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Autore: ely91    05/01/2005    1 recensioni
“I sogni sono veli del nostro animo, sono oggetti del nostro desiderio, sono nuvole vaganti e sono i nostri segreti più nascosti. Ma non per questo, i sogni si avverano.”
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Sirius’ free dream

Sirius’ free dream.

 


 

“The dreams are veils of our mind, they are object of our desire, they are wandering clouds and they are our more hidden secrets. But not for this, the dreams come true.”

 

“I sogni sono veli del nostro animo, sono oggetti del nostro desiderio, sono nuvole vaganti e sono i nostri segreti più nascosti. Ma non per questo, i sogni si avverano.”


 

 

Salve, sono Sirius Black. Un pezzo di idiota evaso da una pigione dove era stato rinchiuso per un omicidio non commesso. Salve, sono Sirius Black. Un latitante che scappa da una colpa che non gli appartiene. Un cane randagio in cerca della verità. Un povero uomo rimasto vittima dell’ amore. Un figlio di papà davvero sorprendente. Oggi voglio raccontarvi la mia storia. Voglio che la vostra attenzione si concentri un attimo sull’ eroe che avete seguito, applaudito e che avete poi dimenticato a causa degli eventi.

Sono un Black. Chi di voi è un Babbano, probabilmente non ci troverà nulla di arcano o inquietante in questo nome: chi è un mago sa bene chi erano i Black. Neri di nome e d’animo, una famiglia dove il male regnava sovrano, ma si nascondeva dietro una sporca codardia e una manciata di galeoni falsi. Contorti blasoni, oggetti di famiglia, argenti dei migliori mai visti. Sangue purissimo. Non credo. Chi è male è male, e Voldemort ne è la conferma. Ma chi dei Black è stato in grado di unirsi a lui? Mio fratello, povero quel disgraziato. Voleva fare il superiore, lui. Voleva dimostrarmi che il mio distintivo di Grifondoro non valeva una cicca. Bravissimo il cocco di mamma. Si è morso la coda quando però le cose si sono fatte serie. È corso via, spaventato da quello a cui era semplicemente andato in contro. Oh, che gioia per la mia mammina…e io da dove sono uscito, per mille galeoni? Un grifondoro inutile al funzionamento della famiglia. Escluso da tutto quello che riguardava la famiglia. E meno male. Come erano ipocrite le mie cugine, così volenterose e adulatrici di mia madre. Narcissa, fiore della zia…Bellatrix, Andromada, care! La scuola era la mia vera dimora. Lì c’erano i miei amici. E lì c’era la mia famiglia. James, quanto mi sei stato d’aiuto, proprio tu, il migliore ad andartene per primo. E Remus, quante notti ti siamo stati vicino? Non oso pronunciare il nome di lui, invece, di quel ratto infame che divorò la mia vita in un sol boccone, uccidendo la mia anima con un solo dito… i Potter, come avrei potuto ucciderli? E la gente, così stupida da credere alle infamie che scrivevano su quello schifo di giornale. Io un braccio destro di Voldemort. Senza il marchio.

Ad Azkaban la mia unica occupazione è stata la crescita costante della vendetta. Una vendetta lenta. Da uomo o da topo non m’importava. Ero innocente. Ma sarei diventato colpevole. Tanto non aveva importanza.

Eh, già e poi c’era anche lui. Il mio ragazzo, Harry. Non sapevo che aspetto avesse, come fosse cresciuto, niente sapevo di lui…niente. Poi, l’idea geniale dell’evasione, la fuga e la ricerca spasmodica della mia figura che ormai era solo un dolce bastardino di colore nero. Non avevo avuto più notizie della mia famiglia. Dopo la soffiata su dei matrimoni deliziosi con Purosangue non sapevo più nulla delle mie cugine. Andromada se n’era andata. Brava, aveva agito d’istinto, senza essere trasportata in quel turbine di follia che si nascondeva dietro le buone intenzioni della mia famiglia. Nessuno mi trovò, fino a quella notte. Accadde tutto così in fretta che è come se fossi rinato. Harry, cavolo come assomigliava a James. Rivedevo tutto in lui. Perfino la speranza di ritornare un uomo libero. Di essere riscattato e sommerso di scuse, non di disprezzo o disgusto o addirittura paura. Avevo preso Pettigrew, ma lui scappò e Remus si trasformò. Poi ci fu un piccolo intoppo con i Dissennatori, che Harry, da bravo mago qual’era, risolse immediatamente, e poi fui costretto a fuggire di nuovo da evaso, senza la certezza di poter tornare a vedere Harry, o Remus o chiunque altro.

