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Autore: SakiJune    10/07/2014    0 recensioni
Ada Markham vive a Londra e NON è una ragazza come tutte le altre: è una fangirl del Dottore, proveniente da un’altra dimensione. Per un capriccio di Clara, delusa e scontenta dopo la rigenerazione del Dottore, Ada giunge a bordo della TARDIS e gli equilibri stagnanti tra i membri dell’equipaggio subiranno un serio scossone.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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E corsero via, di nuovo sulla TARDIS, di nuovo nel Vortice del Tempo, di nuovo in quel guardaroba immenso perché non su tutti i pianeti è consentito dalla legge o dal clima scorrazzare in camicia da notte. Su qualcuno di essi non sarebbe nemmeno il caso di portare un completo verde pavone, ma su questo ci sarebbe stato da discutere - e discutere dell’abbigliamento del Dottore era veramente uno spreco di tempo e di fiato, no?
I vecchi abiti di Clara erano troppo piccoli per Honey, che era più alta di quattro pollici e mezzo. Quelli di Ada, che pure come altezza sarebbero andati bene, erano troppo stretti sui fianchi e sul seno. Ed era un eufemismo, visto che di seno Ada aveva sempre avuto una retromarcia.
Dorium sosteneva che provarsi allo specchio un gran numero di vestiti fosse terapeutico, e avendo l’intera documentazione della Clinica sul chip sapeva quel che diceva; aveva a che fare con il sentirsi a proprio agio e scoprire le potenzialità del proprio aspetto. Non che gli facesse piacere ricordare di non avere più la possibilità di indossare alcunché, ma non poteva incolpare altri che se stesso per la fine che aveva fatto; solo grazie al Dottore non si era trattato della fine in senso stretto, perciò essergli utile era un vero onore che ripagava anche se in minima parte il debito di gratitudine che sentiva di portare nei suoi confronti.
Seguendo un inutile orgoglio, sarebbe rimasto per l’eternità nel Settimo Transetto, ma da tempo aveva ammesso di apprezzare la vita sulla TARDIS persino più dell’esistenza agiata e viziosa a cui era abituato prima che il Silenzio lo coinvolgesse nei suoi piani.
Prima che la Kovarian gli facesse credere...

- Salve.
Qualcuno era apparso dal nulla all’altro capo della stanza, ma dapprincipio il rotore temporale gli impedì la visuale.
- Oh, Jenny. Li trovi in guardaroba, dovunque sia. Sono stati quasi sempre lì dentro, in effetti, da quando non atterriamo, ed è già passata una settimana. È stato un errore andare sulla Terra così presto, per lei. Ma che stupido, non sai niente di quello che è successo, ecco, diciamo che troverai un po’ di cambiamenti...
- Credevo fossi rimasto a Lungbarrow - commentò lei, aggrottando la fronte. Sembrava… invecchiata? Era un pensiero stupido, non aveva una ruga nemmeno a cercarla con la lente. Erano gli occhi, era qualcosa nello sguardo.
- Credevo che a Poosh facesse più caldo - replicò invece, notando i suoi vestiti. - Che cosa diavolo è Lungbarrow? Un ristorante a tema piratesco?
- Oh, no. - Jenny si guardò attorno e sembrò entrare in panico, fissando terrorizzata il proprio manipolatore temporale. - È tornato alla prima configurazione! È troppo presto. Troppo… oh, no, non può vedermi ora, non posso dirgli nulla, non devo cambiare nulla, farebbe male, farebbe tanto male…
- Shhhh, calmati, non sto capendo niente!
- Tu hai… hai detto Poosh. Quanto tempo è passato da quando eravamo là?
- Non ha molto senso domandare “quanto tempo” qui dentro, ma dal mio umilissimo punto di vista, un mese? due? No, forse meno. E tu da che epoca arrivi?
- Non posso dirlo, Dorium. Devo… devo andare. - Ma non si mosse, non attivò il dispositivo. Continuò a guardarsi intorno, come per cercare una soluzione… più probabilmente il coraggio.
- Dev’essere trascorso un bel po’, se mi chiami per nome. Non che mi dispiaccia. Comunque, credo che il Dottore possa gestire l’incidente senza problemi. Basta non rivelare troppo, no? Da quanto non vi incontrate?
