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Autore: marthiachan    10/07/2014    1 recensioni
"Molly Hooper era un'affermata professionista, stimata e amata da chiunque avesse avuto la fortuna di conoscerla. Era competente, precisa, gentile e simpatica. Non sparlava mai dei colleghi e nessuno le aveva mai mosso una critica, professionale o non.
Ovviamente, a tutto c'è un'eccezione e, nel suo caso, l'eccezione si chiamava Sherlock Holmes.
Molly Hooper non aveva mai veramente odiato qualcuno in tutta la sua vita.
Non sino a che non aveva incontrato Sherlock Holmes."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Hello! Eccoci al quinto capitolo.
Se conoscete la commedia, saprete che il quinto atto è quello conclusivo, con l’happy ending. E questo coinciderà anche in questa fic, ma... ma io non sono Shakespeare, ovviamente. Sono tendenzialmente logorroica e quindi ho aggiunto un epilogo che arriverà la prossima settimana.
Buona lettura.
 
 
 
Act 5
 
Sherlock aveva ottenuto il nulla osta per lasciare l’ospedale e, appena fuori, aveva trovato una macchina ad attenderlo. Salito a bordo della vettura non fu sorpreso di trovarci l’assistente personale di suo fratello.
“La posso portare dove desidera, Mr Holmes, ma sappia che suo fratello desidera vederla alla Villa.”
“Lo immaginavo. Possiamo andare anche subito.”
“Perfetto.”
La donna diede le indicazioni all’autista e poi il silenzio calò nell’abitacolo, interrotto solo dal suo continuo ticchettare sui tasti del blackberry.
“Mary Morstan e Molly Hooper sono ancora a casa di mio fratello?”
“Sì, hanno occupato l’ala est.”
Il detective si voltò a guardare la donna e sorrise.
“Un’idea tua, vero Anthea?”
“A cosa si riferisce?”
“Se loro sono confinate nell’ala est, l’ala ovest può rimanere riservata. A totale disposizione di mio fratello... e tua.
La donna posò il blackberry e sorrise.
“Io e suo fratello non...”
“Non ancora, ovviamente, ma succederà, giusto? E tu stai facendo le tue mosse come in una partita a scacchi. E qualcosa mi dice che non manca molto allo scacco matto.”
“Non so di cosa parla.” Replicò la donna alzando un sopracciglio con malizia.
“Mio fratello conosce le tue intenzioni, Anthea. E non le disapprova, quindi non dovresti farti tanti problemi.”
“Lo terrò presente.” Disse la donna riprendendo in mano il telefono. “E che mi dice di lei e Miss Hooper?”
L’uomo si irrigidì leggermente e la guardò accigliandosi per un secondo.
“Ma certo. Mio fratello e le sue manie di controllo.”
“Ho conosciuto il vostro gatto. Adorabile. Ho provveduto io stessa a portarlo alla villa.” disse la donna senza negare. “E credo che Miss Hooper sia ansiosa di rivederla.”
“Avevo promesso che mi sarei fatto vedere solo quando avrei risolto il caso.”
“E mi pare evidente che questa lontananza forzata sia stata dolorosa anche per lei.”
Il detective non rispose, guardando ostinatamente fuori dal finestrino.
“È interessante come voi due vi siate avvicinati così in fretta. È bastata proprio una piccolissima spintarella per farvi crollare, a dimostrazione che c’era già un’attrazione latente.”
Spintarella?
La donna rise e tornò a guardare il suo blackberry senza rispondere. Poco dopo la macchina si fermò di fronte all’elegante villa di Mycroft Holmes.
 
Molly non era andata a lavoro per qualche giorno, inscenando una malattia. Non lo faceva mai, ma questo era un caso eccezionale. Mary aveva bisogno di lei. Erano state ospiti di Mycroft Holmes negli ultimi tre giorni e avevano tutto quello che desideravano, tranne la possibilità di uscire da quella villa immensa. Il massimo che era concesso a Mary era una passeggiata in giardino, sotto scorta. E il compito di Molly era cercare di distrarre l'amica per non farla deprimere troppo. Non che fosse facile, spesso era la stessa Molly a sentirsi a terra, ma non poteva mostrarlo. Doveva resistere sino a che la faccenda sarebbe stata risolta perché, ne era certa, Sherlock ci sarebbe riuscito.
