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Autore: Ranyadel    08/07/2014    6 recensioni
Quando incrociò il mio sguardo, sembrò incassare leggermente la testa nelle spalle e sollevò un angolo della bocca in un minuscolo sorriso. Quanto poteva essere… cucciolo?!
Ecco, era un cucciolo. Avevo deciso.
***
“Oh, Coralie ha una capacità particolare. Sa leggere gli occhi come nessuno” disse Carol.
***
“So… so capire come sono fatte le persone solo guardandole negli occhi e osservando come si muovono” dissi a bassa voce. “Ti psicanalizza con uno sguardo” Fece Manuela ridacchiando. Luke mi guardò sorpreso. “Sarei curioso di provare.”
***
"Di solito le persone hanno paura."
"Di cosa?"
"Di sé stesse."
***
"Vieni con me."
"Eh?"
"Coco, vieni con me. Venite con me, tutte quante."
"Ma io non..."
"Ti ho promesso che ti sarei stato vicino, e ormai dovresti aver capito che mantengo sempre le mie promesse."
***
"È che ho troppi fantasmi alle mie spalle e mostri nella mia testa per poter essere davvero felice."
"Oh, ma li vedo."
***
Una ragazza particolare, che sa leggere gli occhi.
Coralie.
Un ragazzo speciale, con occhi che la catturano e la intrigano, così semplici da leggere e allo stesso tempo così complessi da capire.
Luke.
Un amore nato da sguardi e gesti.
***
trailer: https://www.youtube.com/watch?v=nPR1CdGLUV8
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: consiglio tantissimo di ascoltare Never be durante la lettura, è una canzone magica!!

Never be

Era passato circa un mese da quando i ragazzi avevano vinto il concorso, e ancora niente risultati. All’inizio erano carichi di aspettative, ma più il tempo passava, più la speranza sfumava.

Quel giorno, però, non importava a nessuno.

Stavano partendo per le vacanze estive e tutta la loro attenzione era puntata sui bagagli e su come dividersi nelle macchine. Avendo un sacco di valigie, avevano optato per il furgoncino che usavano i ragazzi per spostarsi con gli strumenti e l’auto di Ashton, che era la più grande.

Luke mi aiutò a caricare la mia valigia, azzurra con decorazioni floreali, nel retro del furgoncino. “Ma cosa ti porti dietro, scusa? Stiamo via tre settimane, non un anno!” fece lui, i muscoli tesi per lo sforzo. Dovevo ammettere che era una gran bella visione. Rimasi immobile senza rispondere, tenendo la mia borsa con dentro qualsiasi cosa, utile, futile, conosciuta, sconosciuta. Manuela mi passò di fianco e la urtò per sbaglio, facendo cadere un oggetto incriminato, che mi affrettai a raccogliere nella speranza che nessuno lo vedesse. Invano. Ashton si avvicinò a me e mi prese dalle mani il mio peluche. “Coco, hai diciassette anni” fece stranito. “Non m’importa! Per me Milky e Dayna sono parte della famiglia, e vengono con me. che vi piaccia o meno!” risposi, prendendo il peluche di tigre bianca e rimettendolo in borsa con quello di lince. “E io povera illusa che speravo che te ne dimenticassi, quest’anno” fece Carol ridacchiando. Io le feci una linguaccia. “Se vuole portare i peluche, che li porti, scusate! Sono suoi, decide lei” mi difese Luke, ancora alle prese con la mia valigia, che non riusciva ad incastrare. Cercai di aiutarlo, mentre facevo un mezzo sorriso. Insieme riuscimmo a farla combaciare con le altre. Chiudemmo il bagagliaio prima che potesse esplodere, era l’ultima.

“Andiamo, allora?!” fece Madison, impaziente. Era emozionata come una bambina a Natale e non capivo perché. Guardai interrogativa Calum che mi fece segno di venire dietro l’auto. “Che ha Maddy?” chiesi confusa. “Non ha mai visto il mare. È sempre stata in montagna e adesso non vede l’ora” mi spiegò lui. Io rimasi a bocca aperta. Quella reazione l’avevo avuta solo quando avevo saputo che Avril Lavigne era in tour in Italia e io me l’ero persa.

