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Autore: a_marya    09/07/2014    0 recensioni
Alexis ha una missione da compiere, affidatagli dal padre naturale: recuperare i capitoli di una storia scritta dallo stesso, prima che fosse assassinato. Quella storia, infatti, contiene informazioni preziose che qualcun altro, da qualche parte nel mondo, intende usare per smascherare l'Organizzazione, un gruppo di fanatici responsabili di molti omicidi, tra cui quello del padre di Alexis. Ma recuperare quelle pagine è tutt'altro che semplice: con l'Organizzazione sulle sue tracce, Alexis deve fare di tutto per restare nell'ombra, se vuole proteggere se stessa e coloro che le vogliono bene. Ma restare nell'ombra non sarà più possibile, quando l'enigmatico Alex e il brillante Giulio entreranno a far parte della sua vita e allora non le resterà che lottare per difendere se stessa e la memoria dei suoi genitori naturali...
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Sto cercando di mandare giù un panino nonostante la nausea quando Riley arriva a passo svelto verso di me.
- Il camion si muove. Arriverà al punto scelto entro questa sera – mi comunica, nervoso come non l’ho mai visto.
Maledizione! Credevamo di avere almeno un altro paio di giorni, secondo i file!
Lascio il panino a metà sul bancone, insieme agli spiccioli, e corro insieme a Riley nella saletta, dove la tensione potrebbe benissimo tagliarsi con un coltello.
- Qualcuno ha dato nuovi ordini e il carico arriva questa sera alle nove in uno stabilimento qui intorno – mi aggiorna O’Malley quando riesco a raggiungerlo. Nessuno di noi riesce a staccare gli occhi dal grosso pallino rosso che si muove lentamente sulla mappa che riempie il monitor. Maledizione!
- Riusciamo a prenderli lo stesso? – domando quando credo di poter tenere una voce abbastanza ferma.
Perché anche se nessuno lo dice, il dubbio che questa sia la diretta conseguenza del video impregna il silenzio. Se così fosse, la mia idea ha appena mandato a monte l’operazione principale.
- Se ci muoviamo adesso – risponde il tecnico dopo qualche angosciante minuto di silenzio, scuro in volto.
Istintivamente, guardo verso Alex che ci fissa tutti dall’angolo della macchinetta del caffè, con l’aria di chi l’aveva detto. Lo odio per questa espressione saccente e inutile.
- Forza allora, mettiamoci al lavoro. Adesso – intima alla fine, distogliendo lo sguardo da me e gettando il bicchiere di carta nel cestino con rabbia.
Tutti prendono a scattare e si riuniscono intorno al tavolo con la mappa del punto dove intendiamo intercettare il camion. Solo O’Malley resta incollato al monitor, passandosi una mano sugli occhi come a voler cancellare quel lentissimo movimento rosso.
- E riguardo al video, nessuna novità? – azzardo, approfittando del fatto che nessun altro pensa a noi.
Lui si limita a scuotere la testa, sconsolato. Lui è stato uno dei primi a dirsi d’accordo con l’idea del video.
Cerco di rincuorarlo con una pacca sulla spalla e un timido sorriso, al quale il ragazzo non risponde.
- Vai a sentire quello che dice Alex, resto io qui davanti – gli propongo, immaginando che avere qualcosa da fare riguardo al camion gli solleverà un po’ il morale.
Lui sembra riluttante all’idea di lasciare la sua postazione, poi però annuisce e si alza dalla sedia. Mi mostra i tasti per controllare il mouse, completamente diverso da quello del mio portatile, e si allontana per andare con gli altri, dall’altra parte della stanza, lasciandomi sola davanti alla prova della mia cocciutaggine.
Ti prego, fa che non significhi che perdiamo il camion!
Incapace di guardare nella direzione di Alex e sentire addosso il suo giustificato disprezzo, resto per non so quante ore a fissare il monitor, appena vagamente coscia della voce di Alex che alla mia sinistra impartisce ordini con aria seria e concentrata. Mi concentro invece molto di più sul suo tono pratico e sicuro, perfettamente controllato. Basta sentire la sua voce per convincersi che andrà tutto bene.
Alla fine il dolore dei crampi alla schiena mi costringe ad alzarmi e stiracchiarmi con un gemito, soffocato dal rumore dei ragazzi che parlano concitatamente per definire i dettagli, poi uno ad uno agenti e tecnici escono dalla stanza, probabilmente diretti ognuno alle proprie camere, dove prepararsi per l’imminente operazione.