Il solo pensare a lui le provocava un tuffo al cuore. Non lo vedeva né sentiva solo da alcuni giorni, ma l'ultima volta che si erano visti si erano dichiarati amore l'un l'altra. Era stato un momento bellissimo ed emozionante, ma non era potuto durare a lungo vista la situazione in cui si trovavano. E la speranza che il problema di Mary venisse risolto al più presto era anche un tantino egoistica, perché non vedeva l'ora di poter stare con Sherlock.
Quella mattina si era svegliata prima di Mary ed era andata a fare una passeggiata in giardino. Le guardie la fecero passare senza problemi dato che non era lei a essere agli arresti domiciliari.
L'aria era fresca ma piacevole, segno che la primavera avrebbe presto lasciato il posto all'estate, e lei si era trattenuta tra i cespugli di rose, costeggiando i salici. Aveva respirato l'aria profumata e si era sentita, per pochi istanti, in pace. Sarebbe andato tutto bene, ne era certa. Aveva fiducia in Sherlock, doveva solo pazientare.
Aveva ripreso il sentiero verso la villa quando aveva visto una figura scura camminare verso di lei. L'altezza, la postura, il modo di camminare, erano inconfondibili, anche a quella distanza.
Deglutì per l'emozione e poi accelerò leggermente il passo.
Quando se lo trovò di fronte era senza fiato e sul punto di piangere da un momento all'altro.
“Buongiorno, Sherlock Holmes.”
“Buongiorno, Molly Hooper.”
“Hai parlato con John?”
“Sì... Gli ho dato di che pensare.”
“Tutto qua?”
“John non è stupido. So che ha capito e presto tornerà strisciando da Mary per implorare perdono.”
“Mi pare il minimo. Quella povera ragazza mangia a mala pena e piange tutta la notte.”
“Ho fornito diverse prove per discolparla a Scotland Yard, ora stiamo solo aspettando l'esito.”
Lei sospirò. Sapeva che la situazione si stava risolvendo, fortunatamente.
I due si sorrisero e poi lui la attirò a sé per baciarla con passione. Molly ricambiò, dando sfogo al desiderio che aveva represso nell’ultimo periodo, oltre che nel resto della sua vita.
“Mi sei mancata immensamente.”
“Anche tu. Oh, cielo, anche tu...”
Stretti l'uno all'altra, si scambiarono una serie di baci per un tempo incalcolabile, per poi rimanere abbracciati.
“Allora, dimmi Molly Hooper, per quale dei miei difetti ti sei innamorata di me?” chiese lui con ironia mentre la prendeva per mano avviandosi verso la villa.
“Per tutti quanti insieme. Hanno creato una tale materia compatta da impedire a qualunque aspetto positivo di infiltrarsi.” replicò lei sullo stesso tono scatenando in lui una risata. “E, dimmi Sherlock Holmes, per quali dei miei pregi hai iniziato a soffrire d'amore per me?”
Lui alzò un sopracciglio guardandola con divertimento.
Soffrire d’amore? Beh, è un termine consono visto che ti amo contro la mia volontà.”
“A dispetto del tuo cuore, ne sono certa. Povero cuore. Trattalo bene perché non potrei mai amare chi maltratta ciò che amo.”
“Noi due siamo troppo intelligenti per amarci in pace come le persone ordinarie, vero?”
Lei sorrise e annuì.
“Non dovremmo vantarcene però, essere presuntuosi non è una cosa buona.”
“Di questi tempi se non si ammette i propri pregi nessuno lo farà per noi, quindi io preferisco essere realista e far presente il mio genio al mondo.”
Molly sospirò con un sorriso.
“Quindi, Mary sta ancora molto male?” domandò lui tornando serio.
“Sì. Io cerco di tirarla su, ma... Non è facile.”
“E tu invece? Come stai?”
“Anche io non sto bene. Insomma, le voglio troppo bene e mi si spezza il cuore a vederla così.”
Lui si fermò e la abbracciò con affetto.
