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Autore: NamelessLiberty6Guns_    08/07/2014    4 recensioni
Suzuki Ryo, 46 anni, sposato ma senza figli. Dirigeva un’azienda molto grande per la sua età, era soddisfatto dunque del suo lavoro e aveva ancora molti progetti da realizzare. Come tutti aveva avuto un passato che però aveva deciso di rinchiudere in un cassetto remoto della sua mente. Quel strano giorno il suo passato era ritornato, con una lettera che aveva trovato nella posta personale quel mattino.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Era il tre maggio, e Takamasa era a Nagoya.
Yutaka aveva raggiunto gli altri a Tokyo, e sapeva che il collega l’avrebbe contattato in caso di buone notizie.
Takamasa aveva lasciato la moglie e i figli in un grande centro commerciale, sapendo che si sarebbero ritrovati poi in stazione. Appena raggiunse il binario 5, vide, su una delle tante panchine, una persona dai lunghi capelli biondi che si accendeva una sigaretta, il quale corrispondeva quasi perfettamente alla descrizione che gli aveva fornito Yutaka.
Aveva gli occhiali da sole, giubbotto di pelle, maglia rossa, jeans neri strappati. Accanto a sé aveva una piccola valigia nera.









Iniziò cautamente ad avvicinarsi.
Iniziò a riconoscerlo.
La forma del viso, il naso, le labbra.
Le manine piccole, nella mano destra l’indice e il medio avevano la pelle leggermente ingiallita per le troppe sigarette.
Con il cuore che esplodeva di emozione, gli si parò davanti. 

“Takanori…” osò solamente bisbigliare.

L’altro si tolse gli occhiali per guardarlo meglio. “Takamasa…”

Non sapeva che altro dire, non ci poteva credere. Suo fratello minore era lì, davanti a lui, dopo tutti quegli anni, dopo tutto.

“Come… Come stai Taka?” gli chiese senza tradire l’emozione.

“Me la cavo. E tu invece?”

“Io… Io bene, Taka….”

“Che fai di bello da queste parti?” chiese Takanori curioso.

Takamasa decise saggiamente di non spiegargli tutta la storia, sarebbe stata eccessivamente lunga e difficile da spiegare. “Sono qui con mia moglie…”

“Siediti, dai.” lo invitò il fratello picchiettando sulla panchina con una mano. Takamasa si sedette. La voglia di abbracciarlo era incredibile. 

“Non sai da quanto tempo ti sto cercando. Ti ho visto al funerale di papà…”

“Già, chissà che avevo in mente quel giorno.” interruppe Takanori. 

“E non sai da quanto ti stanno cercando i tuoi amici.”

Takanori fece una faccia molto sorpresa. “I miei amici?”

“Sì. Yutaka… Yuu e Kouyou, se non ricordo male.”

“Da-Davvero?” disse l’altro sempre più sorpreso. “Come fai a conoscerli?”

“Lavoro con Yutaka.”

“Oh mio dio…” disse Takanori portandosi una mano alla bocca e sorridendo. “Come stanno?”

“Yutaka bene, gli altri non ho mai avuto il piacere di incontrarli.”

“Senti…” e qui Takanori abbassò lo sguardo. “Fra gli amici che mi cercano, c’è anche uno di nome… Ryo?” 

“Sì, sì, c’è anche lui.”

“Stai scherzando!!” strillò Takanori.

“No, sono serissimo, Taka.” 

Takanori non riuscì a dire nulla. 

“Ti rivogliono a Tokyo, vogliono assolutamente rivederti.” 

“Non. Ci. Posso. Credere.” bisbigliò appena Takanori, con una punta di lacrime agli occhi. 

“E poi… Anch’io volevo assolutamente rivederti. Devo farmi perdonare molte cose.”

“Ma che dici, Takamasa, tu…”

“Papà mi ha raccontato tutto.”

Takanori si raggelò. “Cosa?”

“Papà mi ha raccontato cosa ti faceva. Tutto.”

Takanori rimase congelato.

“E’ per questo che mi devo far perdonare. Non ho mai potuto salvarti. Non ho mai potuto intervenire, fermarlo.”

“Non importa, Takamasa. Io non ce l’ho mai avuta con te. Mai.” gli disse Takanori guardandolo dritto negli occhi.

Fu allora che i due fratelli si strinsero fortissimo. Takamasa non riuscì a trattenere l’emozione e scoppiò a piangere. 

“Non piangere, ‘masa… Non piangere…” gli bisbigliava Takanori, stringendolo fortissimo a sé e lasciando andare una solitaria lacrima. Si lasciarono, guardandosi sorridendo. 