Solo Alex resta nella stanza e si avvicina lentamente a me, come se temesse che lo aggredisca.
- Noi partiamo tra un’ora e mezza. Ho bisogno di tutti gli uomini possibili, quindi non ci sarà nessuno a proteggere te e i tuoi genitori. Non farmi stare in pensiero – mi raccomanda, con una tale tenerezza mischiata a tale risentimento nella voce da bloccarmi la voce in gola.
Alla fine, vedendo che non rispondo, si allontana a sua volta, scuotendo la testa.
Ma che diavolo mi prende? Perché ora non sono più capace di rispondere qualsiasi cosa ad Alex? È il padre del mio bambino, in ogni caso, non posso restarmene muta e spaurita ogni volta che mi rivolge la parola!
E poi perché, se non sono innamorata di lui, la sua vicinanza come la sua lontananza, mi fanno sentire così… come ora?
Anche se nessuno me l’ha chiesto, probabilmente perché è totalmente inutile, decido di restare nella saletta per tenere d’occhio il grande monitor col pallino rosso che striscia lungo linee verdi che vorrebbero essere strade, saltellando dalla macchina del caffè al tavolo con la mappa e ritorno, troppo nervosa per fare qualsiasi cosa costruttiva.
Mentre mi preparo l’ennesimo insipido caffè solubile, un suono alle mie spalle attira la mia attenzione. È il monitor, quello più piccolo, accanto a quello che mostra il pallino del camion. Una finestra si è aperta sul piccolo schermo blu.
Non posso chiamare il tecnico, magari è solo un avviso tipo antivirus, così mi avvicino e cerco di capire il funzionamento della strana tastiera. Alla fine rinuncio però a capire e schiaccio timidamente tasti a casaccio, fino a che riesco a capire quale sarebbe la freccia del mouse.
Clicco sulla finestra, indecisa su come usare un computer così strano rispetto a quelli che uso di solito e temendo di bruciare una delle poche risorse che abbiamo, ma per fortuna invece del nero colore del black out da macchina bruciata per sempre, mi esce una finestra più grande che fa partire un video.
L’immagine è quella di uno studio che non riconosco con un uomo seduto sulla sua sedia, dietro l’imponente scrivania, che invece riconosco immediatamente. È direttamente il Cardinale Richelieu che mi parla dall’altra parte dello schermo, facendomi sussultare.
- Devo farle i miei complimenti, signorina Libuori, avevo sottovalutato le sue capacità. E adesso che è riuscita a scoprire tutti i miei uomini non mi resta che affrontarla di persona. In fondo, come si dice dalle vostre parti, chi fa da sé fa per tre, giusto?
Sentire la sua voce elegante e melliflua mi procura un brivido di disgusto lungo la schiena e per un terribile momento mi chiedo se non sia una videochiamata e se lui non possa vedermi. Per fortuna, la barra dello scorrimento sotto il video e i tasti di pausa e stop mi indicano che è solo una registrazione che posso fermare quando voglio.
Saperlo, mi rilassa enormemente, anche se vedere quegli occhi che guardano nella mia direzione, mi fa sentire lo stesso a disagio.
- Credo che a questo punto la cosa migliore per entrambi sia una chiacchierata tra persone civili, senza tutte queste volgari armi intorno, che ne pensa? Lei mi espone le sue ragioni, io le mie, e vediamo chi di noi ha più diritto di portare avanti la sua opera. Se la cosa le interessa, la aspetterò nella mia umile casa sul lago di Nemi. Quale posto migliore? Non occorre che mi faccia sapere se viene, se fino a mezzanotte non sarà arrivata capirò che non le interessa.
Ascolto tutto trattenendo il fiato, quasi stordita. Avevamo ragione! Il video l’ha costretto a venire allo scoperto! E ha ragione. Quale posto migliore di un lago caro ai romani, che la leggenda vuole depositaria di due delle più belle navi romane di tutti i tempi?
Come mi dovrei muovere però adesso? Se lo dico agli altri scatenerò il finimondo e li renderò ancora più agitati poco prima di un’importantissima operazione.
Ma non posso davvero pensare di andare lì da sola, le probabilità che sia una trappola sono del… 99,99%?
E se lo dicessi solo ad Alex? Mi farebbe rinchiudere in camera con guardie di sicurezza a vista.
Ma il Cardinale sarà lì! Non posso lasciarmi scappare quest’occasione!
