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Autore: GhostFace    08/07/2014    2 recensioni
Riflessioni interiori, ma anche azione, istinto ed avventure, senza mai farci mancare qualche risata... Questa è una storia che coinvolgerà tutti i personaggi principali di Dragon Ball, da Goku a Jiaozi! Cercando di mantenermi fedele alle vicende narrate nel manga, vi propongo una serie di avventure da me ideate, con protagonisti Goku ma soprattutto i suoi amici. I fatti narrati si svolgono in alcuni momenti di vuoto di cui Toriyama ci ha detto poco e nulla, a cominciare da quell'anno di attesa trascorso successivamente alla sconfitta di Freezer su Namecc (ignorando o rielaborando alcuni passaggi only anime). Come dice qualcuno in questi casi, Hope You Like It! Buona Lettura!
PS: la storia è stata scritta prima dell'inizio della nuova serie DB Super, quindi alcuni dettagli non combaciano con le novità introdotte negli ultimi anni. Abbiate pazienza e godetevi la storia così com'è, potrebbe piacervi ugualmente. :)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sicuramente tutti conoscete quel che accadde a seguito del viaggio di Trunks. Il giovane figlio di Bulma e Vegeta arrivò nell’epoca prestabilita e, non vedendo Goku presentarsi al momento dell’invasione aliena capitanata da Freezer e da suo padre, decise di sconfiggerli entrambi; il ragazzo ignorava, infatti, che Goku sarebbe potuto giungere in qualsiasi momento grazie al teletrasporto. Quindi si ritagliò un momento per conversare con il padre di Gohan, riferendo tutto ciò che sua madre aveva detto e consegnandogli il medicinale messo a punto dall’equipe di ricercatori del futuro; mettendo alla prova il guerriero purosangue, scoprì che egli aveva sviluppato di base, senza ulteriori allenamenti già all’epoca dei fatti di Namecc, una forza molto simile a quella che Trunks aveva faticosamente guadagnato in anni di addestramento. Chissà cosa Goku sarebbe potuto diventare, in tre anni di addestramento?
Compiuta la missione, Trunks tornò nella sua epoca, dopo aver promesso che si sarebbe fatto rivedere più tardi, in occasione della battaglia contro i cyborg. Dovette attendere un’ulteriore ricarica della macchina del tempo per poter effettuare un nuovo viaggio nel tempo e poter così combattere al fianco di Goku, in un’epoca in cui egli, suo padre Vegeta e i loro compagni di battaglia erano ancora vivi, il suo affezionato maestro Gohan non era che un bambino, e lo stesso Trunks era solo un neonato. Vista in questi termini, la spedizione acquisiva un fascino suggestivo ed emozionante…
Arrivato sul posto, Trunks scoprì che il corso degli eventi era radicalmente mutato rispetto a come gli era sempre stato narrato. Goku si era ammalato ben più tardi del previsto, ossia durante la battaglia contro i cyborg; cosa più sorprendente, sembrava che il Dr. Gero avesse preferito scendere in campo personalmente affiancato da un modello più recente, il numero 19, per poi decidere di attivare 17 e 18 solo più tardi, quando si vide messo alle strette. Anche stavolta i due cyborg distrussero il loro creatore, a sua volta un cyborg, e scoprirono l’esistenza di un altro androide, il numero 16, che provvidero a risvegliare. Un androide totalmente artificiale, dall’aspetto fisico possente ed imponente, dagli occhi di ghiaccio e con una cresta di capelli rossi sulla testa. Mentre Goku era fuori gioco, Trunks e gli altri guerrieri vennero messi fuori combattimento da 17 e 18, che però risparmiarono la loro vita; persino Vegeta, che si era allenato a lungo, non potè niente contro 17 e 18, mentre suo figlio ci rimise la spada demoniaca, che finì danneggiata. Per il gruppo dei super protettori della Terra l’esperienza fu più che traumatica, nonostante si fossero preparati severamente e con impegno in vista di quella battaglia. Così i due cyborg, accompagnati da 16, si misero in viaggio per cercare Goku, la cui sconfitta non rappresentava altro per loro che l’obiettivo finale di un videogame. Per Trunks, abituato a concepire il mondo come l’orrida routine che si ripeteva da diciassette anni nella lotta contro i cyborg, le novità non erano finite: mentre 17 e 18 sembravano ancora più forti ma anche più mansueti e più ragionevoli delle loro controparti del futuro, addirittura 16 si rivelò un amante della pace, che preferiva stare in un angolo ad ammirare gli esseri viventi del creato, piuttosto che combattere. Con un’unica pecca: obbedendo solo alla programmazione ineludibile del suo software, egli aveva un unico obiettivo dichiarato, l’uccisione di Goku… e questo era l’unico interesse comune che aveva con i due “colleghi”.
Si scatenò una caccia all’uomo in giro per il mondo durante la quale, mentre i cyborg cercavano Goku nei luoghi più probabili seguendo le informazioni in possesso di 16, gli amici e la famiglia dell’eroe lo nascondevano presso la Kame House. Durante questo arco di tempo, durato alcuni giorni, non accadde alcunchè di rilevante, e non si scoprì nulla di strano o particolare; Trunks sperimentò sulla propria pelle i lati peggiori della personalità di suo padre, quelli che Bulma e Gohan gli avevano sempre descritto: Vegeta mostrò il peggio di sé, comportandosi in modo arrogante, prepotente, aggressivo e superbo, negando persino la parola a quella che aveva capito essere la versione adulta del proprio figlio, e non mostrando un minimo di attaccamento per la versione neonata. Quanto a Piccolo, egli chiese e riuscì ad ottenere da Dio di tornare a formare un unico essere in grado di affrontare i nuovi nemici. Non fu facile, perchè la divinità esitò finchè alla fine si rese conto che 16, oltre ad essere focalizzato sull’obiettivo Goku, doveva essere il più forte del trio nemico: con Goku fuori combattimento e Trunks e Vegeta inferiori ai cyborg, la fusione tra Dio e Piccolo era l’unica speranza di salvezza, o quanto meno di tenerli a bada.
