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Autore: syontai    09/07/2014    8 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 44

Un solo corpo, una sola anima

“Che cosa sarebbe?” balbettò la regina, che eppure di fronte alla magia non aveva mai battuto ciglio. Ma le gambe quasi cedettero di fronte al terrore che le mettevano gli occhi cavi del serpente, ipnotici e mortali.
“E’ una creatura nata dalla magia. Non esiste davvero, ma è la personificazione di una barriera magica. Non ti avvicinare, risucchia l’energia vitale. E ovviamente non ti conviene nemmeno provare ad attraversarla, ti disintegrerebbe all’istante. Neppure la più potente delle magie potrebbe distruggerla o aiutare ad eluderla” spiegò con fierezza Jade. “Una volta terminato l’accordo potrai avere quella spada”. Nonostante all’inizio fosse rimasta sconvolta da quel serpente, Ludmilla si mostrò fredda e determinata, e anzi sentiva le mani pruderle per l’impazienza. Quanto voleva quella spada! Era così vicina e allo stesso tempo lontana, da innervosirla ulteriormente.
“Affrettiamo queste benedette nozze allora!” sbottò acidamente, lasciando sorpresi tutti nella stanza, prima tra tutti la stessa Jade. Come mai quell’irrispettosa regina voleva la spada di Cuori? Che cosa le nascondeva di tanto importante? La stava forse raggirando, costringendola a cedere un oggetto tanto importante? Si voltò verso il custode della spada, ed osservò attentamente la teca: no, non c’era nulla di cui preoccuparsi veramente. Per quanto potente, quella spada non avrebbe reso il suo esercito invincibile, e invece lei doveva vincere quella guerra. Voleva il Regno di Picche ai suoi piedi, sentire la voce supplichevole di Pablo che la implorava di essere risparmiato. Non desiderava altro.
“E quella a cosa serve?” chiese Ludmilla, avvicinandosi alla siringa di vetro posta sulla parete adiacente a quella in cui si erano appiattiti loro.
“Non toccarla! Quella siringa serve per estrarre il sangue da cui è stato possibile generare questa magia” spiegò Jade, mettendosi in mezzo per non permetterle di procedere oltre.
“Sangue? Questa barriera si alimenta con…del sangue?”. Ludmilla era vivamente sorpresa: conosceva parecchi sortilegi ed era sempre stata abile con il maneggiare alambicchi pieni di strane e colorate sostanze, ma mai le era capitato di avere a che fare con del sangue per un incantesimo del genere.
“Non sangue qualsiasi, ovviamente. Serve il sangue di una delle più antiche creature del Paese delle Meraviglie, un tipo di sangue che scorre in ciascun antenato della ormai perduta stirpe dei Bianconigli. Il sangue di Bianconiglio ha il potere di annullare qualunque magia, ed è a sua volta un’arma mortale”. “Quindi voi possedete uno di questi…Bianconigli?” domandò Ludmilla, interessata. Ancora non sapeva come non potesse essere venuta a conoscenza di una simile formula.
“Lavora per me a palazzo. Ovviamente è costretto a mantenere il segreto. Quando gli viene prelevato il sangue subisce degli sbalzi emotivi parecchi forti, ma è per lo più irrilevante” aggiunse con voce annoiata.
“E non hai paura che tenti la fuga?”
Jade scoppiò a ridere crudelmente: “Nessuno può fuggire da questo posto, e se anche ci riuscisse non passerebbe un giorno che lo troverei”.
“La barriera è quindi invincibile finché avrai il possesso del Bianconiglio?”
“Ovvio” mentì la regina di Cuori. In realtà un modo per aggirare l’incantesimo c’era, ma aveva fatto in modo che non potesse verificarsi, e aveva tenuto unicamente per sé quel segreto.
“E se qualcuno cercasse di uccidere la fonte di tale magia?” cercò di metterla in difficoltà Ludmilla.
“Quel ragazzo è sorvegliato da decine di guardie a sua insaputa mattina e sera. Non succederà nulla. Inoltre non ho paura che mi faccia qualche scherzo, perché non è nient’altro che un codardo. Un coniglio di dato e di fatto”. Rise di gusto per la battuta, quindi fece un cenno alle guardie, affinché le scortassero nuovamente fuori.
 Ludmilla diede un’ultima occhiata alla spada, sicura che questa volta sarebbe stata al sicuro. O almeno così sperava.
 
“Dove stiamo andando?”. Niente, Leon non le diede alcuna risposta, solo si guardava intorno a procedeva a passo spedito tenendole la mano e trascinandola dietro. “Va bene, Leon, non rispondermi” continuò a parlare, sentendosi completamente ignorata. Vargas procedeva dritto, svoltando a volte di colpo. Si fermava, guardava a destra e a sinistra, e poi proseguiva. Stava quasi per domandargli nuovamente dove fossero diretti, quando all’improvviso la fece finire spalle al muro.
“Qui non ci disturberà nessuno” soffiò appena sulle sua labbra, prima di baciarla appassionatamente. Poggiò i palmi sulla parete, intrappolandola con le sue braccia. Le morse il labbro inferiore con forza, facendole emettere un debole lamento, come se intendesse rimproverarla di qualcosa. E in effetti era proprio così. “Che ci facevi con Diego?” chiese serio, subito dopo essersi separato con gli occhi puntati nei suoi. Ogni secondo che passava lo rendevano ancora più incerto e nervoso, ed era chiaro dal modo in cui prima si accostava al suo corpo, e subito dopo si separava.
“Nulla! L’ho incontrato davanti alla sala da ballo, e…mi ha invitato ad entrare con lui. Tutto qui, davvero”. Gli sfiorò la guancia con una carezza ricca di affetto e sincero dispiacere per avergli fatto pensare a chissà cosa.
“Non…non senti nulla per lui, vero?”. Quella domanda a bruciapelo la colse di sorpresa, un po’ per l’imbarazzo con cui era stata posta, un po’ per l’assurdità del suo contenuto. Era davvero la paura di perderla tanto grande da fargli temere l’eventuale presenza di un rivale? Non voleva che avesse dubbi su ciò che li legava, lei almeno non ne aveva. Gli prese il viso tra la mani e lo condusse lentamente verso il suo, facendo appena sfiorare le loro labbra. Erano calde e sapevano di lui. Non si era mai soffermata troppo fino ad ora su quei piccoli dettagli, troppo presa dalle intense emozioni che le provocava, ma immersi nell’oscurità, quelli apparvero amplificati, così come la morbidezza e la dolcezza della bocca del principe che la chiamava irresistibile.
“Non ti fidi di me?” gli chiese, accarezzandogli il viso. Leon aveva chiuso gli occhi, e si lasciava condurre come un cieco faceva col proprio bastone.
“Io…io mi fido” balbettò a fatica; il fiato le si infranse sul viso, con la consistenza e la freschezza di una tiepida nuvola. Sentì il corpo del principe fremere dalla voglia di baciarla, e lo lasciò fare, perdendosi anch’essa in quel desiderio. La mano destra di Leon accarezzò piano il suo profilo, abbassandosi sempre di più, attratta dalla sua coscia. Non appena la ebbe sfiorata però, deviò bruscamente traiettoria tornando ad accarezzarle il fianco. Violetta sapeva che Leon stesse cercando di trattenersi, ma sapeva anche che da parte sua invece stava succedendo tutto il contrario. Più Vargas esitava, più lei sentiva il bisogno di sentirsi sua. Quando il corpo di Leon aderì al suo, sentì le fiamme scorrerle nelle vene, e un desiderio insopprimibile di togliergli quella giacca, di sfilargli la maglietta, di baciare la sua pelle. La ragione prevalse sui suoi istinti, facendola sentire stupida e infantile. Leon si stava comportando come un cavaliere, evitando di approfittare di lei, sebbene il vecchio principe avrebbe potuto trovare innumerevoli occasioni, e lei se ne usciva con quei pensieri.
