Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Ship_COFFE_Bar    08/07/2014    4 recensioni
SOSPESA (a tempo indeterminato, sorry)
AU, Thorki vs IronFrost, possibile innalzamento del rating, Dark!Tony, suicidi, autolesionismo, insomma, un sacco di roba.
Dal primo capitolo:
[...]
-Innanzitutto, sono curiosa di sapere cosa si prova-
"Oh, questa è nuova"
-Prego?-
-Intendo cosa spinge una persona a tentare il suicidio?-
~~~
Loki trova nella scrittura uno sfogo dalla sua vita, dal consorte, Tony Stark, sempre impegnato a condurre strani giri d'affari, e le più grandi industrie di New York, dall'eccessivo interesse dei media per l'ombra di ciò che è, e lo scarso interesse delle persone ad andare più in profondità.
Thor trova che suonare la sua chitarra sia molto più invitante che una vita come il padre, o peggio, l'esercito, ma quando se ne va di casa sorgono i primi dubbi.
Fra una lametta, un filo del telefono, domande dalla dubbia moralità e psicologhe dai nomi strani, scorre questa storia.
Due universi simili e diversi allo stesso tempo stanno per scontrarsi, cosa ne verrà fuori?
Sta a voi essere abbastanza curiosi da scoprirlo.
Ma ricordatevi.
La curiosità a volte uccide.
~~~
-A suo favore, della morte, bisogna dire che è una delle poche cose che si possono fare facilmente stando sdraiati-
Woody Allen
Genere: Angst, Dark, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Loki, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Chapter three:





Gli occhi vagano da una parte all'altra del salotto, solo per evitare lo schermo del 

computer, che getta una luce azzurra sul mio viso.

Ho le dita ad un millimetro dai tasti, trattengo il respiro e cerco qualcosa. 

Andiamo. Ci deve essere qualcosa. Una cosa qualsiasi.

Scosto il computer sbuffando. Fissare lo schermo non mi aiuterà a scrivere.

-Jarvis? Fammi un caffè- mi accascio sul divano, socchiudendo gli occhi.

-Subito signore- mi passo la mano sulla fronte, inspirando lentamente aria,

-E le mie pillole, Jarvis. Dove sono le mie pillole?- un braccio meccanico mi allunga 

una tazzina di caffè, la prendo, ignorando la superficie bollente.

-Mi spiace, ma il signor Stark ha ordinato di non darle nessun medicinale- impreco, 

e quasi sputo la bevanda.

-Cosa cazzo significa?- poggio la tazza sul tavolo e mi dirigo in camera da letto.

Apro i cassetti. Vuoti. Con calma, Loki, resta calmo.

-Jarvis, dove sono?- mi tremano le mani, mentre mi abbasso a guardare sotto il 

letto. -Mi dispiace Signore, ma non posso dirglielo- anche se so che non è una 

persona, in questo momento lo prenderei volentieri a pugni.

-'Fanculo, Jarvis. Dove. Cazzo. Sono. Le mie pillole?- la voce non mi risponde, 

forse si è spento.

Mi mordo l'interno della guancia emettendo un suono che è a metà fra la risata e la 

disperazione, -Jarvis, per favore. Per favore!- 

Mi lasciò andare sul letto, mugolando.

Dio, ma perché c'e l'hai con me?

Allungo una mano verso il cellulare, appoggiato accanto alla sveglia sul comodino, 

schiaccio i tasti di malavoglia, componendo il numero della clinica.

Aspetto un paio di secondi, prima che la voce irritante della Romanoff mi risponda.

-Pronto?- sembra annoiata. O forse è solo stanca, in fondo è domenica mattina.

-Dottoressa? Stava dormendo?- sbuffa, -Sì, cosa vuoi, Loki?- soffoco una risatina,

-Devo...ho bisogno di parlarle- sbuffa di nuovo, e posso quasi vederla alzare gli 

occhi al cielo.

-E non puoi parlarmene per telefono?- 

-Be'...-

-Facciamo così- inizia, interrompendomi -Io non posso venire, ma magari...uhm...sì, 

ho il numero qui...adesso...un momento- vado in soggiorno, recuperando la tazza di 

caffè e bevendola tutto d'un fiato.

-Ecco! Gli dico di raggiungerti lì. Buonagiornata- cerco di parlare ma chiude la 

telefonata. Chi dovrebbe raggiungermi? 

Infilo la giacca, tastandomi la tasca  in cerca di una sigaretta.

Prima di uscire mi fermo, e corro al computer, afferro un post it e una penna, 

scrivendo qualcosa come: -vado alla clinica. Non so quando torno- 

Tanto Tony torna sempre tardi, anche il week end. Ma non si sa mai, sarebbe 

capace di far pattugliare l'intera New York per trovarmi.

Esco in fretta, infilandomi nell'ascensore, che si chiude con un rumore secco.

Arrivo in strada e chiamo un taxi, che arriva subito, lo pago in anticipo, lanciandomi 

letteralmente sul sedile posteriore, il tassista mi osserva lievemente preoccupato, gli 

indico la strada con un gesto nervoso della mano, incitandolo a sbrigarsi.

Spero solo che chiunque mi debba raggiungere in clinica, non scappi appena mi 

veda. Lo specchietto riflette la mia immagine, sembro a metà percorso fra il tossico 

e lo schizofrenico.

