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Autore: H1Corona213    07/07/2014    3 recensioni
[Akuma no Riddle/ Riddle Story of Devil]
[Akuma no Riddle/ Riddle Story of Devil][Post episodio 12] [Tanabata Matsuri Special]
Qualche mese dopo il diploma dalla Kurogumi, Haru si sveglia con l'incredibile notizia che finalmente è arrivato il giorno di Tanabata, prima di vedere tutte le sue speranze appassire di colpo quando scopre che la sua guardiana non ha mai sentito parlare di una simile festa. E così, nasce in lei la decisione di far sperimentare, alla giovane assassina, il cosa si provi a festeggiare finalmente il festival delle Stelle.
[Tokaku x Haru]
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Star-crossed


Tutto era cominciato la mattina prima, quando Haru aveva aperto il cellulare per controllare l'ora e aveva lanciato un piccolo urletto di sorpresa che l'aveva immediatamente svegliata dal suo piacevole sonno ristoratore. Prima ancora di rendersene conto il suo corpo aveva già agito d'istinto, ed era saltata in piedi con il coltello, che nonostante tutto continuava ancora a tenere sotto il cuscino, certe abitudini erano dure a morire, stretto in mano e gli occhi intenti a scandagliare centimetro per centimetro ogni più piccolo affranto della loro camera. La vista dello sguardo leggermente stupito dell'altra ragazza era bastato a convincerla che si era trattato di un falso allarme, e che nessuna serial killer psicopatica era scappata di prigione per l'ennesima volta, per tentare di fare la pelle alla persona per cui sembrava aver sviluppato una non particolarmente sana ossessione.
E dire che aveva perso il conto di quante volte glielo aveva ripetuto, che andarle a consegnare il diploma di persona era stato uno sbaglio: nel momento stesso in cui la guardia aveva aperto loro la porta ed avevano messo piede nella stanza, Takechi si era lanciata a peso morto su Haru con l'agilità di un leopardo affamato, ed una scintilla di pazzia che aveva ormai imparato a riconoscere nei suoi occhi. E come avrebbe potuto reagire in altro modo lei di fronte a quella sfrontata presunzione, che in altro modo non avrebbe potuto chiamare se non immane stupidità, di poter riuscire dove già altre volte aveva fallito, se non inserendo un pugno adeguatamente chiuso tra le loro due facce? Che poi, dentro di sé, una vocina le avesse suggerito di aver trovato un insospettabile piacere nel sentire il naso di quella pazza fissata con le forbici scontrarsi contro le sue nocche… sperava che sua madre, dall'aldilà, non avesse da biasimarla troppo per il sogghigno che aveva dovuto faticare per non lasciarsi scappare.
Non aveva forse detto, solo pochi mesi prima, che per proteggere qualcuno sarebbe stata disposta a fare qualunque cosa? Se poi nel farlo avrebbe trovato anche una qualche forma di soddisfazione, meglio ancora. E la risatina un po'sforzata di Haru, mentre Takechi Otoya crollava sul pavimento stringendosi il naso e elencando ogni possibile e creativo modo in cui avrebbe potuto dare sfogo alla sua abilità di taglio sul suo corpo, qualora mai qualcuno fosse stato tanto pazzo da rimetterle in mano anche solo un paio di forbici dalla punta arrotondata, erano state l'accompagnamento musicale perfetto.
Da quando le cose si erano finalmente aggiustate, e le sue azioni avevano iniziato ad essere guidate solo più dalla sua volontà e non dagli ordini altrui, aveva scoperto la piacevole sensazione che si accompagnava ad un lavoro ben fatto. Che il lavoro fosse montare le tende del loro appartamento senza rischiare di rompersi l'osso del collo cadendo da una sedia in bilico, e dire che dopo lo scontro con Inukai doveva averci fatto il callo con le cadute da luoghi decisamente alti, o rompere il naso di una serial killer repressa vestita come l'ultimo degli operai, il risultato non cambiava.
Fortuna che, dopo quel piccolo incidente, le acque si erano calmate e Takechi, giunta alla conclusione che ancora una volta avrebbe dovuto mettere da parte i suoi istinti assassini, era ritornata al carattere allegro e sfacciato che aveva mostrato nei primi giorni della sua permanenza alla Kurogumi. E, posto che probabilmente lo scontro con il suo pugno doveva essere stato più forte del previsto e doveva aver causato danni permanenti al suo cervello, giunta alla conclusione che due più due dovesse necessariamente fare cinque e che quindi ogni domanda fosse lecita, aveva velatamente domandato a che punto fosse giunto il rapporto tra lei ed Haru. Il che stava a significare che, essendo la ragazza un'assassina con tendenze da violentatrice seriale ed un insano gusto per il bondage estremo, l'aveva fissata negli occhi con sguardo schifosamente complice, cosa che non aveva mancato di farle scendere un brivido di disgusto lungo la schiena e, mettendole un braccio intorno alle spalle, le aveva candidamente domandato che sapore avesse Haru.
Le sue parole si erano lentamente adagiate nel silenzio greve della stanza, mentre le sue orecchie cercavano di trovare il bandolo che si nascondeva dietro quella decisamente strana scelta di parole: la prima a reagire era stata Haru che, portandosi le mani alla bocca con un singulto strozzato, aveva rapidamente assunto una colorazione assolutamente in tinta con quella dei suoi stessi capelli, cercando senza successo di dare una risposta inevitabilmente persa tra i balbettii che ne erano conseguiti.
In un primo momento, non aveva saputo spiegarsi il perché di quella reazione da parte della compagna, ma forse Kaiba non aveva avuto tutti i torti a ripeterle continuamente di essere totalmente incapace di far funzionare il suo cervello. E, quando il senso di quelle parole aveva finalmente fatto presa nella sua mente, mantenere un'espressione stoica si era rivelato incredibilmente difficile, specie quando aveva sentito un bruciore che nulla aveva a che fare con la calura della stanza spandersi sulle orecchie e sulle guance.
