Capitolo 1 – The
start of the end of the world
But its feeling just like any other morning before
Now I wonder what my life is going to mean if it’s
gone
— How fare we've come —
Sono
lieta di annunciarti, mio caro
Diario/quaderno in cui trascrivo come si evolve la mia già
pessima situazione,
in questo giorno assai gioioso e festeggiato da tutti, l'anniversario
della
gloriosa salita al potere dell'Hydra!
Evviva
evviva!
Non è bello? No, non lo è. Per niente.
Esattamente un
anno fa quei grandissimi figli di puttana hanno lanciato nell'atmosfera
gli
Helicarrier. Nel giro di poche ore hanno trucidato decine di milioni di
persone, tutti quelli che avrebbero potuto causar loro problemi. Lo
S.H.I.E.L.D. è stato sterminato. Be', non del tutto. Grazie
al cielo sono
riuscita a salvarne alcuni.
In ogni caso, da
quel momento i bastardi sono al potere e io sono in fuga.
Non sono ancora
riuscita a contattare R&R, nonostante i miei sforzi. A dire il
vero non
sono nemmeno certa che siano riusciti a sopravvivere, ma dato che i
media non
ne hanno annunciato la triste dipartita posso supporre che sono vivi e
che si
stanno nascondendo bene.
Ho paura che
abbiano preso Vit. Sono giorni che non risponde ai miei messaggi,
inizio a
preoccuparmi. Ho guardato i telegiornali, qualsiasi cosa, ma non ne
è venuto
fuori nulla.
Vit è furbo, ma
era messo peggio di me l'ultima volta che ci siamo incontrati. Se
davvero è
stato catturato – non voglio neppure prendere in
considerazione l'idea che sia
morto, mi rifiuto di pensarlo. Vit è troppo prezioso per
l'Hydra, non lo
ucciderebbero mai – be', se l'hanno catturato è un
grosso problema per me. Sa
dove mi trovo ora.
Facciamo così:
aspetterò ancora questa notte. Se non ricevo sue notizie
entro dodici ore, me
ne andrò di qui. Non posso rischiare.
Jay
La
ragazza osservò per un istante la pagina
ricoperta di fitti segni neri, pensosa, poi parve decidere di aver
scritto
tutto quello che doveva. Chiuse il quaderno e lo infilò
nella tasca interna
della giacca. Portò le mani ai capelli e ne fece una
crocchia, infilandoci la
penna per fissarla.
Gettò
indietro la testa, appoggiando il collo sullo schienale
della sedia sulla quale era seduta, e sospirò. Rimase a
fissare il soffitto,
immobile, fino a che lei stessa non perse la concezione del tempo.
Furono i
rintocchi delle campane della chiesa lì vicino a farla
tornare alla realtà.
Sbatté le palpebre un paio di volte e si
massaggiò il retro
del collo dolorante. Contò dieci rintocchi. Poi
sentì il rumore.
Era come un sibilo appena percettibile, come di legature
metalliche che strusciano tra loro, accompagnato da un flebile fruscio.
I peli
sulla nuca le si rizzarono all'istante. Aveva sottovalutato l'Hydra e
la sua
velocità di reazione.
Il respiro divenne più veloce, spezzato. Sentì il
cuore
battere più forte. Strinse le mani attorno al ripiano del
tavolo. Impiegò circa
quattro secondi e mezzo per calmarsi e riprendere il controllo di
sé. La mente
tornò lucida.
Non
è la prima volta
che ti trovi in una situazione del genere,
si disse alzandosi in piedi. Forza
Afferrò il marsupio con le sue poche cose e lo
allacciò alla
vita. Guardò la pistola poggiata sul tavolo,
esitò un istante, scosse la testa
come per scacciare un pensiero fastidioso e la impugnò.
Allora.
L'edificio sarà interamente circondato. Quindi, o trovo un
modo per aggirarli o
sono fottuta
Controllò il caricatore della pistola.
Dannazione.
Solo
cinque colpi. E non ho per niente una buona mira
Alzò di scatto la testa e tese le orecchie: di nuovo quel
fruscio. Più vicino.
Sono
qui. Scappa
Scattò
verso la porta, l'aprì e imboccò le scale. Dopo
appena
una rampa sentì un sibilo e l'eco di uno sparo; il
proiettile si piantò nella
parete poco sopra la sua testa. Continuò a correre, saltando
due gradini alla
volta, il cuore in gola e le dita serrate attorno all'impugnatura della
pistola.
Alle sue spalle percepiva la presenza minacciosa
dell'inseguitore – uno solo, stranamente – a non
più di dieci metri di
distanza.