“Finalmente ti ho ritrovato.” sospirò Takamasa asciugandosi una lacrima. Vide in quel momento la moglie con i piccoli. “Vieni, posso presentarti la mia famiglia?”

“Assolutamente!” esclamò entusiasta Takanori spegnendo la sigaretta sotto gli anfibi. Raggiunsero la donna. 

“Cara, lui è mio fratello.” le disse Takamasa con la voce rotta dall’emozione.
Lei era felicissima: per tutta la vita aveva sentito parlare di lui e non l’aveva mai conosciuto. Poi passò a presentare i figli: Sora di dieci anni, Shinya di sette e Midori di cinque. Si avvicinarono alla banchina per prendere il treno per Tokushima, e fu allora che Takamasa confessò al fratello che Sora si chiamava Takanori di secondo nome. Lui lasciò sfuggire l’ennesima lacrima sorridendo al fratello, incapace di parlare.
Salirono sul treno.

“Allora, te la senti di tornare a Tokyo?” gli chiese Takamasa.

Takanori sospirò. “Sono anni che cerco il coraggio di tornare a Tokyo… Ma ora che mi hai detto che sono atteso, non vedo l’ora di tornare.” 








 

Passarono la notte a Tokushima, poi i due fratelli si svegliarono prestissimo per raggiungere Tokyo.
Takamasa non aveva avvertito nessuno per fare una mega sorpresa, Takanori non stava nella pelle da quanto era felice. Takamasa sapeva più o meno dove si trovava la casa di Yuu, l’uomo dal quale Yutaka riceveva un sacco di informazioni, ma non rivelò nulla al fratello di quei sogni che aveva il suo amico Ryo. Durante il viaggio ebbero il tempo di parlare e chiarire molte cose.
Appena raggiunsero Tokyo, Takanori rimase senza parole. Erano anni che non metteva piede a Tokyo, e vederla così cambiata, così moderna, lo lasciò senza parole. Quando il fratello gli disse che gli amici abitavano a Nakano, quasi lasciò andare l’ennesima lacrima di emozione. Presero la metropolitana per raggiungere Nakano, scesero e s’incamminarono.
Passarono davanti alla vecchia casa di Ryo, Takanori si fermò un attimo; Takamasa lo attese. Rimase a guardare quella vecchia casa, così piena di ricordi. Ripensò a quell’ultima litigata e lasciò andare un lungo sospiro. Ripresero il cammino, raggiungendo il parco. Takanori corse subito al suo interno, seguito dal fratello. Rivide quei ciliegi, quelle panchine.

“Sai,” disse “questo una volta era il mio mondo. Prima che rovinassi tutto.” 

Takamasa gli mise una mano sulla spalla. 


 





 

“…e c’è solo da sperare.” concluse Yutaka sorseggiando il suo caffè. Gli amici avrebbero pranzato da Yuu e Kouyou. 

“Infatti, c’è solo da sperare.” sospirò Kouyou.
Gli amici ancora non si davano pace per Takanori, fra due giorni la Golden Week sarebbe finita e nessuno di loro avrebbe avuto il tempo di aspettare Takanori a Nagoya. Tristemente Ryo adagiò la testa sul braccio, appoggiato a sua volta sul tavolo. Voleva soltanto essere a Nagoya in quel momento.
Aveva raccontato agli amici del sogno che aveva fatto la sera prima, della loro separazione, della fine che aveva voluto mettere a tutto quello che aveva, sentendosi tremendamente in colpa.
Voleva ritrovarlo. Abbracciarlo forte, dirgli che gli era mancato, raccontargli tutti gli errori che aveva fatto per cercare di dimenticarlo. Rinvenne dai suoi pensieri quando il citofono trillò.
I quattro si guardarono curiosi, Yuu andò a rispondere. 

“Sì?” 

“Polizia.” sentì.

Con una faccia estremamente basita, si affrettò a schiacciare il bottone per aprire il portone e rimase ad attendere alla porta. 

“Chi è?” sentì Kouyou chiedere dalla cucina.

“Nessuno, amore, un attimo.” rispose Yuu nel panico.

Si fece un brevissimo esame di coscienza: non aveva fatto niente di male! Certo, si era ubriacato a quindici anni con Yutaka, ma era acqua passata! Vide attraverso lo spioncino una figura salire la rampa di scale, così aprì la porta.
Quando si accorse di chi si trovava davanti, lanciò un urlo fortissimo, da spaccare i vetri.










Gli altri spaventati accorsero, videro un groviglio di braccia, teste e gambe e un uomo felicissimo appena fuori dalla porta. 