“Va tutto bene?” chiese Leon, con il respiro irregolare, separandosi di scatto. Aveva avvertito il corpo di Violetta diventare come rigido, e per questo pensava di essersi spinto troppo oltre. Era l’ultima cosa che voleva fare, e cercò di rimediare alla sua irruenza, imponendogli un freno. Le accarezzò piano i capelli, e le spostò una ciocca dietro l’orecchio, percorrendone il contorno con il dito non appena compiuta quell’azione. La vide scuotere lentamente la testa con le guance in fiamme, e sorrise spontaneamente. Da quando si era accorto di amarla aveva imparato a sorridere sempre più spesso, e quando vedeva che esso veniva ricambiato, si sentiva ancora più leggero e felice. Violetta gli circondò la schiena con le esili braccia, e si tuffò in un abbraccio che le fece dimenticare ogni singola preoccupazione. Leon le accarezzava i capelli piano, e le sussurrava qualcosa di dolce all’orecchio. La sua voce era in grado di cullarla, di farla stare bene. Le accarezzava dolcemente la schiena, e le lasciava di tanto in tanto dei baci sul capo, stringendola ancora più forte.
“Lo senti?” le disse a voce bassa, accarezzandole la guancia con il pollice. Violetta assunse un’espressione interrogativa, e Leon le stampò un dolce bacio sulle labbra. “Con quest’abbraccio volevo trasmetterti tutto quello che provo per te…”. Abbassò gli occhi arrossendo, e Violetta ricercò il suo sguardo fuggente. Non avrebbe permesso che fuggisse per tutto l’oro del mondo; amava quando Leon risvegliava quell’animo tenero da bambino che per tanti anni era stato tenuto prigioniero dentro di lui, e che solo adesso stava tornando ad emergere. “L’a-l’amore che provo per te, insomma” aggiunse come se fosse una cosa di poco conto.
“Oh, Leon!” esclamò con le lacrime agli occhi saltandogli praticamente addosso. Leon rimase rigido come un palo, non sapendo in che modo dovesse comportarsi. Si sentiva sempre così stupido di fronte a lei, ma anche solo stringendola in un abbraccio il cuore gli si apriva di colpo mostrandogli particolari del suo carattere di cui lui stesso non era a conoscenza. La amava. Non in modo superficiale, era qualcosa di profondo e oscuro, come un abisso sconosciuto, che però celava forse i tesori più ricchi, quelli di antichi vascelli affondati. Aveva paura di scendere sempre di più in quel mare nero, però non poteva farne a meno, attratto dalla dolce voce di una sirena. La sua Violetta era tutto ciò di cui aveva bisogno, il resto era superfluo. E mentre lei ricambiò a parole l’amore che sentiva nei suoi confronti, ancora stretti l’uno all’altro, si promise per l’ennesima volta che mai l’avrebbe lasciata andare. Mai.
 
Ludmilla fissava in cagnesco Diego, una volta soli nella stanza, e faceva avanti a indietro di fronte a lui, cercando le parole giuste per cominciare a riprenderlo. Dominguez dal canto suo non provava né caldo né freddo per quella scenata di gelosia, perché sapeva bene di avere un forte ascendente sulla regina, quindi rimase semplicemente fermo, con le braccia distese lungo i fianchi e l’aria innocente.
“L’hai portata al ballo!” esclamò adirata, mentre lanciava una delle scarpe che si era tolta dall’altra parte della stanza in un gesto di stizza.
“Era già vestita per la festa…ci sarebbe venuta comunque” rispose prontamente l’altro, scompigliandosi il ciuffo scurissimo che gli stava iniziando a coprire la fronte. Si tolse i gemelli con il simbolo del regno che aveva sulla manica all’altezza dei polsi e li gettò sul letto, per poi sedersi e incrociare la gambe.
“Non so a che gioco tu stia giocando, ma a me non piace per niente! Essere gentili e farsi la servitù amica per raccogliere informazioni è un conto, aiutare l’amante del principe ad intrufolarsi alla festa per il mio arrivo, è tutt’altra cosa” sbottò, sciogliendosi i capelli con un colpo deciso, e sistemandoli dietro le spalle. Diego si alzò e le prese la mano, così che la ragazza si fermasse.
“Forse hai ragione, forse ho esagerato, ma se Jade non si fosse innervosita così tanto per la vista di Violetta, tu forse non avresti ottenuto il permesso per vedere la spada. A proposito ti sembra ben protetta?”. Era davvero bravo a cambiare discorso. Ludmilla tornò col pensiero a quella stanza, a quel serpente gigante che custodiva il magico oggetto, e tutta la rabbia della serata svanì, sostituita da un’eccitazione sempre crescente.
“Si, l’ho vista, e devo dire che Jade sa il fatto suo in quanto a protezioni. Ha costruito una barriera magica potentissima, che non penso possa essere spezzata. Nemmeno un mago come Ana riuscirebbe a fare qualcosa”.
Diego fischiò sorpreso, e alzò gli occhi al cielo. “Allora siamo in una botte di ferro!” esclamò con un sorriso vittorioso.
Ludmilla lo zittì, sedendosi al lato del letto, e prendendo una spazzola d’avorio dal comodino. Spazzolava con cura i suoi capelli dorati e lucenti, mentre lo sguardo era fisso allo specchio che aveva di fronte. “Come procede piuttosto il recupero dell’elmo?”. Il consigliere rimase in silenzio, facendola preoccupare ulteriormente.
“Ne abbiamo perso le tracce”. Ludmilla impallidì, e il mondo le crollò addosso: come era stato possibile? “Come è successo?” chiese con freddezza. La finestra si spalancò di colpo, e un vento gelido invase la stanza, spegnendo con un prepotente soffio tutti i mozziconi di candela rimasti accesi. La rabbia si era impossessata della sua mente, ma era preparata a tutto. Non avrebbe lasciato che essa predominasse rovinando il suo piano, il cui carattere fondamentale era costituito dalla pazienza.
“Lo ritroveremo”. Quelle erano le parole che voleva sentire, aveva bisogno di conferme, di certezze, e lui era in grado di fornirgliele sempre e comunque. Diego si alzò e si diresse verso l’uscita; proprio mentre stava girando la maniglia della porta, Ludmilla lo chiamò.
“Diego, perché non rimani qui con me stanotte?” gli chiese innocentemente, distendendosi e chiudendo gli occhi, aspettando che il ragazzo la raggiungesse. Il consigliere però scosse la testa, e aprì la porta.
“Meglio di no, mia regina” disse con tono distaccato. Ludmilla allora si rimise seduta corrucciata.
“Non ti starai innamorando della ragazzina?” lo punzecchiò infastidita, aspettando una risposta, che sperava ovviamente essere una smentita. Essa non tardò infatti ad arrivare: “Affatto. Ma ho alcune cose da portare a termine, se vogliamo recuperare quest’elmo prima che ci scompaia da sotto il naso”. Il consigliere indicò il medaglione che teneva stretto nella sinistra, e le fece l’occhiolino. Ludmilla sbuffò ma con un gesto della mano gli fece segno di congedarsi. Quando la porta si fu richiusa, rimase sola con i suoi pensieri. Non poteva negare di avvertire ancora il bruciante sospetto che Diego le stesse nascondendo qualcosa, eppure si fidava di lui come di nessuno. Si rotolò tra le coperte, colta dalla noia, e fissò la finestra che si era dimenticata di chiudere. Un solo obiettivo le ronzava in testa: avere quella spada. Leon era suo, quel matrimonio era stato già deciso, e nulla avrebbe dovuto rovinare il suo piano.  
