? Ho undici anni! Poi quando Reyna ha detto che significava che sarei dovuta partire per un’impresa è stato fantastico! Non avrei mai pensato di partecipare ad una missione così presto!»
Alexandra si accigliò. Osservò Clelia e si chiese come fosse possibile che lasciassero partire una ragazzina come lei, dolce e ingenua. Sapeva combattere? Sarebbe riuscita a sopravvivere? A prima vista sembrava così indifesa, con gli occhi verdi da cerbiatto e il visetto da bambola. Poi, con quei capelli lunghi e castani e la pelle chiarissima sembrava proprio una bambola di porcellana, fragile e delicata. Eppure ci doveva essere un motivo se anche lei era stata scelta.
Cercò di non pensarci e si concentrò sul resto dei suoi compagni. Li scrutò uno ad uno, chiedendosi con chi avrebbe fatto amicizia e con chi invece non sarebbe andata tanto d’accordo.
Greci e Romani. Avrebbe funzionato? Per la battaglia contro Gea l’unione aveva fatto la forza, ma sarebbe successo di nuovo? C’era ancora molta diffidenza tra i due campi, nonostante tutto.
Se avesse potuto, avrebbe pregato sua madre si starle vicina ed aiutarla in quella missione, ma non poteva affidarsi nemmeno a lei.
In certi momenti si era rassegnata al fatto che non sarebbe mai stata riconosciuta, in altri, invece, si era convinta che prima o poi sua madre le avrebbe mandato un segno.
Mamma...
«Ehi, tutto bene?» le chiese preoccupata Clelia, schioccandole le dita sotto il naso. «A che pensi?»
Alexandra si riprese velocemente. «Oh, a niente, non preoccuparti.»
Porterò a termine il mio compito, si disse determinata. Se l’impresa andrà bene, sono sicura che mi riconoscerai. Ti renderò orgogliosa di me.
 
Dopo il dolce l’agitazione crebbe sempre di più in Alison.
Di lì a poco sarebbero dovuti partire. Andare in missione contro Urano non era in cima alla sua lista di “cose divertenti da fare”, ma era stata scelta e non si sarebbe di certo tirata indietro. Dopo tanto tempo, finalmente aveva l’occasione di dimostrare a tutti che non era solo una ragazza carina a cui piaceva flirtare, ma anche una semidea Romana, una combattente.
Mischiare la femminilità alla forza era ciò che aveva sempre fatto e avrebbe continuato a farlo, pazienza se gli altri la credevano diversa da com’era.
Certo, non l’aveva sempre pensata così, anzi. Quando era arrivata al campo, la sua reputazione non era delle migliori. Essere figlia di Cupido non era facile, tutti l’avevano vista come una ragazza superficiale, alla quale piaceva attirare l’attenzione, quando non era per niente così. Dopo un po’, tuttavia, aveva cominciato a comportarsi come gli altri si aspettavano che lei si atteggiasse, nonostante fosse consapevole del fatto che quello non fosse il suo vero carattere.
Alla fine, quando si era resa conto che sempre più ragazzi si stavano facendo avanti, volendo costringerla a fare cose che lei mai avrebbe desiderato, aveva deciso di darci un taglio.
Si era mostrata per ciò che era, una persona dolce e sensibile, e alla fine era stata accettata.
Mentre lasciava che la mente si riempisse di ricordi, sentì qualcuno sedersi accanto a lei.
«Ehi.» Una voce maschile la distolse dai suoi pensieri e la costrinse ad alzare lo sguardo dalla sua fetta di torta al cioccolato.
Era Lex Pirce. Alison non ci aveva mai parlato fino a quel giorno, nonostante entrambi fossero Romani. Lo conosceva, sì, era impossibile non notarlo quando passava, tuttavia non gli aveva mai rivolto la parola, visto che non ne aveva mai avuto l’occasione.