Yutaka lo riconobbe subito. “Takamasa! TAKAMASAAAA!!” 

L’uomo gli sorrise annuendo appena. Kouyou e Yutaka si abbracciarono fortissimo, quasi piangendo. Ryo invece rimase imbambolato. Quello era il fratello di Takanori. Quindi…

“TAKAAAAAAA!!!” sentì Kouyou urlare intrappolando il piccolo fra le braccia, dopo che Yuu l’aveva lasciato respirare. Si sentirono gridolini di gioia e di emozione, poi fu il turno di Yutaka, che lo strinse fortissimo a sé, ripetendo il suo nome senza poterci veramente credere. Ryo era in una bolla d’incredulità. 

Non riusciva a pensare.

Non riusciva a ragionare. 

Takanori era tornato. 








 

Yutaka lo lasciò. Takanori si avvicinò a Ryo, guardandolo negli occhi con quell’immenso sorriso che mai, MAI aveva dimenticato.
Dipinse quella visione nella sua mente, con un immaginario pennello: quei maledetti occhi, quel sorriso, quei lunghi capelli.
Ryo sentì le lacrime agli occhi, se lo prese fra le braccia e lo strinse a sé, con dolcezza immensa. Scoppiò a piangere come un bambino. 

Takanori bisbigliò: “Non piangere, Ryo… Non piangere… Abbiamo pianto abbastanza.” 

Gli altri guardavano la scena molto emozionati.
Ryo era così incredulo che doveva stringerlo un po’ più forte per rendersi conto che non era un sogno.
Riuscì a riprendersi, liberando il piccolo dalla stretta. 









 

“Prego, accomodatevi!” esordì Kouyou prendendo Takanori per mano e trascinandolo in cucina. Takamasa venne accompagnato dentro da Yutaka. La gioia era immensa, tutti sorridevano increduli. Gli presentarono la moglie di Yutaka e la piccola Masako, poi ovviamente iniziò il terzo grado. Takanori iniziò a raccontare. 

“Bene, con quello là, come si chiamava…”

“Matsuhiro.” ringhiò appena Ryo.

“Ecco, è andata malissimo, alla fine. Io non avevo proprio il coraggio di tornare indietro, così ho iniziato a viaggiare. Ho fatto tutto il Giappone, ma non sono mai, dico mai più tornato a Tokyo. Prima ho fatto Kanagawa, poi Kawasaki, Nara, Mie, Niigata e così via. Ogni volta trovavo un lavoretto, ci stavo per un po’, poi quando sentivo che volevo tornare a Tokyo, mi costringevo a licenziarmi e ad andare in un’altra città.”

“Che lavoro facevi, o fai?” chiese Kouyou interessato.

“Mah, vari lavoretti. Più che altro commesso o cassiere. Ho tentato di lavorare in porto una volta, ma sono troppo esile!” L’affermazione suscitò qualche risatina di scherno. “Quindi poi ho sempre fatto lavori più o meno semplici. Adesso sono disoccupato, appunto perché Nagoya era l’ultima città che mi mancava da vedere.”

“Perché avevi paura di tornare, Taka?” chiese Yuu.

“Avevo paura che non vi avrei trovato per chiedere scusa.” mormorò Takanori. 








 

Kouyou servì il pranzo, Yuu aveva iniziato a raccontare cosa era successo negli anni precedenti. Ryo non proferì parola. Rimaneva assorto a guardarlo.

Era bellissimo, come sempre lo era stato.

Anche se il suo viso tradiva l’età, dimostrava diciannove anni.
I lunghi capelli biondi gli arrivavano quasi a metà schiena, ed era rimasto esile come un tempo. Quegli occhi erano sempre gli stessi, profondi e magnetici. Però vi aveva notato un’ombra di rassegnazione e tristezza che non era più abituato a vedere.
Sentiva Yuu parlare delle azioni che aveva compiuto in passato, quando bruciò le foto, quando si iscrisse all’università, di come aveva cercato in ogni maniera di dimenticarlo.
Takanori gli rivolse uno sguardo pieno di tristezza. Lui non disse né fece nulla, rimase imbambolato a guardarlo anche quando lui tornò a posare lo sguardo su Yuu. Seguitarono a raccontare di quando trovarono lavoro, di Kouyou che stava per diventare anoressico, la telefonata di Yutaka, l’inizio delle ricerche. Si entrò nel discorso del ritrovamento di Ryo. 