 
Lena non trovava proprio pace fino a quando non otteneva ciò che voleva. Erano riuscite a rimettere a posto il vestito dove l’avevano trovato, ovviamente dopo averlo risistemato a dovere, e proprio quando lei aveva fatto capire che era stanca di cercare guai, ecco che l’altra la trascinava di peso in biblioteca, a suo dire per fare un piccolo saluto ad Humpty. Come se non l’avessero incontrato poche ore prime mentre si dirigevano a fare colazione. Tanto per cambiare le nascondeva qualcosa e la foga con cui voleva andare dall’uomo-uovo non prometteva nulla di buono. Piuttosto i suoi timori erano per la reazione che avrebbe potuto avere la regina di Cuori dopo averla vista alla festa, perché era certa di aver attirato l’attenzione di tutta la sala, Jade in primis. Leon le aveva assicurato più e più volte che aveva messo le cose bene in chiaro con sua madre e che quella mattina ci avrebbe parlato per essere sicuro che quell’episodio non avesse alcuna conseguenza. Senza Leon poteva considerarsi senza testa da un bel pezzo, ne era sicura.
Appena entrate, a conferma dei suoi sospetti, Lena rivolse appena un fugace saluto al bibliotecario, e cominciò ad aggirarsi tra gli scaffali in cerca di qualcosa in particolare. Frugava qua e là, rimettendo a posto piccoli libricini che tirava fuori, apriva e poi richiudeva insoddisfatta.
“Eppure ero sicura che fosse qui…” mormorò, finendo per tossire di fronte alla nuvola di polvere provocata dall’apertura dell’ultimo volume. Violetta chiese più volte se avesse bisogno di una mano per cercare, ma l’amica sembrava non stare nemmeno a sentirla, troppo presa dai suoi tentativi di ricordare dove potesse aver messo quel libro che tanto tempo fa aveva letto più e più volte. Si sedette sulla panca e incrociò le braccia sul tavolo per poi posarvi il capo sbuffando. Stava quasi per addormentarsi quando qualcosa rimbombò a qualche centimetro da lei facendole prendere un colpo. Lena, che aveva sbattuto un pesante librone, appariva finalmente felice, e addirittura entusiasta. “Ce l’ho fatta!” esclamò, incurante di averle fatto venire quasi un infarto. La copertina era gialla e rilegata semplicemente. Non c’erano decorazioni, solo troneggiava il titolo scritto con delle lettere di metallo laccato: ‘Tecniche di seduzione’. Violetta prima divenne cadaverica, poi dal bianco il colorito del suo viso passò al rosso acceso.
“Lena!” urlò scandalizzata. La ragazza non demorse, e si sedette al suo lato, passandole una mano sulla spalla con eloquenza: “Violetta, non vorrai mica dirmi che non ci hai mai pensato”. Violetta, di fronte a quelle insinuazioni, non poté fare altro che tacere: ci aveva pensato eccome, anche più di una volta, e ogni volta aveva deciso di lasciar perdere, convinta che tanto prima o poi avrebbe lasciato quel castello, e con esso anche il ricordo di Leon. Invece il tempo passava e lei era ancora lì, innamorata sempre di più del principe di Cuori. Mentre Lena sfogliava le pagine emozionata come una bambina, ogni tanto scoppiava in una risatina complice e le dava una piccola gomitata.
“Oggi vado a fare spese per te al villaggio qui vicino…magari con la scusa di accompagnare la cuoca…” ipotizzò, portandosi l’indice al mento riflessiva. Violetta, ormai su un altro pianeta, non le prestò minimamente ascolto e Lena prese tutto come un si, quindi annuì ancora più elettrizzata, e riprese a sfogliare le pagine curiosamente.
“Oh! Questa è interessante! Parla di una regola importantissima quando due persone si spogliano. Un capo alla volta, uno per uno, serve per acuire il desiderio”. Sembrava una seduta medica a cui Violetta era stata costretta a partecipare. Avvampò non appena realizzò quello che Lena aveva letto, e la sua immaginazione aveva fatto il resto, quindi chiuse quel libro con impazienza, e il terrore negli occhi.
“Stanotte potrai metterla in pratica” trillò Lena, stritolandole il braccio. Violetta si voltò dall’altra parte cercando di pensare ad altro…Stanotte? Cosa? Quando? Perché?
“Che stai dicendo? Io stanotte dormo nella mia stanza con te, come tutte le notti” sottolineò in seguito, facendo sogghignare la compagna, che fece cenno di no col dito.
“Perché continui a negare che ti piacerebbe che Leon…che voi due…insomma, hai capito” rise Lena.
“Anche fosse, io non sono pronta, e nemmeno lui!” la riprese e tornò a concentrarsi su qualcos’altro, qualsiasi altra cosa sarebbe andata bene. Leon le sfilava lentamente il vestito, mentre le lasciava dei dolci baci lungo tutto il collo, il tutto illuminato unicamente dalla tenue luce di una candela. Dannazione, ci era ricascata. Cominciò a toccarsi nervosamente le punte dei capelli, e Lena si sentì come la vincitrice di un premio cavalleresco, il più importante di tutto il Regno.
“Non ti preoccupare, con il mio aiuto, sarà una serata perfetta per voi due…sempre che tu lo voglia. O forse pensi ancora di non essere pronta? Di certo Leon non lo vedo reticente di fronte a queste cose, da quello che so”. Lena aveva ragione: sapeva che il principe con lei cercasse di contenersi, ma conosceva anche i precedenti, lei stessa aveva avuto la sfortuna di stare per sperimentarli in passato. E se si fosse ritrovata ad avere paura? Leon sarebbe stato comprensivo nei suoi confronti, oppure l’avrebbe allontanata, considerandola solo una ragazzina immatura?
“Hai ragione…devo provare” si lasciò sfuggire con un tono flebile Violetta, facendosi sempre più piccola, di fronte all’entusiasmo indomabile di Lena.
“Giusto! Finché non ci sarai in mezzo, non potrai capire come reagirai…e se lo ami tanto come si vede vedrai che verrà tutto nel modo più naturale possibile. Tu e Leon sembrate i personaggi di una favola, anche se l’inizio non era proprio con il tipico principe e la tipica principessa”.
Violetta adesso però nutriva alcune perplessità e sentiva il bisogno di esternarle. “Come mai hai cambiato idea così di colpo? Perché adesso fai tutto questo? Prima odiavi Leon, lo consideravi una bestia e adesso…”.
Lena la interruppe quasi con una vena di vergogna, ma allo stesso modo gli occhi le brillavano per l’emozione: “Sai perché conosco questo libro? Le prime volte che venivo qui non sapevo mai cosa leggere. Era tutto scritto troppo difficile, e io non ero ancora molto brava; in seguito Humpty mi ha insegnato, ma all’inizio…facevo difficoltà”. Ci fu un momento di silenzio.
“Ho trovato questo libro e mi sono appassionata. Dentro si trova un po’ di tutto, non solo quello che ti ho letto oggi. E da lì ho iniziato a sognare che qualcuno mi trovasse in questo castello e mi portasse via da qui. Ma io non ero una principessa rapita e costretta a lavorare, io ero semplicemente Lena. Il mio unico principe era mio padre e l’ho perso” singhiozzò, strusciandosi poi il viso con le mani per non mostrare le lacrime e asciugarle. “Per una che ha sempre sognato l’amore, vederlo davanti ai propri occhi è come viverlo lei stessa. Almeno per me è così. E’ vero, non mi fidavo di Leon, e ho fatto fatica a crederci fino alla fine, ma i miracoli esistono, e tu, Violetta, hai compiuto un miracolo sul principe. Lui non è più lui”.