 
«E poi che accadde?» domandò Bulma, seduta a tavola con il figlio davanti ad una tazza di caffè fumante, ascoltando il resconto che Trunks ricostruiva sommando i ricordi delle circostanze vissute nell’altra epoca, con le scene che si era perso e che gli erano state riferite.
«Dopo alcuni giorni, 16, 17 e 18 si fecero vivi alla Kame House, che era uno dei luoghi dove, secondo i dati inseriti dal Dr. Gero nella memoria di 16, vi erano maggiori probabilità di trovare Goku. Infatti lo nascondevamo lì! Avevamo atteso a lungo la loro ricomparsa, visto che non potevamo localizzarne le aure e che, viaggiando in furgone, non avevano causato disordini particolari.»
«A questo punto sarà stato Piccolo ad affrontarli…» immaginò la madre.
«Già… e devo dire che il suo aumento di potenza era notevole. Fu un combattimento spettacolare, e lui se la giocava alla pari con 17… forse, se il Piccolo del nostro passato non fosse stato colto di sorpresa dall’arrivo improvviso di 17 e 18, non sarebbe stato sconfitto così facilmente. Un problema però sussisteva: l’energia di 17 era infinita, quella di Piccolo no… quindi a un certo punto i cyborg si trovarono nuovamente in vantaggio. 17 disse: “Non mi faccio scrupoli ad ucciderti, se è questo che vuoi… tanto ormai sappiamo per certo dove nascondete il vostro Son Goku.”»
«Accidenti! Povero Piccolo! Sembrava avesse la vittoria in pugno…»
«Però è stato accorto e prudente: volle tentare una specie di stratagemma come piano di riserva. Prima che la situazione degenerasse, si affrettò a spiegare che Goku era più debole di papà, e per di più era malato. Per 17 e 18 tutto ciò era irrilevante e volevano solo finirlo, mentre 16 si oppose, dicendo che non sarebbe stato leale uccidere il nemico quando non era in piena forma. Sicuro com’era dei propri mezzi, riteneva giusto adempiere all’obiettivo per cui era programmato, seguendo i suoi principi morali. Forse era per questo che il Dr. Gero lo considerava un fallimento… a modo suo, non era una macchina obbediente, e non era nemmeno un puro distruttore; con la sua ostinazione, è riuscito ad impedire che 17 e 18 agissero come hanno fatto nel nostro universo. Ma probabilmente non sarebbe stato disposto a mettere la propria potenza fuori scala al servizio della sete di conquista del Red Ribbon.»
«Non mi dire!» replicò Bulma sbalordita. «Allora vi hanno concesso una tregua finchè Goku non fosse stato in grado di combattere al meglio?»
«Più o meno… 17 e 18 hanno accettato di concederci tre giorni, poi sarebbero ritornati. Un tempo così breve suonava quasi come una beffa… Per fortuna, poco dopo Goku si riprese, e propose a me e a papà un metodo di allenamento tale da consentire a tutti noi di mettere in atto il nostro comune desiderio, ossia il superamento del limite del Super Saiyan. Capisci? Poteva esserci dell’altro, qualcosa di molto più potente rispetto allo stadio di Super Saiyan! C’era una stanza al santuario di Dio, al cui interno un anno equivale ad un giorno nel mondo esterno. Quindi, trascorrendo un giorno là dentro, io e papà ci siamo allenati al punto da superare il limite del Super Saiyan; così, grazie a quest’idea, tre giorni furono più che sufficienti per rinforzarci incredibilmente. Avevi ragione: in un modo o nell’altro, Goku riusciva sempre a trovare una soluzione per tirarci fuori dai guai. Nonostante fosse reduce da una grave malattia… non era da lui starsene con le mani in mano e accettare di farsi salvare da qualcun altro.»
«Quindi hai trascorso un anno intero con Vegeta? Oddio mio! E com’è andata?»
«Puoi immaginartelo, mamma… papà era un tipo ruvido, severo, e non dava molta confidenza. Aveva delle intuizioni combattive superiori a quelle di Gohan, e non amava condividerle… ma col passare del tempo notavo che cominciò ad essere più disteso e meno chiuso in mia presenza.»
«Occorreva tempo e molta pazienza, con lui…» sentenziò Bulma sospirando.
«Comunque, quando uscimmo dalla Stanza speciale, entrarono subito Goku e Gohan. Poi, finito il loro turno, anche Piccolo volle allenarsi, perché non accettava di essere inferiore al numero 16, né a Goku e a papà.»
«Insomma… poi venne il giorno della battaglia finale.» disse Bulma, portando il racconto al sodo.
«Sì… papà volle sfidare 17 e 18 che avevano osato umiliarlo, e li affrontò contemporaneamente. Ma ormai era troppo superiore a loro… ci rimasero con un palmo di naso. Se solo io e il nostro Gohan avessimo immaginato che esisteva qualcosa di così potente, al di sopra del livello di Super Saiyan… »
«Insomma… i buoni uccidono i cattivi e tutti vissero felici e contenti. O no?»
«Non proprio. 16 chiese che risparmiassimo i suoi due compagni di avventura, sostenendo che aveva imparato a conoscerli ed apprezzarli durante le loro peripezie in giro per il mondo. “Lasciateli in vita: un favore per un favore. Io ho accettato la vostra tregua, ora è giunto il momento che voi accettiate la mia richiesta; se in futuro dovessero creare problemi, sapete bene che potrete fermarli in qualsiasi momento.” Ovviamente papà montò su tutte le furie, perché non voleva saperne di lasciare quei due criminali a piede libero… io però ho voluto prestar fede alle parole di 16, anche perché conoscevo la forza di Goku e Gohan, oltre a quella di papà. Ciascuno di loro avrebbe potuto avere facilmente la meglio sui cyborg, non c’era più nulla da temere. Per questo mi sono messo in mezzo e… sai, papà ha esitato e alla fine ha ceduto. Mi aspettavo che mi colpisse per farmi abbassare la cresta, invece penso che abbia persino apprezzato quel mio fare ostinato. E non mi ha colpito.»