Per l'amor del cielo, non poteva stare seriamente arrossendo, vero?
Dopo quell'incidente, erano servite tutte le parole di Haru, ed il fatto che la ragazza l'avesse molto preventivamente placcata per impedirle di muoversi, per riuscire a convincerla che tornare indietro e far sputare tutti i denti a Takechi non sarebbe stata una cosa particolarmente carina da fare.
E tutto questo mentre si ritrovava a combattere una battaglia apocalittica con l'imbarazzo che ancora premeva per uscire, rendendola al tempo stesso incredibilmente consapevole delle braccia di Haru strette con fermezza, ma gentilezza, intorno alla sua schiena. Aveva dovuto prendere più di un respiro profondo, prima che il suo riaffiorato istinto omicida tornasse nuovamente sopito, e molti di più per riuscire a ricostruire la propria maschera inespressiva prima di riuscire a guardare nuovamente la sua protetta negli occhi.
Tentativo che si era rivelato assolutamente fallimentare quando, nel momento stesso in cui i loro occhi si erano incrociati, Haru aveva assunto una invidiabile sfumatura bordeaux, accompagnata da un preventivo scioglimento dell'abbraccio, che l'aveva riportata allo stesso stato di agitazione interiore precedente alla loro uscita frettolosa dal carcere.
Per la seconda volta in vita sua, Azuma Tokaku si era scoperta incapace di sostenere lo sguardo di Ichinose Haru, e mera consolazione aveva trovato nel fatto che questa volta l'altra ragazza non la stesse fissando con le lacrime agli occhi ed il sollievo evidente dipinto in faccia, dopo che una bomba le era stata sfilata dal collo, ma stesse mostrando un notevole interesse nello studiare la crescita dell'erba nelle crepe del marciapiede.
Era occorsa la maggior parte del tragitto fino al loro appartamento perché Haru si decidesse a tornare, con la cautela di chi si avvicina ad una belva feroce, a camminare al suo fianco, avvolgendole timidamente un braccio con il proprio come, dal giorno in cui era uscita dall'ospedale, aveva sempre continuato a fare.
Alla fine, avevano semplicemente lasciato cadere l'argomento, e se per i primi tempi Haru si era mostrata quasi timida in sua presenza, cosa che mai fino a quel momento era accaduta, poco tempo era passato prima che la ragazza dai capelli rossi tornasse a spuntare in bagno con un sorriso a trentadue denti mentre lei si faceva la doccia, chiedendole se avesse bisogno di aiuto a lavarsi la schiena. In un primo momento l'aveva liquidata con silenzi o sbuffi infastiditi, ma mentre il tempo passava e le proposte non diminuivano di frequenza, aveva trovato quasi piacevole lasciarsi andare ad atteggiamenti che altro non avrebbe potuto definire se non giocosi, come lanciarle dietro una spugna ancora coperta di sapone od innaffiarla con il getto della doccia, ridacchiando di fronte agli strilli sorpresi dell'altra.
E da quel giorno erano passati già due mesi, mentre ora si ritrovava a fissare con espressione confusa la compagna di stanza che, evidentemente consapevole di averle appena offerto non il più tranquillo dei risvegli, le stava rivolgendo un flebile sorriso di scusa, il cellulare aperto ancora acceso in una mano.
"Cos'era quell'urlo?" le domandò con tono vagamente rassegnato, mentre tornava a nascondere il coltello sotto la federa del cuscino, e uno sguardo alla sveglia la convinceva che fosse ormai giunto il momento di alzarsi.
Il viso ancora leggermente contrito di Haru perse ogni traccia di vergogna, mentre saltava in piedi e correva a stringere la mano della ragazza dai capelli blu, sbilanciandola per un attimo con la forza del suo abbraccio.
"Tokaku, guarda, guarda! Guarda che giorno è oggi!"
Ad onor del vero, sarebbe stato impossibile anche per qualcuno dotato di un migliaio di occhi riuscire a leggere la data scritta sullo schermo illuminato del cellulare, considerando che la veemenza con cui l'oggetto veniva scrollato rendeva difficile persino capire che quello fosse, di fatto, un telefono.
Sospirando, più per il divertimento nel vedere il viso della compagna praticamente risplendere di gioia, che per vera e propria rassegnazione, con un movimento improvviso le afferrò il polso, badando di non stringere troppo per non causarle dolore, strappandole l'apparecchio dalle mani e fissando con attenzione i numeri colorati sul calendario.
"E'il sette luglio… perché, è qualche ricorrenza particolare?"
"Tokaku-san!" l'esclamazione che sfuggì dalle labbra di Haru, insieme all'onorifico che sempre più spesso aveva imparato a lasciar cadere, erano il segno che la ragazza doveva essere rimasta particolarmente sconvolta dalla sua risposta. Come se i suoi enormi occhi, che la fissavano come se si fosse appena trasformata in un orripilante mostro a due teste, non fossero già una dimostrazione sufficiente.
"Dovrei saperlo?" mormorò la giovane assassina, nella speranza che il tono diplomatico bastasse a placare l'animo della compagna "Seriamente, non ho idea di che giorno sia oggi"
"Tokaku, non dirmi che tu non hai mai sentito parlare del Tanabata!"
"Il che cosa?"
Il tono veramente confuso con cui la domanda fu rivolta bastò ad Haru per capire che la compagna non solo non aveva la minima idea di che cosa fosse quel giorno ma, addirittura, non ne aveva mai sentito parlare!
"Veramente non sai cosa sia?" le domandò più per cortesia che per vera e propria necessità di conoscere la risposta, quando lo sguardo dell'altra era già una prova più che sufficiente per convincerla della sua ignoranza.