“Lascia che sia io a farmi carico delle tue sofferenze. Amami e riprendi le forze.” disse lui con un sospiro mentre la baciava con estrema dolcezza. “Arriva qualcuno.”
Sherlock si separò da lei e fece un passo indietro in modo che fra loro ci fosse almeno un metro di distanza.
Il rumore di passi si avvicinò e da dietro un albero spuntò la figura di Anthea.
“L'Ispettore Lestrade è qui e porta ottime notizie. Lui e Mr. Holmes vi aspettano in salotto.”
I due annuirono e seguirono la donna.
“Sai già di cosa si tratta?” chiese lei a bassa voce.
“Poco fa mio fratello ha detto che avevano in custodia una sospettata. Evidentemente l'interrogatorio ha dato dei risultati.”
Molly non riuscì a trattenersi dal sorridere, felice che quell’incubo stesse finendo.
 
 
Mary era seduta su una poltrona, picchiettando le unghie sull’elegante bracciolo.
Era in piedi da soli dieci minuti ma era stata convocata nell’ufficio di Mycroft Holmes ancor prima di colazione. Non che avrebbe mangiato molto, ma forse un caffè lo avrebbe gradito.
Come se le avesse letto nel pensiero, Anthea entrò nel salottino con un vassoio contenente una caraffa di caffè appena fatto e gliene versò una tazza.
Mary sorrise sentendosi commossa per un gesto così semplice e la ringraziò con un gesto del capo. Aveva appena iniziato a sorseggiare la bevanda calda quando erano arrivati gli altri.
Molly l’aveva raggiunta immediatamente e si era appoggiata sul lato della poltrona abbracciandola. Lestrade si era seduto rigido e chiaramente in imbarazzo dall’altra parte della stanza. I due Holmes erano rimasti in piedi al centro, mentre Anthea distribuiva del caffè a tutti.
“Miss Morstan, sono felice di annunciarle che è stata scagionata. La reale colpevole è stata arrestata questa notte e ha confessato.” Aveva esordito Mycroft Holmes con un sorriso esultante. “Da questo momento è libera. Giusto, Ispettore?”
“Ehm, sì, Mary. È stato tutto risolto. Mi dispiace per quello che hai passato, io...”
“Hai solo fatto il tuo lavoro, Greg. Non ce l’ho con te.” Lo rassicurò Mary con tono triste.
Nessuno aggiunse nulla, ma era evidente che tutti pensassero a John.
“Mary, dovrai comunque seguirmi a Scotland Yard per sistemare alcune scartoffie.”
Lei annuì con un sospiro. L’idea non la allettava molto, ma era necessario.
“Tranquilla, Mary. Ti accompagnerò io.” La rassicurò l’amica stringendo leggermente l’abbraccio.
 
John Watson stava urlando nel bel mezzo di un corridoio di Scotland Yard. Non gli importava degli agenti che lo guardavano né di Greg che cercava di fargli abbassare il tono.
“Devo parlarle! Fammi parlare con lei!”
“Non posso. Il suo avvocato non lo consente.”
“Ma sono il suo fidanzato! Ho solo bisogno di parlarle...”
“Mi spiace, John. Non è possibile.
“Io non capisco... Perché tutto questo? Perché quella donna si è finta Mary?”
“Il perché, mi spiace dirtelo, è piuttosto banale. Soldi. Qualcuno l’ha pagata per fingersi Mary e incastrarla sparando a Sherlock.”
“Ma chi potrebbe arrivare a tanto?”
“Ancora non lo sappiamo, ma quando lo scopriremo lo saprai. Ora vai a casa.”
“Non posso... Devo chiarire con lei... Non riuscirò a dormire sino a che non mi avrà perdonato.”
L’Ispettore sospirò e mise una mano sulla spalla dell’amico.
“John, ascoltami. So che ti senti in colpa, ma chiunque avrebbe potuto essere ingannato. Sono certo che Mary capirà e ti perdonerà. Devi solo darle tempo.”
L’ex medico militare deglutì, cercando di ricacciare indietro le lacrime, e annuì. E dopo un profondo sospiro, decise di ascoltare l’amico e andarsene.
