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Autore: Ship_COFFE_Bar    01/07/2014    4 recensioni
SOSPESA (a tempo indeterminato, sorry)
AU, Thorki vs IronFrost, possibile innalzamento del rating, Dark!Tony, suicidi, autolesionismo, insomma, un sacco di roba.
Dal primo capitolo:
[...]
-Innanzitutto, sono curiosa di sapere cosa si prova-
"Oh, questa è nuova"
-Prego?-
-Intendo cosa spinge una persona a tentare il suicidio?-
~~~
Loki trova nella scrittura uno sfogo dalla sua vita, dal consorte, Tony Stark, sempre impegnato a condurre strani giri d'affari, e le più grandi industrie di New York, dall'eccessivo interesse dei media per l'ombra di ciò che è, e lo scarso interesse delle persone ad andare più in profondità.
Thor trova che suonare la sua chitarra sia molto più invitante che una vita come il padre, o peggio, l'esercito, ma quando se ne va di casa sorgono i primi dubbi.
Fra una lametta, un filo del telefono, domande dalla dubbia moralità e psicologhe dai nomi strani, scorre questa storia.
Due universi simili e diversi allo stesso tempo stanno per scontrarsi, cosa ne verrà fuori?
Sta a voi essere abbastanza curiosi da scoprirlo.
Ma ricordatevi.
La curiosità a volte uccide.
~~~
-A suo favore, della morte, bisogna dire che è una delle poche cose che si possono fare facilmente stando sdraiati-
Woody Allen
Genere: Angst, Dark, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Loki, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo
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Chapter two:




La luce entra a sprazzi dalle tapparelle abbassate, illuminando appena la stanza.

Un raggio mi colpisce gli occhi, svegliandomi, apro lentamente gli occhi, 

sospirando, mentre la luce illumina una ciocca dei miei capelli, facendola 

risplendere come fosse oro.

Mi metto seduto, il materasso e la struttura del letto cigolano, lo stesso quando mi 

alzo per andare in cucina.

Raggiungo il ripiano e mi preparo stancamente un po' di caffè.

Guardo la tazza con un misto di tristezza e felicità, riconoscendola come una delle 

poche cose che mi sono portato via andandomene da casa.

Aspettando che sia pronto, vado in salotto, lanciandomi letteralmente sul divano.

La chitarra riposa in un angolo, appoggiata lì accanto al divano, allungò una mano a 

sfiorare le corde, che vibrano appena.

Poi, in un gesto automatico, faccio partire la segreteria del telefono, in bilico sul 

tavolo del salotto.

Attimo di pausa, poi una voce metallica incomincia, e non so nemmeno perché l'ho 

fatta partire, tanto so già come finisce.

Come al solito, nessuno mi avrà chiamato.

Ne i miei genitori, ne i miei amici, figuriamoci Jane.

E perché dovrebbero farlo? Li ho trattati tutti da schifo, e anche rendendomene 

conto non mi importava.

Non hanno più ragioni per interessarsi a me, ora che non ho più niente.

Ora che non sono più nessuno.

Ma la voce metallica oggi recita un diverso copione;

-Un messaggio perso- mi alzo di scatto, e sobbalzo, quando la voce metallica viene 

sostituita da quella triste e dolce di mia madre.

-Thor, tesoro? Ci sei?- le trema la voce sembra che abbia pianto, -Mamma- 

mormoro verso il nulla, con l'assurda speranza che mi possa sentire.

C'è un'altra pausa, nella quale la sento singhiozzare sommessamente.

-Spero che ascolterai questo messaggio- la sua voce è sempre più rotta, mentre 

cerca di soffocare le lacrime.

-Io...volevo solo dirti che ti voglio bene, te ne vorrò sempre e...e anche tuo padre...ti 

prego, torna a casa possiamo...possiamo ancora essere una famiglia- 

"No, mamma. È troppo tardi" stringo i pugni, mentre la telefonata finisce, 

lasciandomi un senso di inquietudine mai provato prima.

Un fischio mi avverte che il caffè è pronto, afferro la tazza, buttando giù il caffè 

bollente, sentendolo bruciare giù per la gola, fino allo stomaco, a soffocare quel 

senso di inquietudine.

Mi do una sciacquata veloce, cercando di riordinar i capelli.

Prendo la giacca, rimasta abbandonata ai piedi del letto, la infilo, controllando 

l'orologio e rendendomi conto che sono le dieci e mezza.

"Perfetto, in ritardo il primo giorno di lavoro" mi dico, chiudendo la porta 

dell'appartamento e lanciandomi giù dalle scale.

Arrivo di corsa alla porta del condominio, saluto un paio di persone e poi esco, 

venendo investito dall'aria fredda del mattino.

Fortunatamente, la clinica non è molto lontana.

La raggiungo in cinque minuti di passo affrettato, la struttura è imponente e le mura 

sono completamente bianche, mi incutono soggezione.

Sulla porta girevole indugio, sentendomi a disagio.