“…e quindi mia sorella mi disse che un’amica lavorava per un certo Ryo Suzuki… Allora io speranzoso gli ho inviato una lettera, almeno per avvertirlo che Kouyou era malato. Anche se non ero sicuro al cento per cento che il destinatario della lettera fosse il vero Ryo, ho accettato il rischio. E l’ho azzeccata!” disse Yuu gesticolando con le bacchette in una mano. “Mi ha chiamato e la stessa sera, tradendo tutto quello che aveva giurato di non fare mai più, è tornato da noi.” Kouyou sorrise ricordando il momento. “Poi da lì ha iniziato a fare dei strani sogni.”

“Sogni?” chiese Takanori interdetto.

“Sì!” esclamò Yuu rischiando di infilare le bacchette nel naso di Yutaka. “Ha iniziato a sognare tutti i vostri momenti: come vi siete conosciuti, quando vi siete parlati la prima volta, quando vi siete messi insieme… E con l’inizio di quest’anno ha iniziato a sognare anche che tu saresti tornato a Nagoya, e addirittura quando ti avremmo trovato!”

“Vorrai scherzare…”

“Assolutamente no! Fattelo raccontare da lui.”

Tutti gli sguardi si concentrarono su Ryo, che era ancora fermo nei suoi pensieri. 

“Ryo?” lo richiamò Kouyou. 

“Eh? Ah, sì, sì. Scusate. Sì, ho iniziato a sognare qualsiasi cosa riguardasse noi due. Poi verso gennaio, o febbraio? Non lo ricordo di preciso, ho iniziato a sognare questa stazione e questa persona che ricordava tantissimo te, infatti ora che ti vedo sei identico a quella persona che sognavo. E insomma, pian piano hanno iniziato ad aggiungersi indizi al sogno, fra i quali il cartello che indicava la stazione di Nagoya, e poi il mese di maggio…”
“Noi tenevamo sempre informato Yutaka, dopo che ci disse che Takamasa ti stava cercando.” lo interruppe Yuu. “Dato che lavorano insieme, Yutaka informava tuo fratello ed è per questo che è stato lui a ritrovarti.”

“Mi volete prendere in giro, dai.” continuò Takanori piuttosto incredulo.

“Siamo serissimi!” esclamarono insieme Yuu, Yutaka e Kouyou. 

“Vi credo, tranquilli!” rispose sorridendo dolcemente. 

“Dopo tutti quegli anni senza avere nessuna minima notizia di te, abbiamo iniziato seriamente a credere che mandavi piccoli messaggi a Ryo…” disse Yuu, facendosi improvvisamente serio. “E per questo abbiamo creduto subito a quello che sognava, e non abbiamo sbagliato a farlo.” e sorrise. 

Takanori arrossì appena. “Non so se è vero che gli mandavo messaggi… Ma in questi ultimi tempi lo stavo sognando parecchio anch’io.”

“Davvero??” esclamarono tutti, anche Ryo.

“Sì. Ma non cose come quelle che sognava lui, lo sognavo sempre in situazioni particolarmente strane, tipo… Ad esempio, una volta che mi è rimasta particolarmente impressa… Mi trovavo in una stanza completamente vuota, c’ero solo io con le mani e piedi legati. Non potevo urlare, perché ero senza voce. Lui arrivò d’un tratto, mi slegò completamente e mi fece alzare. Allora provai anche a parlare, e dissi solo ‘Tornerò’. Credetemi, quello è stato uno dei sogni che mi ha fatto veramente pensare.” 

Gli altri rimasero in silenzio, pensanti. Sembrava che tutto avesse uno strano filo logico. 








 

“Poi una volta feci un sogno bellissimo, il giorno in cui decisi di prendere il biglietto per Nagoya.” disse Takanori tristemente. “Sognai che quel giorno in cui ci lasciammo, io rimasi ad aspettarlo, e che chiarivamo, e che io cambiavo idea, e che tutto tornò come avrebbe dovuto andare anche nella realtà…” fece un lungo sospiro. “Mi svegliai con la seria e piena intenzione di tornare a Tokyo. Ma sapevo dentro di me che non avrei mai avuto il perdono da nessuno di voi e mi decisi ad andare a Nagoya.” 

“Ma Taka…” iniziò Yuu posando una mano sulla spalla. “In realtà qui tutti abbiamo delle colpe. Tu hai sbagliato ad andartene da casa di Ryo, Ryo ha sbagliato a voler cancellare tutta la sua vita, e noi abbiamo sbagliato a non tentare ogni carta per fermarlo.” 

“Sì, ma… Ti rendi conto che io ho fatto un errore spaventoso quel giorno?” chiese Takanori tristemente.

