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Autore: Yssis    09/07/2014    3 recensioni
[Prima classificata al contest “The soul’s chains – Perché non posso volare?” indetto sul forum di Efp da Nikij]
All’inizio provavo gelosia nei confronti del calcio, quello sport che a volte sembravi amare più della tua stessa famiglia.
In quel momento, quel momento in cui ho compreso che il calcio ti aveva portato via da me, allora la gelosia si è trasformata in odio.
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Abbiamo una donna segnata dal dolore della perdita, dedita alla casa e alla famiglia ma con rancori nel profondo del cuore… Qualcosa che le impedisce di affidarsi alla passione del figlio e lasciarlo volare. Qualcosa che la incatena fin dalla prima infanzia… L’odio verso il calcio.
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Yssis
Titolo: Dusty memories
Personaggi: Atsuko Endou
Genere: Angst/Sentimentale/Slice of life
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moment
Note dell'Autore: Salve a tutti, presento questa shot per un contest perché sì, avevo tanta voglia di contest uwu
Il personaggio che ho scelto è abbastanza ignorato, ma spero che questo sia un incentivo a leggere piuttosto che a chiudere la shot. Sul mio lavoro posso dire che ho analizzato il personaggio il meglio possibile, ma mi affido al giudizio dei lettori e del giudice del contest. Abbiamo una donna segnata dal dolore della perdita, dedita alla casa e alla famiglia ma con rancori nel profondo del cuore… Qualcosa che le impedisce di affidarsi alla passione del figlio e lasciarlo volare. Qualcosa che la incatena fin dalla prima infanzia… L’odio verso il calcio.
Ah, ho anche fatto molti riferimenti alla polvere, potrebbe quasi essere considerato il prompt della shot –anche se nessuno me l’ha chiesto (?) uwu
Auguro una buona lettura a tutti
~

 

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Dusty memories

 

 

-Mamma! Mamma! Dov’è papà? Perché non arriva con la sua squadra?-
-Abbi un po’ di pazienza tesoro, la partita inizierà presto…-

Avrei dovuto sentire qualcosa, in quel momento. Avrei potuto farlo, ma evidentemente ero troppo piccola per pensare che potesse essere successo qualcosa di grave.
A quell’età, si tende a credere che una sorta di aura di invulnerabilità ricopra sé e i propri familiari.
Non si pensa mai al peggio. Se invece a volte considerassimo anche quello, magari soffriremmo di meno.
Siamo proprio ingenui, a pensarci…

-Uffi… Ma perché ci mettono così tanto?-
La bambina si alzò in piedi, guardandosi intorno per l’ennesima volta. Gli stadi le erano sempre piaciuti molto… Erano davvero giganteschi!
-Atsuko, da brava, rimani seduta… -
-Mamma! Mamma! – continuò a esclamare la piccola ignorando i richiami del genitore – Non trovi che quelli là sotto siano proprio dei tipacci…?!-
Anche la giovane donna allora si sporse, e il suo sguardo pacato si posò sulla panchina avversaria, dove attendevano i giocatori della Teikoku.
-Oh Daisuke dove sei? Cosa può essere successo?-

Non sentii nemmeno quello, a quanto pare.
Continuai a sporgermi verso il campo, come una qualsiasi bambina della mia età, cercando di contenere l’impazienza.
Per la verità non mi interessava vedere la partita, non mi era mai piaciuto molto il calcio. Ma mio papà ne andava matto, e allora io e mia madre andavamo volentieri a vedere le sue partite.
A noi… A me, bastava vederlo felice, con quegli occhi brillanti e concentrati, con quel sorriso fantastico che gli illuminava il volto quando si sentiva quel fastidioso triplice fischio e finalmente si poteva urlare “Vittoria!”.
Era quello il momento migliore di tutti, quando correvo giù verso il campo e papà mi prendeva fra le braccia.
I sorrisi di papà mi facevano sempre ridere… Mi sentivo bene in quei momenti…

Ma quel giorno non successe niente di tutto questo. Sugli spalti l’agitazione e la confusione crebbero sempre di più, finché all’improvviso si fece tutto silenzio e una voce annunciò che la partita non sarebbe stata giocata.
Quel giorno la Teikoku vinse a tavolino, e mio padre non mi prese fra le sue braccia.