Aveva sentito parecchie voci girare su di lui, ma non si era mai permessa di giudicare. Magari all’apparenza il ragazzo poteva sembrare un po’ strano, ma alla fine aveva l’aria di essere un tipo simpatico. E poi aveva uno sguardo particolare, penetrante. Niente che riuscisse a metterla in soggezione, chiaro.
«Ciao» lo salutò lei. Non le venne in mente nient’altro da aggiungere. Era troppo agitata per pensare a fare quattro chiacchiere tranquillamente.
«Sembri nervosa» osservò lui. Alison lo guardò sorpresa. Come aveva fatto a capirlo? In genere non dava mai a vedere quando era triste o irritata per qualcosa.
«A-ah... tu dici?» Avrebbe voluto cambiare argomento, non era brava a parlare di se stessa.
«Già» Lex continuava a studiarla. Alison non riusciva a capire se il suo fosse uno sguardo critico come quello di tutti i ragazzi che aveva incontrato oppure qualcosa di diverso. «Sicura di star bene?»
«Sì, tranquillo» si affrettò a rispondere. «Non ho molta fame, tutto qui.»
Che centrava la fame adesso? Non le era venuto in mente niente di meglio.
Rimasero in silenzio per qualche secondo.
«Oh, guarda» fece lui ad un tratto, puntando gli occhi in un punto della mensa.
«Cosa?» Alison cercò di seguire il suo sguardo.
«Sono arrivate Annabeth e Reyna.»
 
È il momento.
Liz notò subito le due ragazze entrare nella mensa. Quelle due insieme formavano un’aura di potere impossibile da non avvertire.
Smise subito di giocare con il cibo che era rimasto nel piatto e si concentrò su di loro, che intanto si stavano avvicinando sempre più al loro tavolo.
Reyna fu la prima ad arrivare. Si accomodò in silenzio vicino ad Alison, mentre anche Annabeth li raggiungeva e prendeva posto accanto a lei.
All’improvviso tutta la mensa si fece silenziosa. Anche gli spiriti del vento, le aurae, avevano smesso di svolazzare da un tavolo all’altro. Tutta l’attenzione era concentrata sulle due ragazze.
«Ragazzi, vi annuncio che abbiamo ideato il piano, o almeno una parte» esordì Reyna. Liz sentì lo stomaco contrarsi mentre aspettava ulteriori spiegazioni.
«Abbiamo deciso che viaggerete via mare, visto che il cielo non è per niente sicuro e comunque la vostra meta è il Mare dei Mostri» proseguì Annabeth.
Il Mare dei Mostri, fantastico, pensò Liz. Scommetto che il Disney Resort in confronto è una noia mortale.
«E cosa dobbiamo fare quando saremo arrivati là?» chiese Alexandra. La figlia di Efesto ebbe come l’impressione che la semidea al posto di quando avrebbe voluto dire se.
Reyna per un po’ non disse niente. La tensione si fece così tagliente che ci si sarebbe potuto affettare il salame, pensò la ragazza.
«Dovrete cercare Circe» rispose infine la figlia di Bellona. Parecchie persone nella mensa cominciarono a mormorare.
Liz ricordava di aver sentito Percy Jackson raccontare qualcosa a proposito della maga. Qualcosa riguardante una spa e i porcellini d’india. Niente con cui le sarebbe piaciuto avere a che fare.
«Circe? Non è quella maga che trasformava gli uomini in maiali?» chiese Clelia.
«Sì» rispose Reyna. «Mia sorella Hylla mia ha detto che dopo la lotta con Gea è ritornata nel Mare dei Mostri e ha intenzione di riaprire la sua spa. Voglio che andiate a cercarla.»
«E... come mai?» s’informò Alex. Liz si girò per lanciargli un’occhiata. Ad un tratto sembrava essere più pallido e aveva le labbra ridotte ad una linea sottile.