«Certo! Ti sei dimostrato degno della sua testardaggine.» commentò Bulma.
«Lo scontro finale si svolse tra il numero 16 e Goku. Anche quello fu uno scontro breve ed a senso unico… Il guaio fu che Goku era diventato troppo forte per un nemico simile, al punto da non riuscire a dosare al meglio le proprie forze: sai com’è… trovandosi davanti un nemico privo di aura. Questo gli rendeva estremamente difficile prendergli le misure. Furono sufficienti pochi colpi, e 16 non poté più volare, perse un braccio e metà testa, e aveva danni diffusi sul corpo. Ma la cosa grave fu un’altra… 16 cominciò ad emettere scintille dalle giunture del corpo, a parlare a scatti: “Oh n-no… maledizz-z-ione… i tuoi colpi hanno accidentalmente avviato la sequenza automatica di autodistruzz-z-ione… un ordigno esplosivo al mio interno…” Insomma, a farla breve, venne fuori che 16 si portava dentro il corpo una bomba capace di spazzare via nemici anche dieci volte più potenti di lui stesso. Persino lui era rammaricato di tutto ciò, perché diceva che viaggiando per il mondo aveva imparato ad apprezzare le bellezze che la natura ha da offrire… e lo addolorava pensare che lui stesso da lì a pochi secondi sarebbe stato la causa dello sfacelo più totale.»
«Cosa?! Il Dr. Gero ha creato un ordigno così potente?! Diamine!» sbottò Bulma. «Come avete fatto a cavarvela?»
«A quel punto mi infuriai… volevo distruggere 16 prima che danneggiasse seriamente la Terra… ma non era difficile capire che colpirlo o anche solo spostarlo avrebbe solo accelerato l’esplosione. Mi sentivo così frustrato… tanti allenamenti, tanta fatica per viaggiare nel tempo… e tutto rischiava di finire per un dannato incidente! Ti rendi conto?? Non dimenticherò mai quei secondi snervanti, terribili… E ancora una volta fu Goku a salvare la situazione…»
«Come ci riuscì?» chiese Bulma, curiosa ed interessata.
«Nell’unico modo che conosceva quando non aveva armi a disposizione per combattere: sacrificando la propria vita. Scelse di teletrasportarsi lontano dalla Terra con quella maledetta carcassa di un robot… chiese scusa specialmente a Gohan e a sua madre… e poi scomparve dalla nostra vista. Andò ad esplodere sul pianeta di re Kaioh…»
«Davvero?! E così Goku è morto comunque…» constatò la madre di Trunks, addolorata. «Che disdetta!»
«Vedessi la reazione di papà… anche lui sembrava addolorato. Sicuramente non voleva bene a Goku, ma lo stimava molto come guerriero, infatti desiderava ancora avere la rivincita. Avrebbe voluto sfogare la propria ira su 17 e 18, ma l’ho convinto che dovevamo mantenere la nostra promessa verso 16, che di per sé non era responsabile dell’accaduto a Goku. In fin dei conti, in quell’universo 17 e 18 non avrebbero potuto più nuocere a nessuno, e non avevano fatto nessuna vittima innocente. Prima di morire, intelligentemente, Goku aveva pensato di rimediare alla scomparsa delle Sfere del Drago verificatasi quando Piccolo si era riunito a Dio. Quindi portò sulla Terra un bambino namecciano di nome Dende, che ripristinò le Sfere. Quando Goku morì, volevamo riportarlo in vita, ma lui rifiutò dicendo che la causa di tutti gli attacchi subiti dalla Terra era sempre e solo lui, quindi preferiva rimanere nel regno dei morti, anche perché gli avrebbero accordato un trattamento speciale.»
«Un ragionamento degno di Goku, devo ammetterlo.» sorrise la donna.
«E così alla fine, su proposta di Crilin, abbiamo sfruttato il desiderio chiedendo che le bombe contenute nei corpi di 17 e 18 venissero eliminate e sparissero definitivamente. L’indomani sono partito e… sai? Papà mi ha rivolto un saluto, quando stavo per partire. Certo, molto rapido, nel suo stile, ma… chi se lo sarebbe mai aspettato? Si direbbe che tra il mio arrivo e la mia partenza papà fosse un po’ cambiato… o forse non è mai stato la persona malvagia che dava l’impressione di essere, proprio come sostenevi tu. Pensa: persino 17 e 18 erano più docili e ragionevoli… probabilmente la presenza di 16 e la sopravvivenza in vita di Goku li teneva a freno, incanalando la loro furia verso altri pensieri. Viceversa, qua da noi non avevano nulla da fare… e forse, distruzione dopo distruzione, la cattiveria e l’irrazionalità hanno preso il sopravvento e sono diventati sempre più capricciosi e spietati come li conosciamo oggi. Una sorta di circolo vizioso, diciamo.»
«Visto…? Mai dubitare. Te l’avevo detto…» replicò la donna, pensierosa. Poi pensò: “Vegeta ha trattato suo figlio con rispetto, mentre quel numero 16 – nonostante fosse un cyborg – era un amante della Terra e della natura. Praticamente innocuo, se solo non avesse avuto nel software la missione di uccidere Goku… Decisamente non si può sempre giudicare cose, persone e situazioni da un’unica angolatura, perché a volte si mostrano più complesse e sfaccettate, più difficili da comprendere…”
Madre e figlio continuavano a scambiarsi racconti, opinioni e confidenze connessi all’elettrizzante esperienza di Trunks nel passato, quando la radio interruppe la musica per trasmettere il solito bollettino-notiziario sulla posizione dei 17 e 18 del futuro. “Interrompiamo la trasmissione per informarvi sugli spostamenti dei cyborg. La loro presenza è stata individuata a Parsley City, al punto 49 della zona SBN.”