“Abbiamo finito, no?” chiese Michael, chiudendo il bagagliaio della macchina di Ashton. Noi annuimmo e ci infilammo nelle due auto. Luke, io, Ashton e Carol eravamo nel furgoncino, gli altri nella macchina di Ashton.

“Dove vi porto, signorine?” chiese Ashton ridacchiando. “Al mare, nobile cavaliere!” rispose Luke, con voce acuta. Io lo guardai di traverso, ridendo, imitata dai due davanti a noi. Ashton si schiarì la voce. “Ero rivolto alle ragazze, Lukey.”

“Eh, e io cosa sono, scusa?”

“Tu sei un essere non identificato che si è infiltrato nell’auto sbagliata.”

“Voi dove andate?”

“In Liguria.”

“Allora sì, ho sbagliato.”

“Perché, tu dove vai?”

“Alla casa della nonnina. La mamma mi ha detto di non parlare con il lupo cattivo.”

“Bambine, siete tanto carine, ma se permettete io ho un appuntamento con la spiaggia che non voglio perdere per i battibecchi fra Cappuccetto rosso e l’autista di un taxi sessista!” intervenne Carol. Ashton si voltò verso di lei. “Intanto dillo, che quest’autista di un taxi sessista ti piace da impazzire” fece sorridente, prendendole il mento fra le dita e scoccandole un bacio sul naso. Io feci un sorriso a trecentosessanta gradi.

Furono interrotti da Calum, alla guida della macchina di Ashton, che suonò il clacson. “Ragazzi, a dopo i baci. Almeno chi guida. Vorrei arrivare al mare entro domani” fece, sporgendosi dal finestrino. Ashton sbuffò, mentre Luke ed io sghignazzavamo. “Siete delle carogne, voi due!” si lamentò Carol.

Io scalciai le mie infradito e mi sdraiai sul sedile, con le testa sulle gambe di Luke, che prese a carezzarmi piano i capelli raccolti in una treccia sfatta. Io chiusi gli occhi, sorridendo da ebete.

Per qualche tempo, ci eravamo preoccupati su dove andare in vacanza. Avevamo paura che le varie famiglie pretendessero i figli, e per un po’ era stato anche così. Poi, però, la zia di Calum ci aveva salvato la vita: ci aveva proposto tre settimane nella sua casa al mare, dicendo di voler fare una vacanza in qualche altro posto. Quindi, oltre alla casa, avevamo anche la scusa di non poter offendere questa zia così generosa. I miei, quando lo avevo detto, mi avevano dato della faccia di bronzo, ridendo, ma mi avevano permesso di passare la vacanza così.

 

“Che facciamo, per queste ore di viaggio?” chiese Carol, insofferente. Odiava i viaggi lunghi. “Si ascolta la musica, si canta, si dorme, cosa vuoi di più dalla vita?” fece Ashton ridacchiando. “Del cibo e un bacio!” rispose lei. “Per una cosa ti posso accontentare subito” rispose Ashton con un mezzo sorriso. Carol lo imitò, ma il sorriso le morì sulle labbra quando lui le porse un panino. “Ma che…?!”

“Non volevi cibo?”

“Ma io…”

“Ti ho detto di poterti accontentare per una cosa, e così ho fatto.”

“Sei un cavernicolo, cretino e insensibile per di più!” fece Carol, incrociando le braccia e dandogli le spalle. Ashton si mise a ridere. “Dai, lo sai che scherzo” fece, carezzandole la schiena. “Non te la cavi così, mio caro!” rispose lei, sempre mantenendo la sua parte da offesa. Ashton ridacchiò di nuovo e le pizzicò il fianco per farle il solletico. Carol sobbalzò, portando i gomiti contro i fianchi e schiacciando le dita di Ashton. “Ecco, te lo meriti! Lo sai che reagisco così quando mi fanno il solletico!” esclamò lei, vedendolo dolorante. “Ora siamo pari, però” fece lui, dandole un lieve bacio sulle labbra. Carol fece una smorfia che probabilmente era un sì e Ashton riuscì a mettere in moto, mentre io porgevo a Carol il porta-cd. Lei estrasse da questo l’ultimo cd di Avril, mentre Ashton alzava gli occhi al cielo.

