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Autore: Vals Fanwriter    08/07/2014    4 recensioni
Huntbastian Week 2014 | Raccolta di OS | Fluff, Sentimentale, Introspettivo
Dal primo capitolo: "Era certo al cento per cento che Hunter ci tenesse tanto al suo disegno e che non avrebbe mai perso tempo prezioso per aiutarlo e invece, eccolo lì, a disegnare esattamente ciò che Sebastian aveva in mente: due bambini che si tengono per mano. Colora velocemente il disegno, mentre Sebastian finisce di dare vita al batuffolo bianco sul foglio di Hunter. Alla fine, si scambiano di nuovo i fogli e si rivolgono un sorrisino complice.
‹‹Sarà il nostro segreto.››
‹‹Sì, non lo diciamo a nessuno.››"
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hunter Clarington, Sebastian Smythe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quest’oggi il prompt è “Not like me”, dove io non l’ho inteso nel senso sovrannaturale – come, a quanto ho capito, avrebbe dovuto essere – perché avevo in mente tutt’altra cosa. E quindi, sì, ho scritto di un Sebastian more like Maleficent alla festa per la nascita di Aurora, ma l’idea in generale era questa qui che segue. Spero vi piaccia, non mi picchiate. #loveallofyou
 


 
 


Quando il campanello suonò, a villa Clarington, Hunter ebbe il sospetto che stesse per accadere qualcosa di grosso. Lo intuì dalla pelle d’oca che gli si formò nel constatare che gli ospiti fossero già tutti presenti e nell’affollarsi, nella sua mente, degli sprazzi della discussione che aveva avuto poche ore prima con la persona che era convinto fosse al di là della porta di ingresso. Non che avesse un appuntamento con quella persona, anzi, gli aveva categoricamente vietato di presentarsi, ma, conoscendolo, era più che certo che la sua reazione sarebbe stata esattamente quella che stava per verificarsi.

Per questo motivo, quando si diresse personalmente all’ingresso ed aprì la porta, non mostrò neanche un pizzico di stupore, alla vista di Sebastian. I suoi lineamenti erano duri, le sue sopracciglia aggrottate e le labbra strette, simbolo evidente del fatto che fosse ancora arrabbiato e scottato dalla discussione che avevano avuto; ma Hunter rimase impassibile e non si lasciò piegare dal fuoco che vedeva ardere dietro le sue iridi.

‹‹Ti avevo detto di non venire.››

‹‹Ed io ti avevo detto di andare a farti fottere, ma, a quanto pare, non hai il coraggio.››

‹‹Smythe...››
 


“Quale momento migliore per far vedere ai tuoi quanto cazzo sei felice?”

“Quale momento migliore per essere diseredato a vita.”


 
Le parole che si erano urlati in camera gli rimbombarono in testa come delle eco ed Hunter si ritrovò a stringere il pugno attorno alla maniglia della porta. Sebastian non avrebbe mai capito, era troppo proiettato nella sua vita da favola per mettersi nei suoi panni ed accorgersi delle difficoltà che vedeva lui.

‹‹Sebastian, te ne devi andare›› gli disse, con estrema lentezza, come assaporando le parole che stavano lasciando le sue labbra, come se stesse trattenendo un tono di voce che sarebbe stato troppo feroce, se si fosse lasciato andare.

‹‹Col cazzo›› ringhiò Sebastian. ‹‹Fammi entrare e lasciami dimostrare quanto diavolo sono testardo.››

‹‹Non hai capito proprio nulla›› sibilò Hunter, la voce resa roca da una fitta improvvisa al cuore che stava cercando di ignorare. ‹‹Io non sono come te. Questa famiglia non è come la tua.››

Sebastian sbuffò una risata amara e scosse la testa. ‹‹Solo perché ti lasci mettere i piedi in testa›› disse, prima di zittirsi e rimanere un lungo momento a guardarlo negli occhi con serietà. Probabilmente, stava cercando di leggergli dentro e di capire che intenzioni avesse con lui. Sebastian avrebbe potuto scommettere qualsiasi cosa sul fatto che, dietro l’armatura solida che soleva indossare Hunter, ci fosse vero affetto e che ci tenesse per davvero a lui, anche se silenziosamente; tuttavia, tramite quello sguardo che si scambiarono, Hunter si premurò di dargli ulteriori certezze, di comunicarglielo come non aveva mai fatto, pur continuando a non emettere un fiato.

‹‹Non mi serve a nulla un ragazzo senza palle›› stabilì alla fine Sebastian, ignorando qualsiasi messaggio segreto gli fosse arrivato. Superò Hunter, sulla soglia, senza che lui potesse fermarlo, e si diresse a grandi passi verso il salotto, dove era in corso la cena d’affari del signor Clarington.

Hunter imprecò tra i denti, chiuse la porta e lo seguì, cercando di raggiungerlo prima che potesse accadere una catastrofe, ma non fu abbastanza veloce.

Non appena Sebastian ebbe fatto il suo ingresso in salotto, gli sguardi di tutti i presenti si puntarono su di lui. Ad Hunter andò via la voce, nello stesso momento in cui sparì il suo coraggio.

‹‹Salve a tutti, scusate l’intrusione›› li sbeffeggiò Sebastian, con il suo solito tono sarcastico.