Trunks si drizzò in piedi, e dichiarò alla madre le sue intenzioni: «Ok, io vado.»
«S-sei sicuro di farcela?» domandò Bulma, non senza un fremito di agitazione nella voce.
La risposta di Trunks, accompagnata da un sorriso rassicurante, fu: «Non devi più preoccuparti, mamma. Sono andato a far visita a Goku e agli altri proprio per questo!» Si spogliò del giubbetto e, rimasto in canotta e pantaloni, si trasformò in un Super Saiyan molto più potente di quanto non fosse prima del viaggio nel passato. «Anche in quest’epoca deve tornare la pace…» dichiarò.
«Sta’ attento, Trunks! Non esagerare!» si raccomandò la madre, memore dell’ultima battaglia combattuta dal ragazzo contro gli esseri cibernetici nella loro epoca.
«Ok…» la assecondò. Sua madre non aveva idea di quanto i rapporti tra le loro forze fossero ormai cambiati, o forse era solo apprensiva in quanto madre… ma presto i nemici avrebbero sperimentato la nuova potenza di Trunks sulla propria pelle. Il ragazzo si diresse a tutta birra verso la città di Parsley, non troppo distante, seguendo le coordinate fornite dalla radio.
 
Nella città, le esplosioni si susseguivano sfrenate. Ancora una volta, tra i due spettava a 18 il titolo di “distruttrice più furiosa”. Le folate di energia che si dipartivano dalle sue mani la facevano apparire più scarmigliata che mai.
«Tsk… sei una bambina…» si lagnò il suo gemello. «Ti comporti così solo perché hai perso giocando al computer?»
«Tu sta’ zitto!» gridò la donna, lanciando un altro paio di attacchi energetici. Evidentemente, 17 aveva colto nel segno. Qualche istante dopo, il cyborg maschile venne colpito alla guancia da una pallottola di metallo, che naturalmente non lasciò segni sulla sua pelle; a quel punto, il cyborg si voltò parecchio seccato, per vedere da chi venisse quella provocazione. Un vecchio uomo dal viso teso e dalla testa calva ferita faceva capolino dai rottami del telaio di un’automobile capovolta sull’asfalto disastrato; nella mano tremante stringeva una pistola. 17 lo raggiunse e si complimentò con sarcasmo: «Sei proprio bravo a sparare, vecchio…» Poi, da una fondina appesa alla cintura dei pantaloni, il cyborg estrasse la propria pistola, uno dei tanti giocattolini reperiti durante una delle scorribande compiute al fianco della sorella. Puntò la bocca della pistola contro la faccia del vecchio; poi, con un sorrisetto malevolo, chiese: «Cosa desideri come premio? Prendi…» e sparò, uccidendolo sul colpo.
In quel momento Trunks poggiò i piedi nello spiazzo dove si trovavano i due nemici. Li squadrò con il volto sicuro di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico, finalmente. «È giunto il momento della vostra fine! Vi ucciderò!» asserì senza mezzi termini.
«Sei ancora vivo, Trunks?» domandò 17, ripensando al loro ultimo scontro, avvenuto prima del viaggio nel passato. «Vedo che non ti sei ancora reso conto che è inutile sfidarci…!»
«Che rompiscatole!» esclamò 18, che quel giorno aveva proprio un diavolo per capello. «Voglio ucciderlo immediatamente… non sei contrario, vero?» domandò la donna rivolgendosi al fratello.
«Perderemo qualcuno con cui giocare, ma… non importa, dai. Fa’ un po’ come ti pare…»
La donna allungò il braccio in avanti, pronta ad emettere uno dei suoi più potenti attacchi energetici: era davvero decisa a finirla. Trunks si mosse, non per evitarlo né per pararlo: bensì si spinse in avanti per riceverlo in pieno. Lo subì senza batter ciglio e poi, incolume, sfrecciò in avanti ed emise dalla mano un attacco di energia imponente e schiacciante: la donna saltò letteralmente in mille pezzi, tanto che 17 vide un piede ed alcuni brandelli del braccio della sua amata sorella schizzare in direzioni opposte.
Poi Trunks volse il cipiglio verso il nemico superstite che, basito, si interrogava sull’accaduto: «Non è possibile… sei sempre stato più debole di noi! C-cosa… cos’hai fatto?? Come sei riuscito a distruggere 18??»
«Sono riuscito a vendicare tutti i miei amici uccisi… adesso, uccidendo te, voglio completare la mia vendetta, dedicandola in particolare a Gohan!» Con queste parole, Trunks urlò il proprio furore, la propria aspirazione verso una giusta rivalsa. Passò di nuovo all’attacco: un calcio al mento fu sufficiente a mettere KO il nemico, facendolo rovesciare all’indietro, e bastò una sola bomba di energia ben calibrata a cancellarlo definitivamente dall’esistenza, senza lasciarne nemmeno un circuito integro. Giustizia era stata fatta, pensò il giovane Super Saiyan mentre poggiava nuovamente piede sul suolo della citta in rovina, dalla quale si sollevavano lingue di fumo e polvere. In quel momento, il mezzosangue realizzò che mai, mai più il mondo avrebbe subìto le nefaste follie dei cyborg 17 e 18.
«È tutto finito…» sospirò Trunks, per convincersi che gli anni della tragedia e della crisi che lui aveva conosciuto fin da quando era in fasce volgevano finalmente al termine; malgrado tutto, ancora stentava a crederci. «Tutto finito.» ripetè, abbandonando la trasformazione in Super Saiyan.