Stava imboccando le scale quando si sentì afferrare per un braccio. Stava per aggredire il folle che aveva deciso di mettergli le mani addosso in quel momento, quando incontrò lo sguardo del suo migliore amico.
“Sherlock... Cosa...”
“Non ora, John. Vuoi parlare con Mary?”
“Sì, puoi aiutarmi?”
“So chi può farlo. Vieni con me.” Lo invitò con un gesto del capo.
Cercando di non farsi notare, i due raggiunsero una delle sale degli interrogatori. Al suo interno c’era Molly.
John fu certo che lo sguardo dell’amica non fosse mai stato così gelido nei suoi confronti.
Sherlock gli fece cenno di sedere di fronte a lei.
“Se vuoi parlare con Mary, devi prima convincere Molly.”
“Ma...”
“Non crederai che ti permetta di spezzarle di nuovo il cuore, vero John?” lo interrogò subito lei con tono duro. “Quella ragazza ha sofferto le pene dell’inferno. Tutto quello che dovevi fare era fidarti di lei, parlarle. E invece hai scelto di denunciarla e umiliarla di fronte a tutti i suoi amici e parenti. Sei stato crudele, te ne rendi conto?”
“Lo so!” esclamò l’ex medico militare. “Credi che non lo sappia? Sono stato un vero idiota... Quando ho visto quelle foto non sono più riuscito a ragionare. Vorrei solo poter rimediare. Ti prego, dille che io l’amo ancora e che vorrei passare il resto della vita a strisciare ai suoi piedi. Farei qualunque cosa per rimediare.  Dille anche che mi manca infinitamente, ti prego.”
Molly strinse le labbra, come se fosse dubbiosa.
“Faremo così. Innanzitutto, pubblicherai sul tuo blog una lettera di scuse e in cui ti assumerai tutte le responsabilità per quello che hai combinato. Sii esplicativo.”
“Va bene, posso farlo.”
“E poi domani raggiungici alla villa di Mycroft Holmes, le dirò che sei lì per vedere me, ma troverò il modo di farti parlare con lei. D’accordo?”
“Certo... Grazie, Molly. Sei un angelo.”
“Sappi che potrei diventare un angelo vendicatore se ti venissero per la testa altre idee del genere.” Lo minacciò lei con uno sguardo eloquente. “Ora è meglio che vada.”
La patologa si alzò e guardò entrambi gli uomini con severità prima di lasciare la stanza.
“Andrà tutto bene, John.” Lo rassicurò l’amico ancora in piedi accanto a lui.
“Lo spero, perché non posso più vivere senza la mia Mary.”
 
Dall’altra parte del vetro, Mary osservava, in lacrime. Anthea le mise una mano sulla spalla per confortarla e, subito dopo, vennero raggiunte da Molly che abbracciò l’amica.
“Oh, Molly...” disse la bionda mentre si stringeva a lei, piangendo sulla sua spalla.
“Lo so, tesoro. Non disperare, John è uno sciocco, ma ti ama. E tornerà da te.”
Le due donne rimasero in quella posizione sino a che Anthea non gli diede il via libera per tornare a Villa Holmes.
 
John aveva passato la notte sveglio, digitando come un forsennato sulla tastiera del suo portatile. Avrebbe scritto tutto, a costo di fare la figura dell’idiota, cosa che tra l’altro era.  Sorretto solo da diverse tazze di caffè, si era dedicato alla scrittura della sua intera storia con Mary.
Era partito dal primo momento in cui l’aveva vista, un raggio di sole in un corridoio d’ospedale, a quando l’aveva vista portar via in manette, lo sguardo di un cucciolo impaurito ma che continuava a implorare il suo amore.
Non aveva tralasciato nulla, neanche i mesi in cui erano stati lontani e l’unico pensiero che l’aveva aiutato a superare la missione sotto copertura era stato quello di poter tornare da lei.
E, infine, aveva descritto il dolore che lo accompagnava come un macigno sul petto, ogni secondo di ogni giorno, dal momento in cui si erano separati.
