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Autore: Saberius    10/07/2014    1 recensioni
Egli è colui che si ritrova nel guaio senza ricordarsi come uscirne, colui che chiude la serratura ma perde la chiave, colui che dice una cosa, ne pensa un'altra e ne compie una terza, colui che ama ed è così romantico da sembrar a volte fin troppo spudorato, non si preoccupa di quello che il futuro può riservagli, ama e gode il presente e scruta il passato con lo stesso affetto con cui un pittore scruta la sua prima tela, quella sbagliata, quella con le proporzioni irreali, quella che gli ha fatto capire i suoi errori, quella che è sempre impressa nella mente a ricordarti di non farli una seconda volta.
Genere: Fantasy, Horror, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Le riunioni private del Massimo Consiglio sono riservate - guarda caso - ai membri più influenti di tutta la capitale, mai nella storia moderna di questo vasto regno, un membro esterno è entrato nell'enorme torre cilindrica covo di quei lupi e di quelle serpi che hanno in mano il futuro della nostra convivenza.
Io, pratico il mestiere, o per meglio dire, l'arte dell'alchimia da quando ero alto come uno Spirito delle Valli, che, per chi non avesse mai visitato quelle magnifiche e profumate colline, non è per niente una creatura alta.
La pioggia mi colpiva così prepotentemente da sembrare quasi affilata, si infilava nelle rughe dei miei occhi, tramutandosi, quindi, in lacrime improprie che mi solcavano le gote. Alzai l'avambraccio, cercando di afferrare la mensola sulla quale riponevo le dispense di alchimia che ero solito leggere prima di dormire. Questa mattina - sempre che di mattina si tratti - non trovai nessun tavolo a sorreggermi. Aprii gli occhi e vidi il cielo completamente nuvoloso, bianco, sembrava quasi di poterlo toccare, come ho fatto a essere così stupido? Sentivo la pioggia sulla pelle, ero all'aperto e non c'era nessun tavolo sul quale fare leva per alzarmi, come non c'era nessun tetto a coprirmi da quella maledetta acqua. Iniziai a capire cosa stava succedendo, girando il collo alla mia destra mi accorsi di non essere al di sopra del mio comodo letto, ero sdraiato per terra: il frumento, completamente dorato e tutto intorno a me, mi imprigionava lo sguardo non permettendomi di riconoscere niente. Richiusi gli occhi, stringendoli fino a sentire le vene delle orecchie che si contorcevano e infine gli riaprii. Ripetei questa operazione un paio di volte e all'improvviso le mie orecchie si stapparono e iniziai a sentire una voce, i toni erano alti e acuti, ma allo stesso tempo dolci e caldi: era una voce femminile. Mi guardai intorno senza compiere movimento alcuno, non vidi niente. Poi guardai dietro di me, inarcando leggermente il collo verso la schiena, una faccia rotonda, sorridente e limpida mi fissava. E io facevo altrettanto, stando in silenzio. ​
«Ti sei dato ancora all'alcool, eh? Vecchio pazzo​» la voce della ragazza rimbombò nella vallata dove i cereali erano coltivati numerosi.​
«Primo, non sono per niente vecchio e secondo, da quando condividere due bottiglie del dolcissimo Vino del Sud è considerato "darsi all'alcool"?​» Mi alzai stiracchiandomi e strofinandomi il dorso della mano destra sopra le labbra increspate, la luce prorompente del mezzogiorno mi accecava. La vista si oscurò, sentivo la testa pulsare e girare vorticosamente, persi l'equilibrio e fui costretto ad appoggiarmi sulla spalla della ragazza coi capelli rossi, aveva il profumo dei fiori migliori. 
«Siamo alla terza volta in questo mese che ti ritrovo in mezzo ai campi, sempre di ritorno dal mondo dei morti!​» disse la mia assistente accarezzandomi i capelli e sorridendo, poi prese la mia faccia tra le sue mani fredde e la avvicinò alla sua, chiusi gli occhi aspettando, mi baciò sulla fronte, si distaccò per qualche secondo per poi baciarmi nuovamente, unendo le sue labbra con le mie, aprii gli occhi e mi sentii come un soldato della Guardia Reale che riceve una promozione inaspettata, mi sentivo come se potessi fare di tutto. Ci guardammo per un buon minuto negli occhi fino a che lei non mi sorrise.​
«Dobbiamo tornare al laboratorio, oggi è arrivato un messaggero vestito di bianco, sei convocato al Massimo Consiglio.​» 
Arrivati al laboratorio di alchimia - che tra l'altro è al piano terra della magione dove abito - mi preparai una calda tinozza ricolma di acqua calda, fumante. Versai al suo interno dei sali che avevo preparato io stesso qualche settimana prima. Mi immersi completamente tentando di riprendermi e di assumere un aspetto presentabile, non mi ricordavo assolutamente della sera prima, ne di come avevo fatto a ritrovarmi in mezzo a quel campo di grano. Domande su domande attanagliavano la mia coscienza, la più grossa di queste era comunque quella riguardante la mia convocazione al Massimo Consiglio. I messaggeri vestiti di bianco sono una confraternita devota al Consiglio che ha il compito di recapitare le missive al posto di quegli sfaticati ricconi che siedono alla Tavola di Vetro. Ne avrò visti tre o quattro in tutta la mia vita di quei messaggeri bianchi, e tutti quanti in occasioni più che speciali, le voci popolari raccontano che siano tutti ciechi, peccato che non fossi qui quando è arrivato. Tutti questi pensieri mi avevano portato solo altri dubbi, irrisolvibili tra l'altro, in questo frangente mi sono per caso già chiesto cosa potrebbe volere il Consiglio da un alchimista? Probabilmente è la quarta volta che me lo domando, scusate vi sto annoiando.