 
La distruzione dei cyborg ad opera del “giovane angelo dai capelli dorati” venne diffusa per il pianeta in un misto di gioia ed incredulità. La figura dell’eroe, che fino ad allora aveva avuto contorni semi-leggendari, assunse le vesti concrete di un ragazzo serio, gentile, premuroso ed onesto che, con la sua potenza eccezionale, aveva dato un colpo di spugna al malvagio regime di terrore che si era imposto sul pianeta. Divenuto guida morale e punto di riferimento per gli esseri umani, affiancato dalla sua intelligentissima madre, collaborava ovunque nella fase più difficile dopo l’epoca di sventure: la ricostruzione. Non era facile per gli uomini lavorare a ritmo continuo per riportare la civiltà al progresso e allo splendore di neanche venti anni prima, anche se sembrava passato molto più tempo. La popolazione umana, e quindi anche la forza-lavoro, era drasticamente decimata rispetto ad un tempo; però, quando la pigrizia e la stanchezza rischiavano di prendere il sopravvento, bastava ripensare all’infelicità che il mondo aveva conosciuto per essere colti da un moto di sollievo e soddisfazione, e ritrovare la voglia di tirarsi su le maniche e lavorare. La vita umana aveva cominciato a rinascere attorno ai fabbricati che meno avevano subito danni strutturali; ci sarebbero voluti molto tempo ed anche molto denaro per ricostituire i centri abitati complessi e popolosi di una volta. Le attività di ricostituzione delle città distrutte, delle coltivazioni e degli allevamenti, delle fabbriche e dei commerci, rifiorivano. Tra un intervento e l’altro, il giovane si beccava anche le frecciatine di Bulma che – nel portarselo con sé quando lavorava in azienda - voleva incitarlo, fra le righe, a trovarsi una fidanzata.
 
Trascorsero tre anni: 17 e 18 erano un problema ormai risolto ed archiviato, e le loro vere origini legate alla figura del Dr. Gero rimasero solo un ricordo nella mente di Bulma e Trunks. Ciò che tutti, ma proprio tutti, ignoravano era l’esistenza di un piano sotterraneo nel laboratorio segreto del Dr. Gero, sito fra le montagne del Nord, il cui ingresso principale era andato distrutto venti anni prima. Un giorno, all’insaputa di tutti, un’esplosione si verificò in quei recessi praticamente disabitati, e ne saltò fuori un’orribile creatura, che fino ad allora aveva albergato nelle stanze segrete, galleggiando in un abitacolo pieno di liquido, una sorta di coltura biologica di dimensioni giganti. “Mi dispiace far saltare in aria gli impianti che mi hanno dato la vita…” pensò l’essere. “Comunque sia, ormai la mia maturazione è completa. Il super computer non ha più alcuna ragione di esistere, dato che tutte le informazioni che mi sono necessarie sono state inculcate nella mia memoria.”
Il mostro si aggirò per i silenziosi boschi di conifere ed altri alberi ad alto fusto, simile ad un’ombra sinistra che celava i propri pensieri dietro un’apparenza agghiacciante: “17 e 18… come trovarli?”. Dopo qualche ora di camminata, avvertì un fruscio particolare: “Esseri umani in avvicinamento…” Erano due cacciatori che, armati di fucile, si aggiravano in cerca di selvaggina da servire in tavola, o magari da vendere a qualche macellaio per ricavare qualche soldo. Di certo, non si aspettavano che di colpo si sarebbe palesata alla loro vista un bestione così inconsueto: più alto dei più massicci esseri umani, era dotato di ali e volto da cavalletta, mentre la muscolatura, la coda, la pelle e gli occhi erano simili a quelli di un rettile umanoide. Predominava in lui il colore verde scuro, cosparso di decine di macchioline nere, ma presentava alcune superfici callose di colore arancione.
«Che strano animale…» sussurrò uno dei due cacciatori al collega. «Non facciamo rumore… o scapperà. Lo faccio fuori, dovessi scaricargli addosso tutto il caricatore…» disse, puntandogli contro la doppia canna del fucile. Sparò più colpi verso le zone vitali del corpo: testa, cuore, addome… le pallottole rimbalzarono contro la corazza esterna, che pareva inscalfibile. Il mostro serrò il suo muso da insetto; poi allungò in avanti la sua lunga coda verde maculata, che terminava in un pungiglione, con il quale infilzò al petto il cacciatore che gli aveva sparato. Questi emise un urlo di dolore, mentre il fucile gli sfuggiva dalle mani e ricadeva sull’erba folta e selvatica; con le poche forze che gli restavano, bofonchiò: «A-aiut-… chiama... i soccorsi…»
L’altro cacciatore, che era più lontano dalla bestia rispetto all’amico, osservò sbigottito una scena raccapricciante: dopo essere stato infilzato, il cacciatore cominciò a perdere sempre più la propria massa fisica, il grasso, i muscoli, le ossa, la pelle e tutti i tessuti del suo organismo. Infine si incartapecorì, accartocciandosi su sé stesso ed, infine, svanendo; di lui rimasero solo il fucile e gli indumenti. Il sopravvissuto cominciò a correre all’impazzata, incespicando più di una volta sulle pietre e le sterpaglie del bosco. L’essere lo raggiunse con un solo scatto e parlò mentre gli piantava il pungiglione nella schiena. «Tu non chiamerai proprio nessun soccorso… Addio.» sibilava infine, risucchiando anche il secondo cacciatore fino all’ultima cellula. «L’energia che si ricava dall’estratto vitale dei comuni esseri umani è piuttosto scadente.»
 
Nei giorni che seguirono, la creatura si aggirò in vari luoghi sulla superficie del pianeta, origliando discorsi e mezze parole, muovendosi con straordinaria cautela, senza sollevare vespai. Il super computer del Dr. Gero lo aveva istruito sull’esistenza di nemici pericolosi, come Goku e i suoi compagni, capaci di percepire la sua presenza; cosicchè lui si avvalse lungamente dell’abilità di azzerare la propria aura, per nascondersi da chi aveva la capacità di individuarlo.
