Prompt: Sonno
Word
Count: 770
Genere:
Fluff, Slice of
Life,
Introspettivo
Pairing:
Johnlock
Da quando John Watson si era
trasferito al 221B di Baker Street per vivere in compagnia di
Sherlock Holmes, gli era stata implicitamente fatta ben chiara una
cosa: Sherlock non avrebbe certo badato a sistemare la casa o a fare
la spesa, quindi, a meno che non avesse voluto soccombere sotto gli
appunti del detective o nutrirsi di legno, gli sarebbe convenuto
prendersi carico di tutto quello che nella casa non era un violino o
un microscopio. Ciò, d'altra parte, comprendeva anche il
detective stesso; quindi, oltre alle varie faccende che John doveva
abitudinariamente portare a termine – riordinare, pulire le
mensole, passare l'aspirapolvere, lucidare pavimenti e vetri, fare la
spesa, cercare le sigarette di Sherlock, trovarle, buttarle e poi
ricomprargliele perché senza nicotina quell'uomo non era
nemmeno minimamente sopportabile – al medico militare toccava
quindi anche fare da babysitter, da cane antidroga e da cameriere;
cose delle quali, d'altra parte, passava ore intere a lamentarsi (ma
Sherlock era quasi costantemente chiuso nel suo Mind Palace, quindi
lui stesso dubitava che sarebbe valso a qualcosa). Questo, aggiunto
alla sana dose di omicidi e di casi vari che garantiva al più
giovane degli Holmes di non mettersi a sparare al muro in ogni notte
della settimana, aveva causato a John, in una notte di Febbraio,
d'addormentarsi sulla poltrona vicino al camino, addosso al suo
computer, con le labbra leggermente dischiuse e una mano ancora sui
tasti.
Il suddetto detective, tuttavia, non aveva la più
pallida idea di cosa fosse accaduto. Era rimasto appicicato al suo
microscopio per così tanto tempo che le sue gambe avevano
iniziato a urlare protesta, ma d'altra parte lui non ci faceva caso:
non era alla sostanza che stava esaminando che stava prestando
attenzione, nonostante essa fosse di vitale importanza per la
risoluzione del caso, ma all'uomo che, a sua insaputa, ora dormiva
sulla poltrona. Sherlock era rimasto immobile a fissare il vetrino
corrente per ore, senza nemmeno fare lo sforzo di fingere di
analizzarlo: la sua mente, ogni volta che aveva tentato di
concentrarsi sul caso, era guizzata al ricordo del momento in cui
John aveva scelto di sedersi sulla poltrona per scrivere.
Non la
propria. La sua.
Non aveva provato irritazione nemmeno per un
momento, Sherlock: Sherlock si era prima addolcito nel vederlo sedere
sulla sua poltrona, poi s'era incuriosito per la strana scelta,
arrivando dunque a riempirsi la testa di dubbi senza riuscire a
risolverne nemmeno uno. Era un acclamato mentalista, l'unico
consulting detective del mondo, l'eroe di Reichenbach, colui che
aveva smascherato centinaia di quesiti ed aveva solto l'insolubile:
eppure l'insolubile non pareva essere un enigma aritmetico come
scienziati e matematici vantavano, ma ciò che risiedeva in un
semplice gesto di un unico uomo. Sherlock pensò a lungo a
quella poltrona: John aveva sempre scritto sulla sua scrivania, mai
su una poltrona, né tantomeno s'era mai seduto, per alcuna
ragione, sulla sedia di Sherlock. Era come una regola non scritta: “a
ciascuno la sua poltrona”. Era stupido, ma nemmeno Sherlock
s'era mai seduto sulla poltrona di John, non fosse la volta in cui
Moriarty era entrato in casa loro. Ora il consulting detective
continuava a fissare il vetrino, senza muoversi dalla posizione in
cui s'era congelato quasi due ore fa. Scosse la testa, riprendendosi,
e la mosse poi con lentezza per osservare il medico militare che
aveva improvvisamente smesso di scrivere: finalmente lo trovò
addormentato, con il capo chino sul laptop, le spalle scosse dai suoi
respiri profondi. Sherlock si avvicinò, incredulo, e si
sedette sulla poltrona di John tentando di risolvere l'enigma.
Alla
verità non ci arrivò mai, ma non fu di certo perché
quello di John era stato un gesto casuale: di casuale c'era stato ben
poco, ma perlomeno l'azione era stata spontanea. John, stanco per il
lungo caso, le faccende di casa e il babysitting, aveva preferito la
poltrona di Sherlock alla sedia di legno non per una mera ragione di
comodità, ma per motivi molto più complessi.
La
poltrona di Sherlock profumava di lui.
La poltrona di Sherlock
non nascondeva una pistola sotto la fodera.
La poltrona di
Sherlock era puntata verso la cucina, dove John poteva ammirarlo più
che bene mentre si concentrava sul caso.
Sherlock, come già precisato, non lo scoprì mai, ma quella non fu l'ultima volta nella quale John si addormentò sulla sua poltrona. Dopo ogni volta, a partire da quel primo evento, Sherlock si premurò sempre di coprirlo con la coperta che stava sullo schienale della sedia. Non andò nemmeno mai a dormire. Rimase sempre seduto sulla poltrona di John, guardandolo dormire, alzandosi per andare altrove solo quando John sembrava sul punto di svegliarsi.
Angolo
dell'Autrice
Sherlockians!
Mi sono presa un mesetto sabbatico prima di buttar giù questa
shot, ma non mi so spiegare il motivo, dato che ogni giorno EFP mi
mancava sempre più. Sono un'autrice piccina e insulsa, ma ogni
volta che pubblico qualcosa e che ricevo recensioni positive mi
scaldate il cuore.
Siete
il cappotto al mio Sherlock. ♡
Sperando che anche questo
piccolo parto vi sia piaciuto,
WJ