Hermione, ormai furibonda,
posò il pesante dizionario di
rune che stava consultando per una traduzione e si diresse come una
furia verso
la scrivania di Madama Pince per protestare.
“Mi scusi… ma non sente questo baccano?
Perché non
rimprovera quelle ragazze così chiassose? Non è
lei la prima ad infuriarsi se
qualcuno gira pagina troppo rumorosamente di solito?”
Ma le sue parole andarono a vuoto. La (di solito) facilmente
irritabile bibliotecaria non la stava minimamente ascoltando e portava
sul
volto un’espressione ebete e sognante mentre fissava con
insistenza un punto un
punto ben preciso dell’ampia biblioteca. Un tavolo, lo stesso
tavolo che era
circondato da quello stuolo di ochette starnazzanti e al quale era
seduto
quell’orribile, spocchioso, presuntuoso e vanitoso ragazzo.
Infastidita e oltremodo delusa dall’atteggiamento della
donna, Hermione cercò di attirare la sua attenzione alzando
la voce e
chiamandola ripetutamente.
“Madama Pince? Madama Pince mi ascolta? MADAMA
PINCE!”
Ma la bibliotecaria sembrava ancora completamente assorta,
così la ragazza diede uno strattone al suo braccio e, con
tono sempre irritato
ma ora macchiato da una punta di malizia, disse: “Madama
Pince ma che fa?
Pensi al povero
mastro Gazza, cosa
direbbe se la vedesse fissare in questo modo un uomo che non sia
lui?”
A quelle parole la donna si riscosse dal suo stato di trance
e guardò Hermione con gli occhi sbarrati in
un’espressione a metà terrorizzata
e furiosa, mentre lei ricambiava lo sguardo ghignando.
Dopo qualche secondo la bibliotecaria iniziò a balbettare
una risposta. “Ma… ma che…
ma… cosa… signorina Granger! Che cosa sta
dicendo?
Io non sto fissando nessun giocatore di Quiddich di fama
internazionale… ehm… e
poi cosa diavolo c’entra Argus ora?” A quel punto
Hermione, decisamente
divertita, si strofinò le mani e si leccò le
labbra prima di rispondere.
“Andiamo… lo sanno perfino i poveri elfi che
lavorano giù in
cucina della sua storia col nostro caro custode… e
poi… quando mai ho
parlato di giocatori di Quiddich?”
La bibliotecaria, punta sul vivo, cercò una scappatoia
cambiando argomento e chiedendo alla ragazza di cosa avesse bisogno.
Ora la riccia sapeva che la donna la avrebbe ascoltata e
avrebbe fatto il proprio dovere per smentirla sul fatto che si fosse
lasciata distrarre da Krum come un'adolescente scemetta.
Così, soddisdatta, le ripetè il proprio richiamo
nei confronti di quel branco di uccelini cinguettanti e le
spiegò che con tutto il chiasso da esso provocato le
impedisce la concetrazione e le rallenta enormemente lo studio.
Dietro di lei la riccia era incredula: come poteva una donna con
l'esperienza di vita, la cultura e l'età di Madama Pince
potesse farsi mandare in pappa il cervello in questa maniera da un
ragazzo giovane e con ogni probabilità disinteressato a
qualsiasi cosa che non siano le proprie adoranti fans e neanche
particolarmente carino? Solo il fatto che fosse dannatamente bravo a
volare e per questo famoso poteva scatenare la pazzia di donne mature e
intelligenti come quella che aveva davanti? Era davvero sconvolta del
potere che poteva avere la fama.
Si riscosse in fretta da quei pensieri e prese in mano lei la
situazione. Si piazzò di fronte al tanto nominato ragazzo e
urlò tutto d'un fiato com'era suo solito: "Senti brutto
scimmione volante che non sei altro, o fai in modo che questo stormo
cinguettante sloggi da questo locale che, per chi non lo sapesse
dovrebbe essere adibito alla lettura, allo studio e soprattutto al
silenzio, o , ancora meglio alzi tu quelle tanto agognate chiappe e
esci portandoti appresso tutte queste graziose fanciulle che..." Si
interruppe e arrossì leggermente notando lo sguado sorpreso
e compiaciuto che questi le stava rivolgendo. Viktor Krum non guardava
mai in quel modo le sue fans, si limitava a fare un sorriso annoiato
quando lo pregavano di fare una foto insieme a loro e a firmare in un
gesto automatico e ancora più annoiato tutti gli autografi
che gli venivano ansiosamente chiesti.
