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Autore: eliala    29/08/2008    2 recensioni
spero che i personaggi non siano ooc... la storia ha come tragici protagonisti rei e kei, una coppia problematica, in crisi a causa di una serie di cose nascoste. forse la storia risulterà scialba, ma l'idea mi piaceva, così ho provato a metterla su carta... ditemi che ve ne pare ^^
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Hiwatari, Rei Kon, Yuri
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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bnm3

Allura… questo capitolo è un po’così, perchè se avessi scritto di più poi mi sarei persa, sisi, visto che in realtà neppure io sono più tanto convinta di come dovrà finire…

*si guarda intorno un tantino agitata, visto che Rei sta sventolando una mannaia nella sua direzione con l’evidente intento di farle tanto tanto male*….

Però nella mia mente malata sta andando bene, cioè, loro non si lasciano…=____= (n.d. Rei) non è già una cosa buona??? =____= (n.d Kei) Vabbè, ringraziamenti, tanti, tantissimi, a chi ha commentato, però devo dire che nell’ultima versione della storia che mi è venuta in mente Yuri non subisce nulla di grave…il problema è che, personalmente, io lo detesto, e per questo, con tutte le probabilità, continuerà a vivere…0________________0

Ragionamento contorto? Bah, non lo saprò mai… comunque, bando alle ciance e buona lettura, spero che sarà di gradimento.

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I was never the right one to dare to dream,
It's funny what this life has done to me now
You were always the only,
To help me see there was a road I must find,
A road that was mine

(down to my last- alter bridge)

…………………………………………………………………………….

Era già arrivato alla sede, ma non riusciva ancora a vedere Ivan. Decise di andare dalla donna in abiti sgargianti che si occupava di mantenere una parvenza di normalità all’interno del grosso palazzo alla periferia est di Mosca. Quando vide che le si avvicinava, la bionda sorrise. –salve signor Hiwatari, cosa posso fare per lei?- la cortesia di quella donna di facciata lo nauseava, lo nauseava anche solo l’idea di quella… persona che si aggirava per i corridoi andando a chiamare coloro i quali erano stati incaricati di omicidi come se li stesse avvertendo che era pronto il caffè. – sto cercando Ivan. Yuri gli ha lasciato un incarico.- rispose sbrigativo, senza neppure guardarla negli occhi. –certo, lo chiamo subito. Aspettate qualche momento qui.- disse indicando quella che aveva tutto l’aspetto di una comunissima sala d’aspetto.

Kei, sbuffando, si poggiò ad una parete.

Presto, molto presto, tutta la sua irritazione sarebbe sparita. Su questo solo pensiero si permise di indugiare, pregustando il momento in cui le urla di un estraneo avessero riempito le sue orecchie ed il sangue di questo sconosciuto avesse sporcato le sue mani. Socchiuse gli occhi, ma non fu una buona mossa, perché ultimamente ogni volta che lo faceva immagini della sua vita con Rei iniziavano a farsi strada nella sua mente contorta fino ad arrivare a danzare davanti ai suoi occhi.

-ciao Kei!- esclamò una voce fin troppo squillante che, per sua fortuna, lo riportò alla realtà. Quando aprì gli occhi trovò il volto di Ivan, che gli offriva un sorriso smagliante.

Odiava tutto di quel ragazzo. Rideva in continuazione, aveva paura ad uccidere, non si avvicinava ad i prigionieri. Ed in più pretendeva di poter fare come voleva.

-sta’ zitto, non ti voglio sentire. Solo, portami dove devi, e fa’ in fretta.- l’altro abbassò il capo, come sempre intimorito da quel burbero tatuato.

Rifletté sul fatto che erano ben poche quelle persone che non gli davano ai nervi in modo insopportabile, probabilmente si contavano sulle dita di una mano, e Rei era una di queste persone. Scosse violentemente il capo per impedirsi di soffermarsi su quei pensieri e mantenere la testa completamente sgombra.

Si diressero verso una grande porta in legno massiccio, che conduceva ai piani inferiori. Andavano sempre più giù, e man mano che la scale si inoltravano di più nella terra, il buio si infittiva.

Per scelta, quelli dell’organizzazione non avevano fatto arrivare la corrente in quel luogo, ed in più non vi erano prese d’aria. Era una specie di strategia, a quanto diceva Yuri: i prigionieri dovevano sentirsi molto più intimoriti, e questo, aggiunto alla malnutrizione ed alle urla che ogni tanto si sentivano quando uno dei russi era “all’opera” li faceva cedere più rapidamente di quanto avessero fatto in condizioni normali.