In quel tempo vagavo senza meta, pensando a un posto dive rifugiarmi… sapevo dove andare, ma mi rifiutavo di ammetterlo. Fu Dumbledore che più o meno mi costrinse.

Da un camino all’altro riuscii a comunicare con Harry, ma fu un anno infernale. Voldemort risorse e tutto crollò nuovamente ai miei piedi. Rinchiuso in quella vecchia casa piena di polvere mi riscoprii solo con un elfo pazzo che mi odiava e con il quadro di mia madre che urlava appena riceveva un minimo sentore di vita da parte mia. L’Ordine della Fenice rinacque e Dumbledore pensò di far divenire la mia casa Quartier generale. Mi furono mandati giovani Auror e vecchie conoscenze. Conobbi mia nipote…Tonks, figlia di Andromada. Una donna simpatica oltre ogni limite. Era una Metamorfomagus ed era dotata di un ottimismo fuori dal comune. Era bello rivedere anche Harry ogni tanto, ma era come se la casa giorno per giorno mi si ristringesse addosso come un vecchio maglione mangiato dal tempo e dalle tarme. Niente poteva aiutarmi; partecipavo passivamente alle riunioni, dove si facevano in quattro per localizzare gli attacchi e per avvisare chiunque, visto l’intoppo del Ministero. Quell’idiota di un Fudge, prima incarcera gli innocenti, poi ha paura del vero pericolo. Mangiamorte strappati alla loro vita, costretti a divenire un membro del branco, per una causa che non approvavano, ma solo ed unicamente per PAURA. Paura di una tortura dolorosa, perché in fondo non avevano nulla da perdere, nulla ad unirsi a lui. Io, avrei preferito morire. Quel Riddle non mi ha mai creato particolari problemi. Era Harry che mi preoccupava. Vedeva quello che Voldemort faceva, soffriva di atroci dolori alla cicatrice e non era un adolescente felice. Era pieno di rabbia, frustrazione, stanchezza… mi faceva pena. E non volevo perdere anche lui. Per quello che potevo fare, poi. Mocciosus me lo faceva sempre notare. Quel Mocciosus…se avesse torto un capello a Harry l’avrei tritato e mescolato in uno dei suoi calderoni maledetti.

Era inutile tenermi a bada: raccomandarmi di NON mettere il naso fuori di casa. Quel giorno Harry era troppo in pericolo. Contava troppo per me. Contava troppo. Lui e quei bastardi dei Mangiamorte…faccia a faccia. Lucius, che aveva strappato a Narcissa la speranza di salvezza; che l’aveva obbligata…e l’altra mia cugina, Bella…oh, sì che sarei stato in compagnia! Mi sarei mostrato come un trofeo: come il rappresentante di quelli che ce la fanno a sopravvivere anche senza abbassarsi ai livelli di servo, di quelli che coltivano i sogni e poi non riescono a realizzarli, ma che nonostante questo vanno avanti, perché non c’è peggior cosa di arrendersi. Niente. Ora sono nel niente. Vago, anima e niente corpo per un posto senza barriere, ma rinchiuso dal nulla più completo. Bellatrix, non mi hai fatto nulla. Harry non preoccupati. Qui sto bene. E tornerò prima o poi. Non ho potuto avverare i miei sogni di vivere da uomo libero, però sono ancora qui. E non mi arrendo se i miei sogni sono solo utopia. Non bisogna mai arrendersi. È la legge della vita.  

  
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