Jenny scosse la testa. - Non è questo il punto. - Sospirò, occhieggiando la porta del corridoio, in fondo alle scale. Se fosse stata molto attenta, se avesse tenuto per sé i ricordi di più di un secolo fingendo che tutto andasse bene…
Proprio come quel giorno, sulla spiaggia della piscina -
“Mi è andata la sabbia negli occhi”
Proprio come se si fossero lasciati un mese prima.
Ne aveva bisogno, davvero: rivederlo per un’ultima volta e chiudere il cerchio sulla difesa dall’attacco dei Sycorax.
Aveva tutte le carte davanti a sé.
Aveva ricostruito poco, troppo poco, ma era abbastanza per farla tentare. Solo che aveva sbagliato nel ripristinare la configurazione del manipolatore, era andata troppo indietro. Indietro fino al link con la TARDIS originale, fino al Dodicesimo Dottore, in un tempo in cui Gallifrey stava ancora in un’altra dimensione e forse...

Cancellò quel forse.
Suo padre entrò nella stanza della console, ridendo, e affrontò i gradini metallici con un piglio giovanile e spensierato che le strinse i cuori di nostalgia.
Indossava uno strano mantello, una sciarpa improbabile, un cappello di pelliccia… ma sotto quell’accozzaglia buffa portava lo stesso completo che ben conosceva, solo di un altro colore. Con lui c’era una ragazza che le parve familiare all’istante, e fu così che ne ebbe la conferma. Ora doveva solo fingere, ingannare, consegnare il messaggio e sparire.
Nonostante il dolore. Nonostante tutto ciò che sapeva.
- Papà. Honey. Passavo da queste parti, e insomma...
- Oh, ah, che sorpresa! - Il suo volto sorridente si trasfigurò in una smorfia di curiosità. - Fammi capire, Jenny: sai già tutto… quanto?
- Non dici sempre che ho una parlantina alquanto notevole, Dottore? - Dorium non sapeva perché stesse coprendo Jenny: mai avrebbe desiderato tramare un’altra volta alle spalle del Dottore, ma nemmeno poteva tradire sua figlia, soprattutto se, come aveva intuito, era in ballo un futuro che, per quanto non fosse esaltante - la preoccupazione di lei non lasciava dubbi - non andava cambiato nemmeno di una virgola.
- Eeeeeh, meglio, allora, non ci dilunghiamo nei dettagli. - Anche lui stupì del cappotto che indossava. - È scesa la temperatura di recente, a Poosh?
Jenny ponderò come rispondere. C’erano cose che poteva dire senza pericolo? Forse, forse, persino il malfunzionamento dell’apparecchio era una verità che si poteva raccontare almeno per metà…
- Ci siamo trasferite dalle parti della Cintura di Casivanian. Sono passati un po’ di anni, papà. Il tuo manipolatore non funziona un granché, insomma… diciamo che non è la prima volta che ci vediamo, da quando me l’hai dato.
Il verso indispettito del Dottore non era riproducibile, salvo forse posizionando un peperoncino dai gradi Scoville a cinque zeri direttamente nella gola. - Capito. Non è stata una grande idea. Ma farò buon viso a cattivo gioco, quando ti rivedrò, e filerà tutto liscio, giusto?
Jenny alzò i pollici, sfoderando il suo sorriso dolce. Il Dottore annuì, ma non se l’era bevuta.
- Sei arrivata da… quanto, cinque minuti? Dieci? Mezz’ora? E già avete complottato per prendermi in giro. E giocherellare con il tempo, non ti ho insegnato niente?
Si rese conto di aver detto una grande stupidaggine. Quando mai avrebbe potuto insegnarle qualcosa, se avevano avuto così poco tempo per stare insieme?
- Vieni qui, ragazzina, fammi sentire che sei vera.
Jenny gli mise le braccia intorno al collo e lo fissò. Sembrava sereno, adesso, lo sguardo colmo d’affetto che mai avrebbe dimenticato.
Era suo padre, una delle tre persone che aveva amato di più in assoluto. E doveva tacere.
Ma doveva anche parlare.
- Posso dare un’occhiata anch’io ai vestiti? Dalle mie parti c’è un modo particolare per scegliere i colori…
Il Dottore capì che voleva qualche minuto da sola con Honey, e non si oppose. - Andate, andate a farvi splendide. Lasciami quel coso, te lo aggiusto un momentino. Dimmi solo la data esatta, non mi va di mandarti nella preistoria senza nemmeno una clava. Casivanian, eh? Dove di preciso?