Yuu prese un respiro e lo lasciò subito andare. “Taka, se devo essere sincero con te e con tutti voi… Io ti giustifico. E’ umano sbagliare, ed è stato umano da parte tua aver avuto quel desiderio così bruciante. Ciò che hai sbagliato è stato staccarti così da tutti noi. Ci hai spaventato a morte, ed è chiaro che poi Ryo ha reagito così ed ora siamo qui. Avevi, secondo me, ragione. Volevi sapere se te la potevi cavare, volevi sapere se senza Ryo e senza di noi potevi vivere. E da quello che mi hai detto, così non è stato. E’ una lezione, Taka, e ognuno di noi ha imparato qualcosa. Io, Yutaka e Kou per esempio, abbiamo imparato a contare solo su noi stessi, Ryo ha imparato cosa significa prendere decisioni fin troppo affrettate. Non per fare il romantico, ma prima o poi voi due vi sareste ritrovati in ogni caso. Voi due non potete stare lontani. Pensa a quando Ryo cercava in ogni maniera di dimenticarti ma inevitabilmente c’erano quei momenti in cui ti pensava o ti sognava. Mi dispiace, ma voi due non siete mai stati veramente lontani!” affermò, guardando intensamente Ryo negli occhi, il quale sospirò triste. 

Takanori piangeva sommessamente. 

“Non devi piangere, Taka. Non devi.” gli disse Yuu abbracciandolo.









Parlando ancora, si fece quasi ora di cena.
Yuu pensò bene che riproporre quel vecchio album fotografico sarebbe stata una magnifica idea. Così i cinque si riunirono attorno alla sedia di Takanori, per guardare le foto. Le sapevano ormai a memoria, ma quella era un’occasione decisamente speciale. Sorridendo, Takanori si ricordò l’avvenimento di ogni singola foto, annoverandola agli altri, che inevitabilmente finirono per commuoversi.
Quando arrivarono all’ultima foto, Takanori fece un breve sospiro senza smettere di sorridere. Cenarono senza smettere di parlare, si fecero le ventidue quando Takamasa disse che doveva rientrare. 

“Ma dai, rimani, no?” lo esortò Kouyou gentile.

“Vorrei moltissimo, ma mia moglie mi aspetta.” disse sorridendo. 

“Ci lasci Takanori??” chiese Yuu prendendo il piccolo fra le braccia e stringendolo forte a sé. 

“Ma ovvio!” disse. 

“SIIIIIIIIIII’!!!” strillò Yuu soffocando letteralmente Takanori. Tutti risero, mentre Takanori cercava di liberarsi del poderoso abbraccio dell'amico. Ryo lo guardava, Takanori lo guardò. Poteva essere l’occasione perfetta per risistemare i pezzi della loro storia. 

“Posso ospitare Takanori?” chiese Ryo vedendo Kouyou stringerlo a sé.

“Ma che cazzo di domande sono?” gli disse Kouyou volendo tirargli una sberla.
Yuu, Kouyou e Yutaka salutarono Takanori e Ryo con la promessa di rivedersi il giorno dopo. Scesero le scale insieme a Takamasa, che salutò il fratello con un forte abbraccio, avviandosi verso la metropolitana.
Montarono dunque sulla macchina di Ryo, sistemarono la valigia, poi lui mise in moto e partirono. Ancora non ci poteva credere di averlo di nuovo accanto a sé, non ci credeva che l’aveva davvero ritrovato, era incredulo.
Passarono il viaggio in religioso silenzio, quel silenzio che però anticipava un lungo discorso.
E la speranza di sistemare del tutto ciò che era successo. 











Voi non mi crederete, ma noi siamo al diciannovesimo capitolo e vorrei piangere.
Per me si avvicina il momento in cui per un bel po' sparirò da EFP. Continuerò sì a leggere, a recensire, ma mi mancherà leggere le vostre meravigliose recensioni, pubblicare il nuovo capitolo, attendere speranzosa le vostre risposte per sapere se è stato di vostro gradimento. Al momento sto scrivendo tre ReitaxRuki, non so se rendo l'idea. E sono bloccata con tutte e tre. Quindi chissà quando potrò di nuovo tornare sul gruppo con una nuova storia sui miei fanciulli çç Vi ringrazio per tutto l'affetto che mi avete dimostrato nello scorso capitolo, e per le 83 RECENSIONI raggiunte (e qui dedico un ringraziamento particolare ad Effy_Stonem che ha deciso di farmi annegare nelle recensioni <3). Non posso che sperare che anche questo capitolo vi sia piaciuto da morire, e vi attendo la prossima settimana con l'ultimo capitolo di questa mia grandissima avventura. <3 Grazie a tutte, a presto! 
Yukiko H. 
  
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