L’unica cosa che fu in grado di fare Hunter fu afferrargli il braccio e stringere quasi fino a fargli male.

‹‹Ti prego›› sussurrò. “Non lo fare” continuò in mente, ma lo sguardo che gli gettò Sebastian era deciso.

“Io sono sceso a compromessi per stare con te. Adesso è il caso che ricambi il favore.”

‹‹Credo che il mio invito alla festa sia arrivato in ritardo.›› Si voltò ed agganciò gli occhi a quelli del signor Clarington. ‹‹Ma ora sono qui, possiamo continuare tranquillamente.››

Il padre di Hunter, un bicchiere di vino rosso stretto tra le dita massicce e un discorso lasciato a metà, lo guardò come se sapesse già dove il ragazzo volesse arrivare. Naturalmente sapeva già tutto, ma, come ogni Clarington che si rispetti, continuava a cercare di nascondere la polvere sotto un tappeto troppo piccolo.

‹‹Cos’è questa pagliacciata, Hunter?›› domandò retoricamente. Non si aspettava una risposta, bensì, voleva che suo figlio facesse sparire  all’istante il problema.

‹‹Signore, mi offende dandomi del pagliaccio›› ribatté Sebastian, con voce apparentemente calma e appena un po’ derisoria. Hunter provò a stringere ancora la presa sul suo braccio, ma non sortì alcun effetto sul ragazzo. Le sue mani tremavano. Era la fine, sarebbe tornato all’Accademia Militare prima ancora della fine della serata.

‹‹Hunter, di’ al tuo amico›› la voce del Signor Clarington calcò pesantemente su quell’ultima parola, ‹‹che questa è una cena d’affari, non un cabaret. Accompagnalo all’uscita.››

‹‹Sì, pap-››

‹‹Sono abbastanza intelligente da capire cosa sta cercando di fare, Signore›› lo interruppe Sebastian, fingendo poi una risata divertita. ‹‹Ciò che invece non capisco è come faccia a non accorgersi che tutti i suoi sforzi sono vani.››

L’espressione del padrone di casa era marmorea adesso. Sebastian non lo conosceva abbastanza da sapere cosa stesse a significare, ma i suoi lineamenti erano molto simili a quelli di Hunter: la stessa espressione che prendeva forma sul suo viso quando la verità gli si parava davanti e sapeva di avere torto, lo stesso finto contegno che mostrava al nemico quando aveva bisogno di vincere la partita. Una calma apparente che nascondeva una vera e propria tempesta.

‹‹Potrà anche continuare a far finta di nulla, ma, la sa una cosa?, io e suo figlio non siamo mai stati amici, neppure un secondo›› continuò.

Hunter trovò la forza di strattonarlo e riottenere la sua attenzione.

‹‹Sebastian, cosa diavolo…?›› domandò sottovoce, quando gli occhi verdissimi di Sebastian furono di nuovo nei suoi, ma non terminò la frase. Vi lesse dentro una tale tenacia che lo lasciò senza fiato.

Le labbra di Sebastian si incurvarono in un sorrisino malizioso, mentre il ragazzo si voltava completamente verso di lui. L’altro braccio, quello libero da qualsiasi presa ferrea, si sollevò e le sue dita gli andarono a solleticare la mascella, una carezza leggera che gli fece annodare lo stomaco. E poi Sebastian si allungò a baciarlo, sotto gli occhi di tutti, e l’aria si caricò di bisbigli fievoli, sussurri che alle orecchie di Hunter arrivarono a mala pena, dal momento che la bocca di Sebastian aveva annullato ogni suo senso. Non lo respinse, non avrebbe avuto la forza di farlo – come accadeva, del resto, ogni volta che la loro pelle entrava in contatto. Le dita di Sebastian scivolarono tra i suoi capelli, ma il bacio non mutò di intensità. Rimase lento e dolce, come a voler dimostrare, alla gente che riempiva la sala, che tra di loro ci fosse amore, lo stesso sentimento che colorava una qualsiasi coppia eterosessuale, non un semplice vizio.

Quando si separarono, la tensione, che aveva provato fino a poco prima, era sparita e la presa sul braccio di Sebastian si era allentata. Le voci dei presenti tornarono a farsi vivide, ma non guastarono l’atmosfera in cui erano immersi i due ragazzi.

Hunter spostò lo sguardo su suo padre, ma stavolta le sue iridi erano impregnate di coraggio.

‹‹Se lui non resta, andiamo via entrambi›› contrattò.

Vide suo padre serrare le labbra tra di loro e le dita attorno al bicchiere di vino. Era con le spalle al muro, non avrebbe potuto permettersi di fare una scenata davanti ai suoi colleghi. La situazione era già critica di suo.

‹‹Accompagna Sebastian al buffet.›› I suoi occhi però dicevano: “Non finisce qui.” ‹‹Starà morendo di fame.››

‹‹Lei è davvero molto gentile, Signor Clarington.››

Hunter trattenne un sorrisino a quell’ultimo scambio di battute. Sciolse definitivamente la presa sul braccio di Sebastian e corse ad intrecciare le dita di quella stessa mano alle sue, guidandolo poi tra la folla, in direzione del tavolo ricolmo di vivande.

Quella prima battaglia era vinta e qualcosa gli diceva che con Sebastian accanto avrebbe vinto anche la guerra.
 




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