Dannazione! Devo trovare un modo. Probabilmente è per questo motivo che il Cardinale ha anticipato la consegna del carico, costringermi a scegliere è esattamente quello che voleva. Ma per andare a parare dove? Vuole che rinunci al carico o è solo una beffa, sapendo che non posso lasciare che quel camion giunga a destinazione?
Forse vuole solo confondermi e ci sta riuscendo benissimo. Ma non abbiamo abbastanza uomini per dividerci e quella casa sarà piena come un uovo di sicari armati e cattivi…
Dei rumori mi avvertono che qualcun altro sta arrivando nella saletta, così chiudo frettolosamente la finestra, ancora indecisa e scombussolata, tanto che mi fischiano le orecchie e i battiti del cuore mi rimbombano nello stomaco.
Il Cardinale in persona!
Mentre Lentiggini entra nella stanza, all’improvviso prendo una decisione.
- Chi sarà il tecnico che resterà qui per il monitoraggio? – gli domando, sperando di sembrare solo curiosa.
- Io – risponde lui tetro. Chissà perché ho l’impressione che non sia felice del suo ruolo. Ma forse si sente solo in colpa per aver proposto l’idea che ha scombinato tutti i nostri piani. Quindi non sollevargli il morale sarebbe una grave mancanza da parte mia, no?
Gli faccio segno di avvicinarsi con aria cospiratrice e lui intuisce subito e si avvicina furtivamente.
- Il nostro video ha funzionato. Abbiamo un appuntamento col Cardinale in persona questa sera sul lago di Nemi – gli spiego velocemente, impedendogli di rispondere. Il suo sorriso è una risposta sufficiente.
- Se lo diciamo agli altri aumenteremo la loro agitazione e il Cardinale avrà vinto, quindi dobbiamo sbrigarcela noi. Possiamo spiare quella casa e capire quanti uomini ci sono?
Lui afferra una sedia e si siede accanto a me, facendo calcoli con la mente.
- Credo di sì – risponde alla fine, in un sussurro timoroso.
Il mio stomaco reagisce con una capriola, mentre il cuore prende a battere più forte.
- Ok, non appena gli altri partono, vediamo cosa riusciamo a fare. Se riusciamo ad avere un coefficiente di sicurezza del 30% dovrai monitorare due missioni contemporaneamente. Credi di potercela fare?
Lui esita qualche minuto e io aspetto pazientemente. Mi rendo conto di quanto sia difficile quello che gli sto chiedendo, ma è l’unico modo per affrontare il Cardinale.
- Posso farcela, se programmo in anticipo i computer. Ma come farà da sola…
- Non devo fare tutto da sola, partirò all’ultimo minuto, così mi basterà intrattenere la compagnia fino a quando la squadra potrà raggiungermi. Loro non si aspettano che vada in compagnia. Possiamo usare qualcosa che faccia credere che ho dei rinforzi già al mio arrivo?
Lui di nuovo riflette per qualche momento.
- Potrei usare un simulatore al computer. Riprodurrebbe i suoi di una task-force e un buon microfono dovrebbe fare il resto. Ma è un inganno che può durare qualche minuto al massimo – mi avverte, con una piccola goccia di sudore che gli scende sulla tempia, a dimostrazione di quanto gli sto chiedendo.
- Bravo ragazzo, sei il migliore – mi complimento, cercando di frenare l’euforia. Potrebbe anche essere un suicidio a quanto ne so. Anzi, molto probabilmente lo sarà e tanti saluti ai vecchi problemi di cuore.
- Mi metto subito al lavoro – replica semplicemente lui, nervoso quanto me.
Io intanto mi apposto vicino alla porta, come se volessi prendere un po’ d’aria, per assicurarmi di vedere chiunque stia per arrivare e ci resto fino a quando i primi agenti non escono dall’ascensore. Avverto Lentiggini che prontamente apre un’altra finestra e salgo in camera, spiegando che è meglio se tengo d’occhio i miei genitori.
In realtà ho bisogno di prepararmi mentalmente. La sensazione è simile a quando andai a conoscere Nat ma centinaia, migliaia di volte amplificata. Sono così agitata che il suono dei miei stessi battiti quasi mi assorda del tutto ma se voglio avere una qualche speranza, devo arrivare lì perfettamente controllata.