"Ehm, è una cosa grave?"
A Tokaku non piaceva non sapere di cosa si stesse parlando, ma ancora meno le piaceva vedere quella scintilla di delusione che aveva fatto capolino per un attimo negli occhi della ragazza dai capelli rossi. Era stata una cosa momentanea, quasi impercettibile, ma la sua vista sviluppata in anni di allenamento era capace di cogliere il più piccolo movimento anche in situazioni estreme: riconoscere qualcosa di così piccolo nello sguardo di una persona a meno di mezzo metro da lei, era quasi uno scherzo. Pure, la certezza di aver anche solo minimamente potuto causare delusione ad Haru le lasciava ogni volta una sensazione spiacevole nel petto, come di una spina piantata tra le costole che, senza causarle vero dolore, le procurava un fastidio che non scompariva fino a che l'altra ragazza non le rivolgeva uno dei suoi luminosi sorrisi. A quel punto, era come se la scheggia si sciogliesse, lasciando dietro di sé un residuo di pace e di un tepore di cui non sapeva spiegarsi l'origine. L'unica cosa che sapeva, e di cui era assolutamente certa, era che il sorriso di Haru aveva la capacità di stirare le sue labbra contro la sua volontà, e non nel ghigno  che tanto spesso aveva rivolto alle sue avversarie durante l'anno alla Myoujou, ma in un vero sorriso.
"Tokaku"
Il tono di Haru, in quel momento, sembrava non ammettere repliche. Lo sguardo determinato negli occhi della ragazza dai capelli rossi era il segnale che la compagna non era disposta ad accettare ancora più a lungo la sua ignoranza sull'argomento. Quindi, afferratale una mano, la guidò verso il letto costringendola a sedersi al suo fianco, prima di incrociare le braccia al petto e fissarla in modo sorprendentemente serio, per una persona consapevole di avere come interlocutrice una assassina capace di ridurla in pezzi prima ancora di avere il tempo di fare due passi.
"Quindi non hai mai, mai sentito parlare della festa di Tanabata?"
La ragazza dai capelli blu si limitò a scuotere il capo.
"E di conseguenza non hai mai festeggiato nulla il sette luglio?"
Altro cenno di diniego.
Un sospiro.
"Tokaku-san, dove hai vissuto fino ad oggi…"
Un mormorio di parole appena udibili, che suonava incredibilmente simile ad un "in una accademia per assassine", per un attimo causò un sussulto di colpa in Haru: anche se la sua vita prima della Kurogumi era stata tra le peggiori che avrebbe mai potuto augurare ad una persona, non aveva dimenticato che il passato di ciascuna delle sue dodici compagne di classe era stato altrettanto oscuro. E Tokaku non faceva eccezione.
"Mi dispiace, non avrei dovuto dire una cosa simile"
Il movimento del capo della ragazza bastò a farle capire che l'altra non era rimasta offesa dalle sue parole. Ma nel vedere le sue spalle, solitamente così dritte e forti, afflosciarsi come se un peso invisibile la stesse lentamente schiacciando verso terra, qualcosa sembrò far scattare un interruttore nella testa della giovane Ichinose. Se non fosse stata intenta a fissarsi le mani strette con tanta forza che le nocche erano diventate quasi bianche, Azuma Tokaku avrebbe visto una incredibile determinazione lentamente dipingersi sul volto della sua protetta, mentre quest'ultima le rivolgeva uno sguardo che, in altre situazioni, l'avrebbe fatta probabilmente morire di imbarazzo.
Procedendo con cautela, Haru fece lentamente passare un braccio intorno alla vita della compagna, fino a poter appoggiare la testa sulla sua spalla. La sensazione dei capelli di Ichinose sul suo collo sembrò risvegliare Tokaku dalla spirale di pensieri in cui sembrava essersi lasciata affondare negli ultimi minuti, e quasi agendo d'istinto lasciò che un suo braccio scivolasse lentamente lungo il lenzuolo, fino a quando il palmo non poté avvolgersi intorno al fianco, ancora coperto dalla tela del pigiama, dell'altra. Era un abbraccio un po'goffo, nonostante da mesi a quella parte Haru si fosse impegnata a far recuperare alla coinquilina tutti gli anni di gesti di affetto che, a causa della sua particolare situazione famigliare, non aveva mai potuto sperimentare.
E, se pure ora Tokaku non tremava più quando una mano le accarezzava la schiena, o il suo braccio finiva stretto in una morsa mentre camminavano insieme per strada, dire che non si trovava ancora pienamente a suo agio quando doveva toccare l'altra ragazza sarebbe stato riduttivo.
Haru dal canto suo, era pienamente consapevole di quanto il senso di colpa dovuto al loro primo ed ultimo scontro tormentasse ancora i pensieri della giovane assassina, e per questo aveva deciso di procedere con cautela, un passo alla volta, nei suoi confronti. Di una cosa era certa: Tokaku l'aveva protetta a costo della sua stessa vita nei lunghi mesi in cui avevano frequentato insieme la Kurogumi e, se pure non sarebbe mai stata in grado di ripagare il suo debito, pure avrebbe fatto qualunque cosa per permettere alla ragazza di vivere, finalmente, una vita felice. Sarebbe stata lei, Haru, a combattere questa volta per costruire la felicità della sua protettrice.
E lo scoprire che l'altra non avesse mai sentito parlare del Tanabata, né avesse in alcun modo avuto occasione di festeggiarlo, aveva causato in lei un'ondata di dolore più intensa di quanto potesse aspettarsi.