Era disposto ad accettare ogni tipo di insulto o punizione, ma aveva bisogno di lei. Si sentiva come se gli avessero strappato un pezzo della sua anima e non potesse più essere se stesso.
Quando premette invio erano ormai le sette del mattino e aveva scritto qualcosa come venti pagine in formato digitale. Dopo essersi preso qualche secondo per sospirare, si era diretto a fare una doccia. Non aveva intenzione di perdere tempo. Si sarebbe recato immediatamente a Villa Holmes.
 
Sherlock era seduto nell’ufficio di suo fratello con aria impaziente. Le sue lunghe dita da musicista tamburellavano ritmicamente sul suo ginocchio.
“Non mi aspettavo di vederti di primo mattino.” Esordì il maggiore degli Holmes entrando in quel momento nell’ufficio. “O almeno non prima dell’arrivo del Dottor Watson.”
“Ho preferito venire da solo. Devo parlarti.”
“Come preferisci. Ho detto ad Anthea di portarci il tea.” Spiegò l’uomo mentre si accomodava nella poltrona di fronte a quella del fratello. “Allora, di cosa si tratta?”
“Molly Hooper.”
“Dovrei capire a cosa ti riferisci?”
“Mycroft, non fingere. So che, in qualche modo, vi siete alleati per fare in modo che io e Molly... ci avvicinassimo.”
“Mi piacerebbe prendermene il merito, Sherlock, ma non è così. Ho comunque dato il mio modesto contributo.”
“E Molly ne era a conoscenza?”
“Se ti stai chiedendo se le reazioni e i sentimenti di Miss Hooper siano sinceri, posso confermartelo. Lei doveva esserne all’oscuro come te, o il piano non avrebbe funzionato.”
Sherlock sospirò infastidito per quell’intromissione nella sua vita, ma allo stesso tempo di sentiva anche sollevato. Se Molly non sapeva allora... Lo amava davvero?
“E che mi dici di te, fratello? Provi davvero qualcosa per lei o hai solo deciso di assecondarci?”
Il consulente investigativo rivolse un sorriso enigmatico a suo fratello e si alzò, deciso ad andarsene, ma si fermò un attimo prima di aprire la porta.
“So quanto ti diverta immischiarti nella mia vita, Mycroft, ma non farlo più o potrei ricambiare.”
Ricambiare?”
“Certo. Per esempio, potrei uscire da qui e andare da Anthea e dirle che le hai comprato un anello che tieni costantemente in tasca per paura che lei lo trovi.”
“E perché lo faresti?”
“Perché altrimenti non troveresti mai il coraggio di darglielo...” concluse Sherlock con un sorriso furbo e poi aprì la porta di scatto trovandosi di fronte a una imbarazzata Anthea.
“Ecco, io...” balbettò lei arrossendo per essere stata scoperta a origliare.
“Io rinuncio al tea, Anthea. Ma sono certo che Mycroft sia più che disposto ad accettare qualsiasi cosa tu abbia da offrire.” Spiegò con malizia il detective prima di lasciarli soli.
Mycroft si alzò in piedi con aria colpevole, mentre la sua assistente personale faceva qualche passo nella sua direzione.
“Anthea, io...”
“Penso che dovresti chiedermi un appuntamento.”
“Un appuntamento?”
“Sì. Una cena in un ristorante elegante.”
“D’accordo. Quando...”
“Stasera. Sarò pronta alle sette.”
“Come desideri, mia cara.” Acconsentì Mycroft con un sorriso.
La donna ricambiò e si alzò sulle punte per depositargli un bacio sulla guancia e poi si allontanò per tornare al suo lavoro.
 
Molly e Mary erano sedute in una panchina all’ombra di un grande albero, con un portatile sulle gambe, intente a leggere il blog di John. Mary aveva iniziato a piangere immediatamente, e anche Molly aveva rischiato di cedere nei punti in cui l’ex medico militare dichiarava il proprio amore imperituro per l’amica. Era davvero felice che presto tutto sarebbe tornato al suo posto. Esattamente come doveva essere. E, in un certo senso, si era sentita sollevata dal fatto di non dover odiare John per sempre. Perché sarebbe stato difficile se non impossibile dal momento che era follemente innamorata di Sherlock.
