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Autore: Feynman    07/07/2014    5 recensioni
"Ognuno sperava che gli altri lo avrebbero ricordato. Sapere di aver lasciato qualcosa, una traccia, nei ricordi di qualcuno era l’unico obiettivo per molti di noi. Io non lo avevo fatto. Mi sentivo come una cometa: ero passata, avevo brillato per poi, immediatamente, prendere fuoco e sciogliermi. Niente pianta le radici in una cometa. Essa è fatta di puro materiale stellare. Essa è roccia intergalattica. Solo qualche fortunata molecola d’acqua riesce ad attaccarla. Le comete sono solitarie e viaggiano per lo spazio, lo scoprono, lo vivono e quando vengono attratte dal campo gravitazionale di qualche pianeta, esse muoiono. Quando un pianeta le vuole con sé, loro lo assecondano per poi morire. Le comete sono le lacrime dell’Universo. Mondi solitari che nessuno capisce."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La cometa. 



Il vento scuoteva leggermente le foglie rossicce dei prunus. I raggi del sole si infiltravano fra i rami di pino e giocavano sulle nostre spalle, nude, già bruciate. Ci eravamo ripromessi, tempo addietro, che nessuno di noi sarebbe andato al mare senza gli altri. Sognavamo un grande falò sulla spiaggia dove, dopo cinque anni, avremmo detto addio a tutti quegli appunti inutili. Ci saremmo asciugati le lacrime che avrebbero rigato i nostri volti perché, anche se nessuno voleva ammetterlo, la mancanza l’avremmo sentita.
Ognuno di noi sperava che gli altri lo avrebbero ricordato. Sapere di aver lasciato qualcosa, una traccia, nei ricordi di qualcuno era l’unico obiettivo per molti di noi. Io non lo avevo fatto. Mi sentivo come una cometa: ero passata, avevo brillato per poi, immediatamente, prendere fuoco e sciogliermi. Niente pianta le radici in una cometa. Essa è fatta di puro materiale stellare. Essa è roccia intergalattica. Solo qualche fortunata molecola d’acqua riesce ad attaccarla. Le comete sono solitarie e viaggiano per lo spazio, lo scoprono, lo vivono e quando vengono attratte dal campo gravitazionale di qualche pianeta, esse muoiono. Quando un pianeta le vuole con sé, loro lo assecondano per poi morire. Le comete sono le lacrime dell’Universo. Mondi solitari che nessuno capisce.

«Che facciamo, ora? »

Diego ruppe il silenzio. Unico maschio della nostra comitiva. Mi ritrovavo, chissà perché, sempre con loro. Eravamo sempre i soliti. Io, Diego, Margherita e Alice. Non avevo nulla in comune con loro e viceversa. Erano diversi, tutti e tre, da me. Interessi diversi, pensieri diversi, mondi diversi. Alla fine, in mezzo a loro, mi sentivo di troppo. Ero la sovrastruttura- inutile- di una struttura alla Marx. Loro si bastavano e io ero un surplus. Nessuno me lo aveva fatto capire ma certe cose si sentono: hanno paura di parlare, di dire, di proporre. Esterna a quel loro gruppo unito da canne fra i boschi.

«Perché non sei andata con Camilla e Angelica, tu? »

Margherita aveva ragione. Ero molto più simile a loro, in qualche modo. Loro, però, non erano comete come me: facevano solo parte di un sistema stellare diverso. Camilla e Angelica erano più da gelato e passeggiata. Erano amiche perfette, loro due. Unite da chissà quale sentimento incomprensibile dove una terza persona non sarebbe stata nemmeno concepibile.

«Non m’hanno detto niente»

Sempre sola. Mi dico che non è triste la situazione in cui mi trovo. Dopo cinque anni non ho un vero amico, un confidente, un’altra cometa o un pianeta che sia riuscito a trasformarmi in satellite. Sono una viaggiatrice del cielo, un’autostoppista eterna che, fino alla fine, non troverà mai il suo posto nel mondo.