 

Sei ore dopo, eravamo arrivati sulla costa ligure. Eravamo stati rallentati da un incidente che aveva creato una coda chilometrica, tanto che ad un certo punto io e Luke avevamo deciso di scendere e sgranchirci le gambe. Dato che di fianco a noi correvano campi di girasoli, ci infilammo in essi, arrivando in un punto dove i fiori ci superavano in altezza. Iniziammo a giocare a nascondino, chiamandoci a vicenda per capire dove eravamo. Mi stavo nascondendo dietro un paio di alti steli, ridacchiando, quando lo vidi che si avvicinava. Ridacchiai, allontanandomi, ma lui sentì il fruscio provocato e mi inseguì. Corsi, ricevendo solo tante foglie in faccia, ridendo, fino a che non arrivai al limite con l’autostrada. Luke si scontrò contro di me e scoppiammo a ridere. “Fermi tutti, dove sono i ragazzi?” chiesi poi. Luke guardò l’autostrada e impallidì. “Oh.”

Ci mettemmo a correre nella corsia centrale, dove sapevamo trovarsi le due auto. Eppure, non trovavamo i ragazzi. iniziavo a preoccuparmi, così chiamai Ashton. “Dove siete finiti?! Qui si sta muovendo tutto, fate in fretta!” Mentre lo diceva, le auto iniziarono a muoversi, lentamente. Erano più avanti, quindi. Iniziai a correre, sentendo Luke che mi seguiva. Alcuni clacson suonarono e noi ci tappammo le orecchie, erano davvero troppo forte. Mi stavo guardando intorno, quando qualcosa mi colpì in testa. Gemetti e guardai cosa era arrivato: un’infradito di cuoio, con una stella marina dove si incontravano i lacci. Conoscevo bene quella scarpa. “Coralie! Voltati, sorda!” urlò Manuela. Io la cercai, basandomi anche da dove era arrivata l’infradito, e vidi Manuela sbracciarsi dall’auto di Ashton. Sospirai di sollievo e li raggiungemmo. “Non sparite più, o vi lasciamo a fare l’autostop, chiaro?!” ci riprese Carol. Noi rimanemmo in silenzio, consapevoli di essere in torto. “Coco!” urlò Manuela dall’altra macchina. Io mi sporsi dal finestrino. “Pretendo la mia infradito!” esclamò lei. Io gliela lanciai, ma colpii il cofano dell’auto. Ashton urlò di orrore. “La mia bambina! Non potete trattarmela così!” urlò, guardando la sua adorata auto. Carol lo fissò torvo. “A volte mi chiedo chi tu preferisca, fra me e lei” fece. Ashton non sembrò neppure sentirla, mentre io mi scusavo e Manuela recuperava l’infradito.

 

Una mezz’ora dopo, arrivammo alla casa della zia di Calum. “Finalmente, casa dolce casa!” fece lui, scendendo dall’auto e correndo ad aprire la porta. Noi lo seguimmo, trovandolo bloccato nel corridoio. “C’è qualcuno in casa” disse solo, allarmato. Noi ammutolimmo e lo seguimmo per le stanze, mentre lui, silenzioso, cercava di capire chi produceva quei rumori. Calum ci indicò quello che probabilmente era la sala, facendo segno di rimanere in silenzio. Io sentivo il sangue gelare nelle vene: se fosse stato un ladro? Se fosse stato armato? O fossero stati in tanti? Cosa avremmo fatto noi?

Sentimmo dei passi, piccoli e veloci, venire verso di noi. Calum, improvvisamente, svoltò l’angolo della porta, urlando. Sentimmo un altro urlo, femminile e terrorizzato. Poi Calum: “Zia!”

“Per l’amor del cielo, Calum, che ci fai qui?!”

Noi uscimmo allo scoperto, lentamente, per non far spaventare ulteriormente la zia di Calum. Notammo sbigottiti che era in vestaglia. “Oggi dovevamo arrivare noi, ti ricordi?” fece Calum. La zia sgranò gli occhi. “Ti sbagli, io parto domani mattina!” rispose. Noi spalancammo la bocca. “Ma no, non è…” fece Calum, cercando il cellulare dove aveva salvato il messaggio. Quando lo trovò, si interruppe. “Ragazzi, c’è un problema” disse.

