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Autore: Dragon_Flame    11/07/2014    2 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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7.

 

"Mamma, io me ne vado!" disse, con decisione ed impazienza, Lidia a Sara, non appena questa la incrociò per il corridoio dell'appartamento. La donna stava appunto cercando la primogenita, con l'intenzione di chiederle se poteva aiutarla a sistemare i tavoli del buffet che dovevano essere disposti per la rinfresco serale.

"Ma che stai dicendo, Lidia! Qui abbiamo bisogno di te" la riprese la madre, accigliandosi.

"Chiedi a Ivan, lui sarà più che ben disposto ad aiutarvi!" replicò stizzita la figlia. Le fu difficile pronunciare quel nome senza enfasi.

"Lidia... che succede? E dove stai andando?"

Sara cominciò a preoccuparsi: raramente la ragazza si alterava in quel modo. Le parve quasi che la figlia stesse per scoppiare a piangere.

"E' a causa di Roberto... si è rifatto vivo" s'inventò sul momento la sua interlocutrice, trovando in fretta una scusa per giustificare il suo comportamento.

Le riuscì piuttosto facile convincere Sara, adottando un tono di voce mesto. E non le fu nemmeno difficile simularlo, perché era triste per davvero. Era sul punto di scoppiare in lacrime. Maledisse tra sé Ivan per ciò che aveva comportato in lei. Maledisse se stessa, perché gli aveva concesso il potere di ferirla così profondamente. Ma come aveva potuto riuscirci dopo così pochi giorni? Non riusciva a capacitarsi di ciò.

"Oh, tesoro, mi dispiace!" esclamò, sinceramente desolata, la madre.

"Non voglio stare qui a parlare di questo, mamma. E non è nemmeno mia intenzione incrinare il buonumore delle persone presenti, per cui me ne torno a casa."

"Fra dieci minuti passa il bus delle sette e venti, tesoro; prendi quello... non tornare a casa a piedi da sola" la ammonì la madre.

"Sta' tranquilla, prenderò il bus" concesse la ragazza, prendendo la borsa a tracolla verde che s'era portata dietro e infilandosela. Uscì dall'appartamento. "Salutami Céline e la sua famiglia e chiedi loro scusa per la mia partenza improvvisa. E fa' di nuovo gli auguri a Marco!" si raccomandò, correndo poi velocemente giù per le scale.

Lungo la rampa incontrò Ivan che saliva a passo normale. Lei si fermò di scatto.

"Lidia!" esclamò l'uomo non appena la vide. Salì rapidamente gli ultimi gradini, andando a trovarsi di fronte a lei.

La ragazza accennò un movimento alla sua destra, con l'intenzione di sorpassarlo senza degnarlo di un'occhiata, ma il bruno fu più lesto di lei e le afferrò le mani con delicatezza, seppur la sua presa fosse ferrea.

"Lasciami andare, Ivan!" protestò animatamente la giovane, sentendosi in trappola. Cominciò a dibattersi furiosamente, ma lui non la lasciò andare.

"Lidia, ascoltami" la pregò.

"Cosa dovrei ascoltare? Ho già sentito abbastanza."

"Per favore, calmati."

"Io non mi calmo. Lasciami andare, altrimenti mi metto a gridare e dico a tutti che hai provato a mettermi le mani addosso" l'avvertì lei a voce bassa ma perentoria.

Ivan, seppur a malincuore, si costrinse a lasciarle i polsi, ma non per questo lei riuscì a sgusciare via.

"Vuoi farmi passare? Voglio tornare a casa!" esclamò inviperita e pestando il piede per terra in un gesto di stizza, constatando che l'uomo le aveva bloccato il passaggio.

Ivan fece segno di diniego col capo.

"Non m'importa, ho una cosa da dirti e tu te ne stai qui, buona e tranquilla, fino a che non avrai deciso di ascoltarmi."

"Io non resterò qui con te per più di altri dieci secondi" replicò infastidita la ragazza.

Gli occhi color nocciola dell'uomo si fecero di colpo seri, abbandonando la loro tipica espressione ironica.

"Lidia, mi dispiace... so di aver ferito i tuoi sentimenti. E non credere che io sia indifferente... davvero, altrimenti non ti avrei baciata così, tanto perché non avevo di meglio da fare. Ma mi rendo conto che il mio gesto è stato un atto sconsiderato e indegno, perché in qualche modo mi sembra di aver tradito l'amicizia ventennale che c'è tra me e Sara. Porterei solo discordia tra te e lei se mi esponessi, per cui l'unica cosa da fare è dimenticare questo errore" e Ivan disegnò con le dita delle virgolette a mezz'aria per sottolineare il significato della parola, "e di lasciarci tutto alle spalle. Mi dispiace, Lidia. Mi dispiace davvero. So di averti delusa."