“Io credo che il vero Leon sia sempre stato questo” la corresse Violetta, ricordando la triste storia del suo passato. Le salì nuovamente un moto di odio nei confronti di Jade, ma ancora più forte era la compassione nei confronti dell’amica, che in fondo non si era mai sforzata veramente di capire. Lena aveva perso tutto, e sperava continuamente in qualcosa che la portasse via da lì, da quel posto che odiava. Finora aveva aspettato invano. Era come se attraverso di lei stesse vivendo quella libertà che non le era mai stata concessa, quell’amore che aveva desiderato, leggendo tra le righe di ogni pagina di quel libro. Non voleva coronare quel sogno solo per lei, adesso voleva farlo anche per Lena. La strinse forte in un abbraccio, e lasciò che si sfogasse, che piangesse, mentre continuava a ripeterle di non lasciarsi sfuggire l’opportunità di essere felice, ora che le si era presentata. Doveva lottare con le unghie e con i denti, anche per chi quella possibilità non l’aveva mai vista.
“Voglio solo che tu sia felice…e sarebbe un onore per me servirti da regina” le sussurrò Lena, mentre Violetta le accarezzava la schiena.
“E se lo ami…Violetta, non demordere. Ti prego, lui ha bisogno di te, si legge nei suoi occhi”. Gli occhi di Leon: il verde della speranza e della maledizione che gravava su di lui. Una maledizione che si era sempre portato dentro, che non aveva condiviso con nessuno, fino a quando non era arrivata lei, e aveva sopportato quel peso, lasciando che parte dell’animo addolorato del principe si riversasse dentro di lei.
 
Leon camminava per ogni angolo della stanza, il nervosismo che se lo mangiava vivo. Il caminetto era ancora acceso, e pensò fosse il caso di lasciarlo così per tutta la notte. Fece un giro della camera da letto per controllare che tutto fosse a posto, quindi si sedette. Scattò nuovamente in piedi, non riuscendo a stare fermo un secondo. Aveva fatto profumare persino la sua camera per l’occasione. Quel pomeriggio aveva incontrato Lena e Violetta, e le due gli avevano detto che il letto di quest’ultima si era rotto e che avrebbero dovuto attendere il giorno dopo affinché venisse riparato. Non ci aveva pensato due volte ad accettare la proposta di Lena di ospitare l’amica nella sua stanza, ma adesso era completamente in panico. E se non fosse venuta per paura? Certo, alcuni ricordi di quel posto non erano affatto piacevoli, se riferiti al vecchio principe, ma ve ne erano altri che portava scolpiti nel cuore. Si passò un mano sulla fronte, e la sentì sudare freddo. Il solo pensiero di dormire con Violetta lo mandava fuori di testa. Non intendeva assolutamente fare nulla che non fosse abbracciarla teneramente tutta la notte. Non avrebbe chiuso occhio, troppo preso a infonderle attraverso carezze e dolci baci tutto l’amore che sentiva per lei. E si stupiva perfino di quanto potesse essere sdolcinato. Da quando Violetta gli aveva rapito il cuore non riusciva a non fare pensieri del genere appena si ritrovava a ricordare i momenti trascorsi insieme. Quando qualcuno bussò alla porta per poco non saltò sul posto, talmente tanto era teso. Si precipitò, aprì la porta e rischiò di svenire di fronte alla bellezza della ragazza. Quella sera sembrava ancora più affascinante, più luminosa, aveva qualcosa di diverso, qualcosa che la rendeva irresistibile, ancora più di quanto non lo fosse già. Leon vide che indossava un vestito semplice, come quelli che portava sempre, mentre dandosi uno sguardo si rese conto di essere impresentabile: si era dimenticato di cambiarsi in modo decente. Portava ancora i pantaloni di pelle neri che usava per andare a cavallo il pomeriggio, e una maglietta bianca di lino dalle maniche lunghe con alcuni lacci alle estremità. Sorrise nervosamente, poi si fece da parte per invitarla ad entrare. Non appena fu dentro chiuse la porta, e le stampò un bacio sulla guancia per salutarla. Si sentiva talmente confuso ed emozionato come se fosse la prima volta che dormissero insieme. In effetti era la prima volta che succedeva da quando si erano resi conto di amarsi alla follia, e da quando avevano dichiarato il loro amore apertamente. Violetta non lasciò nemmeno che l’abbracciasse e si diresse alla finestra, da cui si affacciò con lo sguardo. Sembrava particolarmente agitata anche se non lo dava per niente a vedere. Leon invece era rimasto impalato in mezzo alla stanza, non sapendo che fare. Cominciò ad avere paura: che dovesse dirgli qualcosa di spiacevole? Che intendesse sottolineare il fatto che non potevano continuare in quel modo? Gli veniva quasi da mangiarsi le unghie delle mani, e non lo faceva da quando suo padre lo aveva ripreso apertamente di fronte a tutti per quell’orribile vizio.
“Leon…” lo chiamò di spalle. Il principe scattò sull’attenti, e fece qualche passo in avanti. “Potresti…potresti aiutarmi a…a sciogliere i lacci qui dietro del vestito?” chiese indicando la schiena. Vargas sgranò gli occhi e pensò di aver capito male: che gli aveva appena chiesto la sua Violetta? Gli ci volle qualche minuto per reagire, quindi sentì le mani tremare. Eppure in passato si era trovato in tante situazioni come quelle, se non addirittura di gran lunga più torbide. La raggiunse dopo qualche passo incerto, e le sfiorò delicatamente i fianchi con le mani, affondando il viso tra i suoi capelli, e lasciandovi un bacio, che si perse in mezzo a quel castano, reso luminoso dai riflessi che provocava il fuoco acceso del camino. Spostò le sue attenzioni al collo, dandole tanti piccoli baci, mentre lentamente sfilava il primo nodo proprio sotto l’attaccatura dei capelli.
“Sei sicura di volerlo?” le chiese con voce incerta all’orecchio, mentre il respiro già diveniva un affanno. Violetta in tutta risposta gli prese la mano sinistra che teneva sospesa in aria, e la poggiò sul suo fianco, inclinando leggermente il capo indietro. Leon fece aderire il suo corpo a quello della ragazza per qualche secondo, strusciandosi appena, quindi si separò lentamente, e sciolse un altro nodo. A tatto sotto quel vestito sentiva un altro tessuto, molto più leggero, morbido e sofisticato, come seta. Continuò con la sua opera, e ad ogni laccio di cui si disfaceva le lasciava un bacio appassionato sul collo, seguito da un piccolo morso. Dove si posavano le sue labbra la pelle diventava rossa e ardente, e Leon non si lasciò sfuggire nulla di quella magnifica sensazione. La assaporò come si faceva con un frutto succoso, fece scorrere le labbra su di essa, e ne ispirò il profumo. Violetta cominciò a rabbrividire, e sapeva bene che non era per il freddo. Ammiccò senza che lei la potesse vedere, e completò la richiesta che le aveva fatto la ragazza, ricco di entusiasmo. Spinta dalla forza di gravità la veste scivolò via, come se anch’essa sapesse di essere solo un intralcio quella notte. Leon confermò i suoi sospetti iniziali: la ragazza indossava un sottile completo nero di seta, leggermente trasparente, che le arrivava fino alle cosce. Le sue fantasie si accesero all’istante, e fu come se il fuoco non fosse abbastanza caldo per il suo corpo, e nemmeno l’acqua gelida fosse in grado di abbassarne la temperatura anche di un solo grado. Violetta lo stava provocando, senza forse nemmeno esserne cosciente, e sentì il forte impulso di stringere quel corpo, di toccarlo senza alcun impedimento. Si passò la lingua sulle labbra, inumidendole appena, e si morse il labbro inferiore, rendendosi conto che per quanto ci provasse il desiderio che aveva di lei stava prendendo il sopravvento.