Anche se Alex mi ha mostrato quanto possa essere sbagliato, attingo la forza necessaria ad affrontare tutto questo dal ricordo di Linda, Juno, Giulio, Malone, Nat, mio padre, Sarita, il barista, il signor Bown, l’agente a cui Alex ha sparato per mantenere la copertura. Li penso tutti, compresi i membri di Pyrus assassinati e traggo dal loro bisogno di vendetta la calma necessaria a recitare l’ultima parte del nostro dramma. È probabile che finirà alla Shakespeare, come Otello o roba simile, ma in fondo ho sempre trovato una splendida eleganza in quei finali tristi.
Mentre il resto della squadra si prepara di sotto, quindi, io mi preparo di sopra, facendomi una doccia fredda e indossando gli abiti più comodi che ho con me, passando ore a studiare i punti giusti per ogni arma, così che sia difficile da individuare ma facile da afferrare in caso di emergenza.
Nella mente, mi concentro su tutte le lezioni che Juno mi ha impartito in questi lunghi anni, per prepararmi a questo momento. Ripasso ogni posizione, ogni dettaglio, ogni parola di quelle lunghe ore in palestra tra coltelli e pistole. Questa sera, in un modo o nell’altro, dimostrerò tutto il mio valore sul campo, come l’esame di laurea.
Ogni combattimento precedente è stato un esame e adesso mi manca solo la tesi finale, l’ultimo grande sforzo per ricevere i meritati allori oppure il disonore, che nel mio caso sarebbe la morte. Così cerco di entrare nello spirito con cui ho affrontato ogni esame della mia vita, sforzandomi di costruire un equilibrio abbastanza solido.
Ripenso alle movenze di Yvonne, al suo tono di voce, ai suoi atteggiamenti così come ripenso a Juno e ai suoi di atteggiamenti e tono di voce. Loro sono probabilmente le persone più vicine a tutte le qualità di cui avrò bisogno stasera.
Cerco di immaginare cosa dire, cosa ascolterò, di preparare le espressioni giuste, le risposte giuste e i tempi giusti. Cerco di prepararmi a trovarmi col male allo stato puro senza fare una piega, senza perdere di vista il mio filo dell’equilibrio e per farlo chiedo aiuto non solo a tutti quelli che hanno dato la loro vita ma anche alla vita che sta ancora nascendo, cioè al mio bambino.
Chiedo anche a lui di donarmi parte della sua calma perfetta nel liquido sicuro della mia pancia e di stringere i denti, qualsiasi cosa succeda stasera. Sarebbe terribile averlo visto resistere a tanti brutti colpi e poi perderlo all’ultimo atto, quando ormai mi sono affezionata a lui.
Quindi mi sento abbastanza pronta per scendere di nuovo nella sala e aspettare il mio turno di giocare. Come prevedevo, la stanza è così in fermento che nessuno, tranne Lentiggini ovviamente, si accorge del mio arrivo. Lentamente, mi siedo davanti al monitor col pallino rosso e mi faccio aggiornare da uno degli agenti sulle ultime modifiche e intanto osservo tutti, soprattutto Alex, prepararsi alla battaglia. Sembrano invincibili vestiti nella loro tute antiproiettili nere e spesse, piene di tasche e ganci per le armi. Mi soffermo sul viso di Alex, sulle sue mani agili e sul suo sguardo fiero e concentrato e prego Dio, con tutta l’anima, che me lo restituisca sano e salvo ancora una volta.
Alla fine tutti gli uomini vestiti di nero, chi con la faccia concentrata chi con l’aria di un bambino il primo giorno di scuola, si dicono pronti e l’intera squadra esce silenziosamente dalla stanza.
- Fa’ attenzione – mormoro ad Alex quando mi passa vicino.
Mi guarda ma continua a camminare senza dire nulla e non capisco se abbia sentito o meno. Spero di sì, perché potrebbe essere l’ultima cosa che gli dico. La sola idea mi riempie di tristezza, al punto da spingermi a corrergli dietro.
- Alex…
Lui si gira, con una strana espressione in volto, che però ignoro. Ma cosa dovrei dirgli adesso?
- Volevo solo… insomma… non sparire un’altra volta. Non lo sopporterei… - balbetto, sentendomi un po’ stupida. In effetti, vista dall’esterno, devo sembrare molto, molto stupida.
Lui annuisce distrattamente e resta qualche altro momento a guardarmi, come in attesa che dica qualcos’altro ma io resto zitta e alla fine lui si gira e segue il resto della squadra, deluso. Un’espressione che mi lascia perplessa.
Cosa si aspettava che gli dicessi? E poi saremmo noi donne quelle complicate?