"Non devi sentirti in colpa, Tokaku" mormorò affondando il naso nel collo dell'altra ragazza. Adorava respirare il suo profumo: nonostante l'assassina ripetesse spesso che quelli come lei non potevano puzzare altro che di sangue, e di cadavere, Haru era sicura di non aver mai sentito un odore simile sulla sua pelle. Ciò che avvertiva era piuttosto il profumo del suo bagnoschiuma, un semplice sapone quasi privo di aromi, come se Tokaku potesse veramente essere una persona da essenze floreali o simili, ed un altro che non sapeva come definire. Avrebbe quasi potuto affermare che Tokaku sapesse di… vento? Sapeva lei stessa quanto fosse assurda la sua sensazione, ma se l'altra ragazza aveva sempre detto di sentire sulla sua pelle l'odore del sole, perché lei non avrebbe potuto dire lo stesso? E quale altro elemento naturale avrebbe potuto associare alla velocità e all'eleganza con cui l'aveva vista far roteare i suoi coltelli, impegnata nella danza mortale del combattimento con le altre studentesse della Kurogumi? Per lei, la sua protettrice avrebbe sempre portato con sé il profumo fresco e libero delle tiepide giornate ventose di inizio primavera "Non è colpa tua se fino a questo momento non hai mai potuto sperimentare queste cose"
"Perché, tu le hai mai sperimentate?"
Il tono di voce piatto avrebbe dovuto ferirla, o per lo meno farla tentennare sulla risposta che sarebbe seguita. Ma tutto ciò ebbe solo la conseguenza di farle desiderare di stringere ancora più forte tra le braccia l'altra ragazza, e sussurrarle rassicurazioni all'orecchio.
Da quando erano andate via insieme dalla Myoujou, la maschera inespressiva dell'altra aveva iniziato a creparsi sempre più spesso, e aveva permesso finalmente a lei di scoprire dietro quella facciata di freddezza e serietà la vera Tokaku, la bambina che ancora fissava sperduta il corpo morente di sua zia nel silenzio di un bosco nel mezzo del nulla, la persona che aveva incespicato su una via che erano stati altri ad imporle senza permetterle di elevare la minima protesta.
C'erano dei sentimenti dentro di lei, nonostante l'altra facesse di tutto per negarlo, ed erano tanti e confusi. Perché, se pure entrambe avevano visto tutte le persone intorno a loro morire l'una dopo l'altra, il percorso che erano state costrette a seguire era stato diametralmente opposto: Haru aveva vissuto grazie all'amore di quanti si erano sacrificati per lei, Tokaku grazie alla sua assoluta mancanza.
Non c'erano dubbi che, ora che aveva potuto adagiarsi in una vita tranquilla che non prevedesse più la necessità di uccidere e combattere, tutti i dubbi ed  i traumi dell'erede degli Azuma stessero lentamente cominciando a emergere.
Ma di una cosa la giovane Ichinose era certa: un passo alla volta, insieme avrebbero superato ogni cosa.
Avrebbero avuto tutto il tempo del mondo per farlo.
E, il primo passo, sarebbe stato quello di far sperimentare alla ragazza la semplicità di una festa come il Tanabata.
"E' vero, neppure io ho mai avuto modo di festeggiarlo. Ai tempi ero troppo piccola per poter andare ad un Matsuri e dopo la morte della mia famiglia… non ce n'è più stata l'occasione" il tono che le uscì forse era un po' troppo amaro, perché sentì la schiena dell'altra ragazza irrigidirsi di colpo.
"Ma non importa" continuò in fretta, prima che qualche parola di scusa potesse interromperla "Questo significa che possiamo semplicemente sperimentare insieme!"
"Haru…"
"E poi, ho sempre sognato" mormorò con un filo di voce, inclinando il capo in modo che gli scomposti ciuffi di capelli rossi andassero a coprire le sue guance improvvisamente scarlatte "Di poter guardare i fuochi d'artificio insieme a Tokaku"
La stretta intorno al suo fianco fu il grazie silenzioso che l'altra ragazza le rivolse.
Ora, doveva solo insegnarle tutto quello che sapeva sulla festività di quel giorno.
Non avevano altro tempo da perdere.

La giornata era passata con la velocità di una treno in corsa: dopo qualche minuto passato ciascuna persa nei propri pensieri, le due ragazze si erano dirette l'una verso il bagno, per una doccia veloce, ed una a preparare la colazione, che era trascorsa con le chiacchiere inarrestabili di Haru che stava cercando, tra una forchettata e l'altra, di raccontare alla coinquilina tutto quello che sapeva sul Tanabata.
Così, a metà mattinata, insieme erano uscite per andare a cercare tutte le cose che sarebbero loro servite per il Matsuri di quella sera: non molto in verità, in quanto Tokaku si era assolutamente rifiutata di indossare il benché minimo yukata, adducendo la scusa che con quella roba addosso non sarebbe stata in grado di combattere in caso di pericolo.
In compenso, Haru si era divertita a girare per i negozi in cerca di un vestito per sé. In altre occasioni avrebbe provato vergogna nel farsi aiutare ad indossarlo da qualcuna delle commesse, il senso di imbarazzo dovuto alle sua cicatrici non sarebbe mai scomparso del tutto, ma la vista delle facce con cui la sua compagna l'aveva accolta ogni volta che usciva dal camerino, indossando un abito diverso, era stato un ottimo incentivo. Perché, nonostante la fissasse con sguardo annoiato e le mani testardamente affondate nelle tasche della giacca, era sicura di aver visto quello che sembrava un leggero velo di rossore colorarle le guance ogni volta che le aveva piroettato davanti dopo aver finito di indossare tutti gli accessori.
Con un sogghigno che aveva dovuto faticare per trattenere, si era cambiata nei suoi vecchi abiti ed erano uscite dal negozio, stringendo possessivamente a sé la scatola in cui era contenuto il vestito: si era fatta spiegare accuratamente come indossarlo dalle inservienti, e aveva anche agito segretamente in modo che Tokaku non sapesse quale dei tanti abiti aveva scelto. In effetti, si trattava di uno yukata che non aveva neppure mostrato all'altra ragazza, ed il commento della giovane donna che la stava aiutando a vestirsi su come avrebbe fatto colpo sulla sua accompagnatrice, con un abito simile, era bastato a mandarle le guance in fiamme.