Violetta avvertì le mani dai fianchi scivolare lentamente fino al ventre che prese ad accarezzare con cura. Quel vestito provocante gliel’aveva procurato Lena, imponendole di indossarlo sotto il vestito abituale, per sorprendere Leon, e dovette ammettere che aveva funzionato: era più che piacevolmente sorpreso di quella novità. Non aveva osato chiedere dove l’avesse comprato, e soprattutto quanto le fosse costato, perché era sicura che Lena avrebbe potuto spendere benissimo tutti i suoi risparmi pur di rendere quella notte indimenticabile per l’amica, e non avrebbe sentito neppure una lamentela o un ma. Chissà come aveva fatto a nasconderlo alla cuoca. No, in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri. Leon sembrava del tutto preso da lei. Improvvisamente Vargas la fece voltare e si trovarono occhi negli occhi. Con un’occhiata maliziosa e divertita allo stesso tempo cominciò a farla arretrare finché non incontrò la parete. A quel punto sentì di averla completamente per sé, e avvertì l’adrenalina scorrergli nel sangue a mille, raggiungendo il cervello e mandandogli mille impulsi al secondo. Gettò una rapida occhiata dietro di sé, quindi si allontanò da Violetta lasciandola interdetta. Raggiunse il letto, e scostò le coperte e il lenzuolo bianco, fino ad arrotolarli ai piedi del materasso. Soddisfatto del risultato, tornò da lei, che nel frattempo era rimasta di sasso ad osservarlo, senza muoversi di un centimetro. Le sorrise beffardo, tornando a bearsi del dolce sapore delle sue labbra. Mentre sfiorava e accarezzava il profilo del suo corpo, insinuò la lingua irruente nella sua bocca, e lasciò che vi facesse ciò che desiderava. Violetta la morse, la intrecciò con la sua, mentre le mani presero ad accarezzargli i capelli, scompigliandoli con tenerezza. Leon fece scattare la sua gamba destra, afferrandole la coscia, e allacciandola intorno alla vita. Con un movimento fluido diede una leggera spinta, e si separò con un debole gemito, mentre Violetta lo guardò con la mente annebbiata da quel gesto istintivo. La mano di Leon passò appena sopra il suo seno, quindi risalì fino alla spallina, con cui iniziò a giocare, prima di cercare di farla scendere, mentre continuava a lasciare che i loro baci si susseguissero uno dietro l’altro, ciascuno più ardente e appassionato di quello precedente. Violetta a quel punto si ricordò della regola che le aveva detto Lena, e fece leva sul corpo di Leon, allontanandolo da sé. Sentì il suo sguardo confuso addosso, e le venne da sorridere. Vargas si grattò il capo con imbarazzo.
“Ti ho fatto sentire a disagio, vero?” le domandò, arrabbiato con se stesso per essere stato troppo impetuoso e istintivo. Quando Violetta posò un indice sulla sua bocca facendolo tacere, però, non capì più nulla. “Chiudi gli occhi” mormorò appena la ragazza, con gli occhi che scintillavano. Come ipnotizzato Leon eseguì gli ordini, e davanti a sé comparve solo l’oscurità. Le mani di Violetta presero a percorrergli interamente il busto, e un sospiro gli uscì secco, non riuscendo a trattenerlo in alcun modo. Come avrebbe potuto quando ogni cellula del corpo al solo sentire quel tocco gli urlavano di afferrarla e farla sua lì, in quel preciso istante? La sentì ridere canzonatoria di fronte alla sua reazione, e anche lui si sciolse in un mezzo sorriso. Tornò subito serio non appena sentì le mani soffermarsi sui bordi della maglia, continuando a provocarlo maliziosamente. Strinse i denti e istintivamente alzò le braccia al cielo, lasciando che gli sfilasse l’indumento. Se prima aveva caldo adesso era anche peggio, e sentire le mani di Violetta accarezzarlo in quel modo non aiutava di certo.
“Non stai aprendo gli occhi, vero?” gli domandò con finta innocenza all’orecchio. Leon annuì, nonostante per un momento effettivamente avesse pensato di venire meno a quegli ordini. Desiderava leggere la sua espressione in quel momento, capire cosa stesse provando. Violetta dal canto suo stava finalmente cominciando a lasciarsi andare. Superato l’imbarazzo iniziale si sentiva finalmente libera di condividere quella notte con il principe. L’aveva sognato, a volte immaginato con un po’ di timore, e invece adesso aveva raggiunto uno stato di equilibrio, e seguendo il consiglio di Lena lasciava semplicemente che tutto accadesse con i suoi tempi per renderlo il più naturale possibile. Fece scorrere le dita della mano destra dal petto all’addome, rabbrividendo al contatto delle numerose cicatrici che il ragazzo aveva. I muscoli reagivano prontamente al suo tocco, tendendosi di colpo, per poi rilassarsi non appena la mano passava oltre. Continuò a sfiorarlo in quel modo, lasciando che la traiettoria seguisse le linee dell’addome, e poi quelle del petto. Leon aveva ancora gli occhi chiusi e un’espressione rilassata. Doveva piacergli molto tutto quello, e in effetti anche lei stava scoprendo un’irrimediabile attrazione nei confronti di quelle carezze che gli stava donando. La mano sinistra scorse dietro, tenendosi alla sua schiena, e lentamente si avvicinò con il viso, accostandolo sotto il suo mento. Lesse nel modo in cui serrava i pugni il desiderio di aprire gli occhi, forse avvertendo il suo respiro sulla pelle, ma non lo fece, e questo rasserenò ancora di più Violetta. Osservò per qualche secondo la cicatrice che aveva appena sotto la spalla sinistra, di un rosa acceso; era l’ultima che gli avevano inflitto, quella che aveva segnato il loro effettivo avvicinamento. Fermò la mano destra all’altezza del cuore, e il corpo di Leon si irrigidì irrequieto. Un gemito risuonò soffocato quando cominciò a lasciargli una scia di baci affettuosi lungo la cicatrice. Leon stava facendo davvero di tutto per contenersi, e quando lentamente risalì fino alla spalla, e infine sul collo, i baci da timidi e teneri si erano fatti più accesi e intraprendenti.
Leon a quel punto abbandonò ogni forma di resistenza. Aprì gli occhi di scatto, la prese per i fianchi e la attirò a sé, cogliendola di sorpresa. Sentiva il tessuto del vestito sulla pelle, e per quanto fosse leggero e morbido, cominciò a infastidirlo, perché ostacolava il contatto dei loro corpi.
“Hai aperto gli occhi” sussurrò Violetta, dandogli una piccola botta sulla spalla a mo’ di rimprovero.
