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Autore: With H    08/07/2014    1 recensioni
Entrando in un negozio di dischi, trova un post-it di una persona che si rende conto di aver perso.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il treno frenò con un rumore stridulo di rotaie che facevano attrito sui binari e le porte si aprirono dopo uno sbuffo di decompressurizzazione. 
Le persone si accalcarono disordinatamente verso le porte facendosi spazio tra quelle che provavano a salire sulla metro prima ancora che gli altri passeggeri fossero scesi, tra cui anche lui. Diede una spallata a due persone che gli avevano stretto il passaggio ed ignorò i commenti poco gentili, non li aveva sentiti perchè gli aurocolari trasmettevano musica ad alto volume nelle sue orecchie, ma il labbiale era stato abbastanza chiaro.
Imboccò le scale mobili con una strana sensazione, come se qualcosa non gli permettesse di respirare liberamente, come il ricordo di un sogno o di qualcosa di realmente accaduto. Ma ignorava cosa.
Uscì dalla stazione della metropolitana dopo due rampe di scale mobili ed inspirò a lungo l'aria fresca dell'esterno riempendosene i polmoni e poi espirò come a voler cacciare via gli ultimi odori - sgradevoli - che le sue narici avevano immagazzinato negli ultimi venti minuti in metro.
A una trentina di metri dalla stazione, c'era La Feltrinelli. Era lì che era diretto, come al solito.
Il traffico in quella zona della città era ancora più caotico e vedeva l'intrecciarsi di auto e persone che attraversavano a casaccio per raggiungere più velocemente la fermata della metro o la stazione centrale. Lui si ritrovò ad avanzare trascinato da una folla da cui riuscì a liberarsi solo entrando nel negozio.
Diede un'occhiata veloce ai libri e alle promozioni, prima di guardare all'esterno del negozio che però si trovava all'interno della stazione centrale. Scrutò il corridoio con i negozi e spinse lo sguardo quasi fino ai binari dei treni, come se si aspettasse di vedere qualcuno partire o tornare in città. Poi scese al piano di sotto, nel reparto musica.
Girò a lungo tra gli scaffali, in cerca di promozioni e di dischi che non possedeva ancora; decise di prenderne un paio, uno in offerta e l'altro uscito da poco, poi le sue dita affusolate iniziarono a scavare tra i vari dischi, come faceva sempre. Molti di quelli che stava velocemente passando in rassegna, li possedeva già, ma a volte gli piaceva riguardarne i prezzi o semplicemente osservarli ancora con un mezzo sorriso, come se avesse avuto un flirt con loro.
Poi si spostò verso la Q e scavò tra i CD dei Queen. Non che ce ne fosse bisogno, dato che li aveva già tutti da anni, ma semplicemente perchè gli faceva piacere farlo. Era una specie di gesto automatico e scaramantico che, nella sua ripetitività, era quasi confortante. 
Le sue dita si fermarono su "A Night At Opera". Lo sfilò dalla fila e lo osservò, passando il dito sulla copertina semplice ed essenziale. Poi avvertì un materiale diverso sul retro del disco, qualcosa di carta ruvida contro la superficie liscia della plastica leggera che lo rivestiva, poteva essere il prezzo, ma fu comunque tentato di capire cosa fosse.
Era un post-it.
Anzi, non era proprio un post-it, ma un biglietto della metro timbrato il 7 luglio alle 11.39 del mattino in una stazione che lui conosceva più che bene. Quella a pochi passi da casa sua, nella zona periferica in cui viveva.
Lo incuriosì che si trovasse dietro a un album dei Queen. Nonchè il suo disco preferito in assoluto.
Poi avvertì un vuoto allo stomaco. La grafia gli era familiare, non troppo ordinata con le lettere piccole scritte in un corsivo che tendeva decisamente verso sinistra. 
«Ciao Mio. 
Prima sono ventua da te. L'ho fatto perchè volevo scusarmi di quel "vaffanculo" che non pensavo, perchè volevo parlarti, perchè mi mancavi e perchè volevo vederti. Ma tu non sei venuto e non hai risposto al messaggio, per cui va bene così. Ho capito. La nostra amicizia (o quello che è... era) è finita. Per cui questo è il mio ultimo gesto disperato, folle e probabilmente inutile dato che le probabilità che questo biglietto non venga staccato prima di essere letto da te sono infinitamente poche.
Perciò...
Ti amo. Tanto.
H.
»
Si rigirò il biglietto tra le mani dopo averlo letto più volte per decifrare la grafia a tratti quasi illegibile perchè era un po' sbiadita, probabilmente da una lacrima. 
Era per lui. Lo sapeva dal momento in cui aveva letto Mio e la firma H. era solo una conferma. 
Deglutì ripetutamente mentre gli occhi gli bruciavano per la frustrazione e per la rabbia. E per il dolore. Aveva fatto di tutto per entrare nella sua vita e, nel giro di due anni ci era riuscito al punto da diventarne un aspetto fondamentale; si erano voluti bene, molto, quasi amati e si erano consumati e poi alla fine aveva fatto in modo di uscire dalla sua vita esattamente come ci era entrato. Improvvisamente. Però consapevole di farle male. E sapeva di averlo fatto volutamente.
E lei lo amava.
La sincerità di quella dichiarazione lo spiazzò. Il cuore gli tamburellava nel petto fino a fargli male e, quando una lacrima gli bruciò il viso, si rese conto che il loro continuo cercarsi, volersi, provocarsi, conoscersi, essere uguali e distruggersi alla fine l'aveva spinto ad amarla. Forse più di quanto avesse mai amato nessun'altra in vita sua. Ma l'aveva capito solo in quel momento, con in mano quel biglietto della metro obliterato due mesi prima, pregno della sua grafia e delle sue lacrime e, se si sforzava, poteva anche sentirne quell'odore dolce che non avrebbe mai dimenticato. La amava. Ma era troppo tardi.
L'aveva persa per sempre. 
   
 
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