In più occasioni, grazie al suo udito sopraffino gli avvenne di captare discorsi riguardanti i cyborg 17 e 18, di cui aveva sentito parlare come di una minaccia sventata, un pericolo neutralizzato. Insieme ad essi, si menzionava spesso anche un valoroso giovane di nome Trunks che era considerato il responsabile del loro annientamento. Stando a quanto aveva udito, questo famigerato Trunks viveva nella Citta dell’Ovest. «Strano. I robot spia che fornivano dati al computer hanno sempre rilevato che questo Trunks era palesemente inferiore ai due cyborg gemelli che mi interessano. Devo recarmi sul posto, e saperne di più…» decise l’essere.
 
Un giorno, Trunks ritenne di potersi concedere una breve vacanza presso i suoi amici del passato. Aveva fatto ricaricare apposta la batteria della macchina del tempo per poter tornare a trovare suo padre Vegeta, il piccolo Gohan e tutti gli altri, e raccontare loro di come avesse ripristinato la pace nel suo tempo. Bulma e il figlio si trovavano ai piedi del mezzo di trasporto temporale, che stava scaldando i motori in vista della partenza.
“Questo è un colpo di fortuna!” si diceva l’essere, che era riuscito a trovare e a tener d’occhio l’accoppiata madre/figlio e li aveva uditi parlare di una macchina del tempo e di viaggi nel passato e, appostato dietro l’angolo di un edificio, aveva ascoltato anche quella conversazione. “Sicchè potrò appropriarmi della macchina del tempo e tornare ad un’epoca dove completare i piani del Dr. Gero… ecco, stanno per terminare la conversazione. Ottimo… non c’è nessuno in giro, al momento…”
«Non vedo l’ora di rivederli.» disse il ragazzo. «Andrò un paio di anni dopo, così vedrò come è cambiata la loro vita. Chissà se papà sarà orgoglioso di come ho risolto la situazione e vendicato la sua memoria…»
«Probabilmente lo sarà, ma non aspettarti una pacca sulle spalle e un affettuoso “Ben fatto, figlio mio!”» disse Bulma ironicamente, simulando la voce virile del Principe dei Saiyan. Con un taglio di capelli più corto e sbarazzino e degli abiti da donna matura, giovanile ma con classe, Bulma era tornata ad essere la brillante scienziata dal carattere allegro e spigliato.
«Lo so… non sarebbe nel suo stile! Ora vado…»
«Sì… salutami tutti, mi raccomando.»
Dopo aver pronunciato quelle parole, Bulma vide solo che il figlio si irrigidiva a bocca aperta come trafitto da una serie di frecce, un istante prima di cadere lei stessa vittima di un attacco. Gli occhi di Trunks, sbarrati, persero la vita in un attimo, e il ragazzo cadde per terra pesantemente, morendo sul colpo. L’essere abbassò il dito, poi uscì fuori a passo lento da dietro l’angolo. Compiaciuto dei propri poteri, mormorò: «Rapida, infallibile e letale… ottima, questa tecnica del mio consanguineo Freezer.» Aveva usato il Death Beam, crivellando dalla schiena i punti vitali del corpo di Trunks con un fascio di raggi che risultava invisibile a chi non avesse una forza adeguata al livello di chi li lanciava. Anche Bulma finì colpita, ma di sbieco rispetto al figlio. Subito dopo la donna cadde per terra perdendo molto sangue, gravemente ferita in punti meno delicati, ma anch’ella in fin di vita. Con gli occhi infossati ed il volto pallidissimo, con un tono di voce straziato e con le lacrime agli occhi, riuscì con un filo di voce a domandare: «M-mostro! C-chi sei?? Co… come hai potuto uccidere mio figlio??»
«Mi chiamo Cell, e sono un androide…» si presentò il mostro, trafiggendo con la coda l’addome della donna. «… a questo punto, non penso ti interessi sapere altro su di me. Buona morte, umana.»
Cell pensò bene di eliminare quei due cadaveri, assorbendoli, per non attirare curiosi sul posto: la morte dei due sarebbe rimasta per sempre ignota al mondo. Poi salì  a bordo della macchina del tempo di Trunks, già pronta per il viaggio. Si guardò intorno, e notò un particolare seccante: «Dannazione!» imprecò. “Quando questa stupida cupola sarà chiusa, non ci sarà sufficiente spazio per un essere delle mie dimensioni! Non vedo alternative… dovrò regredire al mio stadio primigenio di uovo. Prima di attivare il processo di regressione, però…” pensava, ispezionando il quadrante dei comandi. «… ecco qua! Il contatore della data di destinazione. Non ci vuole un genio, per farla funzionare.» Decise dunque di impostare la data ad un periodo ancora antecedente rispetto a quello che Trunks intendeva visitare, in modo da avere tutto il tempo per svilupparsi di nuovo e passare da uovo ad essere adulto. Selezionò una data che gli avrebbe garantito il tempo necessario; poi avviò il processo di autoregressione e, quando le sue dimensioni furono ridotte in misura adeguata, chiuse la cupola. Poi il veicolo decollò e Cell lo spinse alla massima velocità, finchè svanì nel cielo senza lasciare traccia.
Così il mostro abbandonò un mondo in pace, ma solo dopo averlo privato di coloro che generosamente avevano lottato per costruire il clima di serenità. La sparizione di Bulma e Trunks rimase avvolta per sempre nel mistero, e coloro che li conoscevano non ne seppero più nulla; madre e figlio si portarono per sempre nell’Aldilà il segreto della propria morte. Quel che accadde a Cell, invece… sono vicende che riguardano un'altra epoca di un'altra dimensione, nella quale l’androide si rivelò essere fra le peggiori piaghe mai esistite.