«Quando lavoravo ancora per lei, ho avuto modo di vederla all’opera» cominciò a spiegare la semidea Romana. «Perciò so riconoscere la magia quando la vedo, ed i segni che avete sul polso sono magici. Non so chi ve li abbia messi, ma sono sicura che Circe saprà dirvelo. Chiunque sia stato, potrebbe essere d’aiuto.»
Alex non sembrava convinto. «Circe è quella maga che aveva trasformato dei pirati e Percy Jackson in porcellini d’india, vero?»
«Sì, ma quella è acqua passata» ribatté decisa Reyna. «Dite che vi mando io e andrà tutto bene.»
Liz avrebbe desiderato di essere sicura come lei ma, nonostante fosse una ragazza, non aveva molta voglia di incontrare la famigerata maga.
 
Lex non era granché entusiasta. La prospettiva di venir trasformato in maiale, porcellino d’india o qualsiasi animale da compagnia non lo attirava per niente.
Poteva solo fidarsi di Reyna e sperare che sarebbero usciti di lì tutti interi. Il Mare dei Mostri era pericoloso, ne aveva sentito parlare centinaia di volte.
Tuttavia quella era anche la sua prima impresa ed era eccitato all’idea di un’avventura. I suoi compagni di viaggio sembravano delle persone a posto e aveva già conosciuto la sua nuova sorella. Fino a poco prima lui ed Hazel erano stati gli unici due semidei figli di Plutone ad abitare al Campo, con l’eccezione di Nico Di Angelo che di tanto in tanto li andava a trovare, perciò era felice di avere con lui una persona che potesse capirlo.
E poi c’era anche quella ragazza, Alison, che era davvero simpatica. Nonostante anche lei fosse una Romana non l’aveva mai vista in giro, fatto strano visto che pensava di conoscere tutti. Ad ogni modo non era solo e la cosa gli dava forza.
«E con che mezzo viaggeremo?» chiese, curioso. Ovviamente non si aspettava niente che fosse l’Argo II, ma comunque sperava in una bella nave.
«Un mezzo progettato da Leo Valdez» rispose Annabeth. «Ci ha lavorato negli ultimi mesi e l’ha finito la settimana scorsa, credo che andrà bene per quest’impresa.»
Lex si ricordava di Leo Valdez. Una volta l’aveva incontrato a Nuova Roma. Era un tipo geniale e divertente, l’aveva trovato subito simpatico. Da quel giorno era cresciuta in lui la voglia di visitare il Campo Mezzosangue e i graeci. Se erano tutti simpatici come lui allora ci sarebbe stato da divertirsi.
Lex sapeva anche che al Campo Mezzosangue le regole erano molto, molto meno severe che dai Romani e per questo aveva sempre un po’ invidiato i semidei greci, che non dovevano preoccuparsi di avere con loro una lettera di raccomandazione quando arrivavano al campo, che non venivano messi in stato di probatio il primo anno, che non dovevano essere puntuali a tutti i costi, avere un comportamento degno di un soldato Romano che si rispetti, rischiare di venir gettati nel Piccolo Tevere con un sacco in testa per punizione. Si chiese quando il Campo Giove si sarebbe deciso a prendere un po’ d’esempio.
«Quale progetto? Lo conosco?» chiese Liz, una dei Greci. «Ultimamente l’ho aiutato spesso.»
«Credo di sì» replicò Annabeth. «Leo mi ha detto che hai partecipato anche tu al progetto.»
Gli occhi azzurri della ragazza brillarono. «Oh, se è quello che penso, allora...»
Ma non fece in tempo a finire la frase che un ragazzo comparve all’improvviso, attirando l’attenzione di tutta la mensa, e cominciò a correre verso di loro. Un ragazzo dai mille ricci scuri in testa, le orecchie da folletto e un enorme sorriso stampato in faccia.
«Ragazzi, l’ho portata!» esclamò, sollevando un pugno in aria, due dita alzate in segno di vittoria. «L’adorerete, ne sono sicuro!»
«Leo!» urlò Liz. «L’hai portata? È la nave che abbiamo progettato insieme?»