Era ancora concentrata nella lettura quando Toby, che era accoccolato nelle sue braccia, improvvisamente si drizzò e poi saltò a terra. Fece appena in tempo a voltarsi quando vide Sherlock chinarsi a terra e prendere il micio fra le braccia.
“Ehi, come stai piccolo Horus?” aveva sussurrato con tono basso e carezzevole.
Assistere a quella scena fece rimescolare lo stomaco di Molly. Con delicatezza, si allontanò da Mary, che ancora era intenta nella lettura, e lo raggiunse.
“Continui a chiamarlo Horus?”
“Certo, a lui piace.”
I due si scambiarono un sorriso d’intesa e poi, entrambi, distolsero gli occhi in un moto di imbarazzo.
“Quindi, John ha aggiornato il suo blog.”
“Sì, lo stavamo leggendo proprio ora. Siamo appena a metà ma sembra che abbia preso il suo compito molto seriamente.”
“Se ha finito con il blog, presto sarà qui. Mary intende parlargli?”
“Non ne abbiamo discusso, ma credo proprio di sì.”
In quel momento, Molly vide alcune figure in lontananza. Senza fatica riconobbe John, Greg e Mycroft Holmes. La minuta figura di Anthea li raggiunse poco dopo.
“Dovreste seguirmi nel patio. Ci stanno aspettando.”
Molly prese Mary a braccetto e seguì Sherlock. L’amica si asciugava nervosamente le lacrime e tremava per l’emozione.
“Andrà tutto bene.”
“Io non so se sono pronta a parlare con John.” Confessò la bionda con voce tremante.
“Allora non parlare, ascolta e basta.” La invitò la patologa con un sorriso incoraggiante mentre continuava a guidarla verso il patio.
Non appena le vide, John scattò in piedi e, se non fosse stato per Lestrade che lo tratteneva, probabilmente sarebbe corso incontro a Mary. Le due donne si sedettero dalla parte opposta fingendo di non averlo notato.
“Siediti, John.” Lo invitò Sherlock con tono autoritario.
“Ma...”
“Siediti.”
Alla fine obbedì mentre continuava a guardare Mary con occhi da cucciolo ferito.
“Sono certo che tutti noi desideriamo chiarire questa spiacevole faccenda.” Esordì Mycroft Holmes sedendosi al centro in modo da poter osservare tutti. “La donna che ha eseguito i furti al museo è stata pagata per fingersi Mary Morstan e attentare alla vita di mio fratello. Ci ha rivelato che l’uomo che l’ha assunta è Jim Moriarty.”
Un verso di stupore fu emesso da tutti i presenti, tranne che da Sherlock.
“Non siate così stupiti, era assolutamente ovvio.” Esclamò infatti il consulente investigativo. “Quel proiettile non doveva uccidermi, era evidente. E c’era solo una persona che poteva aver ordito un simile piano solo per tormentare me e chi mi circonda.”
“Quindi... è stato lui a mandarmi le foto?” esclamò John confuso.
“La donna che aveva pagato.” Spiegò ancora Mycroft Holmes. “Una certa Jane Hamilton. E devo dire che è abbastanza somigliante a Miss Morstan, una volta attuati alcuni accorgimenti. Ritengo che il suo errore sia più che comprensibile, Dottor Watson.”
“Non avrei dovuto comunque comportarmi così... Mary, mi dispiace.” Aveva proseguito rivolto all’altro capo della sala dove lei lo fissava con gli occhi lucidi.
Per un attimo, il silenzio divenne opprimente, poi la donna si alzò e attraversò il patio, fermandosi di fronte al suo fidanzato.
“Se vuoi schiaffeggiarmi, fallo. So di meritare anche di peggio.” Implorò lui mantenendo il capo basso, con le palpebre strette in attesa. “Fammi quello che vuoi ma, ti prego, perdonami.”
Tutti i presenti rimasero in silenzio e la tensione era palpabile come uno spesso tessuto. Mary rimase immobile per molto tempo e poi, lentamente, alzò una mano verso il volto di John.