Al centri della porta, campeggia una scritta nera a caratteri cubitali:

                        
                                "Clinica psichiatrica Romanoff, 
        
       Specificata in casi di autolesionismo, tossicodipendenza e 
                                             insanita mentali


"Strana questa dottoressa Romanoff" mi chiedo che tipo potrebbe essere  una 

donna così, il nome sembra quello di una spia russa dei film.

Entrò, percorro i corridoi ricordandomi le indicazioni datemi dal personale una 

settimana prima, quando feci la proposta di lavoro.

Subito accettata, forse non c'è molta gente disposta a lavorare qua, e incominciò a 

capire perché.

Ci sono un sacco di porte, dentro ci sono persone che piangono, ridono come dei 

pazzi, urlano, bisbigliano frasi senza senso.

Deglutisco, raggiungendo alla fine di un corridoio una porticina nera lucida, in 

contrasto con le pareti.

Busso, -Avanti- apro la porta lentamente, accennando un "buongiorno".

-È in ritardo, signor Odinson- solleva appena lo sguardo dai documenti che sta 

compilando, invitandomi a sedere con un gesto elegante della mano.

Mi siedo sulla sedia davanti alla scrivania, sentendomi come quando a scuola 

convocavano i miei genitori, e io dovevo starmene seduto su quelle scomodissime 

sedie mentre la preside elencava tutto quello di sbagliato che avevo fatto.

Tutto quello che c'era di sbagliato in me.

-Potrebbe...chiamarmi solo per nome?- alza lo sguardo e scuote le spalle, come a 

dire che non gli cambia nulla.

-Allora, Thor, io sono Natasha Romanoff, la tua nuova datrice di lavoro, nonché 

direttrice della clinica- sorride, appoggiando il mento sulle mani intrecciate.

-Ti ho convocato  per avvisarti che il paziente di cui ti prenderai cura, oggi non 

verrà, quindi puoi prenderti una giornata libera- 

"E dirmelo per telefono no?" Come a leggermi nel pensiero dice:

-Ci tenevo a dirtelo personalmente- piccola pausa -Ma solo per oggi, sappilo, i

prossimi giorni dovrai venire, a parte domani forse...è domenica domani, giusto?- 

-Sì- annuisce, mormorando qualcosa e leggendo delle carte. 

-Cosa dovevo dirti ancora? Oh, ma certo- sbatte le mani fra loro, facendomi 

sobbalzare.

-Il paziente in questione- inizia, piegandosi verso un cassetto della scrivania e 

rovistandovi dentro.

-È un tipo molto...speciale- mi porge una cartellina verde chiaro, traboccante di fogli 

scribacchiati.

-Ma dovrai trattarlo con cura. È un personaggio piuttosto di rilievo- annuisco di 

nuovo, uscendo dall'ufficio e dalla clinica.

Decisamente una strana dottoressa.

Prima di ritornare all'appartamento, mi volto indietro osservando critico e 

preoccupato la struttura.

"Ho paura che non sarà facile come pensavo"

...

-Allora, io devo uscire, vedi di non combinare casini- mi rannicchio sul divano, 

sospirando.

-Hai capito?-  "Ti odio"

-Sì- dalla vetrata posso vedere l'intera New York, posso vedere ogni cosa farsi 

insignificantemente piccola, da quassù.

Vorrei che funzionasse anche con i miei problemi, mi sento schiacciare sempre di 

più, sempre di più, di più...

Sospiro, appoggiando la fronte sulla strofa fresca del divano, cercando di svanire, 

sperando con tutte le mie forze di sparire.

-Ti prego- chiudo gli occhi, raggomitolandomi ancora di più su me stesso, stringo 

forte le palpebre, mi tappo le orecchie con le mani.

-Ti prego- gli occhi serrati non impediscono però ad una lacrima di solcarmi 

silenziosa la guancia.

-Ti scongiuro- per un attimo non sento nulla, e credo che forse c'e l'ho fatta, allora 

aspetto.

Un secondo, due, tre...apro gli occhi.

Nulla da fare, la vista della vetrata mi si ripropone come sempre.

Non mi sento nemmeno disperato, neanche triste, le lacrime scendono sulle guance 

senza che io me ne accorga.

Vorrei non riuscire a provare nulla, vorrei essere immune a tutto lo schifo di questa 

città.

 Ma non lo sono.




...Angolo dell'autrice/assassina...
Bonjour, gente, come va? *lancia brioche al cioccolato e tazze di cappuccino*
Sì...lo capite solo se leggete la presentazione, comunque!
Ringrazio tutte quante voi che avete recensito, frostgiant, roby_lia, she_s_a_rebel e mikola! e anche chi ha messo fra le seguite! Thank you~
Sappiate che odio questa fase della storia quanto voi, calma piatta, non succede nulla...ma non ci posso fare niente, stai due si devono ancora incontrare.
Per il prossimo cap di 20 AU love stories...abbiate pazienza, ho delle faccende da sbrigare e l'ispirazione tarda ad arrivarmi, accidenti a lei! e.e
Comunque spero il cap vi sia piaciuto, fatemelo sapere con una recensione, plz!
Un saluto

Im a Murder girl
  
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