In men che non si dica era giunto il tramonto, e le due avevano iniziato a prepararsi per uscire nuovamente e immergersi nell'atmosfera festosa delle strade. Ad onor del vero, Tokaku non aveva avuto necessità di grandi preparazioni, a parte nascondere un paio di coltelli appena affilati sotto la cintura e domandarsi se fosse il caso di portarsi dietro anche la pistola, almeno fino a quando lo sguardo esasperato della coinquilina non l'aveva spinta a decidere altrimenti. Forse in fondo avrebbe dovuto smettere di essere così paranoica, ma le abitudini erano dure a morire. Ed un coltello poteva sempre tornare utile, anche se non usato contro altri assassini.
Haru invece, era sparita mezz'ora prima in camera, chiudendola poco elegantemente fuori e pregandola di non sbirciare, cosa che le aveva causato un sussulto di orgoglio: non era uno di quei perversi adolescenti guardoni, e che diamine, perciò era proprio il caso di trattarla come tale?
Ma, quando la porta finalmente si aprì ed Haru fece il suo ingresso in salotto, il perché di quella attesa assunse tutt'altro senso: quella sera sull'ascensore, mentre lentamente si dirigevano verso il tea party che avrebbe cambiato tutto, si era ritrovata incapace di staccare lo sguardo dalla figura della ragazza dai capelli rossi, per poi cercare di nascondere il proprio imbarazzo tornando a fissare il panorama oltre i vetri quando era stata colta sul fatto. Ora, invece, i suoi occhi sembravano impossibilitati a rinunciare alla vista che si poneva loro davanti, e fu solo quanto la risata cristallina e divertita di Haru ruppe il silenzio, che un imbarazzo feroce la costrinse a dirigersi a passo di marcia verso il bagno, borbottando a mezza voce la prima scusa che le venne in mente. Quando, finalmente di nuovo padrona delle sue facoltà, e parecchi spruzzi di acqua gelata dopo, si decise a tornare nel soggiorno, non poté comunque nuovamente impedire alla propria gola prosciugarsi all'istante: era certa di non aver visto Haru con quell'abito, quella mattina, o probabilmente le avrebbe chiesto di non comprarlo. Per qualche motivo, l'idea della ragazza intenta a girare per la città con quel vestito le faceva sudare le mani e venir voglia di correre nel bosco più vicino per sfogare quella nuova sensazione su tutti gli alberi che i suoi coltelli sarebbero stati in grado di colpire. Ma, più ancora del vestito, era l'acconciatura della ragazza a farle avvertire un senso di costrizione alla bocca dello stomaco: da che si erano conosciute, non l'aveva mai vista con i capelli legati in un modo che non fossero i due scompigliati codini laterali, con cui sembrava persino dormire e farsi la doccia. In quel momento invece, aveva i capelli raccolti con un semplice kanzashi che le bloccava uno stretto chignon sul retro della nuca, mentre le ciocche che solitamente le cadevano scomposte ai lati del viso erano state fatte passare ordinatamente dietro le orecchie.
"Allora, come sto?"
Fu solo grazie alle sue orecchie allenate che riuscì a percepire la traccia di timidezza che si nascondeva dietro quelle parole, come se la sua interlocutrice fosse incerta del suo aspetto. Senza risponderle, si limitò a far nuovamente scorrere lo sguardo dall'alto in basso lungo la sua intera figura: quella persona era Haru, senza alcun dubbio, eppure al tempo stesso non lo era, e la cosa le stava causando una sensazione che non sapeva definire ma che in ogni caso non poteva catalogare se non come spiacevole. Con uno scatto quasi invisibile del polso, le strappò il fermaglio dai capelli, osservandoli tornare al loro disordinato stato naturale
"Così è molto meglio" sentenziò, bloccando sul nascere la replica piccata che già sentiva formarsi nella testa della coinquilina.
Così Haru era Haru. E basta. Non aveva bisogno di fronzoli od altro per apparire qualcosa di diverso da ciò che era.
D'altro canto, la ragazza dai capelli rossi era rimasta assolutamente stupida dal comportamento della sua guardiana: per un attimo, prima che i suoi capelli tornassero liberi, le era sembrato di vedere quasi una scintilla di rabbia negli occhi color ghiaccio di Tokaku, e la cosa l'aveva non spaventata, ma lasciata comunque senza parole. Non aveva mai visto la sua protettrice comportarsi in un modo simile.
Ma, se a lei piaceva di più vederla con i capelli sciolti, allora li avrebbe tenuti così. In fondo, il primo scopo di quella serata era rendere felice Tokaku, quindi lei si sarebbe adeguata ad ogni sua scelta. E poi, ad onor del vero, non aveva mai tenuto i capelli completamente slegati, quindi si trattava in ogni caso di un nuovo tipo di acconciatura no?
La sua unica risposta, quindi, fu uno sbuffo fintamente rassegnato "Tokaku, le brave ragazze non si comportano così" che l'altra, orecchio da mercante, parve volutamente ignorare.
Al che, cercando di trattenere senza successo una risatina, Haru afferrò il braccio della compagna per trascinarla nel caos delle strade illuminate a festa.
In un primo momento, camminare in mezzo alla folla non era stato facile: ogni volta che una persona si scontrava con loro, Tokaku si irrigidiva e faceva gesto di portare la mano al retro della giacca, e solo una stretta più intensa ed una parola di rimprovero sussurrata a pochi centimetri dal suo orecchio bastavano a tranquillizzarla. Ma in fondo l'altra poteva capire che, in quella massa di persone, per la giovane assassina ogni persona, anche la più innocente, potesse rappresentare un potenziale pericolo.