Molly scattò in piedi con l'intenzione di fermarla ma, quando giunse accanto a lei, la vide affondare le dita tra i folti capelli del suo fidanzato e attirarlo a sé in un abbraccio.
“Oh, John...” mormorava in lacrime. “Certo che ti perdono...”
L'uomo le circondò la vita con le braccia, aggrappandosi a lei, in preda a lacrime di sollievo.
“Mary, ti amo...”
I presenti si scambiarono uno sguardo d’intesa e si allontanarono discretamente, lasciandoli soli.
 
Sherlock sorseggiava il suo tea, fingendo di ascoltare i discorsi dei presenti, ma in realtà il suo sguardo era fisso su Molly. La osservava parlare e sorridere con gli altri mentre mangiava dei biscotti.
Quando i loro sguardi si incrociarono, per qualche secondo fu come se tutto il tempo si fermasse, come se in quella stanza non ci fosse nessun altro oltre loro. Deglutì immaginando quando avrebbero potuto restare davvero soli. Probabilmente anche Molly ebbe lo stesso pensiero, perché abbassò lo sguardo arrossendo.
In quell’istante raggiunse la chiara convinzione che loro due si appartenevano e che era sciocco fingere il contrario. Non quando era così evidente per chiunque.
Fece qualche passo nella sua direzione ma fu interrotto da John e Mary che li raggiunsero.
“Abbiamo un annuncio da fare.” Esclamò John apparentemente impossibilitato a smettere di sorridere.
Tutti i presenti si voltarono incuriositi e li circondarono in trepidante attesa.
“Di cosa si tratta?” chiese Molly con un sorriso impaziente.
“Abbiamo deciso che ci sposeremo oggi!” rispose Mary con un urletto di gioia.
“Oggi? Ma...” chiese confusa l’amica.
“Dobbiamo solo trovare un giudice disposto a celebrare con così poco preavviso. Mycroft, non vorrei abusare ancora della tua disponibilità, ma...”
“Sarei onorato di occuparmi della faccenda, Miss Morstan.” replicò l’uomo con un sorriso galante e un leggero inchino. “Conosco alcuni giudici che mi devono più di un favore.”
“E possiamo organizzare il ricevimento qui, giusto, Sir?” propose Anthea con un sorriso verso il proprio capo.
“Se ritieni di poter organizzare il tutto e non hai altri impegni...”obbiettò il maggiore degli Holmes lanciando uno strano sguardo alla sua assistente personale.
“Non c’è problema, Sir.”
Lui annuì con un cenno del capo e poi sorrise a tutti i presenti.
“Allora è deciso.”
Mary esultò e baciò il suo futuro marito per poi abbracciare la sua migliore amica, mentre John ricevette i migliori auguri di Lestrade.
Sherlock era rimasto in silenzio per tutto il tempo e raggiunse il suo migliore amico.
“John.” Disse semplicemente prima di stringergli la mano.
L’amico scosse il capo con un sorriso e poi lo strinse in un abbraccio fraterno. Il detective rimase per un momento bloccato e poi ricambiò con una pacca sulla spalla.
“Grazie di tutto, amico.”
“Dovere. E se dovessi far piangere ancora Mary, dovresti vedertela con me.”
“Non succederà.”
Mary, Molly e Anthea si erano già organizzate per iniziare i preparativi, con l’entusiasmo e l’energia che solo le donne possiedono, ed erano già pronte a iniziare immediatamente.
Sherlock rimase per un attimo perplesso quando le vide uscire dalla stanza e, ricordando le sue intenzioni di poco prima, decise di fermarle.
“Un attimo, signore. Per favore.”
Tutti i presenti lo osservarono con curiosità. Il tono perentorio che aveva usato sembrava non promettere niente di buono.
“C’è qualcosa che non va, Sherlock?” chiese Mary con sguardo preoccupato.
“Io... Io ho bisogno di Molly.” Esclamò lui sentendo improvvisamente la voce farsi roca. “Ho bisogno di parlare con lei.”
Il silenzio calò nella stanza, carico di aspettativa. Poteva scorgere un sorriso farsi strada sul viso di ognuno di loro, soddisfatti del risultato del proprio gioco.