"Anche a me questa soluzione è sembrata la migliore, inizialmente..." concesse la ragazza. "Ma mi rendo conto che sto seguendo, come mio solito, la ragione, e non i sentimenti."

Ivan sospirò.

"E' quel che dobbiamo fare" asserì.

"Non necessariamente."

"Lidia, la mia potrebbe essere solo un'infatuazione leggera, come pure la tua. In fondo, è successo tutto così in fretta che io ancora non mi sono completamente capacitato di ciò che ci è capitato... Però so che è sbagliato fare le cose di nascosto dai tuoi familiari. So che non è giusto prestarmi a una cosa del genere. Non devo."

"Tu devi sempre, ma non puoi né vuoi mai. Tu sei obbligato, sei in dovere, e devi, sempre e comunque. Ti conformi sempre alla situazione e cerchi di risolverla seguendo solo il ragionamento, ma non lasci mai spazio ai tuoi sentimenti, alla tua volontà. Tu devi e basta" replicò la giovane a voce malinconica.

"Lidia..."

"Tu sopporti sempre, ma reprimi anche le tue emozioni e la tua volontà. Ti stai facendo male da solo! Prendi ad esempio la tua situazione matrimoniale... Tu devi sopportare i tradimenti di tua moglie, perché altrimenti, se vi separaste, l'infanzia serena e ovattata di tua figlia ne risentirebbe" sbottò la castana.

Ivan, a quelle parole, cambiò radicalmente atteggiamento. Con le braccia conserte, la mascella tesa, l'ira che pian piano montava, l'uomo si ritrovò a guardarla dritto negli occhi con fredda e distaccata collera, sentendosi ferito nel profondo. Era un colpo basso, quello. E poi, come faceva a sapere della sua situazione coniugale, lei che era entrata a viva forza e da così pochi giorni nella sua vita?

Lidia si portò una mano alla bocca, mordendosi la lingua e maledicendosi silenziosamente per le parole dure e oltraggiose che le erano uscite dalle labbra. Non doveva dirlo. Non doveva ferirlo.

L'infermiere tirò un lungo sospiro, cercando di ricacciare dentro di sé la furia che rischiava di esplodere.

Quando aprì bocca per rispondere all'assalto verbale rivoltogli, la voce era controllata, ma venata di furore malrepresso.

"Ecco perché seguo la ragione, Lidia. Non voglio peggiorare situazioni irrecuperabili, né causare ulteriori casini, né ferire i sentimenti delle persone a me care." Fece una pausa. "Tu non sai cosa vuol dire essere l'unico oggetto di contesa di un divorzio lungo e sofferto. Non sai cosa si prova nell'essere continuamente litigato fra due genitori che si dichiarano il proprio odio davanti al loro unico figlio e che si giocano qualsiasi asso nella manica, lecito o non lecito, pur di causare dolore e rancore nell'altro ex-coniuge mentre gli viene strappata per sempre la sua creatura, completamente innocente, la cui unica colpa è quella di essere nata in un matrimonio che non doveva essere fatto."

A quello sfogo, Lidia trattenne il fiato. Solo ora comprese il motivo per cui Ivan sopportava tutto in silenzio, anteponendo a tutto la felicità di Emma.

"A me è successo e non voglio che la mia unica figlia, l'unica persona per la quale andrei anche in capo al mondo, debba soffrire per una situazione di cui non ha assolutamente colpa. La colpa ce l'ho io che mi sono sposato con Alessia, nonostante perfino tua madre, che ha sempre rispettato le mie decisioni senza mai metterle in discussione o contrastarle, mi avesse vivamente sconsigliato di farlo, dicendomi che temeva per la mia felicità. L'errore l'ho fatto io."

Ora Ivan singhiozzava sommessamente, con due singole, tacite e calde lacrime che gli scorrevano lungo il volto teso, mentre una lotta interiore contro la frustrazione e il rancore di un matrimonio sbagliato lo dilaniava e lo abbatteva.

"Alessia mi ha già fatto capire che intende aprire un processo per separarsi legalmente. Vuole trasferirsi in Germania col suo amante. Vuole strapparmi la custodia di Emma. Vuole portarmi via mia figlia. E non ci risparmierà questo calvario, né a lei, né a me. Emma soffrirà, perché è una bambina tanto dolce e sensibile, e io starò lì a guardare impotente mentre me la strappa dalle braccia, senza poter fare nulla per lasciare inalterata la sua serenità e trattenerla con me. Mia figlia, Lidia. Si tratta di mia figlia!"