«Proprio quella!» Leo Valdez le fece l’occhiolino. «Forza, venite a vederla, lucidata è ancora più bella!»
 
Usciti fuori, sotto gli occhi di tutti, gli otto ragazzi, Reyna, Annabeth e Leo s’incamminarono fino a Nuova Roma e, dopo aver fatto i conti con la statua di Termine, che non la finiva più di urlare “Siano maledetti i semidei greci e i loro aggeggi infernali! Come avete osato introdurre una nave nei confini della città?! Una nave nemica, per giunta!”, raggiunsero il lago formato dal Piccolo Tevere.
Lì li aspettava una nave che Clelia trovò bellissima.
Non era molto grande, però era splendida: era fatta interamente di un legno chiaro e lucido, decorata da motivi dorati e con a prua – come polena – una riproduzione della statua di Nike fatta interamente d’oro. Sottocoperta, li informò Leo, c’erano otto cabine, una per ogni semidio, una sala da pranzo, due bagni – uno per le ragazze e uno per i ragazzi – e la sala motori. Sul ponte, invece, il figlio di Efesto aveva provveduto a sostituire il timone con la stessa console che aveva usato per l’Argo II.
«E chi la guiderà?» chiese dubbiosa la ragazzina. «E poi... cos’è una Wii?»
«Non sai cos’è una Wii?» il ragazzo la fissò interdetto. «Ma... tutti sanno cos’è una Wii!»
«Be’, io sono sempre vissuta dentro il Campo Giove, sono qui da quando avevo un anno e non sono uscita quasi mai, quindi non capisco molto di queste cose...» tentò di giustificarsi Clelia.
«Allora te lo spiego io. Una Wii è...» fece per replicare Leo, ma venne interrotto da un’altra voce.
«La guiderò io!» intervenne Liz per salvare tutti da quella conversazione che non avrebbe portato da nessuna parte. «So come si fa!»
«Sì, è vero» concordò il fratello. «Le ho insegnato ad usare la console dell’Argo II, perciò non avete nulla da temere!»
«E mi occuperò anche della sala motori, infondo sono o non sono una figlia di Efesto?» l’entusiasmo della ragazza stava cominciando a contagiare il resto del gruppo, che d’improvviso, dopo aver visto la nave che li avrebbe condotti lungo la loro impresa, era di nuovo di buonumore.
«Allora... tutti a bordo!» li incitò Valdez con un sorriso.
«Prima di andare» si affrettò ad aggiungere Annabeth. «Un paio di dritte: cercate di separarvi il meno possibile, provate ad andare d’accordo, collaborate e soprattutto ricordatevi che qualsiasi informazione può essere utile!»
Nessuno seppe bene cosa dire. Clelia sorrise. «Va bene, grazie!»
Dopodiché salirono tutti a bordo. Liz si precipitò subito alla console e cominciò a trafficare all’impazzata con i tasti, agitando ogni tanto il telecomando della Wii con movimenti così ampi che sembrava stesse dirigendo un’orchestra invisibile.
La nave cominciò ad allontanarsi dalla riva. Si sentì la voce di Leo gridare «Troverete tutte le provviste nella sala da pranzo, nei bagni ci sono i kit del pronto soccorso e anche nettare e ambrosia, le vostre armi si trovano già nelle cabine, c’è una tv perciò non preoccupatevi! Ah, e ha anche aggiunto l’opzione di volo alla nave, non credo servirà ma non si sa mai! Buona fortuna!»
Annabeth e Reyna urlarono qualcosa in coro, ma ormai i semidei erano troppo lontani per capire. La nave salpò.
 
Il gruppo si radunò sul ponte. Jack, invece, si allontanò.
Si sporse lungo il parapetto, lasciando che la brezza serale gli scompigliasse i capelli scuri.
Circe. Chissà se sarebbe stata davvero disposta ad aiutarli.