Quella notte, io e Jade - quello è il nome della mia assistente dai capelli rossi - andammo al Sentiero dei Larici a ovest del villaggio. Dovevamo raccogliere qualche lucciola e qualche frutto rosso, entrambi sono ingredienti fondamentali per la preparazione del Fumo Amaranto, un particolare infuso che, se bruciato, genera un vapore di color bruno-rossastro capace di alleviare i dolori tipici della vecchiaia, come i dolori alle ossa.​
«A breve dovrai iniziare ad inalare anche tu un po' di Fumo Amaranto eh, vecchio?​»
Sussurrò Jade mentre si chinava al suolo e con un barattolino forato catturava due lucciole con un solo movimento.​
«Due piccioni con una fava. In questo caso con un barattolo​» disse sorridendomi. Quando mi sorrideva così, non potevo prendermela con lei, era come un processo istintivo, forse di autodifesa, ogni volta che la vedevo sorridere qualcosa nella mia testa e nel mio cuore si scioglieva e un sorriso di risposta nasceva sempre spontaneo e affettuoso.​
«Ho solo cinque anni in più di te» dissi mentre sfilavo il coltellino dalla fondina nella cintura.​
«Allora tu le lucciole e io i frutti?​» Mormorai distratto. Ci dividemmo così i compiti, per fare più in fretta, più materiale raccoglievamo e meglio era, così non dovevamo più ritornare per un bel po' al Sentiero.
Alzando lo sguardo mi accorsi che il cielo era privo della sua madre, era completamente nero, sembrava un profondo abisso intangibile, in grado di risucchiarti i pensieri se fissato troppo a lungo. Distolsi lo sguardo e continuai la ricerca dei frutti rossi, sia nei cespugli per terra che nei rami più bassi degli alberi. Il Sentiero dei Larici è un enorme bosco, tagliato in due parti ben divise da un sentiero di terra battuta, in alcuni tratti è addirittura lastricato, segno di una civiltà passata alla nostra. In questo bosco ho sempre una buona disponibilità di ingredienti alchemici di base, parlo di bacche, foglie, grandi e piccoli frutti, funghi di svariato tipo, piccoli insetti e in alcuni casi addirittura piccoli mammiferi, per esempio un ingrediente raro reperibile al Sentiero è la polvere delle corna dei cervi. Ci inoltrammo nella parte destra del bosco, Jade aveva già riempito due barattoli con le lucciole, e quest'ultimi erano molto interessanti perché si presentavano come contenitori pieni di lucine giallastre che si muovevano danzando. Io avevo raccolto quasi una ventina di lamponi e di ciliegie, la nostra mansione poteva considerarsi conclusa e il ritorno al caldo rifugio del laboratorio era ormai il prossimo passo da intraprendere, non fosse stato per lo strano ritrovamento che ci capitò.​
«Ti dispiacerebbe spiegarmi cos'è successo qui?» Domandò la ragazza con una voce spettrale e tremolante, appoggiando le mani sulle ginocchia e fissando imperscrutabilmente il suolo sotto di lei. Mi avvicinai e le arrivai accanto, le misi una mano sulla spalla e mi chinai altrettanto. Quello che vidi mi gelò il sangue nelle vene, mi fece digrignare i denti e inevitabilmente mi spinse a portarmi una mano al naso, con l'intento di tapparmelo.​ «Per gli dei...» fu l'unica parola che mi usci dalla gola mentre spostavo lo sguardo da quello che avevamo trovato a Jade, continuavo a farlo, fissavo quella cosa e poi guardavo il viso della ragazza, in cerca di aiuto, di approvazione, di conforto. Lei era sempre nella medesima posizione, i suoi occhi erano diventati sottilissimi e umidi, improvvisamente la ragazza riconobbe qualcosa di conosciuto all'interno di quella assurdità, fu talmente sconvolta da questo che lasciò cadere il barattolo contenente le molte lucciole, che finì per schiantarsi su una roccia che spuntava come uno scoglio dal suolo, frantumandosi in infiniti frammenti di vetro e liberando così i minuscoli e luminosi abitanti del Sentiero. Lei si girò verso di me implorandomi di spiegargli razionalmente cosa fosse quella creatura, io non seppi cosa dire, ero titubante e le parole morivano non appena cercavo di pronunciarle, fortunatamente la giovane scoppiò in un sonoro pianto e mi abbracciò, dandomi un minuto di conforto alla vista e più tempo per esaminare le possibilità e tentare di indovinare cosa fosse quello sfortunato.

Continua...
   
 
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