Un sentimento di compassione si fece strada nel cuore di Lidia. Lei non sapeva cosa si provava ad essere conteso tra i propri genitori in un divorzio difficile. Conosceva bene i sentimenti di rabbia, frustrazione, delusione e tristezza conseguenti a un tradimento, ma, essendo troppo giovane per avere figli, non poteva arrivare a comprendere il senso di terrore che un padre o una madre poteva provare di fronte alla perdita possibile della custodia di un proprio figlio o figlia. Lei non poteva certo conoscere neanche la metà di quelle emozioni negative che Ivan si teneva dentro per non turbare la vita di Emma. Le pareva un gesto stupido e autolesionista da fare, ma anche l'unico necessario.

Se fossi stata nella sua situazione, probabilmente avrei agito allo stesso modo, ammise con se stessa. Lei non poteva giudicarlo. Non ne aveva il diritto.

Lidia osservò attentamente gli occhi vividi di Ivan, sorprendendosi di come fosse grande la forza d'animo che esprimevano. Impulsivamente lo abbracciò, tuffando la testa nell'incavo del suo collo, appena sotto la sua mascella. Avvertì il respiro dell'uomo bloccarsi di colpo, poi le braccia di lui la cinsero delicatamente, accettando il calore di quel solidale contatto umano.

"So che ti dispiace, Lidia, ma cerca di capire... se Sara venisse a conoscenza di una nostra possibile relazione, come reagirebbe? I rapporti fra noi si romperebbero e tra te e lei scenderebbe il distacco. Rovinerei l'affetto che vi lega. Inoltre, se Alessia scoprisse tutto, potrebbe approfittarsi di questa presunta 'relazione' extraconiugale per fare pressione sul giudice, affinché Emma venga affidata esclusivamente a lei. Fondamentalmente, hai appena diciotto anni. Si potrebbe pensare che io non sia affidabile, che mi voglia rifare una vita con una ragazza così giovane e con cui Emma potrebbe non andare d'accordo. Si potrebbe anche pensare che io abbia tendenze pedofile, perché tu sei così giovane... hai la metà dei miei anni, se non di più. Io ne ho quasi trentotto, Lidia, ma tu ne hai solamente diciotto. Una nostra relazione insieme potrebbe essere vista come una minaccia alla serenità della crescita di mia figlia, quindi quale giudice assennato affiderebbe congiuntamente la custodia di un minore a un uomo come me?"

"Capisco, Ivan... capisco" disse infine Lidia, sentendosi il cuore spezzato.

Eppure, tutto le sembrava così ingiusto, così insensato. Perché la legge era così contorta, così limitativa, così restrittiva? Perché lei doveva lasciarsi coinvolgere così fortemente da ogni situazione in cui si cacciava? In fondo, lei Ivan non lo conosceva che da quindici giorni. Eppure le pareva di aver stretto con lui un rapporto ben più profondo di un'amicizia ventennale, come quella tra sua madre e l'uomo.

Perché sei così testarda, Lidia? Lascia perdere tutto, finirai solo per soffrire, le suggerì gentilmente la sua vocina interiore. Ma le era difficile accettare quel consiglio, seppure fosse la soluzione migliore a quella situazione avversa.

"Dimenticherò tutto, come è giusto che sia" aggiunse, come per dare forza all'apparente convinzione determinata che voleva esprimere, ma non le riuscì.

Scoppiò in lacrime improvvisamente, sovrastata da un'emozione molto simile al dolore. Staccandosi rapidamente dalla figura di Ivan, la ragazza corse a perdifiato giù per le scale, proseguendo poi a passi svelti lungo i sentiero alberati e tranquilli, a capo chino per nascondere al mondo le sue lacrime, diretta verso la propria casa. Furono dieci minuti di corsa a perdifiato, terribili, carichi di dispiacere.

Entrò frettolosamente nell'abitazione sbattendo sonoramente il portone, per poi precipitarsi sul suo letto a sfogare la frustrazione e il dispiacere che sgorgavano copiosi dal suo animo, piangendo silenziosamente tra le coperte leggere.

 

***


 

Ivan si prese la testa fra le mani e si appoggiò di schiena contro la parete, lasciandosi scivolare lentamente a terra.

Vederla piangere per ciò che le aveva dovuto dire gli aveva fatto male. Molto male. Aveva ferito i suoi sentimenti, anche più profondamente di prima, e si sentiva in colpa per questo, perché era lui la causa di tutto. Ma non lo aveva fatto intenzionalmente e sapeva di doverla tenere lontana da sé per evitare possibili guai a lei e a se stesso, per cui s'impose di calmare quel turbamento dell'animo, rialzandosi velocemente in piedi per poi dirigersi all'appartamento dei genitori di Marco, fingendo indifferenza e imperturbabilità.