“E tu mi hai provocato” rispose a tono l’altro. Notò che teneva lo sguardo fisso sul suo petto con la bocca semiaperta, e si inorgoglì al pensiero che la sua amata provava tutto quell’interesse per lui dal punto di vista fisico. Le prese il viso tra le mani e lo condusse al suo in un dolce bacio, che dopo poco si fece infuocato, più del camino che ormai stava cessando di compiere il suo dovere. Si separò di colpo, lasciandole ancora il suo profumo e il suo sapore nell’aria, e una gran voglia di lui; quindi si chinò e con sua grande sorpresa, la prese in braccio a mo’ di sposa. Violetta allacciò prontamente le braccia intorno al collo, guardando in basso con un po’ di paura. Odiava sentirsi mancare la terra sotto i piedi, ma era sicura che mai Leon l’avrebbe lasciata cadere. “Sai che non ti lascerei mai andare, vero?” disse, leggendo ancora una volta i suoi pensieri.
“E perché non dovresti?”.
“Perché sei la mia principessa” rispose semplicemente Leon, stampandole un bacio sulle labbra. A passo lento si diresse verso il letto, divertendosi a solleticarle il viso soffiandovi sopra flebilmente. Più si avvicinavano più il desiderio di entrambi aumentava di intensità. Violetta cominciò a cercare i baci di Vargas con sempre più assiduità; quando incontrava le labbra di Leon le catturava tra le sue, mordendole e assaporandole. Il principe la depose sul materasso, e si stese al suo fianco, intrecciando le loro gambe, senza smettere di baciarla neppure per un secondo. Tentò di nuovo di abbassarle la spallina del vestito, e questa volta ottenne libero accesso. La lasciò scorrere lungo la spalla, mentre la guardava negli occhi con un sorriso rassicurante.
“Va tutte bene” mormorò con voce roca, chinandosi verso di lei, e lasciandole una serie di baci lungo tutta la spalla. Lentamente la accompagnò nella sua discesa per il braccio, e fece lo stesso con l’altra spallina, quindi si mise in ginocchio sul letto, e le sfilò il vestito. Più quello scorreva, lasciandogli finalmente ammirare il corpo nudo di Violetta, più sentiva l’eccitazione raggiungere il massimo concepibile. Non c’era nulla in quel corpo che avrebbe cambiato, nulla che avrebbe tenuto lontano dai suoi baci e dalle sue carezze. Cogliendo l’occasione si stese sopra di lei, poggiandosi sul materasso con i gomiti, senza però lasciare ancora che i loro corpi entrassero in contatto. Cominciò lasciandole un bacio sulle labbra, che Violetta accolse con tutta se stessa, mentre le mani erano andare a stringersi sulla sua schiena. Poi scese lungo il collo, che già tante volte aveva assaggiato, ma di cui mai riusciva a saziarsi del tutto. Raggiunse il seno, che toccò appena con la punta della lingua, e proseguì fino al ventre, a cui si dedicò maggiormente, alternando a baci appassionati dei morsi ricchi di desiderio. Il corpo di Violetta tremava sotto le sue attenzioni, e Leon sorrise soddisfatto quando la sentì sospirare, mentre il respiro si faceva sempre più irregolare.
Non si era mai trovato tanto coinvolto di fronte a una situazione del genere, tanto preso dalla bramosia del corpo di una ragazza, e di unirlo al suo. Di solito era sempre risultato impassibile di fronte all’atto fisico d’amore, considerandolo un semplice bisogno naturale che dovesse trovare una qualche valvola di sfogo. Questa volta non era un bisogno, non si trattava di un istinto; o meglio, quello c’era, c’era sempre stato fin dalla prima volta che l’aveva vista, ma insieme ad esso qualcosa di nuovo e sconosciuto era presente in lui quella sera. I ruoli sembravano essersi invertiti: adesso era lui ad avere paura, paura di rovinare tutto, paura di non essere all’altezza di una ragazza tanto pura, paura di se stesso e di quello che avrebbe potuto fare.
“Leon” sussurrò dolcemente, riscuotendolo da quei terribili pensieri. Risalì rapidamente il suo corpo, ispirandone il profumo e tornò a far sfiorare i loro visi. Sotto la guida delle mani di Violetta, fu costretto ad adagiarsi sul suo corpo; per primo fu l’addome ad entrare in contatto con la pelle della ragazza, e subito avvertì una scarica di brividi incontrollabile. Desiderarla era la cosa più naturale del mondo, possederla rimaneva ancora un recondito desiderio che quella notte però aveva deciso di prendere prepotentemente concretezza.
Le sembrò che Leon la stesse avvolgendo come una fiamma che circondava il ramoscello prescelto per poi nutrirsi di esso, consumandolo lentamente. Ansimò quando sentì ogni centimetro della pelle di Leon sulla sua, esercitando una dolce pressione. Il principe si mosse appena per sistemarsi meglio, ma lo sfregamento provocato la fece quasi impazzire, e prese a mordersi il labbro con vigore, pur di non lasciare uscire quel gemito di puro desiderio che provava. Le soffiò prima sul collo, poi le lasciò un debole bacio sulla guancia, e la guardò con tutta la dolcezza del mondo, mentre le accarezzava la vita con una mano, e il mento con l’altra.
Gli scostò il ciuffo dalla fronte, e delineò il profilo del suo viso con l’indice, cercando di scolpire quel momento nella mente: non voleva dimenticarlo mai più. Leon notò subito la bocca socchiusa di Violetta mentre compieva quell’azione; non appena fu sicuro che avesse finito si fiondò sulle sue labbra, assaporandole ancora e ancora. Con dei movimenti lenti e ritmici cominciò a muoversi appena sul suo corpo, e Violetta si ritrovò sempre più avvinghiata a lui. Si separarono con un gemito, ed entrambi si sorpresero di quanto potesse essere bello avvertire il desiderio che l’altro provava nei suoi confronti. Un desiderio fisico, carnale, che li metteva di fronte a una sola scelta possibile.
Violetta percorse la schiena di Leon sfiorando la sua colonna vertebrale, e lo sentì ansimare ancora mentre si dedicava al suo collo; nel frattempo le mani del principe vagavano sul suo corpo, senza riuscire a trovare un punto su cui riposarsi. Si fermò solo quando incontrò i pantaloni del giovane, che si scostò appena, sorpreso dal fatto che si fosse interrotta. Gettò uno sguardo dietro di sé, e si rese conto di indossare ancora quell’indumento scomodo. Le dita della ragazza cominciarono a seguire il percorso tracciato dalla cintura marrone scura cercando il modo di toglierla, ma Leon fu più rapido e si rimise in ginocchio sul letto. Avvertì un brivido di freddo, e fu sicuro che anche per Violetta fosse accaduto lo stesso. Lanciò la cintura per terra, senza curarsi minimamente di dove sarebbe potuta andare a finire, e sentì il suo sguardo addosso. Le chiese nuovamente una sorta di tacita conferma, e si soffermò ad ammirare il suo corpo, bianco e pallido alla luce della luna. Il fuoco del camino stava per spegnersi, ma ormai non ne sentiva alcun bisogno. Le bastava stringerla a sé tutta la notte, per essere sicuro di non soffrire il freddo, anzi avrebbe dovuto preoccuparsi del caldo soffocante. Si tolse i pantaloni e le mutande in un colpo solo, spingendoli con un calcio ai piedi del letto, quindi tornò a distendersi sopra di lei, non riuscendo più a tollerare il pensiero di starvi lontano. Violetta gli intrappolò la vita tra le coscia, e Leon sentì arrivare il momento tanto atteso, il momento in cui sarebbe stata sua. Si baciarono ancora accarezzandosi, scoprendo il corpo dell’altro, e lasciando che tutto ciò succedesse con la massima naturalezza e amore. Vargas afferrò il lenzuolo e lo tirò sopra di loro fino alla vita, mentre le gambe di Violetta si sfregavano contro le sue, in un atteggiamento che pareva quasi di lusinga. E per poco avrebbe lasciato che quelle lusinghe andassero oltre. Le lasciò dei baci sul seno dapprima delicati, poi sempre più accesi, alternandovi dei leggeri tocchi con la punta della lingua. La sentì stringergli i capelli e dimenarsi sotto di lui, ma non si fermò, sicuro che provasse piacere nel ricevere anche quelle attenzioni più audaci, proprio quanto lui lo provava nel dargliene. Più si dimenava, più si infiammava di desiderio per lei. Poggiò i gomiti all’altezza della testa di Violetta, e rimase a fissarla per qualche minuto, per poi ricercare il suo profumo, affondando il viso tra i suoi capelli sparsi sul cuscino, e baciando anch’essi.