Preferiva non pensarci. Si chiese invece se suo padre stesse bene. Sì, probabilmente sì. Gli sembrava quasi di vederlo, con il suo telescopio, ad osservare le stelle che tanto amava, che gli ricordavano della donna della quale si era innamorato.
Il sole aveva cominciato a tramontare, il cielo si era scurito. Si sentiva già meglio, poteva percepire l’apatia scomparire lentamente, i suoi sensi amplificarsi.
Era contento che stessero viaggiando via mare. Non avrebbe retto un altro viaggio aereo, non dopo l’incidente. Quando quell’enorme drago aveva assalito il volo Toronto – New York, facendo precipitare l’aereo in mare, non aveva più staccato i piedi da terra.
Nel ripensarci, gli parve quasi di sentire la cicatrice che gli attraversava la schiena – ricordo dell’attacco – fargli male, ma preferì non farci caso.
«Ehi!» esclamò qualcuno all’improvviso. Era Clelia, la più piccola del gruppo.
«Ehi» fece lui a sua volta. La ragazzina lo guardò per un po’, poi disse «Perché non vieni anche tu con noi?»
Jack si limitò a fissarla, senza sapere bene cosa rispondere. «Non amo molto la compagnia, sai...»
«Ma non puoi mica stare tutto il tempo da solo» replicò lei mettendo il broncio. «E dai, vieni!»
Il sole era ormai quasi scomparso all’orizzonte. Jack si sentiva decisamente meglio adesso. Sorrise a Clelia. «E va bene, vengo.»
«Questo è lo spirito!» esclamò lei, per poi spostarsi dietro di lui. Poco dopo la sentì saltargli addosso. Lui rise e la la caricò sulle spalle. «Allora andiamo.»
Raggiunsero il resto del gruppo, mentre anche Liz inseriva gli ultimi comandi nella console e si avvicinava. Così si ritrovarono tutti seduti in cerchio sul ponte.
«E quindi» sospirò Alison. «Si parte.»
«Già» fece Alexandra. «Mi chiedo cosa ci aspetta.»
«Guai» rispose Alex. «Un sacco di guai.»
Clelia rise. «Non facciamo i pessimisti!»
«Già, tanto che potrà mai succederci? Al massimo ci trasformiamo tutti in criceti» commentò Lex.
«Otto porcellini d’india contro il dio del cielo.» Liz annuì. «Ce la faremo di sicuro!»
Jack sorrise. «Magari se lo divertiamo abbastanza ci risparmierà e ci terrà come animali da compagnia.»
I semidei rimasero zitti a fissarsi per un attimo, poi scoppiarono a ridere.
Intanto il sole scompariva oltre il mare.
Nessuno poteva sospettare che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbero assistito ad un tramonto.






Angolo dell'autrice

*cerca di scappare via*
Sono una persona orribile, lo so. Ho aggiornato con un ritardo mostruoso, ma perdonatemi, vi prego!
Purtroppo fino all'ultimo giorno di scuola non sono riuscita a far niente, sono stata impegnata fino all'ultimo per cercare di recuperare matematica *dà fuoco al libro di matematica*.
Poi ho cominciato a buttar giù il capitolo, ma sono dovuta partire per le vacanze perciò non se n'è fatto niente. Solo ora riesco a finirlo.
D'ora in poi, però, sarò più costante, questo è certo. Non credo che vi farò aspettare più così tanto.
Ma commentiamo il capitolo.
Ormai i nostri otto semidei sono diventati i protagonisti, perciò ho cercato di approfondire un po' di più tutti i personaggi (naturalmente, andando più avanti, scopriremo le loro storie per intero). Come al solito spero di averli caratterizzati bene, se c'è qualche errore o qualcosa di sbagliato non esitate a farmelo notare!
Come avete letto, la prossima tappa sarà Circe. Ma la maga sarà veramente diposta ad aiutare i ragazzi? Staremo a vedere!
Bene, per ora è tutto.
Alla prossima!
It's Ellie
   
 
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