E sapeva anche che, tutta quella tensione, era dovuta solo al costante desiderio di tenere lei al sicuro.
Quel pensiero fece scoppiare qualcosa dentro il suo petto, qualcosa che le causò come un senso di vertigini, che la costrinse ad appoggiare la testa sulla spalla della ragazza al suo fianco. Alla domanda silenziosa nascosta nell'occhiata che ricevette, rispose con il suo più luminoso sorriso. Tokaku sembrò decidersi per lasciar cadere la cosa, ma era certa di aver visto i suoi affilati occhi blu girarsi nella sua direzione ogni volta che lei era distratta da qualche banchetto particolarmente appariscente.
Raggiunta finalmente la zona degli stand, Tokaku si limitò a farsi trascinare da una parte all'altra con un'espressione di sufficienza sul viso, a contrapporsi a quella assolutamente splendente della ragazza dai capelli rossi. La loro prima fermata fu lo stand della pesca dei pesci rossi: sorridendo con la felicità di una bambina, Haru si immerse nella sfida con tutta la determinazione di cui era capace, sospirando affranta ogni volta che il cerchio di carta si rompeva prima di poter raggiungere la preda. Dopo un paio di tentativi, Tokaku fu certa di aver compreso cosa ci fosse di sbagliato nei suoi movimenti: immergendo troppo presto e troppo violentemente il retino nell'acqua, quest'ultimo finiva per rompersi prima ancora di aver potuto assolvere il suo compito.
Haru quasi lasciò cadere il nuovo retino nella vasca per lo stupore, quando sentì due braccia avvolgerla da dietro e delle dita chiudersi delicatamente ma con fermezza sopra le sue, che ancora stringevano il bastoncino di legno.
"Fa così" le sussurrò una voce nel suo orecchio, e combattendo l'ondata di rossore che minacciava di ricoprirle le guance, lasciò che l'altra ragazza guidasse i suoi movimenti, fino a portare la sottile struttura di carta ad un soffio dalla superficie dell'acqua.
"Non ancora, aspetta che sia più vicino"
Era impossibile mantenere la calma, quando quella voce leggermente roca le mormorava consigli ad un soffio dal suo collo, ma quando il conto alla rovescia iniziò, riuscì a recuperare abbastanza lucidità da seguire i movimenti che Tokaku le stava suggerendo e, con uno scatto del polso, riuscì a far saltare il pesciolino nella ciotola che teneva nella mano sinistra.
Osservando con stupore il piccolo animare nuotare ora nel contenitore sferico, si girò per fissare negli occhi la persona ancora accucciata alle sue spalle: gli occhi azzurri, che solitamente sembravano scrutare ogni cosa con freddezza, le restituirono lo sguardo quasi divertito e perché no, forse persino orgoglioso. Senza pensare, Haru le buttò le braccia al collo quasi spedendo entrambe per terra, e fu solo grazie ai riflessi allenati dell'altra che la ciotola non si rovesciò insieme al suo piccolo abitante.
Mormorando un paio di scuse, si risollevarono aiutandosi a vicenda e restituirono il tutto al proprietario, con la scusa che non avrebbero saputo dove tenere l'animale: in realtà, anche se nessuna delle due lo aveva detto ad altra voce, l'idea di tenere qualcosa, sia pure di così piccolo, confinato in un sacchetto di plastica, da solo, faceva nascere in loro un senso di nausea.
La libertà, entrambe l'avevano imparato a loro spese, era qualcosa che non andava tolta a nessuno.
Per la successiva ora, girarono per i banchetti di cibo, e anche se Tokaku parve vagamente delusa dal fatto che non ci fosse nessuno stand di curry, cosa che non mancò di scatenare un attacco di risa nella sua compagna, riuscirono comunque a consumare una cena piacevole.
Mentre si avviavano verso le zone meno affollate della fiera, lo sguardo della giovane assassina parve cadere per un attimo su un venditore di maschere, mentre il ricordo di un altro festival e di una Haru che le sorrideva indossando un cerchietto con due orecchie da gatto in testa, tornava a fare capolino nei suoi pensieri. Il Venus festival era certamente stato qualcosa di grandioso, ma con una scuola grande come la Myoujou non avrebbe potuto aspettarsi altrimenti, anche se gli eventi che aveva portato con sé non erano stati fra i più piacevoli. Chissà se Namatame e Kirigaya ora stavano bene… l'ultima volta che le aveva viste, quando erano andate a consegnarle i diplomi, oltre allo stupore di vedere entrambe le ragazze ancora vive, le era sembrato che le cose tra loro fossero state un poco tese. Ma forse, con tutto quello che era accaduto riguardo all'identità di Angel Trumpet, sarebbe stato piuttosto normale aspettarsi una situazione simile.
Notando lo sguardo improvvisamente distante dell'altra ragazza, Haru sentì come un uncino piantarsi nel petto: sicuramente Tokaku era di nuovo persa in mezzo a ricordi spiacevoli, e l'idea che per quella sera la compagna non potesse godersi appieno il suo attimo di libertà per colpa del suo passato, la spinse a prendere una nuova decisione.
Le ci volle qualche secondo, e il fatto di non sentire più le sue braccia strette intorno alla manica della sua giacca, per rendersi conto che la ragazza dai capelli rossi si era fermata un paio di passi indietro, e la stava guardando con l'espressione più indecifrabile che le avesse mai visto negli occhi.
Prima ancora di aver potuto sbattere le palpebre però, la giovane aveva già di nuovo accorciato le distanze tra loro e anzi, la stava fissando negli occhi ad appena un palmo dal suo naso: ora che era più vicina, le sembrava quasi di vedere un fuoco carico di determinazione bruciare dietro le sue iridi ramate. O forse, era solo il riflesso delle luci della festa.
"Tokaku" esclamò all'improvviso la ragazza, cogliendola vagamente di sorpresa "Verresti con me in un posto?"