Inciampò e dovette appoggiare le mani a terra per non
cadere.
Un secondo proiettile la mancò di poco, scalfendo il
corrimano e rimbalzando a
terra intatto. Fece in tempo a scorgerlo con la coda dell'occhio: era
un
proiettile strano, il fianco era venato di blu. Si diede la spinta per
rialzarsi e riprese a correre.
Una porta le si parò dinnanzi, costringendola a fermarsi.
Non
sapeva se l'Hydra stava controllando anche il tetto. Si
gettò un'occhiata alle
spalle, mordendosi il labbro inferiore quasi a sangue. Ancora pochi
secondi e
sarebbe stata a portata di tiro.
Non
mi
prenderanno viva
Aprì
la porta, uscì sul tetto e la richiuse subito. Si
guardò
intorno. Lì affianco c'era una sbarra di ferro. La prese e
la utilizzò per
bloccare l'entrata, mettendola di traverso. Non avrebbe retto a lungo,
lo
sapeva. Il tetto era molto ampio: circa dodici metri la separavano dai
bordi.
Il primo colpo scosse la porta, facendola tremare, e la
ragazza sussultò. Scattò in avanti, tentando di
raggiungere il parapetto. Si
stava issando su di esso quando la porta cedette. Non poté
fare a meno di
voltarsi a guardare l'inseguitore: era un uomo alto, vestito totalmente
di nero
e con una mascherina a coprirgli la parte inferiore del viso. Al posto
del
braccio sinistro vi era un arto bionico. Ora capiva cos'era quel
sibilo.
Le mancò il fiato nei polmoni: tra tutti gli agenti che
l'Hydra aveva a disposizione, perché proprio il Soldato
d'Inverno? Perché
proprio la più spietata, infallibile e crudele tra le
macchine da guerra?
Quando lui la vide – in ginocchio sul cornicione, prossima a
buttarsi – si
fermò e alzò la pistola. Lei fece lo stesso, ma
la mano le tremava.
Non
ho mai
ucciso una persona
A
separarli c'era solo una dozzina di metri. Per alcuni
istanti rimasero in silenzio, a fissarsi l'un l'altra. Alla fine il
Soldato
d'Inverno parlò:
«Scendi da lì» ordinò
seccamente. La sua voce le giunse
soffocata per via della mascherina. Il suo respiro era tranquillo.
Invece lei
era praticamente in apnea.
«Così puoi spararmi meglio? Scordatelo!»
Abbassò la pistola,
perché non aveva intenzione né sarebbe stata
capace di sparargli.
Inspirò a fondo, tentando di prendere coraggio, e si volse
nuovamente verso il vuoto che le si apriva davanti. Tra lei e il suolo
c'erano
più di cinquanta metri. Pensò a come sarebbe
stato buttarsi giù, sentire l'aria
attorno a lei incresparsi mentre precipitava, il vento che l'avvolgeva,
la
caduta sempre più veloce. Poi immaginò il suo
corpo schiantarsi a terra, lo
vide scomposto sull'asfalto della strada, le braccia e le gambe in
posizioni
innaturali, il sangue – molto, moltissimo sangue –
tra i capelli, gli occhi
rovesciati, le ossa frantumate dalla botta.
Smise di respirare, mentre la scena si visualizzava nitida
nella sua mente. Sfiorò con la punta delle dita il rilievo
del quaderno, appena
percepibile al di sotto della camicia. Non voleva morire. Ma non poteva
permettere che l'Hydra venisse a conoscenza di quello che aveva fatto.
Chiuse gli occhi e sospinse il proprio corpo oltre il bordo,
aspettando la sensazione di vuoto che avrebbe accompagnato quella
caduta di
venti piani. Una mano si chiuse attorno al suo braccio, strattonandola
bruscamente verso l'alto e facendole spalancare le palpebre.
Incontrò gli occhi
scuri del Soldato d'Inverno che la guardavano calmi e implacabili, e
sentì il
terrore chiuderle la gola.
È
finita,
fu tutto ciò
che riuscì a pensare. Lui alzò la pistola e
sparò, da distanza ravvicinata, dritto allo stomaco. Jay
perse subito i sensi.
Okay.
Mi rendo conto di
essermi buttata in un grosso progetto, che potrei fare grossi errori e
tutto quanto, ma... l'idea mi piaceva troppo per non
svilupparla.
Il primo capitolo è molto corto, ma vi assicuro che dal
secondo in poi la lunghezza raddoppierà.
Come
avrete
capito, è un grosso "What if?" di Captain America: The
Winter Soldier. Spero vi piaccia, e spero vogliate lasciarmi un
commento anche breve per segnalare cosa non va. Grazie!
Keyla