Allura… questo capitolo è un po’così, perchè se avessi scritto di più
poi mi sarei persa, sisi, visto che in realtà neppure io sono più tanto
convinta di come dovrà finire…
*si guarda intorno un tantino agitata, visto che Rei sta sventolando
una mannaia nella sua direzione con l’evidente
intento di farle tanto tanto male*….
Però nella mia mente malata sta andando bene, cioè, loro non si
lasciano…=____= (n.d. Rei) non è già una cosa buona??? =____= (n.d Kei) Vabbè,
ringraziamenti, tanti, tantissimi, a chi ha commentato, però devo dire che
nell’ultima versione della storia che mi è venuta in mente Yuri non subisce
nulla di grave…il problema è che, personalmente, io lo detesto, e per questo,
con tutte le probabilità, continuerà a vivere…0________________0
Ragionamento contorto? Bah, non lo saprò mai… comunque, bando alle
ciance e buona lettura, spero che sarà di gradimento.
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I was never the right
one to dare to dream,
It's funny what this life has done to me now
You were always the only,
To help me see there was a road I must find,
A road that was mine
(down to my last- alter bridge)
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Era
già arrivato alla sede, ma non riusciva ancora a vedere Ivan. Decise di andare dalla donna in abiti
sgargianti che si occupava di mantenere una parvenza di normalità all’interno
del grosso palazzo alla periferia est di Mosca. Quando vide che le si
avvicinava, la bionda sorrise. –salve signor Hiwatari, cosa posso fare per lei?- la cortesia di quella donna di
facciata lo nauseava, lo nauseava anche solo l’idea di quella… persona che si
aggirava per i corridoi andando a chiamare coloro i quali erano stati
incaricati di omicidi come se li stesse avvertendo che era pronto il caffè. –
sto cercando Ivan. Yuri gli ha lasciato un incarico.- rispose sbrigativo, senza
neppure guardarla negli occhi. –certo, lo chiamo subito. Aspettate qualche momento
qui.- disse indicando quella che aveva tutto l’aspetto di una comunissima sala
d’aspetto.
Kei, sbuffando, si poggiò ad una parete.
Presto, molto presto, tutta la sua irritazione
sarebbe sparita. Su questo solo pensiero si permise di indugiare, pregustando
il momento in cui le urla di un estraneo avessero riempito le sue orecchie ed
il sangue di questo sconosciuto avesse sporcato le sue mani. Socchiuse gli
occhi, ma non fu una buona mossa, perché ultimamente ogni volta che lo faceva
immagini della sua vita con Rei iniziavano a farsi strada nella sua mente
contorta fino ad arrivare a danzare davanti ai suoi occhi.
-ciao Kei!- esclamò una voce fin troppo squillante
che, per sua fortuna, lo riportò alla realtà. Quando aprì gli occhi trovò il
volto di Ivan, che gli offriva un sorriso smagliante.
Odiava tutto di quel ragazzo. Rideva in
continuazione, aveva paura ad uccidere, non si avvicinava ad i prigionieri. Ed
in più pretendeva di poter fare come voleva.
-sta’ zitto, non ti voglio sentire. Solo, portami
dove devi, e fa’ in fretta.- l’altro abbassò il capo, come sempre intimorito da
quel burbero tatuato.
Rifletté sul fatto che erano ben poche quelle
persone che non gli davano ai nervi in modo insopportabile, probabilmente si
contavano sulle dita di una mano, e Rei era una di queste persone. Scosse
violentemente il capo per impedirsi di soffermarsi su quei pensieri e mantenere
la testa completamente sgombra.
Si diressero verso una grande porta in legno
massiccio, che conduceva ai piani inferiori. Andavano sempre più giù, e man
mano che la scale si inoltravano di più nella terra, il buio si infittiva.
Per scelta, quelli dell’organizzazione non avevano
fatto arrivare la corrente in quel luogo, ed in più non vi erano prese d’aria.
Era una specie di strategia, a quanto diceva Yuri: i prigionieri dovevano
sentirsi molto più intimoriti, e questo, aggiunto alla malnutrizione ed alle
urla che ogni tanto si sentivano quando uno dei russi era “all’opera” li faceva cedere più rapidamente di quanto
avessero fatto in condizioni normali.
Benché aspettasse con macabra trepidazione l’istante
in cui avesse visto il volto del suo prigioniero,
Kei aveva una strana sensazione, un senso di claustrofobia che non aveva mai
provato.