Annuendo con un cenno del capo, la giovane assassina si limitò a seguire la sua protetta, per un attimo meravigliandosi di come l'altra stesse camminando un passo davanti a lei, e non invece al suo fianco, facendo di tutto per cercare di prenderla di nuovo a braccetto. Era passato così tanto tempo, dall'ultima volta in cui era successo, che il senso di mancanza le risultava quasi sgradevole.
Haru d'altro canto, sembrava quasi essere divorata dalla fretta, mentre la guidava in una zona meno illuminata lungo l'argine del fiume, fino a che non giunsero in una zona apparentemente prima di occupanti. Solo a quel punto, la ragazza si fermò, girandosi finalmente a guardarla.
"Da qui potremo guardare tranquillamente i fuochi. E' ancora un po' presto, ma avevo la sensazione che iniziassi a trovarti a disagio in mezzo alla gente, e ho pensato che volessi andare in qualche luogo meno affollato"
Anche se non poteva vederla, a causa della scarsa illuminazione, Tokaku non riuscì a non sentirsi in imbarazzo per il leggero rossore che le colorò le guance, di fronte a quella disinteressata dimostrazione di preoccupazione nei suoi confronti. Non era abituata ad essere lei l'oggetto delle cure degli altri.
"Oh, guarda quante stelle, è bellissimo!"
La voce ammirata di Ichinose la strappò per l'ennesima volta al flusso dei suoi pensieri, mentre anche lei portava gli occhi a sollevarsi verso il cielo: in effetti, era uno spettacolo incredibile da vedere, con la Via Lattea chiaramente distinguibile sullo sfondo quasi nero della volta celeste.
"Meno male, quindi questa notte Orihime-sama e Hikoboshi-sama potranno riabbracciarsi" sospirò sollevata la ragazza dai capelli rossi.
"Chi, scusa?"
Le parve di vedere un sorriso amaro fare capolino sulle labbra dell'altra, o forse era solo una sua impressione.
"Orihime-sama e Hikoboshi-sama, è a loro che è dedicata la leggenda di Tanabata: Orihime era una dea, figlia del Re del Cielo, che si innamorò del pastore Hikoboshi. I due si sposarono e vissero felici per qualche tempo, ma il loro amore li portò a dimenticare i loro doveri, ed il padre di Orihime li separò ponendoli sulle due rive opposte di un fiume di stelle"
Lo sguardo di Haru sembrava essere perso nei ricordi di tempi remoti, mentre i suoi occhi fissavano i riflessi delle stelle che baluginavano sulle acque calme del fiume.
D'altro canto, Tokaku trovava che in quella storia ci fosse qualcosa di sbagliato.
"Una storia tragica. Perché la gente dovrebbe festeggiare una cosa simile?"
Il sorriso dell'altra ragazza sembrò allargarsi leggermente, pur senza perdere del tutto la traccia di amarezza che, ora era certa, la accompagnava fin da quando erano giunte in quel luogo.
"La storia non finisce qui, aspetta. Perché il Re del Cielo infatti, impietosito dalle loro lacrime e dal loro dolore, decise di concedere loro una sola notte all'anno per potersi rincontrare, una sola notte in cui un ponte sarebbe sorto dal fiume per permettere loro di riabbracciarsi, prima di dover affrontare un altro anno separati. Per questo Orihime e Hikoboshi sono anche chiamati gli sfortunati amanti. Una soluzione decisamente migliore, anche se non… meno definitiva"
Fu come se le tessere di un puzzle si fossero improvvisamente incastrate tutte al posto giusto: procedendo lentamente, le  mani affondate nelle tasche, la ragazza dai capelli blu si avvicinò fino al punto in cui l'altra se ne stava ancora in piedi, lo sguardo perso a rimirare le luci di fronte a sé. Con lentezza, ma sorprendendosi lei stessa per l'assenza della minima traccia di esitazione nei suoi gesti, fece passare un braccio intorno alle spalle della giovane dai capelli rossi, attirandola poi con un movimento improvviso verso di sé. Haru si lasciò scappare un piccolo urletto di sorpresa, quando si ritrovò sbilanciata di lato, ma invece di cadere a terra scoprì di avere la testa appoggiata ad un supporto che ormai, dopo mesi, aveva imparato a conoscere bene.
"Mi dispiace Haru, che il mio comportamento possa averti causato dei dubbi"
La voce di Tokaku, ad un soffio dal suo orecchio, ebbe il potere di farle scendere un brivido lungo la schiena.
"Non hai fatto nulla per spingermi a dubitare" mormorò di rimando, affondando il viso nella stoffa ruvida della fronte della sua giacca "Mi dispiace di averti fatto credere che… potessi avere dei dubbi su di te, perché non ne ho mai avuti. Ma non mi piace vederti con quello sguardo distante, quando sei persa nei tuoi pensieri. Non devi più lasciarti condizionare dal passato, questa è la vita che ti sei scelta tu, di tua volontà. Senza sensi di colpa o illusioni a spingerti a farlo"
"Senza Api Regine e famiglie dotate di poteri magici nel mezzo, vorrai dire"
Le parve di sentire una risata leggera scuotere il petto dell'altra ragazza, mentre la sentiva appoggiare il mento sulla cima dei suoi capelli con un sospiro di contentezza, ed un eguale sorriso faceva capolino sulle sue labbra.
Ma, il pensiero di tutto ciò che insieme avevano affrontato durante i mesi della Kurogumi, fece sbocciare in lei una domanda che fino a quel momento, per un motivo o per un altro, aveva sempre preferito tenere per sé.
"Tokaku non te l'ho mai chiesto ma… che cosa hai chiesto a Yuri-san, come premio per aver vinto la Kurogumi?"