Benché aspettasse con macabra trepidazione l’istante in cui avesse visto il volto del suo prigioniero, Kei aveva una strana sensazione, un senso di claustrofobia che non aveva mai provato.

Quando si fermarono erano scesi veramente tanto, e l’aria aveva quasi una consistenza propria tanto era fetida e stantia. Ormai Ivan avanzava con una mano davanti al volto, per impedirsi di respirare appieno quell’odore, mentre l’altro si comportava come se non sentisse nulla di strano. Gli indicò la cella, Ivan, una cella in tutto e per tutto uguale alle altre, con la porta di ferro, spessa, con una piccola finestrella sbarrata in fondo, per permettere a quelli che se ne occupavano di mandare un piatto con la poca razione di cibo stabilita.

Il tatuato prese due candele e le chiavi che la “guida” gli porgeva, e dopo un rapido gesto di congedo, entrò nella piccola stanza. All’interno non si vedeva nulla, non c’erano neppure suoni, ma questo non stupì il russo: solitamente i prigionieri si rintanavano in un angolo, coperti dai loro stracci, raggomitolati su se stessi, in un primordiale ed inutile tentativo di auto proteggersi. Non riuscì a trattenere un sorriso freddo nel chiudere la porta, constatando così che Ivan se ne era già andato. “fifone” pensò.

Si voltò nuovamente, con una delle candele ben alta sopra la testa, per avere un raggio di luce maggiore. La stanza era molto sporca, e puzzava, puzzava terribilmente: forse qualche partesi quel malcapitato stava già andando in cancrena.

Si avvicinò però alla mensola che si trovava sulla parete opposta a quella in cui era incatenato quello che un tempo di sicuro era stato un uomo, ed osservò con piacere che Yuri gli aveva lascito tutti gli oggetti di cui doveva aver già fatto largo uso. Posò lì una candela, e si concesse di scegliere con accurata precisione l’arma che avrebbe usato per prima. La sua attenzione venne catturata da un punteruolo, e subito lo prese tra le mani, per saggiarne il peso e la consistenza.

Rei sapeva cosa stava accadendo, ma l’idea lo agghiacciava a tal punto che la sua mente la stava rifiutando. Nonostante la consapevolezza di quello che sarebbe accaduto, nonostante razionalmente sapesse riconoscere con fin troppa chiarezza il proprietario di quel passo cadenzato, il suo inconscio gli urlava che era sempre la stessa persona che in tutto quel tempo –non sapeva quanto ne fosse in effetti passato- lo aveva torturato con una gioia spaventosa.

Non riusciva più a muovere le braccia, non riusciva più a versare lacrime, ma anche se buona parte delle sue capacità fossero improvvisamente come congelate, il dolore che sentiva non accennava a diminuire.

Kei… Kei…Kei stava per mostrarsi per quello che era veramente? Di questo aveva paura, più che del male fisico che avrebbe potuto fargli, temeva di essere costretto ad accorgersi che aveva sempre mentito, che gli aveva sempre e solo mostrato una maschera, che con lui aveva sempre solo recitato. E con quei pensieri, immancabilmente, un nuovo e più forte dolore si fece sentire.

Chiuse forte gli occhi, stringendoli rabbiosamente, e aspettò.

Sentì che l’altro gli si stava avvicinando, poteva percepirlo, sempre più vicino, sempre più vicino. Poi, come aveva fatto il suo predecessore, si accucciò davanti a lui.

Quasi gli faceva pena. Gli erano stati rasati completamente i capelli, chissà di che colore potevano essere, e a giudicare dalla posizione penzolante ai lati del corpo, Yuri non doveva aver lasciato intatto neppure un singolo osso presente nelle braccia. Per quel che poteva vedere aveva molte ferite, quel prigioniero, alcune abbastanza importati, altre solo superficiali, il cui unico scopo era quello di creare ulteriore dolore. – che cosa hai combinato, eh? Hai fatto scomodare persino Ivanov!- si interruppe un istante, solo per stuzzicare l’altro con la mano libera. –eh sì, devi aver fatto proprio qualcosa di brutto!-

A quel punto il prigioniero aprì gli occhi, facendo quasi venire un mancamento a Kei. Quegli occhi….quegli occhi così vivi, così puri, così amati gli impedirono ogni reazione.

Non sarebbe dovuta andare così, il suo unico sogno non poteva infrangersi così.

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Imploro umilmente i lettori di recensiiiiiiiire….ç___________ç supplico!!!! Se non mi viene detto dove sbaglio come faccio a fare meglio?_? vabbè, grazie comunque a chi ha letto fino a qui, anche se sarà cattivo e non recensirà… sigsig sobsob….

  
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