Torno nella stanza con un sospiro. È arrivato il momento di mettersi all’opera.
- Pronto? – domando infatti a Lentiggini, sentendomi un po’ in colpa. Non posso condividere con lui un momento simile e continuarlo a chiamarlo Lentiggini.
Lui comunque annuisce, al massimo della concentrazione e apre un’altra finestra su uno degli schermi più piccoli, accanto al monitor grande che mostra sempre il pallino rosso.
- Io devo programmare alcune cose se vogliamo una task-force in grande stile. Lei intanto controlli questi indicatori e mi dica se cambia qualcosa – mi spiega, indicandomi alcune serie di numeri ai bordi dello schermo.
Annuisco e fisso ogni numerino come se ne andasse della mia vita, mentre lui si dedica all’altro schermo. Ci manca solo che faccio ammazzare Alex perché non mi sono accorta che un numero è cambiato.
Dopo una decina di minuti in cui per fortuna nessun numero accenna a cambiare, Lentiggini comincia a dettarmi i primi dettagli della nostra personale operazione.
- Arriverà lì in macchina, che è più discreto e meno costoso. La strada dovrebbe essere semplice. Una volta lì, deve piazzare queste telecamere…
- Per favore, se mi dai del lei mi fai sentire terribilmente vecchia e inadatta – lo imploro, incapace di affidarmi a uno che continua a darmi del lei. E anche perché così posso scoprire il suo nome.
- Io sono Alexis, tua amica e coetanea, perciò dammi del tu e chiamami per nome. E io farò lo stesso…
- Lucas – specifica con un sorrisetto. Ecco, molto meglio di Lentiggini.
- Bene Lucas, andiamo avanti. Dove metto le telecamere?
- Qui, qui e qui e questa è la parte più difficile, perché non sappiamo quanti uomini ci sono nei dintorni – mi spiega, segnandomi sulla mappa sul monitor dei punti con un pennarello rosso, di quelli che si cancellano con un panno umido.
- Le telecamere sono termiche, ci indicheranno quanti uomini ci sono più o meno ma restano dei punti ciechi qui e qui. Quando ti avvicini a quei punti dovrai stare attenta perché potrebbero esserci delle persone.
Seguo attentamente i segni rossi sullo schermo, cercando di memorizzare ogni dettaglio. Non sarà facile quando non avrò una mappa davanti ma il terreno vero e proprio.
- Una volta piazzate quelle, ci sentiamo via radio e ti dirò il percorso più sicuro per entrare. Sto già scaricando le immagini satellitari della zona – mi avverte, terribilmente serio.
- Considerato che se tutto fila liscio la squadra tornerà qui verso mezzanotte e tre quarti e che con l’elicottero dovrebbero impiegare un quarto d’ora circa per venire da te, dovrai intrattenere tutti per circa un’ora. Sicura?
Annuisco, perché non mi fido della mia voce. In effetti, più ci penso e più mi sembra una delle mie solite idee kamikaze ma ormai non posso tirarmi indietro. E resta comunque la nostra unica possibilità.
- Ho creato un programma che simulerà i rumori più tipici di un assedio. Elicotteri, gente che si muove tra le foglie, scariche elettrostatiche da ricetrasmittente… ho anche fatto una ricerca e inserito i versi degli animali più comuni della zona, ma se ci sono troppi uomini intorno, non potremo usarlo perché ti scopriranno subito.
Annuisco di nuovo, sperando di non avere un’espressione troppo spaurita mentre comincio ad immaginare il mio funerale.
- Ho preso dagli altri una piccola arma segreta comunque. Mentre ti avvicini alla casa, lascerai cadere delle piccole palline e se le cose si mettono male, io le faccio saltare e creo un diversivo per coprire la ritirata.
Gli batto una pacca leggera sulla spalla, con un gran sorriso. Questa sì che è una bella notizia.
- Oltre al microfono comunque avrai addosso diversi segnali, così che sapremo sempre dove sei se… le cose andassero male – conclude con aria nervosa e cerco di sorridergli per incoraggiarlo.
Se la cose “andassero male” di certo non sarebbe colpa sua.
- Ce la fai a seguire due missioni contemporaneamente? – mi assicuro. Se proprio devo morire, voglio essere almeno tranquilla che non sto intanto uccidendo un’altra quindicina di persone.
Lucas si limita ad annuire con una leggerissima esitazione. Credo che sia il meglio in cui posso sperare.