“Amore mio” le sussurrò appena all’orecchio, mordendole il lobo con delicatezza. Le mani di Violetta si fermarono salde sulle sue spalle, e inarcò di poco la schiena, facendo sì che il contatto tra i due si facesse ancora più forte e intenso. Per un momento ebbe nuovamente paura, ma cedette a quell’istinto che gli chiedeva unicamente che quell’unione fosse del tutto definitiva. Senza più riuscire a contenere quel forte bisogno fisico che sentiva, si apprestò a penetrarla, mentre Violetta, intuendo la sua mossa, si ancorò al suo collo, stringendolo e chiudendo gli occhi. Leon compì quel gesto lentamente, temendo di farle male. Era l’ultima cosa che voleva fare, per cui cercò di essere il più attento possibile. Digrignò i denti soffocando un lamento di piacere, e pregò con tutto se stesso che non stesse provando dolore a causa sua. Non se lo sarebbe mai perdonato, non avrebbe mai più dovuto soffrire, men che meno per sua mano. Aveva paura a guardarla negli occhi, aveva paura che lo giudicasse male, eppure lui aveva fatto solo quello che aveva sentito nel profondo, che il suo cuore gli aveva suggerito. Infine non resistette e alzò il viso: Violetta aveva gli occhi chiusi, e un’espressione contrita dal dolore. Leon precipitò nel panico. Si affrettò a darle un bacio tenero sulla punta del naso, che le fece sgranare gli occhi. A Leon sembrarono ancora più scuri e profondi, e si sarebbe perso in essi se il terrore che sentiva non avesse preso il sopravvento.
“Stai soffrendo” constatò rauco, mentre attendeva una conferma con la sua risposta. Tutto ciò che ottenne fu una carezza sulla guancia e un bacio. Lo guardò e sorrise, mordendosi poi il labbro inferiore, in preda ad un forte dolore. “Finiamola qui, non posso vederti in questo stato” disse irremovibile, cominciando a ritrarsi, ma lei lo fermò.
“Non farlo. Leon, è sopportabile. Voglio solo…che questa notte accada quel che deve accadere” rispose con tono dolce Violetta, tenendolo stretto in un abbraccio. Leon rimase sorpreso: quale donna avrebbe preferito soffrire per coronare quel sogno d’amore? Perché il dolore non la spaventava? Era così diversa da lui, che nonostante fosse forte e indistruttibile all’apparenza altro non era che un codardo. Non solo gli stava insegnando ad amare, ma perfino ad essere forte.
“Sarà la notte più bella della tua vita” le promise fiero, ed era davvero intenzionato a mantenere la parola. Avrebbe fatto in modo che dimenticasse quello spiacevole inizio, talmente forte sarebbe stato il piacere che le avrebbe procurato. Si mosse appena dentro di lei, e le dita di Violetta finirono per artigliargli la schiena. Non gli faceva male, era abituato a ben altro, e anzi lo eccitava ancora di più. L’avrebbe amata fino a quando non avrebbero raggiunto l’esaurimento delle forze. L’avrebbe amata anima e corpo.
Violetta sentiva il corpo tremare, in preda a degli spasmi che mai aveva provato fino a quel momento. Era tutto talmente nuovo che non sapeva se fosse normale la sua reazione, e in fondo non le interessava. Nelle sue orecchie risuonava ancora la voce cavernosa di Leon che le prometteva la notte più bella della sua vita. Non sapeva di stare già compiendo la sua promessa, semplicemente con il suo atteggiamento dolce e premuroso. Non si era mai sentita tanto desiderata in vita sua, e in modo direttamente proporzionale l’attrazione che provava per Leon si era centuplicata. Quando aveva sentito i loro corpi finalmente unirsi il pensiero del dolore era passato in secondo piano, occultato dalla forza dell’amore nei confronti del principe. Vargas diede una leggera spinta, e le sembrò di toccare il cielo con un dito. O meglio, il cielo si era degnato di scendere sulla terra, rifugiandosi sotto le lenzuola e assumendo le sembianze di un giovane dagli occhi verdi. Il dolore divenne solo un ricordo lontano, rimpiazzato dalle spinte sempre più audaci, ma comunque ricche di cautela. Strinse le gambe intorno alla vita di Leon, impedendogli una qualunque via di fuga, che sapeva ormai non ci sarebbe più stata. Gemette mentre Leon si dedicava imperterrito a fare in modo che tutto si svolgesse in modo graduale e allo stesso modo intenso per entrambi. In quello sguardo determinato e ricco di fuoco vivo riconosceva un principe esperto nell’arte dell’amore, che metteva in atto ogni conoscenza e precauzione possibile.
“Tutto a posto adesso?” le chiese affannoso, sospirando continuamente sulla sua pelle. Violetta annuì, per poi chiudere gli occhi, e lasciare che si prendesse cura di lei, che le mostrasse tutto ciò di cui era capace. Non gli poneva limiti né freni, non voleva che si sentisse costretto dalla sua inesperienza, quindi rimase inerme di fronte alla sua volontà di ferro. Lo sentì accompagnarla con i gemiti, mentre i loro corpi arrivarono a sfregarsi sempre più velocemente. Leon si stava lasciando andare, le stava mostrando la sua forza, la sua natura selvaggia, che per tanto tempo aveva desiderato di poter ammirare. Quasi inconsapevolmente iniziò a muovere il bacino, accogliendo le sue spinte e accompagnandole con dolcezza, attutendone la forza. Vargas la guardò piacevolmente sorpreso, e scoppiò in una risata breve, trascinandola con sé in quello che sembrava un puro gesto di follia in un momento intimo del genere. Ma d’altronde quella era la notte dove le follie apparivano come tenui luci pronte a illuminarsi al solo tocco dei due amanti.
Leon cominciò a sudare a causa del caldo atroce che gli faceva ardere persino le orecchie e le punte dei capelli. Una goccia di sudore gli scese dalla fronte e scivolò lunga la guancia, per poi scorrere lungo il petto, e depositarsi sul ventre di Violetta, che si contrasse non appena avvertita. Continuando a donarle tutto il suo amore, e spingendo con sempre più vigore, cominciarono a scambiarsi dolci parole, promesse di cui solo loro e la notte sarebbero stati testimoni. Infine però esse diventarono inutili, sostituite solamente dai lamenti di piacere di entrambi. Leon accostò la fronte sudata su quella di Violetta, guardandola negli occhi imperioso, mentre martellava con impeto. Il suo corpo era lucido e madido di sudore, ma la ragazza continuava a stringerlo incurante, lasciandogli di tanto in tanto baci sul collo, e lungo il viso, sebbene essi fossero spezzati dal loro respiro irregolare e dai loro gemiti. All’amore si era sostituita infine una selvaggia passione, e Violetta si stupì di quanto Leon fosse tenace e resistente, in netto contrasto con la sua fragilità fisica. Il principe cominciò a spingere con tutta la forza rimanente che sentiva in corpo, affondando le mani sul materasso, mentre le lenzuola gli si appiccicavano al corpo. Si trattenne dall’istinto di urlare durante l’atto, e contrasse tutti i muscoli sempre di più, fino a quando non sentì raggiungere l’apice. Diede un’ultima vigorosa spinta, e inarcò la schiena verso l’alto, stringendo i denti per poi arrivare a liberare quell’urlo che aveva cercato di trattenere, seguito da Violetta, la cui voce anche in quell’occasione assumeva un tono dolce e melodioso. Si accasciò su di lei, cercando di respirare profondamente; ansimava di continuo, e la ragazza gli accarezzava la schiena teneramente.