Quando si fermarono erano scesi veramente tanto, e
l’aria aveva quasi una consistenza propria tanto era fetida e stantia. Ormai
Ivan avanzava con una mano davanti al volto, per impedirsi di respirare appieno
quell’odore, mentre l’altro si comportava come se non sentisse nulla di strano.
Gli indicò la cella, Ivan, una cella in tutto e per tutto uguale alle altre,
con la porta di ferro, spessa, con una piccola finestrella sbarrata in fondo,
per permettere a quelli che se ne occupavano di mandare un piatto con la poca
razione di cibo stabilita.
Il tatuato prese due candele e le chiavi che la
“guida” gli porgeva, e dopo un rapido gesto di congedo, entrò nella piccola
stanza. All’interno non si vedeva nulla, non c’erano neppure suoni, ma questo
non stupì il russo: solitamente i prigionieri si rintanavano in un angolo,
coperti dai loro stracci, raggomitolati su se stessi, in un primordiale ed
inutile tentativo di auto proteggersi. Non riuscì a trattenere un sorriso
freddo nel chiudere la porta, constatando così che Ivan se ne era già andato.
“fifone” pensò.
Si voltò
nuovamente, con una delle candele ben alta sopra la testa, per avere un raggio
di luce maggiore. La stanza era molto sporca, e puzzava, puzzava terribilmente:
forse qualche partesi quel malcapitato stava già andando in cancrena.
Si avvicinò però alla mensola che si trovava sulla
parete opposta a quella in cui era incatenato quello che un tempo di sicuro era
stato un uomo, ed osservò con piacere che Yuri gli aveva lascito tutti gli
oggetti di cui doveva aver già fatto largo uso. Posò lì una candela, e si
concesse di scegliere con accurata precisione l’arma che avrebbe usato per
prima. La sua attenzione venne catturata da un punteruolo, e subito lo prese
tra le mani, per saggiarne il peso e la consistenza.
Rei sapeva cosa stava accadendo, ma l’idea lo
agghiacciava a tal punto che la sua mente la stava rifiutando. Nonostante la
consapevolezza di quello che sarebbe accaduto, nonostante razionalmente sapesse
riconoscere con fin troppa chiarezza il proprietario di quel passo cadenzato,
il suo inconscio gli urlava che era sempre la stessa persona che in tutto quel
tempo –non sapeva quanto ne fosse in effetti passato- lo aveva torturato con
una gioia spaventosa.
Non riusciva più a muovere le braccia, non riusciva
più a versare lacrime, ma anche se buona parte delle sue capacità fossero
improvvisamente come congelate, il dolore che sentiva non accennava a
diminuire.
Kei… Kei…Kei stava per mostrarsi per quello che era
veramente? Di questo aveva paura, più che del male fisico che avrebbe potuto
fargli, temeva di essere costretto ad
accorgersi che aveva sempre mentito, che gli aveva sempre e solo mostrato una
maschera, che con lui aveva sempre solo recitato. E con quei pensieri, immancabilmente, un
nuovo e più forte dolore si fece sentire.
Chiuse forte gli occhi, stringendoli rabbiosamente,
e aspettò.
Sentì che l’altro gli si stava avvicinando, poteva
percepirlo, sempre più vicino, sempre più vicino. Poi, come aveva fatto il suo
predecessore, si accucciò davanti a lui.
Quasi gli faceva pena. Gli erano stati rasati
completamente i capelli, chissà di che
colore potevano essere, e a giudicare dalla posizione penzolante ai lati
del corpo, Yuri non doveva aver lasciato intatto neppure un singolo osso
presente nelle braccia. Per quel che poteva vedere aveva molte ferite, quel
prigioniero, alcune abbastanza importati, altre solo superficiali, il cui unico
scopo era quello di creare ulteriore dolore. – che cosa hai combinato, eh? Hai
fatto scomodare persino Ivanov!- si interruppe un istante, solo per stuzzicare
l’altro con la mano libera. –eh sì, devi aver fatto proprio qualcosa di
brutto!-
A quel punto il prigioniero aprì gli occhi, facendo
quasi venire un mancamento a Kei. Quegli occhi….quegli occhi così vivi, così
puri, così amati gli impedirono ogni reazione.
Non sarebbe dovuta andare così, il suo unico sogno
non poteva infrangersi così.
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Imploro umilmente i lettori di recensiiiiiiiire….ç___________ç
supplico!!!! Se non mi viene detto dove sbaglio
come faccio a fare meglio?_?
vabbè, grazie comunque a chi ha letto fino a qui, anche se sarà cattivo
e non recensirà… sigsig sobsob….