 
Quello stesso giorno, a quella stessa ora, in un'altra linea spazio-temporale, Trunks era pronto a partire per far visita agli amici del passato, con indosso la battle suit che la giovane Bulma del passato gli aveva fabbricato. All’improvviso ammonì sua madre di farsi da parte. Grazie all’esperienza vissuta nel suo viaggio risalente a tre anni prima, sapeva di essere spiato. Sapeva anche che chi lo spiava era un bio-androide:  doveva essere pressappoco alle sue spalle, pronto ad attaccarlo a tradimento.
«So che ti stai nascondendo, Cell!» affermò il giovane uomo con tono deciso. «Dopo avermi ucciso, tornerai un uovo e andrai nel passato per assorbire 17 e 18… stai pensando questo, non è vero? Miri ad ottenere il corpo perfetto…»
L’androide rimase interdetto. «C-Cosa?? Come hai fatto a conoscere il mio piano?»
«In un’altra epoca, il tuo piano è stato sventato!» ribattè il Saiyan mezzosangue. «E, fra pochissimo, finirà tutto qui, ancora una volta!»
«Quindi il mio piano – il piano dell’androide più potente mai progettato – sarebbe andato in fumo?» domandò Cell con un tono di derisione. «Ma ti rendi conto di ciò che dici?»
Trunks assunse un atteggiamento serio; a differenza del nemico, non trovava nulla di ridicolo in quelle affermazioni. «Cell… col corpo perfetto, sei stato incredibilmente potente. Ma ora che non l’hai ancora ottenuto, potrò sconfiggerti senza problemi…»
«Capisco.» dedusse l’essere. «Dunque hai viaggiato nel tempo e in qualche modo hai scoperto i miei piani… ecco come mai sei così ben informato. Ma come osi dire che sei in grado di sconfiggermi? Abbiamo avuto i dati che riguardano la tua potenza tramite dei minirobot-spia; sono al corrente del fatto che non sei mai stato in grado di battere 17 e 18… per non parlare poi di me!»
«Ah, sì?» sogghignò Trunks, sicuro di sé. «Allora dimmi: come mai 17 e 18 non si vedono più in giro?»
«Ma allora… intendi dire che sono scomparsi perché tu li hai…»
«Preferisco evitare di combattere in questa città. La stanno ricostruendo dopo la distruzione totale… cambiamo posto.» disse Trunks, distenendo in avanti le palme delle mani. Concentrò la propria energia spirituale, poi la lasciò esplodere in un colpo d’aria che sbalzò uno sconcertato Cell alcuni chilometri fuori dalla Città.
“Pare che si sia allenato davvero, e che tale allenamento sia stato efficacissimo…” ragionò il mostro, attivando finalmente la propria aura al massimo livello dopo essersi lasciato manipolare scioccamente, perché era rimasto ad un livello di forza basso. Anche Trunks aumentò la propria aura, portandosi al livello di Super Saiyan: «Non ti lascerò andare nel passato!»
«Taci, sbarbatello!» replicò l’androide, passando all’attacco. Ad un primo pugno di Cell, Trunks contrappose l’avambraccio. Infliggendo alla creatura un solo altro pugno al torace, il giovane si portò in vantaggio rispetto al nemico, che già perdeva sangue dalla bocca. “Che sia davvero tanto più potente di me?” iniziò a dubitare Cell. “Se non riesco a batterlo con la forza, dovrò ricorrere all’astuzia…” rifletté poi, iniziando ad allungare la coda. Doveva riuscire trafiggerlo e poi assorbirlo. Fece saettare la coda come fosse un serpente pronto a mordere, ma fu un movimento troppo lento, quindi vano: il figlio di Vegeta ne avvertì il movimento sibilante e l’acchiappò a due mani; sollevò a mezz’aria l’androide, lo fece roteare per un paio di giri, poi lo scaraventò verso l’alto.
Cell riuscì ad arrestare il volo, poi riprese fiato e caricò al massimo la propria aura. “Maledizione!! Non mi resta altro che usare questa tecnica a sorpresa! Di certo quel pidocchio non si aspetta che io possa conoscerla…” Il mostro raccolse l’energia nelle mani che teneva racchiuse presso ill fianco sinistro, e iniziò a cantilenare la formula ben nota: «Kame… Hame…»
Ma fu ancora una volta troppo lento: nel tempo che egli impiegava a caricare la sua onda energetica, Trunks si era lasciato avvolgere da una semisfera di energia dorata; quindi Trunks concentrò l’energia e la rilasciò sotto forma di una potentissima onda, gridando: «Ti ridurrò in cenere, così non potrai rigenerarti… mai più!! Addio, Cell!!» L’attacco del giovane meticcio raggiunse l’obiettivo: Cell finì travolto come un misero insetto che, imprecando, lanciava il suo ultimo verso di dolore. Venne letteralmente demolito fino all’ultima cellula.
Il ragazzo osservò il risultato del suo ultimo attacco, con un soddisfatto sorriso appena accennato: «Finalmente è finito tutto. Vi ringrazio, Goku e voi tutti, amici miei…»
Subito dopo, tornò in città a rassicurare sua madre, che premiò la sua vittoria col più sinceramente affettuoso degli abbracci che una madre avrebbe potuto donare al figlio.
 
Trunks sapeva che il monte Paoz era stato la dimora di Goku da bambino, e anche da giovane adulto, sposato e padre di famiglia. Lì era la vecchia capanna del nonno Gohan, e lì si era stabilita la coppia di sposini formata dai genitori di Gohan. Lì aveva vissuto anche Gohan con sua madre, ormai rimasta sola a tirare avanti e a ripensare a tutte le proprie sventure.
Insomma, in quei luoghi si riassumeva l’intera vita familiare dei suoi più cari amici. Adesso, con un borsone a tracolla, per la prima volta da quando la pace era tornata, Trunks si ritrovava a posare i propri passi quegli stessi sentieri che in passato aveva percorso qualche volta al fianco di Gohan. Il maestro volle che l’allievo conoscesse gli scenari di un’infanzia che, fra alti e bassi, era stata certamente più spensierata dell’adolescenza che ne era seguita, e di quel poco che aveva conosciuto dell’età adulta. Nella bellezza di quei luoghi e nei ricordi nostalgici di serenità ad essi legati, il figlio di Goku ritrovava la carica e l’energia per combattere per la Terra. 17 e 18 avevano distrutto di tutto, nel mondo; ma, ironicamente, non conoscevano proprio il luogo dove avrebbero avuto maggiori probabilità di trovare Goku, se fosse stato ancora vivo.