Be', in fondo, la speranza è l'ultima a morire.


...


Mi rigiro il fascicolo fra le mani, studiandolo.

L'avrò letto tipo dodici volte, ma ancora qualcosa mi sfugge.

Il nome, come aveva anticipato la Romanoff, non mi è nuovo, devo averlo sentito in 

qualche intervista, un po' di tempo fa. Mamma leggeva anche dei suoi libri. Pare 

che fosse bravo, ma poi c'è stato uno scandalo...non so cosa sia successo, dato 

che non ho mai prestato troppa attenzione al telegiornale.

Il telefono squilla, e per quei pochi secondi in cui alzò la cornetta e la poggio 

all'orecchio, spero sia mia madre.

-Pronto?- 

-Thor? - sospiro, sedendomi sul divano, guardo la chitarra come una vecchia amica, 

sfiorandone ancora una volta le corde.

-Sì, dottoressa Romanoff?- sembra stanca, dal suo tono di voce. Del resto lo sono 

anche io. È domenica mattina.

-Ciao, senti, mi spiace disturbarti, ma c'è stato un piccolo cambio di programma- 

ride nervosamente, mi passo una mano sul collo -Cosa devo fare?- chiedo, 

esasperato.

-Vieni in clinica. Ci sarà un paziente ad aspettarti, quel paziente- lo dice in tono 

confidenziale, come se avesse paura di poter essere sentita da qualcuno che la 

spia. -Ok...vado, buona giornata- non faccio in tempo ad augurarglielo che ha già 

riattaccato.

Sospiro, guardandomi intorno. Sarà meglio che mi prepari. E mi vesta, mi accorgo 

solo ora di essere a torso nudo. Raccatto la maglietta, mi do una lavata e bevo il 

caffè di corsa, ustionandomi la lingua.

Esco, correndo giù dalle scale, scendo in strada e chiamo un taxi, ma mi ci vogliono

un paio di volte perché possa finalmente salire a bordo.

Gli dico dove andare e appena arriviamo lo pago subito, correndo verso la clinica.

Quasi non mi spiaccico sulla porta, attirando gli sguardi di alcuni passanti, mentre 

attraverso i corridoi asettici provo ancora quel senso di disagio e voglia di 

andarmene, ma continuo a camminare forzatamente, fino a che i piedi non mi 

portano nel cortile della clinica.

Osservo spaesato, investito dalla luce calda del sole, appena coperto dalle nuvole.

Ecco. Sulla panchina in fondo, c'è una persona, mi avvicino piano, cercando di 

sembrare amichevole. Mi siedo accanto a lui, ma sembra che non mi abbia 

nemmeno visto.

Preferisco lasciare che sia lui ad incominciare una conversazione, così restiamo in 

silenzio per una buona decina di minuti.

-È così difficile- lo guardo di sottecchi, cercando di scorgere il suo viso, ma tiene la 

testa china, ed i capelli lunghi e scuri, (deve essere per forza lui) lo coprono 

completamente.

-Che cosa?- mi torturo le mani, inspirando profondamente l'aria fresca della 

mattina.

-Tutto. Te ne sei mai reso conto? Svegliarsi ogni mattina, andare a lavoro, 

accompagnare i figli a scuola...coltivare i propri interessi insieme alla vita sociale e 

lavorativa. Non è tutto terribilmente impossibile?- 

La sua voce è bassa. Mi piego leggermente per cogliere il senso delle sue parole, 

ma anche avendole sentite continuo a non comprenderle del tutto.

-Allora?- alza il viso. I capelli si scostano, rivelando un paio di occhi verde chiaro, 

oscurati da un velo malinconico, e dalle lunghe ciglia scure.

-Io...io credo...di sì- balbetto, incatenato da quegli occhi come da un magnete.

Allungo una mano a sfiorargli il viso, ritraendola subito dopo come se mi fossi 

scottato. nello stesso istante, un'idea del tutto pazza mi viene in mente, e non 

riesco a frenare la lingua per impedirle di pronunciare quelle parole.

-Senti, e se ne discutessimo davanti ad una tazza di caffè? Da Sturbucks, 

oppure...puoi venire a casa mia- verso il finire della frase le parole si fanno confuse 

e le mie guance diventano di un colore tendente al rosso sgargiante.

Rimane immobile, "Perfetto, adesso penserà che sono un maniaco" sono già pronto 

ad andarmene, mi alzo, accennando ad una scusa, ma lui mi afferra un braccio, lo 

sguardo un po' più lucido.

-Ci sto- annuisco, poco convinto.

-Allora...il bar deve essere da quella parte- indico, appena usciamo dalla clinica.

-No- sbatto le palpebre, confuso. "Ma non aveva detto di sì?"

-Ma..?- mi guarda di sottecchi, e giurerei di vedere una strana luce nei suoi occhi.

-Andiamo a casa tua- 







...Angolo autrice/assassina...
Lo so, fa cagare, ma è un capitolo di passaggio! Resistete, le cose stanno per farsi interessanti, finalmente.
Spero di non aver dato l'idea del tipo "si vedono per pochi secondi ma già si amano", perché non è così.
Abbiate pazienza, sono una deficiente.
Un saluto

Im a Murder girl
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Ship_COFFE_Bar