Hermione non si era ancora ripresa dalla sorpresa nell'essere osservata
in maniera così attenta ed interessata da Krum che questi
aprì la bocca per risponderle nel suo scarso inglese. La
ragazza si sarebbe potuta aspettare qualunque cosa, ma non la risposta
simile ad un grugnito che gli sentì dire. "Fa benne, io ora
fa via, ma zolo ze tu fiene con me." "cosa?" Chiese la ragazza convinta
di aver capito male. "Io fuole parlare con te. Tu fuole venire? Io
manderò fia le altre ragaze se tu fiene con me a fare un
giro fuori." Rispose il cercatore facendole l'occhilino e ottenendo
così il disappunto delle ragazze e di Madama Pince.
Hermione, ormai del tutto dimentica della propria traduzione di rune,
annuì. Non sapeva bene neanche lei cosa l'avesse spinta a
compiere quel breve cenno del capo ma, che fosse stata rapita da quello
sguardo penetrante o che si trattasse di semplice curiosità,
non aveva più importanza: ormai aveva accettato e non poteva
tirarsi indietro.
Tornò quindi al tavolo dove era seduta lei prima, raccolse i
propri libri infilandoli frettolosamente nella borsa raggiunse Krum e,
timidamente, prese la mano che questi le porgeva sotto gli sguardi
assassini delle ragazze che ancora lo circondavano come guardie del
corpo. Il ragazzo, come promesso, provò a chiedere loro di
allontanarsi gentilmente, ma vedendo la scarsa collaborazione da esse
mostrata, le spinse via senza troppi complimenti e scappò
stingendo ancora nella propria la mano di una sempre più
sorpresa Hermione.
Quando finalmente i due raggiunsero il portone della Sala d'Ingresso e
uscirono nel parco, il giocatore di Quiddich si guardò
intorno ancora per qualche attimo prima di rilassarsi e rallentare il
passo, rendendosi conto che la ragazza dietro di lui era ansante e
rossa in viso.
Giunsero alla riva del lago tenedosi ancora per mano e quando se ne
accorse la riccia arrossì ulteriormente, ma Krum non
sembrava minimamente intenzionato a lasciarla andare.
Si sedettero vicini e si guardarono negli occhi per qualche secondo,
lei sempre più rossa e lui sempre più sorridente.
Hermione scavò nella propria memoria in lungo e in largo, ma
per quanto si sforzasse non riusciva proprio a ricordare di aver mai
visto in nessuna delle tante foto che i Weasley custodivano gelosamente
il ragazzo con un sorriso così bello e accattivante. In
quelle immagini era sempre così arcigno e le rare volte che
si decideva a incurvare la bocca verso l'alto si trattava sempre di
sorrisi falsi, annoiati e privi di qualsiasi calore.
Tutta un'altra cosa rispetto al luminoso, ampio e (doveva ammetterlo)
bellissimo sorriso che stava invece rivolgendo ora a lei.
Fu riscossa da questi pensieri dal moro che, un po' incerto, aveva
provato a fare conversazione iniziando a parlare con quella sua voce
roca che prima la ragazza aveva mentalmente paragonato al
grugnito di un orco e che ora invece le pareva somigliare a
qualcos'altro, qualcosa di molto più dolce al quale non
riusciva a dare un nome.
"Tu sei Herr-mioni, ciusto? Io ho zentitto tuo amico con peli rozzi
chiamare tu cozì." La ragazza sorrise, capendo il
riferimento a Ron e alla sua chioma infuocata, per poi rispondere: "Oh
si, lui è Ron, un ragazzo un po' strano ma dal cuore d'oro,
una persona speciale..." Lasciò qualche istante la frase in
sospeso guardando il lago con aria sognante prima di continuare a
parlare. "... Ah si, si, comunque il mio nome è Hermione, so
che forse per te è un po'complicato da pronunciare, ma con
un po' di esercizio ce la puoi sicuramente fare!" Taque qualche altro
istante regalando un sorrisetto imbarazzato al suo interloquitore per
poi chiedergli: "E tu sei... Viktor, giusto?" "Zi. Herr-mioni tu zai
che zei dafero pelissima?" A quell'affermazione lei arrossì
fino alla punta dei capelli, tanto d fare invidia a quelli dei Weasley,
prima di bofonchiare un grazie di risposta.