Lei glielo disse e il Dottore storse il naso. Il pianeta Sto era una noia indescrivibile: più o meno come la Terra, ma senza i lati positivi. Niente muffin ai mirtilli, niente Beatles. Contente loro...
Soppesando il manipolatore, le guardò uscire dalla stanza e solo allora si accigliò. Non aveva brutti presentimenti, per ora, ma avrebbe preferito che quell’incidente non ci fosse stato. La sua storia con River era stata degna di essere vissuta in ogni suo attimo, ma tanto quanto entrambi avevano amato, avevano sofferto.
Sperò di non dover ripetere interamente quell’esperienza. Non con Jenny, non con la sua bambina…
Una mano davanti al viso, fletté le dita ormai risanate, anche grazie a ciò che Honey aveva chiamato uno spreco di energia rigenerativa.
Come se la più piccola delle violenze non fosse un insulto alla vita.
No, i gingkiani non volevano fare qualcosa di male, ma non aveva differenza ai suoi occhi, ecco. Una lacrima di Honey, di Jenny, di Gordon - oh! e sì, anche di Dorium sarebbe bastata ad affogarlo... o a farlo esplodere di rabbia fino a non avere più il controllo di sé, e davvero, preferiva la morte al diventare lui stesso, ancora una volta, un’arma di distruzione.
Se dovesse succedere, lo giuro, da quel giorno non sarò più il Dottore.

- Questa è un amore - commentò Jenny quando Honey ebbe indossato la salopette con le stelline davanti. L’ammirò mentre sorrideva leggermente davanti allo specchio.
- Già, ma era di Sarah Jane. L’ho provata solo perché so che il Dottore è impegnato di là, non vorrei mai che mi vedesse indossarla. - Ada era riconoscibilissima con la sua conoscenza enciclopedica e le sue insicurezze croniche. - Com’è quella storia dei colori?
- Una scusa, ovviamente.
- Ovviamente. Non ci dirai quanto tempo è passato da Poosh, vero?
- Potrei. So che non glielo direste. Ma perché complicare la situazione? State vivendo un momento magico.
- Ti dirò… è stata dura sapere che non avrei più rivisto mio padre, i miei amici, i miei studenti. Ho cercato di sistemare quello che potevo, ho scritto delle lettere, ho preso un po’ della mia roba dall’appartamento. - La voce di Honey aveva un’altra inflessione, adesso. Si sganciò le bretelle della salopette, decisa a non rischiare che il Dottore la scoprisse, e se la sfilò restando in camicetta e calzamaglia. Aveva un bel corpo formoso. Oh, sì, era davvero bella. - Ho detto addio ad un ingresso vuoto, ad un ombrello e ad uno specchio che non rifletterà mai più il volto di Clara Oswald. Eppure esisto ancora, ed è come dici… è tutto magico e sono felice… però...
Ci fu un lungo silenzio. Era la prima volta che Clara esprimeva all’esterno i suoi sentimenti su ciò che era accaduto. Corse nel palazzo, chiudendo la porta dietro di sé, mentre fuori una pioggia lieve aveva iniziato a cadere.
Jenny capì che doveva andarsene il più presto possibile. Non avrebbe resistito senza scoppiare a piangere o peggio. Non dopo quel discorso.
- Clara… - esordì, malgrado se stessa. In uno slancio di follia, stava quasi per avvertirla dell’oscurità che attendeva tutti loro, ma l’altra metà di Honey la interruppe.
- Scusa, è andata a riposarsi un po’. Abbiamo un mucchio di posticini graziosi dove sonnecchiare, qui dentro. Non possiamo esserci entrambe ventiquattr’ore al giorno, capisci. Specialmente quando siamo emotivamente sotto pressione.
Jenny non capiva, ma finse di conoscere la situazione: - Lo so, ed è meglio così, perché devo dirti una cosa molto importante, Ada. Devo darti un ricordo. E non puoi conservarlo con gli altri, non puoi condividerlo con Clara, non puoi nemmeno aprirlo. Non ti farà male. Non ti farà nulla, sai...
- Jenny, non penserei mai che tu voglia farmi del male. D’accordo, dammelo pure.
Era così semplice?
Era davvero tanto semplice?
Si avvicinò a Honey e appoggiò la fronte contro la sua, chiuse gli occhi e spinse con la mente un’immaginaria sfera di luce.