 

 

Scrollo la testa, infastidita. Possibile che ci debba essere così tanta polvere qua sopra?
Continuo a spolverare la mobilia di casa, imponendo a me stessa di concentrarmi in quello che sto facendo.
Fra tutte le faccende domestiche, spolverare è quella che mi disturba di più.
Non sarebbe più semplice lasciare tutto così com’è, impolverato e indisturbato?
Invece no, di proposito mi impongo di prendere ogni cosa e spolverarla per bene. In modo che la sola vista possa continuare a ferirmi, a farmi male…

-Mamma cos’è successo?
Mamma perché mi guardi così?
Mamma perché mi stringi così forte?

Mamma perché piangi?-

Il momento più brutto di tutti è stato quello.
E’ stato mia madre che mi abbracciava singhiozzando, e io in piedi, sbigottita, davanti a quel silenzio spezzato.
E’ stato quello: è bastato quello, papà.
All’inizio provavo gelosia nei confronti del calcio, quello sport che a volte sembravi amare più della tua stessa famiglia.
In quel momento, quel momento in cui ho compreso che il calcio ti aveva portato via da me, allora la gelosia si è trasformata in odio.

Odiavo e tutt’ora odio il calcio perché è per lui che quella mattina sei salito su quel pullman.
Perché è alla partita che stavi pensando, e non a me, quando il veicolo si è schiantato.
Perché molto probabilmente non ti sei neanche accorto che te ne sei andato senza salutarmi, perché io dovevo ancora svegliarmi, da quanto eri agitato per la partita.
La partita l’hai persa papà. E con essa, qualcosa di ancora più importante e prezioso…

 

Sporgendomi dal balcone scrollo lo straccio con il quale sto spolverando casa, per poi aprire con un sospiro la porta della camera di Mamoru.
Qui è tutto in disordine, come al solito.
Mi tiro su le maniche della maglia che indosso, cercando di farmi coraggio.
Mentre comincio a raccogliere i vestiti da terra, il mio sguardo si posa sul pallone sudicio e sfasciato sul ripiano.
Con le guance paonazze mi ci avvicino, e lo sfioro con gli occhi.

 

Dev’essere triste per te sapere con che sguardo tua figlia sta guardando un pallone da calcio, Daisuke Endou.
Ma la verità è che questi occhi hanno pianto troppo per qualcuno che non ha mai dimostrato di amarli quanto meritavano.
Ti volevo bene papà, te ne volevo davvero… Ma tu sembravi cieco, indifferente al mio desiderio di stare con te.
E non permetterò che il calcio renda cieco anche Mamoru, questo mai.
E’ terribile avere coscienza che la persona che più ami al mondo è così simile alla persona più deludente che tu abbia avuto la sfortuna di conoscere…
Ma Mamoru non sarà come te papà. Farò tutto ciò che posso per impedirgli di giocare.

Se potessi vorrei vedere sempre gli occhi di mio figlio brillare come brillano quando ha fra le mani un pallone.
Se potessi lo vorrei sapere sempre così felice e allegro come quando è su un campo da calcio circondato dai suoi amici.
Ma è per il suo bene che devo impedirgli di giocare.

Perché il calcio, sotto quella maschera di gioco altruista ed emozionante, è una catena di sguardi, parole e fatti che imprigiona le persone, e non le lascia più andare.
Il calcio alla lunga diventa ossessivo, e soffoca sempre di più… Finché non è troppo tardi per tornare indietro però nessuno si accorge di nulla, e si continua a giocare con allegria.
Se fosse veramente quel gioco divertente e appassionante che credevi tu papà, lascerei Mamoru libero di fare quello che più gli piace.
Ma non è così che funziona, e io ho troppa paura…

Uno starnuto.
Uno soltanto.
Qui c’è troppa polvere, è meglio darsi da fare.

 

  
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