Il mormorio di risposta quasi si perse nel sibilo del primo fuoco d'artificio che partiva verso il cielo, illuminando per un attimo le gote incredibilmente rosse di una Ichinose Haru rimasta senza parole. Staccatasi dall'abbraccio, si limitò a sollevare lo sguardo verso il viso dell'altra ragazza, sentendo il cuore fluttuarle nel petto di fronte alla gamma incredibile di emozioni che sembravano essere state liberate tutte insieme negli occhi della sua protettrice.
Sentendo le lacrime iniziare già a rigarle le guance, si lanciò fra le sue braccia come la notte in cui la ragazza era giunta in suo soccorso durante l'attacco da parte di Isuke e Shinya, in cui aveva pensato che l'assassina dai capelli rosa l'avesse veramente uccisa.
Tokaku si era aspettata qualcosa di simile, ed aveva preparato le gambe a ricevere il contraccolpo di quando si sarebbero inevitabilmente scontrate, ma la sua concentrazione venne meno quando sentì qualcosa di incredibilmente morbido posarsi sulle sue labbra. La sensazione famigliare, sfumata per molto tempo nella sonnolenza dovuta alla carenza di ossigeno, sul fondo di una piscina a molti chilometri da lì, la portò ad agire d'istinto, facendo passare le braccia intorno ai fianchi di Haru mentre la ragazza, senza staccarsi di un millimetro, le lanciava le braccia intorno al collo e premeva, quasi con febbrile disperazione, il corpo contro il suo. Quando finalmente il bacio finì, entrambe si ritrovarono a guardarsi negli occhi con due egualmente intensi rossori dipinti sul viso, ma neppure per un attimo ebbero l'idea di interrompere il contatto fra loro.
Ora che poteva veramente guardarla, Haru riusciva a riconoscere nello sguardo di Tokaku ogni singola emozione che si agitava al suo interno, senza l'ingombro di alcuna barriera che glielo impedisse. E sentì il fiato mozzarsi in gola, quando capì finalmente cosa fosse quella scintilla che in particolari momenti sembrava fare capolino negli occhi azzurri della compagna.
Gonfiando le guance per l'imbarazzo, affondò il viso nel petto dell'altra ragazza, passando nel frattempo distrattamente le dita nei corti ciuffi blu che coprivano la sua nuca.
"Tokaku è crudele quando fa così! Se deve dire qualcosa, lo dica e basta invece di far penare così tanto Haru per cercare di capirlo da sola"
La risata finalmente spontanea di Tokaku fu contagiosa, portandola ad affondare ancora di più il viso nella giacca dell'altra per cercare di mascherare il suo tentativo, inutile, di non imitarla.
Sentendo una mano accarezzarle delicatamente i capelli, la ragazza si ritrovò a sollevare nuovamente lo sguardo, venendo zittita questa volta da un paio di labbra, le stesse che aveva assaggiato solo poco prima, che si adagiarono perfettamente sopra le sue.
Qualche secondo dopo, si ritrovò a boccheggiare senza fiato, le guance rosse come pomodori mentre fissava lo sguardo stranamente soddisfatto della sua compagna con una smorfia di disappunto.
"Stai iniziando a giocare sporco, Tokaku"
Lo scoppio di altri fuochi d'artificio coprì la risposta che ne seguì, ma ad Haru a quel punto non avrebbe potuto importarne più di tanto.
Non poteva sapere che, in quella serata, l'ultimo pensiero di Tokaku fu un apprezzamento rivolto alla festività di Tanabata.

"Tokaku, che cosa hai chiesto a Yuri-san come premio per aver vinto la Kurogumi?"
"Di poter stare insieme a te per sempre"




NOTE:

Uff, che fatica! Ce l'ho fatta al pelo pelo! Ma si sà, che se non faccio le cose all'ultimo non sono contenta.
Questa storia, è stata un vero casino: prima comica, poi introspettiva, poi fluff ed infine romantica.
Inizialmente non doveva andare così ma alla fine... non potevo non dare a quelle due un finale felice!
Avrete notato parecchie cose strane nel comportamento di queste due, e forse vi potrebbero sembrare molto OCC ma fermatevi un attimo a riflettere: Haru potrebbe apparire troppo intelligente (?) per alcuni, ma questa è la mia visione del personaggio. Nel manga, ma anche guardando bene l'anime, si capisce che è una persona capace di capire al volo le cose, soprattutto i sentimenti delle persone. E sa cosa voglia dire essere amati, a differenza di Tokaku che ha vissuto lontana dalle uniche due persone che potessero mostrarle affetto sincero (sua madre e sua zia). Per anni ha mostrato una facciata dura, da vera kuudere, ma più la serie andava avanti più si notava come sotto la maschera si nascondesse una persona capace di provare emozioni e soprattutto sentimenti. In questa storia potrebbe sembrare un po'impacciata ma ehi! non è che abbia mai avuto molte esperienze, in effetti mi ha meravigliato persino vedere la risposta che ha dato ad Haruki nel capitolo 17. Credevo che semplicemente non riuscisse a concepire l'amore. In ogni caso, all'alba dell'episodio 12, l'unica ad aver detto chiaramente "Ti amo", pur se solo nella sua testa, è stata Haru. Quindi ho voluto che fosse lei a "dettare" la velocità e le norme del loro rapporto. Anche se alla fine, il buon vecchio istinto, in Tokaku, ha avuto la meglio XD
Brava ragazza, prenditi quello che desideri e fregatene dei rompiscatole che ti hanno rovinato la vita.
Mi dispiace per i fan di Otoya, è un personaggio che apprezzo tantissimo, ma non posso negare di aver sghignazzato scrivendo la prima parte della storia.
E mi dispiace per voi poveri lettori, ma appena finiti gli esami inizierò a pubblicare parecchie altre cose su Akuma no Riddle!
Lettori avvisati, mezzo salvati!
  
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