“Sono qui, Sherlock. Dimmi.” Disse la patologa facendo un passo avanti.
Lui la raggiunse e si perse per un secondo nei suoi occhi castani. Avrebbe voluto dirle tante cose ma, all’improvviso, la presenza degli altri lo inibiva.
“Tu... Tu non mi ami?” esclamò infine cercando di apparire freddo e impassibile come sempre.
“No!” esclamò lei chiaramente irritata per avergli fatto una domanda simile di fronte a tutti i loro amici. “Non più di quanto sia ragionevole...” aggiunse poco dopo per mitigare la sua reazione. “E tu allora? Non mi ami?” chiese ancora ripagandolo con la stessa imbarazzante moneta.
“Ovviamente no.” Rispose lui glaciale. “Non più di quanto sia logico.”
I presenti risero e poi John gli si fece accanto.
“Andiamo, Sherlock. Basta mentire. E se non confesserai la verità mostrerò a Molly questo!”
“Cosa...”
“Una delle bozze delle mail che avevi intenzione di inviarle.”
Prima che Sherlock potesse impedirlo, Molly afferrò il foglio di carta divertita e iniziò a leggere.
“E se Molly non ammette ciò che prova, posso mostrare questo a Sherlock!” aggiunse Mary sventolando un libricino.
Questa volta Sherlock fu più veloce e lo afferrò, scoprendo che era il diario di Molly. La donna cercò di portarglielo via, ma invano. E aprendolo all’ultima pagina, Sherlock poté leggere che parlava di lui.
“Quindi... Un miracolo. Le nostre mani contro i nostri... ehm... cuori.” Concluse con tono sarcastico. “E va bene, ti sposo, se vuoi. Ma posso giurare che lo faccio solo perché mi fai pena.” Aggiunse con il chiaro intento di provocarla.
“Ah, è così?” replicò lei trattenendo a stento una risata. “E io accetto, ma solo dopo grandi insistenze e per salvarti la vita, perché ho sentito dire che rischi di prendere qualche malattia venerea...”
“Oh, per l’amore del cielo, basta!” esclamò lui con una risata afferrandola per i fianchi e baciandola con passione. “Maledetta strega.” Sussurrò fra le sue labbra con un sorriso malizioso.
“Arrogante saputello.” Replicò lei stringendogli le braccia al collo.
“Ce ne avete messo di tempo, eh?” chiese John alle sue spalle, costringendoli a separarsi. “E ora dimmi, Sherlock, sbaglio o avevi giurato che non ti saresti mai sposato? Perché io invece avevo giurato di vederti morire d’amore...”
“Non sono sicuro che quelle fossero le esatte parole.”
“Ok, lasciamo stare, sono felice per voi. E tratta bene Molly, o giuro che ti prendo a bastonate.”
“Non preoccuparti, John. Posso fare da me.” Commentò la patologa ammiccando.
“Devo congratularmi, fratellino. Non ero sicuro che avresti mai preso questa saggia decisione.” Disse Mycroft stringendogli la mano.
“Forse sono più saggio di te, alla fine.” Lo provocò Sherlock lanciando uno sguardo ad Anthea che era lì accanto. “E, in merito al giudice che ti deve un favore... Pensi possa celebrare una doppia cerimonia?”
Per un istante tutti rimasero paralizzati.
“Sherlock, parli seriamente?” chiese Molly con voce tremante.
“Certo. Non vedo la ragione di attendere. Non sei d’accordo?”
“Ecco, io...”
“Non ci sarà alcun problema, fratellino. E posso anche mandare un elicottero a prendere i nostri genitori.” Rispose Mycroft con un sorriso e alzando le sopracciglia con malizia.
Sherlock, però, non lo ascoltava e continuava a fissare Molly.
“Sei d’accordo?”
“Io... Sì.” Accettò infine la patologa portandosi la mano alla bocca per trattenere un singhiozzo. “Oh, mio Dio... Sì!”
Lui la ripagò con un sorriso smagliante e poi la baciò di nuovo con trasporto.
“Allora, non c’è tempo da perdere. Devo andare a comprarti un anello.” Concluse lui salutandola brevemente prima di scappare via.
 

 

   
 
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