La zia di Calum aveva ragione, e noi eravamo senzatetto per un giorno. “Sei un genio!” fece Madison, torva. Lui incassò la testa nelle spalle. “Se volete, potete pure rimanere…” iniziò la zia di Calum. “No, si figuri, ci scusi il disturbo, non volevamo darle fastidio, grazie comunque” fece Luke. Noi fummo d’accordo e uscimmo dalla casa, scusandoci di nuovo. “E ora che facciamo?” chiesi. Ci guardammo attorno. “Beh, abbiamo la spiaggia, ed è disabitata. Possiamo semplicemente fare un falò stasera, e intanto stare qui. Poi dormiremo o sotto le stelle, o in macchina” propose Michael. Ci aprimmo in sorrisi entusiasti. “Viva il campeggio!” esclamò Manuela, esaltata.

Facemmo un salto al supermercato per prendere la carne da fare alla griglia e poi tornammo in spiaggia. Rimanemmo incantati nel vedere la spiaggia incontaminata, tutta per noi. “Io amo la zia di Calum!” fece Carol, sognante. Stendemmo i teli mare, fissandoli con dei sassi per non farli volare via. “L’ultimo che arriva non mangia!” urlò Manuela, correndo verso il mare. Iniziò una corsa disperata, in cui cercavamo di ostacolarci a vicenda e di arrivare verso l’acqua. Durante il tragitto, ci togliemmo magliette e pantaloncini, abbandonandoli sulla spiaggia e pregando che il vento non li portasse via. Ci tuffammo nonostante il fondale bassissimo nell’acqua gelida e rabbrividimmo, per scoppiare a ridere. Vidi che Luke si avventurava più al largo e nonostante il freddo e il mio timore di calpestare qualche animale strano, lo seguii, fino a che l’acqua non raggiunse le mie spalle. Luke si voltò verso di me e sembrò sorpreso nel vedermi. “Coco, torna a riva, hai le labbra viola” mi disse, avvicinandosi subito a me. io scossi la testa, mentre battevo i denti. “Ce la faccio.”

“Coco, davvero, poi stai male.”

“Ma io voglio stare con te.”

“Allora vengo a riva anche io.”

“No…”

“Perché?”

“Non voglio che tu debba sempre rinunciare a tutto per me.” Luke mi guardò qualche secondo, prima di abbracciarmi. “Ricordati solo questo: io rinuncio al cielo, per avere il Paradiso.” Io sorrisi piano, mordendomi le labbra, mentre sentivo gli occhi pizzicare. Ricambiai l’abbraccio, cullata dal calore che il suo corpo emanava. “Ti amo.”

“Anche io, cucciola.”

 

La sera, ci sedemmo sui teloni che avevamo steso sulla sabbia, mentre Ashton litigava con la legna per farla ardere. Io ridevo, vedendolo sfregare il bastoncino contro un altro. "Sembri tanto Sid il Bradipo" disse Calum. "Lui almeno era il Signore delle Fiamme. Io, invece, sto pregando questi due bastoncini di prendere fuoco!" rispose lui. Luke allungò un braccio – di più non poteva fare, con me accoccolata su di lui – e toccò i bastoncini. "Ma lo sai che sei un genio? Usare legno bagnato per accendere un fuoco!" fece ridendo. Ashton si lasciò cadere a terra. "Non ci credo! Non erano bagnati, dove li tenevo io!!" fece disperato. Manuela si avvicinò al fuoco e prese un bastoncino, avvolgendolo con la carta di un giornale. Lo cosparse d'olio e fece lo stesso col falò, aggiungendoci diversi fogli di carta appallottolati. "Sai, Ash" fece, frugando nelle tasche "Hanno inventato una cosa geniale. Si chiama accendino." Così dicendo, diede fuoco al bastoncino che teneva in mano, gettandolo nel falò che prese fuoco in un paio di minuti. "E fu così che la tecnologia batté Madre Natura" commentai ridacchiando. Ashton preferì rimanere in silenzio, mentre Carol lo abbracciava da dietro. "Dai, non fare così. La prossima volta ce la farai" la sentii sussurrare. Ashton si voltò verso di lei per darle un bacio, che lei ricambiò subito. "A volte mi chiedo cosa ci fa uno di due anni più grande di noi qui. Non ti annoi?" chiese Madison. Ashton la guardò come se fosse pazza. "Annoiarmi?! È impossibile, con voi, fidatevi!" rispose ridacchiando. Io presi dalla borsa tutta la carne che avevamo preso il pomeriggio e la posai sul telo, ancora confezionata, mentre Calum e Michael cercavano di dar vita ad una griglia alquanto instabile. "Metteteci dei sassi, attorno, o cadrà!" fece Luke. "Se sei così esperto, dacci una mano!" esclamò Calum. "Non farlo!" feci io invece. "Perché?"