- Ok, comunque ti mando qui mia madre e mio padre, così li tieni d’occhio e magari possono darti una mano. Papà se la cava con la tecnologia e mamma potrà farti caffè e cibo in quantità – lo avverto, cercando di smorzare la tensione.
Non è che ci riesca benissimo, ma almeno lui sembra felice di non essere solo in quella stanza.
- Bene, vado a prendere e addestrare i miei a farti compagnia. Poi mi mostri il mio arsenale.
In realtà volevo aspettare all’ultimo minuto per portare i miei nella saletta, che deve mettere non poca agitazione, ma ho un bisogno disperato di uscire da questa stanza, così mi fiondo nell’ascensore.
Come facevano i soldati di una volta ad andare in battaglia? Io me la sto facendo sotto e sono armata il più possibile. Loro potevano contare solo su una spada, nella migliore delle ipotesi.
Busso alla porta dei miei e li faccio sedere.
- Quello che sto per dirvi è della massima importanza, quindi ho bisogno che mi ascoltiate per bene – sottolineo, guardando soprattutto mia madre. Se loro si mettono a distrarre Lucas, sono spacciata.
Cerco di spiegare al meglio possibile quello che sta per succedere senza fargli venire un infarto, ma come sempre i miei meravigliosi genitori non mi deludono e capiscono subito l’importanza del loro appoggio, a differenza di un certo idiota di mia conoscenza.
- Ora andremo di sotto e Lucas vi spiegherà come potete aiutarlo, anche se in realtà papà sarà quasi tutta per te la spiegazione. A te mamma, lascio il compito di fornire cibo e caffè in quantità e impedire che la tensione uccida quel poveretto ma senza distrarlo. Credi di potercela fare?
La mamma annuisce, terrea in volta di paura ma con una luce fiera e determinata negli occhi che mi rincuora. Se c’è una cosa che posso dire di mia madre, è che lei non cede mai al panico, nemmeno quando il nostro salotto ha preso fuoco. E anche a papà affiderei la mia vita. Che poi è esattamente quello che sto facendo.
- Non potevo chiedere genitori migliori – li ringrazio, sorridendogli e cercando di dominare il groppo in gola. Non vedo l’ora di partorire, così la smetterò di piangere per qualsiasi cosa.
Loro rispondono al sorriso e poi tutti insieme scendiamo nella saletta, per gli ultimi dettagli.
Lucas ci mette poco più di un’ora per spiegare a papà i suoi compiti e intanto la mamma si applica con estrema precisione ai panini e a rendere le sedie più comode possibili, facendo sorridere Lucas di tanto in tanto. Proprio quello che volevo da mia madre.
Dopo aver istruito i miei genitori, Lucas si concentra su di me, mostrandomi le mie nuove armi e il loro funzionamento, nonché come nascondere meglio le armi che già indossavo. Sostituiamo inoltre le mie pistole con altre che la squadra “alfa” ha scartato perché poco precise ma a me non serve la precisione, visto che gli starò a pochi metri di distanza. Sono piccole e leggere, molto più delle mie, ma hanno una potenza di fuoco tre volte superiore per via di proiettili speciali di cui non ho capito il funzionamento. Tanto a me basta che questi affari sparino al momento giusto.
Un’altra oretta la trascorriamo a mettere a punto i microfoni e i segnalatori, così che funzionino alla perfezione e che si vedano il meno possibile, poi facciamo alcune prove (durante le quali mi sembra di girare un film o partecipare a qualche gioco di ruolo) per testare la qualità dell’audio e alla fine non ho più scuse per rimandare la partenza.
- Mamma per favore, non distrarre Lucas in nessun modo e assicurati che non prenda sonno davanti al monitor – raccomando, più che altro per strappare un sorriso al mio unico e solo collaboratore.
- E non appena esco, barricatevi dentro e attivate tutti gli allarmi. Se hanno trovato il modo di comunicare con noi, probabilmente sanno dove siamo e potrebbero aver organizzato tutto per venire a distruggere i computer.
- A proposito, prendi questi e valli a consegnare alla reception, loro sapranno cosa fare – mi dice Lucas, porgendomi degli strani dischetti.
- E’ una copia backup di tutti i file dei computer, nel caso…
- Le cose dovessero andare storte – termino per lui, sforzandomi di sorridere. Se lui controlla la missione dai computer, io controllo il loro stato d’animo, perciò devo mostrarmi calma molto più di quanto mi senta in realtà.
  
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