Rimasero in imbarazzato silenzio per qualche minuto quando le venne in
mente che il ragazzo l'aveva invitata a passeggiare con lui dichiarando
di volerle parlare e stava per chiedergli cosa volesse dirle quando si
rese conto che quella del ragazzo era solo una banale scusa per
convincerla a seguirlo e per passare del tempo con lei. La cosa la
lusingava non poco. Era sicura che Ron non le avesse mai chiesto di
passare del tempo solo con lui e la cosa la irritò
leggermente. Solo in quel momento si ricordò della persona
che le teneva compagnia e si accorse che il silenzio tra loro si stava
prolungando un po' troppo; così disse la prima cosa che le
venne in mente, restando sempre nel tema "Io sono Hermione Granger e
devo imparare e sapere sempre tutto per non fare mai una cattiva
impressione su nessuno".
"Ti va di insegnarmi qualche parola in bulgaro? Io sarei felice di fare
lo stesso con te aiutandoti con l'inglese... sempre se ti va.." "Zi,
zi! E' una zplendida idea!"
Ogni tanto uno dei due cambiava discorso e raccontava all'altro
qualcosa di sè.
Così Hemione scoprì com'era la vita a
Durstrang, seppe del regime duro e triste applicato in quella
scuola, le torture che Karkaroff infliggeva a chi infrangeva anche solo
leggermente le regole dell'Istituto, lesse nei piccoli ma profondi
occhi del ragazzo tanto dolore che cercò di curare facendolo
pensare ad altro, scherzando con lui e raccontando a sua volta della
sua infanzia, dei suoi genitori dentisti, della vita da babbani in
generale e poi ancora di Hogwarts, di Silente, dei professori, dei
compagni, Harry... di Ron.
Già, Ron, Hermione non riusciva a spiegarsi
perchè le capitasse così spesso di arrivare a
parlare di lui... si è vero, parlava molto anche di Harry,
in fondo loro erano i suoi migliori amici... ma iniziò a
rendersi conto di parlare un po' troppo di loro quando notò
lo sguardo leggermente infastidito che Viktor le lanciava ogni volta
che nominava uno di loro e il rosso in particolare.
Comuque tra racconti tristi e racconti più allegri,
contornati sempre dalle lezioni di lingue che si impartivano a vicenda,
giunse l'ora di cena e quindi per loro di salutarsi. Ma non fu affatto
un addio.
Le disse che il giorno che lei gli si era piazzata davanti come una
furia non aveva potuto fare a meno di sorridere ed esultare dentro di
sè. Anche se non nel modo più gentile e garbato
del mondo, la ragazza che tanto lo aveva fatto sospirare finalmente gli
stava rivolgendo la propria attenzione e gli stava addirittuara
parlando!
Ogni volta che Hermione sentiva una di quelle piccole confessioni da
parte di Viktor prima arrossiva poi, senza una parola, lo abbracciava
di slancio.
Poi chiudeva gli occhi e per un istante, uno solo, credeva di
abbracciare Ron, per poi staccarsi dal moro e riaprirli sentendo una
piccola goccia salata staccarsi da uno di loro e venir prontamente
asciugata dal ragazzo di fronte a lei al quale diceva sempre di essersi
commossa, e in parte era vero. Quel ragazzo, che tempo prima aveva
creduto arrogante e odioso, era di una dolcezza disarmante con lei e la
faceva stare bene come mai nessun altra persona era riuscita. Nemmeno
con Harry e Ron stava così bene. Sì, è
vero, con loro si divertiva sempre e le piaceva strigliarli quando la
imploravano di farle copiare qualche tema... ma con Vicktor era
un'altra cosa. Nessuno la capiva bene come ci riusciva lui. Nessuno la
faceva sentire davvero protetta, amata. Nessuno tranne lui. Viktor Krum.
Guardando nel grande specchio che Lavanda aveva appeso dietro ai loro
letti e che percorreva buona parte delle pareti circolari del
dormitorio femminile di Grifondoro, Hermione vide una bella ragazza
vestita in modo allegro e colorato, ma non in modo stravagante come
quella ragazza strana del terzo anno di Corvonero* e neanche
sicuramente a quelle ragazze poco vestite che gironzolavano sempre
intorno al suo Viktor.
Sì, suo. aveva ormai intuito quali sentimenti dovesse
provare il ragazzo nei suoi confronti e aveva deciso di provare a
restituirgli un po' dell'amore che lui continua goffamente a darle.
Viktor ormai conosceva a menadito il castello e buona parte dei suoi
passaggi segreti e Hemione aveva più volte visitato la nave
di Durmstrang e in particolare la stanza del ragazzo, che
incredibilmente era piena di libri quasi quanto la sua.
Così decise che lo avrebbe portato nella Stanza delle
Necessità, dove era sicura che nessuno sarebbe potuto
entrare mentre c'erano già loro.