- L’ho sentito. Credo proprio sia entrato… Vastra ti ha insegnato qualche trucchetto, vero?
- Puoi dirlo - ammise con voce neutra. - Ma credo ce l’avessi già in potenziale.
- Una volta ho visto tuo padre dare una testata a un uomo per spiegargli chi fosse senza perdere tempo in chiacchiere. Sei stata molto più delicata, devo dire. Non ti resta che dirmi a chi devo consegnare il messaggio e quando.
- Non so quando. So soltanto che lo incontrerai…
- Lo incontreremo - la corresse Ada, e cercò una conferma nel suo sguardo, ma Jenny non confermò né smentì quella precisazione. Era troppo occupata a trattenere le lacrime.
- Sulla Terra, tra molti anni. Accadrà, non c’è bisogno di forzare nulla, credo. E lui non deve saperlo. Scusa, l’ho già detto, non volevo trattarti da stupida.
- A chi…
Sentirono dei passi e un fischiettare inquieto. Jenny le mormorò velocemente un nome all’orecchio; Honey annuì e sorrise.
- Oh, è fantastico! Lui...
Jenny le fece segno di tacere. - Sì, lui è fantastico. - Indietreggiò verso la porta, finendo tra le braccia di suo padre che entrava in quel momento.
- Ops.
Ada considerò l’eventualità di afferrare il primo pezzo di stoffa a portata di mano e nascondersi dietro l’appendiabiti più vicino, ma poi ricordò che il Dottore aveva visto molto di più di così, quando Honey era nata. Ma lui era un vero signore, oltre che un Signore del Tempo, perciò evitò comunque di fissarla, limitandosi a consegnare il manipolatore a Jenny.
- Aggiustato e resettato. Prenditi il tempo che ti serve, però. Rimani a pranzo, almeno…
Jenny gli accarezzò una guancia e sussurrò: - Un’altra volta, va bene? A presto, papà.
Si infilò il bracciale e senza indugiare ancora premette il pulsante, svanendo dalla stanza.
Aveva lasciato tanti di quei dubbi nell’aria da poterli quasi toccare.

Il Dottore cercò di sdrammatizzare. - Mettiti qualcosa di carino, coraggio, ti porto a mangiare qualcosa fuori.
- No, per favore. Non ho fame, restiamo qui.
- Oh, scusa, d’accordo. Avevo un invito del Principe di Condé, ma non fa niente, ci andremo un’altra volta.
- La versione originale della crema Chantilly? - Clara si era svegliata, eccome.
- Avevate ragione - sospirò il Dottore. - Io faccio queste cose, le continuo a fare. Tengo per me tutto ciò che ha un cattivo sapore e cerco di regalare qualcosa di dolce, e può sembrare che non me ne importi niente. Ma tutto continua ad andare storto, e adesso…
Non chiese nulla riguardo a ciò che Jenny poteva o non poteva averle raccontato. Doveva evitare gli spoiler più di ogni altra cosa, era naturale. Erano invischiati in un altro mistero, probabilmente pericoloso, comunque frustrante.
- Non dobbiamo pensarci. Si risolverà tutto.
- Certo che si risolverà. Dunque, diciassettesimo secolo, dovrei avere una sciccheria da qualche parte… - Frugò in un armadio e gli rovinò addosso una montagna di abiti completi di guardinfante, piuttosto pesanti per la verità. - Uff… dammi una mano, per favore. Oh! Questo è carino! Farai sfigurare contesse e marchesine, dammi retta.
- Comunque, quand’è che Jenny è andata via? Che mi sono persa? - Clara ostentava la propria allegra confusione, ma era una maschera molto ben confezionata. Non aveva dormito affatto. Aveva pianto un po’, all’ombra delle querce, mentre finiva gli ultimi ritocchi del quadro. Aveva sentito di nascosto tutto ciò che si erano dette.
E aveva paura. Aveva riflettuto specialmente su quel “lo incontrerai”. Capiva che quel momento magico non sarebbe durato per sempre, che sarebbe successo qualcosa a dividerle, forse persino a separarla per sempre da entrambi.
Forse, addirittura, nel futuro da cui veniva Jenny lei non esisteva più.
Ma proprio per questo doveva vivere il presente fino in fondo... perché quando la fine fosse arrivata non restasse nemmeno una goccia di rimpianto.
O una briciola di bignè ripieno.

   
 
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