"Sono troppo comoda, una posizione così non la trovo più!" esclamai disperata. Tutti risero, mentre io mi accoccolavo ancora meglio. "Dopo dovremmo mangiare, lo sai, no?" mi chiese lui. Io non risposi, troppo concentrata a giocherellare con la sua collana. "Ragazzi, anziché un falò sulla spiaggia questo sembra un dormitorio. Facciamo qualcosa di divertente?!" chiese Madison. Manuela tirò fuori dalla sua borsa un pallone da volley e ce lo mostrò. Io fui la prima a schizzare in piedi: se avevo un punto debole, quello era la pallavolo. Luke mi guardò stranito. "Ma scusa, non..."

"Sono incoerente, lo so. Ora giochiamo??" chiesi con gli occhi che brillavano e una faccia da cucciola. Lui alzò gli occhi al cielo ridendo e si unì a noi, come Michael. "Asociali, venite a giocare anche voi?" chiese Manuela, indicando il campo che avevamo montato prima. O meglio, la rete.

Iniziammo a giocare, ragazzi contro ragazze, fino a notare che non era possibile: i ragazzi avevano troppa potenza e le ragazze troppa tattica. Eravamo impari, così Ashton e Luke si spostarono da noi e Manuela e Madison dall'altra parte. Io, avendo dalla mia anni e anni di pallavolo, indicai ai due i punti dove stare.

La partita andò avanti, con cadute, tuffi ed errori inimmaginabili e per questo divertentissimi. Alla fine, avevamo perso la speranza di segnare i punti: giocavamo così, giusto per ridere. Improvvisamente, Michael sbarrò gli occhi. "Ragazzi, ma la carne chi la sta curando?" chiese. Noi ci guardammo terrorizzati prima di correre verso il falò, che ardeva imperterrito. Fortunatamente, non tutta la carne era bruciata. Tirammo via subito la griglia - era bollente, per poco non ci ustionammo nonostante i guanti da giardinaggio - e la appoggiammo sulla tovaglia di plastica, per vedere quanta carne avremmo dovuto eliminare. “Dai, non abbiamo fatto un totale disastro. Abbiamo carbonizzato solo un paio di costolette” fece Calum, spostando i pezzi di carne immangiabili con occhio critico. Facemmo spallucce e ci scartammo la parte rimasta, sedendoci a gambe incrociate con i nostri piatti di plastica e le posate che si rompevano a guardarle. Carol prese il cellulare e nell’aria si diffusero le note di Sippin’ on sunshine. Noi ragazze iniziammo a cantare, mentre i ragazzi sembravano rassegnarsi all’idea di non avere scampo. “Prima o poi, ti stancherai di Avril, vero?” chiese Ashton alla sua ragazza. Lei scosse la testa, con la bocca piena, e lui fece segno di tagliarsi le vene. “Sono spacciato. Vivrò per sempre con una fanatica” disse. Carol lo guardò a bocca aperta, come se non credesse a quello che aveva appena detto lui. “Ash, io ti consiglio di smetterla” dissi. Lui mi guardò. “Coralie, lo sai come sono fatto. Io prendo in giro Carol, ci scherzo, ci gioco, la faccio rimanere male. Ma lei è la mia principessa e non le farei mai del male seriamente, perché la amo troppo e sapere di essere la causa di una sua lacrima mi spezzerebbe il cuore” disse, serio come non mai. Carol sorrise e si appoggiò a lui, che le lasciò un bacio sulla testa. “Spegni la musica?” chiese Luke. “Perché?” feci io. “Perché avete la possibilità di sentire musica dal vivo, ben più romantica di questa” rispose lui, mentre si alzava per andare in macchina a prendere la chitarra. I ragazzi lo imitarono e ci andammo a sedere su uno scoglio. Solo Ashton si sedette su una cassa di legno, che usava al posto della batteria. “Un concerto dal vivo, e solo per noi! Sono commossa!” fece Manuela elettrizzata. Loro ridacchiarono, di fronte a noi. Come sottofondo, lo sciabordare delle onde. Vidi Michael proporre qualcosa al gruppo, che acconsentì. Noi eravamo troppo lontane per capire, nonostante ci separassero due metri scarsi, ovvero la distanza fra i due scogli che avevamo scelto come anfiteatro. Luke impugnò un microfono invisibile e si schiarì la voce. “Questa canzone è dedicata a quattro ragazze speciali, che ci sono sempre affianco, ci aiutano e ci sostengono. Non potremmo amarle più di così, ed è solo uno dei tanti motivi per cui queste parole sono per loro. Grazie, ragazze, di esistere.” Noi applaudimmo, sorridendo emozionate, mentre loro iniziavano a suonare.