La riccia, dopo aver lanciato uno sguardo disgustato a Daphne
Greengrass, una ragazza Serpeverde del suo anno particolarmente
sfacciata che si stava spudoratamente strusciando contro la gamba di
Krum cercando di attirare la sua attenzione, prese il moro per mano e
iniziò a trascinarlo su per la scalinata di marmo e diretta
al settimo piano.
"Hey Herr-mioni pefghe tutta cvesta fretta? Dove mi ztai portando? E
pefghe cvella faccia? Zempri arrappiata!" Le chiese leggermente
intimorito il cercatore.
"Lo sono, Viktor, lo sono. Quella serpe schifosa non poteva toccarti e
strusciarsi contro di te in quel modo!" Fu la sua furibonda risposta di
Hermione.
Krum, stupito dal tono spiccio usato dalla ragazza tacque mentre
cercava di starle dietro in quella pazza corsa finchè lei
stremata, non si fermò in mezzo ad un corridoio e
cominciò a fare avanti e indietro per un tratto di circa tre
metri. Dopo che fu passata tre volte davanti ad un preciso punto del
muro sotto i suoi occhi increduli apparve una piccola porta di un bel
legno chiaro.
La ragazza si voltò e, vista l'espressione stupita dipinta
sul volto dell'altro il suo volto si addolcì e, dopo averlo
invitato ad entrare e avergli spiegato lo strabiliante potere della
Stanza, si scusò per i modi bruschi di pochi minuti prima.
Gli spiegò, tirando fuori un'audacia che non sapeva
appartenerle, che quel comportamento e quella rabbia che avevano
animato il suo corpo fino a pochi minuti prima erano stati causati da
un sentimento che da qualche tempo aveva iniziato a bruciare dentro di
lei ogni volta che una ragazza si avvicinava troppo pericolosamente a
lui. Gli disse di aver capito di essere estremamente gelosa delle sue
fans petulanti e di voler essere l'unica donna nei suoi pensieri.
Disse tutto questo d'un fiato e poi si avventò sulle labbra
del finalmente davvero SUO Viktor senza aspettare alcuna risposta.
Poi, però, questo attacco di coraggio da Grifondoro
finì e la ragazza, resosi conto di quello che stava facendo,
lasciò le braccia del ragazzo, divvenne rossa dalla vergogna
e tentò di scappare via dalla stanza.
Ma non ci riuscì. Un braccio forte, muscoloso e dannatamente
bello la tirò indietro e Hermione si ritrovò con
il viso ad un centimetro da quello di Krum, che la guardava con un
misto di adorazione, gioia, terrore e sì, anche amore.
Su quel volto arcigno comparve un altro meraviglioso sorriso, ma questo
era diverso da tutti gli altri: non si trattava più di uno
di quei sorrisi che riservava ad Hemione, la sua nuova grande amica,
l'unica ragazza che abbia voluto conoscerlo per come era davvero e non
soltanto come VIP e che lui segretamente ammirava e amava.
No, quel sorriso era per Hemione la sua ragazza, una cosa
completamentee diversa e incredibilmente bella.
Una piccola parte di Hemione pensava ancora ad un certo ragazzo dai
capelli rossi ma questi pensieri furono presto seppelliti dalla parte
più forte e razionale, quella che le diceva che Ron non
l'aveva mai notata e che la considerava solo una buona amica, che le
ripeteva continuamente di dimenticarlo e che ora non faceva altro che
farle notare il gran cuore del ragazzo di fronte a lei.
Per questo smise di pensare al suo amico e ci concentrò
unicamente sui baci, le carezze e le parole del suo ragazzo.
quando, per puro caso, ho cliccato sulla coppia Vicktor/Hermione e
ho scoperto con gran sorpresa che pochissimi hanno scritto su di loro!
Ok, so che non è una coppia molto shippata, io stessa non la
amo,
ma mi è dispiaciuto per loro in fondo, a differenza di molte
altre largamente trattate
su questo sito (l'esempio più lampante è la
Dramione), è una coppia realmente esistita.
Per queste ragioni ho voluto provare a raccontare del loro primo
incontro e di come,
secondo me, potrebbe essersi evoluta la situazione fra di loro.
Ma alla fin fine mi sento abbastanza soddisfatta del mio lavoro, e
gradirei davvero se qualcuno di voi avesse voglia di lasciarmi una
piccola recensione allo scopo di conoscere il parere di un esterno e,
soprattutto, di migliorarmi.
Ringrazio in anticipo chi lo farà e vi prego di essere
spietati quanto basta e di farmi notare anche il più
insignificante degli errori.