«Forse hai trovato di meglio»

Alice si stava girando, al riparo dal vento, una sigaretta. Ai suoi piedi c’era una piccola piantagione di tabacco: non era mai stata capace a farsi una sigaretta decente e, forse, non avrebbe mai imparato. Si ostinava a comprarlo per non so quale misterioso motivo.

«Tanto non avevo niente di meglio da fare»

Il caldo mi ha sempre aiutata a pensare. I miei occhi erano schermati da quel paio di Ray-ban che mi avevano accompagnata per anni. I miei occhi avevano visto troppi paesaggi, troppe persone, troppi fatti per rimanere ancora stupiti di fronte al mondo.

«Alice, stai facendo un casino! Guarda quanto ne hai sprecato»

Diego conosceva il valore delle cose. Lui non ha nulla. Suo padre è un pittore che si nutre di sogni e lascia a pancia vuota i suoi tre figli. Alice, la sua ragazza, ha fin troppi soldi. Non capisce, Alice, quanto possa valere del tabacco come quello. Fuma solo perché lo fa lui. Teme, la piccola, di non venir accettata da lui. Ha paura di Margherita e dell’ascendente che ha su Diego. Loro due sono amiche, sorelle, sangue dello stesso sangue quasi, eppure l’una ruberebbe la felicità dell’altra.

«Io vado»

«Dove, Valentina?»

Una semplice alzata di spalle fu la mia risposta. Ero stufa di tutto quello. Stanca delle solite chiacchiere, dei soliti silenzi colpevoli e delle parole inghiottite a forza. Non mi volevano, me lo sentivo. Li avrei sollevati della mia presenza perché è così che fanno le comete. Se ne vanno e l’Universo fa finta di non averle mai viste. Esse non lasciano nulla se non un’ incorporea scia di gas. E brillano. Oh, se brillano. Sono stelle e illuminano la notte come loro.

«Ti accompagno…»

«Tranquilla, Margherita…preferisco camminare»

Un leggero sorriso comparve sul suo viso. Una piccola goccia di sudore percorse la mia fronte fino a infrangersi sugli zigomi. Se avessi pianto, in quel preciso istante, nessuno se ne sarebbe accorto. Le lacrime sono salate come il sudore. Bruciano gli occhi. Il sole era forte. Picchiava sulle mie spalle scoperte e già bruciate. Domani, la pelle, mi avrebbe fatto ancora più male.

«A stasera?»

«Non so se ce la faccio, Marghe…»

«Tu provaci, Val»

Ne avrei sofferto. Come ogni anno. Faceva male ricordare. Faceva male far finta di essere felice per lei. Noi ci amavamo e non sarei riuscita a festeggiare insieme agli altri. Avrei mentito a me stessa. io ne avrei sofferto. Lei ne avrebbe gioito. Vorrebbe vedermi felice ma senza di lei, senza le sue labbra, senza il suo tocco sulla pelle, senza il suo respiro fra i capelli…cos’ero?

Il mio pianeta era scomparso. Orfana di un mondo mio.

Adesso sono una cometa. La sorella di Margherita mi ha lasciato perché mi amava troppo. Non voleva, ricordando quelle parole, trasformarmi in una prigioniera. Io che vivevo solo per lei. Io che urlavo di gioia quando, insieme, la pioggia ci colse abbracciate. Io che amavo l’odore dei suoi capelli. Io, sempre, che non mi sarei mai immaginata di vederla fra le braccia di un ragazzo. Fra le braccia di qualcuno che non fossi io.
Perché lei disse di amarmi. Perché lei era il mio pianeta. Perché io fui catturata dalla sua forza gravitazionale, dal suo campo magnetico. Perché io, solo con lei, divenni un satellite. Perché dopo mi trasformai in una triste cometa. Sono destinata a vagare per l’Universo e illuminare, lo spazio oscuro, con la mia coda di gas rarefatti. Sono più luminosa di una stella eppure, in pochi, riusciranno a vedermi. 








**Angolo Autrice**

Le improvvisate, ogni tanto, le faccio anche io. 
Le coppie, come avrete notato, sono solo accennate ma...è obbligatorio indicarle. 
A presto, si spera
Feynman

 
   
 
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