Uscì da dentro di lei, prestando attenzione fino alla fine, e rimasero a guardarsi negli occhi, senza riuscire a reprimere un sorriso rilassato. I cuori pulsavano ad una velocità inverosimile, e il calore che emanavano voleva invitarli a rimanere stretti l’uno all’altro. Voleva dirle che l’amava ma era talmente affannato che non gli uscivano le parole; per dimostrarglielo comunque le diede un tenero bacio sulle labbra, dalla consistenza di una morbida pennellata. 
Si separò da lei con cautela per non farle male, e Violetta tremò ulteriormente, avvertendo l’addome sudato di Leon staccarsi piano, subito dopo il petto, e lasciandola unicamente avvolta dal lenzuolo bianco.
Leon era rimasto steso di schiena alla sua sinistra, con la mano sul ventre che faceva su e giù continuamente. Ancora non aveva realizzato. Non si era mai sentito tanto vivo. Al solo pensiero di aver condiviso il letto con donne come Lara sentiva un moto di disgusto nei confronti di se stesso. Dopo quello che era successo quella notte, non avrebbe voluto nessun’altra che non fosse Violetta. Mentre teneva lo sguardo rivolto verso l’altro si chiedeva cosa avrebbe dovuto fare: abbracciarla? Lasciarla dormire per conto suo? Forse non voleva essere disturbata…ma lui aveva bisogno di stringerla a sé, di sentire il suo profumo, di avvertire la morbidezza della sua pelle. Le dita fremevano, sentendo già la nostalgia di quelle carezze e di quei contatti. Girò di poco la testa, quel tanto per osservarla, e vide che era di schiena, voltata dall’altra parte. Seguì con lo sguardo la colonna vertebrale, finendo per respirare ancora più frenetico per l’agitazione, fino a quando non la perse di vista, nascosta dal bianco acceso del lenzuolo. Avrebbe speso tutte le sue ricchezze pur di sapere cosa stesse pensando in quel momento, se si fosse pentita oppure no. Però di una cosa era certo: i suoi propositi di quella sera non erano cambiati, e desiderava unicamente che quella notte riposasse tra le sue braccia.
Violetta osservava la parete davanti a sé, logorandosi dentro al solo pensiero che forse Leon non aveva sentito nulla. Per lei era stato qualcosa di indescrivibile, sensazioni mai provate prima l’avevano investita con la forza di un treno, e ancora se le sentiva addosso. Il fuoco bruciava scorrendole nelle vene, e provava la stessa febbricitante alta temperatura di un malato in preda a terribili visioni. Non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi, non ci riusciva. Adesso che era tutto finito cosa sarebbe cambiato? Cosa sarebbe rimasto intatto? E se davvero Lena avesse ragione, e Leon volesse sposarla? Se invece avesse solo voluto divertirsi e fosse riuscito nel suo intento? In entrambi i casi era nei guai. Cercò di regolarizzare il respiro, mentre l’ansia imperterrita la divorava. D’un tratto il petto sudato del principe aderì alla sua schiena, e poi tutto il resto del corpo. Le sue mani arrivarono a circondarle la vita, accarezzandole in modo protettivo il ventre. Sentì un odore acre e selvatico invaderle le narici. Era il suo odore, l’odore di Leon, e per quanto fosse talmente forte da stordirla più di quanto non lo fosse già, si rese conto di amare anch’esso. Tutto ciò che lo riguardava la faceva completamente impazzire. Ogni sua preoccupazione si sciolse di fronte alla presenza tangibile di Leon, di fronte al suo modo dolce di stringerla, mentre soffiava piano sulle sue spalle, lasciandole qualche sparuto bacio. Salì fino al collo che solleticò appena con la punta del naso, e poi si avvicinò al suo orecchio. Violetta rabbrividì, ma non cercò di divincolarsi, un po’ per la stanchezza, un po’ perché era esattamente ciò di cui aveva bisogno. Il lenzuolo li copriva quasi fino alle spalle, e si accovacciò sempre di più in modo da sentire la pelle sudata di Leon attaccarsi alla sua quasi in modo avido.
“Buonanotte, principessa” le sussurrò appena, lasciandole un ultimo bacio, prima di far ricadere il capo dietro di lei, all’altezza del collo, per poi affondare il viso tra i suoi capelli. Il suo respiro finalmente tornato regolare le faceva il solletico sul collo, eppure le fu impossibile non prendere sonno, serena. Stretta tra le sue braccia non c’era alcuna preoccupazione, era rimasto tutto fuori da quella stanza, da quel letto. Chiuse piano gli occhi, e il battito del suo cuore si armonizzò con quello del principe, che sentiva come un suono lontano; era rilassante come lo scrosciare distante di una cascata, e si godette quella particolare ninna-nanna, senza interrogarsi sul futuro, per la prima volta da quando era in quel mondo. Contava solo il presente, che prendeva il nome di un principe. Un principe che un tempo forse aveva agito nel modo più sbagliato possibile, che si era perso, ma che grazie a quel profondo legame che li univa aveva riscoperto la capacità di amare, ed era stato in grado di dimostrarglielo in ogni singola occasione, anche quella.
Leon.
Forse l’unico che avrebbe mai amato in tutta la sua vita.
L’unico che avrebbe lasciato un’impronta indelebile nel suo cuore.









NOTA AUTORE: sono di frettissima, quindi commento di frettissima (per Rio: la risposta alla recensione te la faccio all'ora di pranzo che prima non posso :(). Detto ciò, succedono tantissime cose, e non so da dove partire a commentare. Ok, in realtà che interessa a noi succede SOLO una cosa in particolare (jugfrygfryf *^*). Mi scuso se la scena non è venuto alla perfezione, e in effetti come sempre le mie aspettative vengono sempre un po' deluse da ciò che immagino, ma- insomma, magari è venuta benino, e mi farebbe piacere :3 Detto ciò, amiamo tutti Lena (fa una standing ovation), e capiamo anche un po' di più perché ha finito per appoggiare tanto la Leonetta (amore mio, Lena :'( Qualcuno la deve salvare :(). Diego nel frattempo continua con i suoi magheggi e si scopre il segreto di Thomas...e quello è importante, teniamolo tutti presente ù.ù Nel prossimo capitolo si torna alla nostra amata compagnia, che farà un incontro...particolare :P Detto ciò, I MIEI LEONETTA ALLA FINE. SCUSATE. Scusate ma un po' di scleri ci stavano bene nella nota autore. Mi sono impegnato tantiassimo per quella scena, soprattutto per cercare di rimanere negli schemi del rating arancione (no, perché quando penso a scene loro così si va direttamente al rosso xD). Spero che il capitolo vi piaccia, e si, vi volevo sorprendere con un aggiornamento lampo :3 Buona lettura, e grazie a tutti! :D
syontai :D 
  
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