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Autore: fers94    10/07/2014    3 recensioni
Hanna e Caleb, due anni dopo essersi visti l'ultima volta a Ravenswood ed essersi lasciati andare pur consapevoli di amarsi ancora, si rincontrano per uno scherzo del destino alla NYU. Molte cose sono cambiate da allora, ma i sentimenti sembrano essere sempre gli stessi per entrambi. Quali saranno le loro reazioni quando si ritroveranno?
«No, non è troppo tardi, Hanna. Vivi di me e lascia che io viva di te. So che non è facile, ed io non pretendo tutto e subito, ma... Ma vale la pena tentare. Per noi, vale la pena. Dopo tutto quello che abbiamo passato...»
[Si ringrazia Gloria Bennet per il banner]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashley Marin, Caleb Rivers, Hanna Marin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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26. Too late
 
 
"You say sorry like an angel, heaven's not the thing for you. But I'm afraid, it's too late to apologize, it's too late..."
[Apologize - OneRepublic feat. Timbaland]
 
 
«Dave...» bisbigliò Hanna, incerta su cosa dire o fare.
Dave alzò le sopracciglia e sospirò.
«Devi dirmi qualcosa, o sbaglio?» aggiunse.
«Dave, io...»
Il ragazzo però la interruppe, esasperato.
«No, anzi, non dire niente. Lascia stare. Non voglio sentirti dire che ti dispiace, che non volevi ferirmi, che non è colpa mia, che in me non c'è niente che non va, e tutte queste cazzate. Io so solo, Hanna, che mentre io piangevo sulla tua spalla per mio padre, tu te la facevi con il ragazzo che io stesso ho ringraziato fino alla nausea per averti salvato la vita, e... Non ho parole, io... Io pensavo che tu fossi una persona pulita, limpida, pura, fino in fondo, e... E invece sei solo una sporca traditrice che non ha avuto neanche il degno coraggio di dirmi la verità prima che me la dicesse una stupida pettegola come Molly Wiscott, e sai qual è la cosa più divertente, Han? Lo sai? Lei me lo diceva da un sacco di tempo, ma io no, non le credevo. Non pensavo possibile che tu fossi così, che... Che mi stessi tradendo con questo tipo con i baffi che è arrivato qui sicuramente perché è uno squallido raccomandato, e... Ed è davvero un peccato che lui adesso non sia qui con noi, non credi? Ma non preoccuparti, sono sicuro che lui ed io avremo presto l'occasione di parlare... Dio, sono stato un idiota. Tua madre non è mai stata male, vero? La sera della festa tu sei andata via con lui, non è così? E ti sei divertita mentre io mi preoccupavo che tua madre stesse bene... E lo stesso hai fatto per tutte queste settimane, no? Come quando hai annullato la nostra cena dicendo che Spencer era venuta a trovarti... Oppure adesso, che dici di essere a casa malata e poi esci dalla sua stanza con una felpa che ti sta quattro volte... È tutto chiaro, Hanna. Io piangevo per mio padre e nel frattempo tu andavi a letto con lui. È magnifico. È perfetto, sul serio. L'unica cosa bella della mia vita eri tu, Hanna, ma la verità è che io non ho idea di chi tu sia... So solo che ora come ora mi fai più schifo di quanto possa fare schifo la mia vita e credimi, la mia vita tocca davvero il fondo.»
Hanna non fece nulla mentre Dave sputava quelle parole di risentimento dalla bocca. Aveva un'espressione disgustata e delle lacrime di rabbia agli angoli degli occhi. Ed Hanna evitava il suo sguardo d'odio, abbassando la testa e lasciandosi penetrare da ogni singolo lecito insulto con impotenza, piangendo e stringendo i pugni. Dave aveva ogni diritto di farla sentire così, e lei lo sapeva. Si sentì solo di precisare una cosa, ma non si rivelò essere una buona idea. Affatto.
«Dave, mi dispiace, io... Io e lui...  È successo solo una volta, e... Ed era prima che tuo padre...»
Dave si scaldò e la interruppe nuovamente, alzando il tono di voce.
«Non nominare mio padre. Non ti azzardare nemmeno... Ma non ti vedi, Hanna? Ora che ci faccio caso, sei anche ingrassata... Ti farebbe bene tornare ai tuoi giorni da grassona depressa quando vomitavi anche l'anima, magari perdi un po' di lardo... E vuoi saperla una cosa? Eri meglio bulimica che troia...»
Hanna scoppiò a piangere senza ritegno, e Dave le rise in faccia.
«Sei davvero pietosa... Vado a farmi un bicchiere per pensare a quanto sono stato stupido a stare insieme ad una ragazzina stupida come te...» continuò.
Hanna tentò di fermarlo non appena accennò al fatto che stesse andando a bere. Non voleva assolutamente che lui ricadesse in tentazione con l'alcool, come aveva sempre temuto che avrebbe fatto non appena avesse scoperto tutta la verità. D'istinto, allora, lo afferrò per un braccio, implorando il suo nome. Voleva fermarlo. Voleva solo fermarlo.
Ma Dave, stizzito, rifiutò quel contatto con un istinto violento, scrollandosi di dosso il braccio di Hanna con forza. 
Con abbastanza forza.
Hanna perse l'equilibrio, sbattendo contro la porta della stanza di Caleb ed accasciandosi quindi a terra. E non appena cadde, avvertì un dolore nella zona addominale. Un dolore interno, un dolore mai provato prima. Fece una smorfia ed emise un mugolio di dolore, ma Dave se ne infischiò e corse via da lì, lasciandola a terra con le mani sullo stomaco. Hanna capì che probabilmente stava succedendo qualcosa al suo bambino, dunque si mise ad urlare come poteva, sperando che qualcuno potesse sentirla. Ma sembrava che quel sabato mattina, le camerate di quel corridoio maschile della NYU non fossero molto popolate. Hanna prese quindi il cellulare e chiamò Brit, sperando che fosse in stanza e che potesse raggiungerla. E fortuna volle che fu così.
«Hanna?» rispose Brit, dopo qualche squillo.
«Brit... Ti prego, vieni davanti alla stanza 319... È nello scompartimento maschile... Ti prego, mi serve aiuto...» mugugnò Hanna, tra singhiozzi e versi di dolore.
«Hanna, che succede?»
«Dimmi che sei al college e che puoi venire...»
«Sì, sto arrivando... Ma che succede, Han? Mi fai preoccupare!»
«Ho un malore... Fa' in fretta e chiama qualcuno...»
Brit, a quelle parole, si precipitò dal medico di guardia del college e diede l'allarme, quindi si fece strada più velocemente che poté verso la stanza che le aveva indicato Hanna. Il medico la seguì più lentamente, e Brit finalmente si trovò da Hanna.
«Hanna, che diavolo è successo?» chiese, inginocchiandosi accanto a lei e prendendola per mano.
«Brit, io... Io sono...» balbettò Hanna, alternando alle parole dei lamenti di dolore.
«Tranquilla, sta arrivando il medico, okay?»
«Brit... Sono incinta...»
Brit rimase di sasso.
«Che cosa?»
Hanna annuì debolmente.
«Credo di essere alla quarta settimana, è poco tempo, probabilmente il bambino è ancora molto debole, e... Non posso rischiare di perderlo... Non voglio perderlo...» continuò.
«Hanna, respira, okay? Non lo perderai...» disse Brit, accarezzandola.
«È di Caleb, Brit...» sussurrò poi Hanna.
Brit annuì, stringendole la mano.
«Il medico è qui... Andrà tutto bene, hai capito?» continuò.
Hanna annuì a sua volta.
«Non dirlo a nessuno... Neanche a Caleb... Devo farlo io...» aggiunse.
«D'accordo, non preoccuparti...» rispose lei.
Arrivò quindi il medico e Brit si fece da parte, sperando che tutto andasse per il meglio.
 
