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Autore: wrjms    08/07/2014    2 recensioni
Sherlock non è accostumato alle emozioni umane, né tantomeno al ritrovare John Watson addormentato sulla sua poltrona.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I don't have friends. I've just got one.'
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Prompt: Sonno
Word Count: 770
Genere:
Fluff, Slice of Life,
Introspettivo
Pairing:
Johnlock


Da quando John Watson si era trasferito al 221B di Baker Street per vivere in compagnia di Sherlock Holmes, gli era stata implicitamente fatta ben chiara una cosa: Sherlock non avrebbe certo badato a sistemare la casa o a fare la spesa, quindi, a meno che non avesse voluto soccombere sotto gli appunti del detective o nutrirsi di legno, gli sarebbe convenuto prendersi carico di tutto quello che nella casa non era un violino o un microscopio. Ciò, d'altra parte, comprendeva anche il detective stesso; quindi, oltre alle varie faccende che John doveva abitudinariamente portare a termine – riordinare, pulire le mensole, passare l'aspirapolvere, lucidare pavimenti e vetri, fare la spesa, cercare le sigarette di Sherlock, trovarle, buttarle e poi ricomprargliele perché senza nicotina quell'uomo non era nemmeno minimamente sopportabile – al medico militare toccava quindi anche fare da babysitter, da cane antidroga e da cameriere; cose delle quali, d'altra parte, passava ore intere a lamentarsi (ma Sherlock era quasi costantemente chiuso nel suo Mind Palace, quindi lui stesso dubitava che sarebbe valso a qualcosa). Questo, aggiunto alla sana dose di omicidi e di casi vari che garantiva al più giovane degli Holmes di non mettersi a sparare al muro in ogni notte della settimana, aveva causato a John, in una notte di Febbraio, d'addormentarsi sulla poltrona vicino al camino, addosso al suo computer, con le labbra leggermente dischiuse e una mano ancora sui tasti.
Il suddetto detective, tuttavia, non aveva la più pallida idea di cosa fosse accaduto. Era rimasto appicicato al suo microscopio per così tanto tempo che le sue gambe avevano iniziato a urlare protesta, ma d'altra parte lui non ci faceva caso: non era alla sostanza che stava esaminando che stava prestando attenzione, nonostante essa fosse di vitale importanza per la risoluzione del caso, ma all'uomo che, a sua insaputa, ora dormiva sulla poltrona. Sherlock era rimasto immobile a fissare il vetrino corrente per ore, senza nemmeno fare lo sforzo di fingere di analizzarlo: la sua mente, ogni volta che aveva tentato di concentrarsi sul caso, era guizzata al ricordo del momento in cui John aveva scelto di sedersi sulla poltrona per scrivere.
Non la propria. La sua.
Non aveva provato irritazione nemmeno per un momento, Sherlock: Sherlock si era prima addolcito nel vederlo sedere sulla sua poltrona, poi s'era incuriosito per la strana scelta, arrivando dunque a riempirsi la testa di dubbi senza riuscire a risolverne nemmeno uno. Era un acclamato mentalista, l'unico consulting detective del mondo, l'eroe di Reichenbach, colui che aveva smascherato centinaia di quesiti ed aveva solto l'insolubile: eppure l'insolubile non pareva essere un enigma aritmetico come scienziati e matematici vantavano, ma ciò che risiedeva in un semplice gesto di un unico uomo. Sherlock pensò a lungo a quella poltrona: John aveva sempre scritto sulla sua scrivania, mai su una poltrona, né tantomeno s'era mai seduto, per alcuna ragione, sulla sedia di Sherlock. Era come una regola non scritta: “a ciascuno la sua poltrona”. Era stupido, ma nemmeno Sherlock s'era mai seduto sulla poltrona di John, non fosse la volta in cui Moriarty era entrato in casa loro. Ora il consulting detective continuava a fissare il vetrino, senza muoversi dalla posizione in cui s'era congelato quasi due ore fa. Scosse la testa, riprendendosi, e la mosse poi con lentezza per osservare il medico militare che aveva improvvisamente smesso di scrivere: finalmente lo trovò addormentato, con il capo chino sul laptop, le spalle scosse dai suoi respiri profondi. Sherlock si avvicinò, incredulo, e si sedette sulla poltrona di John tentando di risolvere l'enigma.
Alla verità non ci arrivò mai, ma non fu di certo perché quello di John era stato un gesto casuale: di casuale c'era stato ben poco, ma perlomeno l'azione era stata spontanea. John, stanco per il lungo caso, le faccende di casa e il babysitting, aveva preferito la poltrona di Sherlock alla sedia di legno non per una mera ragione di comodità, ma per motivi molto più complessi.
La poltrona di Sherlock profumava di lui.
La poltrona di Sherlock non nascondeva una pistola sotto la fodera.
La poltrona di Sherlock era puntata verso la cucina, dove John poteva ammirarlo più che bene mentre si concentrava sul caso.

Sherlock, come già precisato, non lo scoprì mai, ma quella non fu l'ultima volta nella quale John si addormentò sulla sua poltrona. Dopo ogni volta, a partire da quel primo evento, Sherlock si premurò sempre di coprirlo con la coperta che stava sullo schienale della sedia. Non andò nemmeno mai a dormire. Rimase sempre seduto sulla poltrona di John, guardandolo dormire, alzandosi per andare altrove solo quando John sembrava sul punto di svegliarsi.



Angolo dell'Autrice
Sherlockians! Mi sono presa un mesetto sabbatico prima di buttar giù questa shot, ma non mi so spiegare il motivo, dato che ogni giorno EFP mi mancava sempre più. Sono un'autrice piccina e insulsa, ma ogni volta che pubblico qualcosa e che ricevo recensioni positive mi scaldate il cuore.

Siete il cappotto al mio Sherlock. ♡
Sperando che anche questo piccolo parto vi sia piaciuto,
WJ

   
 
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