I need your love to light up this house

I wanna know what you’re all about

I wanna feel you, feel you tonight

I wanna tell you that it’s alright

I need your love to guide me back home

When I’m with you I’m never alone

I need to feel you, feel you tonight

I need to tell you that it’s alright

We’ll never be as young as we are now

It’s time to leave this old black and white town

Let’s seize the day, let’s run away

Don’t let the colors fade to grey

We’ll never be as young as we are now

As young as we are now

I’ve seen myself here in your eyes

I stay awake ‘til the sunrise

I wanna hold you, hold you all night

I wanna tell that you’re all mine

I felt our hands entertwine

I hear our hearts beating in time

I need to hold you, hold you all night

I need to tell you that you’re all mine

We’ll never be as young as we are now

It’s time to leave this old black and white town

Let’s seize the day, let’s run away

Don’t let the colors fade to grey

We’ll never be as young as we are now

As young as we are now

We won’t wait for tomorrow

It’s too late, we don’t follow

We won’t wait for tomorrow

It’s too late, we don’t follow

We’ll never be as young as we are now

It’s time to leave this old black and white town

Let’s seize the day, let’s run away

Don’t let the colors fade to grey

We’ll never be as young as we are now

As young as we are now

Quando finirono di cantare, noi avevamo le lacrime agli occhi. “È… stupenda!” disse Madison, commossa. Noi convenimmo, facendoli sorridere.

Erano unici, inimitabili. I nostri eroi, una banda sgangherata di eroi molto alternativi, ma erano i nostri eroi. E anche per quello, eravamo innamorate di loro. Di tutto quello che li rendeva così. Di tutto quello che facevano o erano. I ragazzi migliori del mondo, ecco cos’erano.

Suonarono per noi ancora a lungo, canzoni vecchie, nuove o inventate al momento, fino a che la luna non fu alta nel cielo. Quando dissero di aver male alle dita, misero via gli strumenti e preparammo dei sacchi a pelo improvvisati. Ci addormentammo sotto le stelle, a raccontare storie assurde e a ridere.

“Esprimi un desiderio” mi disse Luke, ad un certo punto. Io lo guardai interrogativo. “Hai visto una stella cadente?”

“Sì.”

“Io no.”

“Ma come? Ha attraversato tutto il cielo ed è caduta proprio qui.”

“E tu come lo sai?”

“Semplice. La sto tenendo fra le braccia adesso” rispose stringendomi più forte. Io sorrisi. “Buonanotte, amore mio” mi sussurrò baciandomi. Io ricambiai. “Buonanotte, pinguino.”



















*Angolo autrice*
Come erano vestite Manuela, Carol, Madison e Coralie
Grazie a tutti per essere arrivati fino a qui!
Ciaoo
Ranya
  
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