Bussò alla porta della casetta bianca dalla forma semisferica.
«Salve, Trunks. Ben arrivato.» lo accolse Chichi con un sorriso debole, ma pacato. Dall’ultima volta, la povera donna aveva qualche ruga in più, figlia non tanto della vecchiaia quanto delle amarezze subite, che complessivamente rendevano il suo aspetto “vissuto” quanto quello di Bulma, che pure era meno giovane di lei.
«Sapendo che saresti venuto, ho dato una ripulita alle tombe.» disse. Entrambi sapevano che Chichi avrebbe compiuto quel lavoretto anche se Trunks non avesse avuto intenzione di venire.
«Le ho portato… tutto quello che Gohan aveva lasciato da noi, quando ci allenavamo insieme.» spiegò educatamente il giovane. «Sono anche riuscito a recuperare il Nyoi Bo, il vecchio bastone di Goku, dato che anche il santuario di Dio non esiste più… è giusto che queste cose le tenga lei. Avrei cercato anche le Sfere per ricordo, ma… non esistono più. Ormai sono dei semplici sassi.»
«Ti ringrazio, Trunks. Sei proprio un bravo ragazzo.»
Lo condusse presso le tombe del marito e del figlio; due sepolcri vuoti, dato che i loro corpi erano ormai nel regno dei morti insieme alle loro anime, e le lapidi erano collocate lì solo a futura memoria dei due grandi eroi. «Fai pure con comodo.» gli disse la donna, allontanandosi.
Il ragazzo poggiò il bastone allungabile sulla lapide di Goku, e una busta trasparente sigillata contenente un quadernetto sulla lapide di Gohan. “Il diario della tua amica Videl…”
Poi il ragazzo si inginocchiò, congiunse le mani, chiuse gli occhi e pronunciò una preghiera a bassa voce: «Gohan, Goku, e tutti gli altri… grazie, grazie davvero per tutto ciò che avete fatto per me, nel passato, nel presente e nel futuro. Ora sì che potrete riposare in pace per l’eternità, amici miei.»
Si vide soddisfatto solo quando ebbe meditato a sufficienza sulle tombe dei due amici. Poi decise di lasciare quel luogo, di congedarsi dall’idea della morte per un bel po’ di tempo. Si fermò sopra uno sperone roccioso contornato da cespugli verdeggianti, che si ergeva sopra la vallata; gli alti alberi crescevano rigogliosi con folte chiome selvagge, e un ruscello scorreva tracciando delle curve sinuose nella selva. Canto di uccelli, frinire e ronzare di insetti; la vita silvestre si esprimeva al meglio di sé.
Contemplando quel meraviglioso panorama, Trunks acquisì una certezza: pure in mezzo alle tempeste scatenate dal Destino, in mezzo ai cavalloni e alle bufere più disastrosi e travolgenti, la Vita trova sempre una strada, un cammino da seguire, per continuare a perpetuarsi. Finchè ci sarà la volontà di sopravvivere, anche alla più distruttiva delle calamità si potrà sempre porre rimedio.
 
FINE
 
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L’ANGOLO DELL’AUTORE.
Siamo giunti alla fine.
Una precisazione è d’obbligo sulla questione delle dimensioni parallele. Come Bulma ci ha spiegato nel capitolo precedente (e Trunks nel manga originale), ogni intervento causato da un viaggio nel tempo genera una dimensione parallela.
L’universo originale, di partenza, è quello in cui Goku muore, compaiono 17 e 18, Bulma crea la macchina del tempo, Trunks viaggia nel passato, si allena, distrugge i cyborg. Tempo dopo, Cell viene completato; non trovando 17 e 18 ruba la macchina del tempo, viaggia anche lui nel passato. Tutto questo avviene in una linea temporale che chiameremo A.
Quando Trunks viaggia la prima volta, interviene sulla storia e la modifica. Così crea una seconda linea temporale che possiamo chiamare linea B, in cui gli eventi si svolgono come lui ha raccontato a Bulma nella prima parte di questo ultimo capitolo. Poiché tutto ciò è avvenuto prima che Cell viaggiasse nel passato, tutte le scene del manga in cui i nostri eroi hanno a che fare con Cell non sono mai avvenute; e Bulma non ha mai costruito il telecomando per disattivare 17 e 18, visto che i relativi progetti sono stati trovati quando Crilin e Trunks sono andati a cercare Cell embrione nel laboratorio sotterraneo. Nella linea temporale B, il nemico più potente sarà 16, come abbiamo visto, e Goku si sacrifica per impedire che la sua autodistruzione danneggi la Terra. Quando Trunks torna dalla linea B alla sua linea di partenza A, sconfigge i cyborg; ma dopo viene ucciso da Cell (che lo attacca alle spalle quando non è in versione Super Saiyan). [di questa linea il manga originale non ci dice nulla, mi sono inventato io il corso degli eventi raccontato]
Quando Cell viaggia con la macchina del tempo, approda nella linea temporale B, e la sua comparsa – avvenuta durante la guerra contro i cyborg, come sappiamo dal manga – modifica ulteriormente la storia, creando una terza linea temporale, che chiameremo C, in cui Cell si sviluppa diventando l’essere perfetto, dando vita al Cell Game; è questa la linea dove sette anni dopo prenderà il via la saga di Majin Bu.
A questo punto, non so se ho chiarito o confuso le vostre idee… :-D
Magari per stavolta la smetto di assillarvi, presto posterò un messaggio di saluti e di ringraziamenti. :D
  
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