 
Qualche ora dopo, Hanna era in un letto d'ospedale, ad aspettare gli esiti delle analisi per sapere se il suo bambino stesse bene, visto che le avevano definitivamente confermato la gravidanza. Non sentiva più dolore, ma aveva avuto una piccola perdita che le faceva temere il peggio. Era lì con Brit, Aria, Spencer ed Emily, che erano state avvisate dalla stessa Brit su richiesta di Hanna. Aveva bisogno di loro. Era spaventata, piangeva, e pregava che non avesse perso quel figlio che aveva appena saputo di avere in grembo. Quel terrore al pensiero di perderlo, le fece capire che aveva già instaurato un qualche legame con quel piccolo esserino, da subito.
Suo figlio. Figlio di Caleb. Loro figlio.
Ed Hanna lo voleva.
D'altra parte, aveva sempre saputo che, in qualche modo, il suo futuro sarebbe stato con Caleb e con i loro bambini. Magari più tardi, ma una parte di sé aveva sempre saputo che sarebbe andata a finire così.
Decise di dire a Caleb di raggiungerla all'ospedale, assicurandogli che lei stesse bene e di non preoccuparsi troppo. Emily fece la chiamata per lei, che non se la sentì fino in fondo. Caleb rispose convinto che fosse Hanna.
«Hey, principessa... Stavo per chiamarti io, ho appena finito, e...»
Emily lo interruppe.
«Caleb, sono Emily.»
«Oh, Emily... Ciao, da quanto tempo...» disse quindi Caleb, spiazzato e confuso sul perché Emily stesse parlando con lui dal cellulare di Hanna.
«Ciao... Senti, è successa una cosa ma non devi spaventarti, okay?»
«Dov'è Hanna? Sta bene?» chiese allora Caleb, preso dal panico.
«Lei sta bene, tranquillo. Solo... È in ospedale, ma...»
Caleb la interruppe.
«Dio, Emily, che è successo? In che ospedale è?»
«Vieni qui e potrai vederla e parlare con lei, ma sta bene, capito? Sta bene, te lo giuro.»
Emily diede quindi a Caleb l'indirizzo dell'ospedale, ed immediatamente il ragazzo riattaccò e prese il primo taxi.
   
 
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