Era appena entrato, che la figlia lo vide subito.

"Papà!" gridò esultando eccitata, correndogli poi incontro. Il padre la prese fra le braccia, trasportandola quindi in una giravolta che la fece ridere gioiosamente.

"Tesoro! Ti stai divertendo qui alla festa?" le chiese, forzando un sorriso. Vedere la felicità della figlia lo fece rilassare un poco, ma non abbastanza da abbandonare la rigidezza acquisita dopo il confronto con Lidia.

Emma notò subito la tensione dell'uomo. Era sì una bambina sensibile, ma anche percettiva e intuitiva. Oltre al colore di capelli scuro e alle iridi nocciolate, aveva ereditato dal padre anche quello spiccato intuito che lo contraddistingueva.

"C'è qualcosa che non va, papà?" gli domandò infatti subito dopo, assumendo un'aria seria e preoccupata.

"Ma no, Emma, non c'è nulla" la rassicurò lui senza troppa convinzione.

"Ne sei certo?" insisté la bambina.

"Ovvio" fu la risposta del padre.

Emma decise di non indagare ancora, anche perché Marco la stava chiamando, chiedendo a gran voce dove fosse finita.

Aveva appena posato a terra la figlia, che era corsa via subito dopo sgambettando velocemente verso l'amichetto, che vide apparire davanti a sé la figura di Sara.

La donna lo salutò con calore, chiedendogli il motivo del suo ritardo, che Ivan giustificò goffamente dicendo di essere stato in un salone di automobili per cercare una nuova macchina per sé, dato che l'altra era ormai irrecuperabile.

"Hai fatto bene" commentò la donna, ridendo sotto i baffi.

Ivan non raccolse la provocazione sulla sua Punto preistorica, occupato com'era a paragonare gli occhi di Sara con quelli splendidi e azzurrissimi di Lidia.

"Hai visto per caso mia figlia, lungo le scale?" domandò la sua collega successivamente, guardandolo con aria impensierita.

L'uomo annuì dopo aver riflettuto per un momento su cosa raccontare.

"Era sconvolta... se n'è andata via di corsa. Mi ha detto che Roberto, il suo ex-ragazzo, si è rifatto vivo. Credo che sia andata a piangere a casa. Non so che fare... perché quando Lidia s'impone di non esternare i suoi sentimenti, nessuno riesce a farla capitolare. E lei non mi parla mai di ciò che le passa per la testa o di cosa prova. Cosa mi consigli? Devo insistere per farla sfogare? Sono quasi sicura che così si sentirebbe meglio, se si confidasse, ma temo di violare la sua privacy. E lei ne è estremamente gelosa. Potrebbe richiudersi ancor di più con me. Cosa devo fare, secondo te?"

Ivan tirò un sospiro, fingendo di rifletterci su per un istante.

"Io credo che sia meglio rispettare la sua privacy" rispose infine. "Quando vorrà confidarsi, sarà lei ad avvicinarsi a te per chiederti consiglio o per confidarsi. Ma non forzarla."

Sara annuì, un poco sollevata.

"Grazie del consiglio, Ivan... sei un buon amico" e gli sorrise, posando poi una mano sulla sua spalla in una sorta di goffo ringraziamento.

Quel gesto amichevole turbò ulteriormente il suo animo. Sara era una sua cara amica e lui non avrebbe mai voluto ferirla nei sentimenti, andandosi a cacciare in una relazione con la sua primogenita. Ma era così grande l'attrazione che provava per Lidia che gli scrupoli che si era fatto precedentemente, sebbene rafforzati dalla convinzione di lasciar stare quella storia, stavano lentamente soccombendo di fronte alla sua voglia di provare a stringere una relazione segreta con lei.

Ivan cominciò ad accarezzare quell'idea, sempre più tentato ad attuarla. Solo i sensi di colpa che provava lo frenavano, ma non avrebbero retto ancora per molto a lungo.

 

***

 

Lidia si addormentò solo dopo un lungo pianto liberatorio. Il carico di emozioni represse che aveva dentro dalla rottura con Roberto si era aggiunto vigliaccamente al forte dispiacere e all'amarezza che quel confronto con Ivan le aveva lasciato dentro.

La mattina dopo si levò con il sole. Osservandosi allo specchio, notò gli occhi gonfi e iniettati di sangue che spiccavano sul volto pallidissimo.

Prese il telefono tra le mani per controllare eventuali messaggi o chiamate perse. C'erano tre sms di Céline, uno più disperato dell'altro.

Il primo diceva così:

 

Hey, Lì, cos'è successo? Tua madre mi ha detto che te ne sei andata via sconvolta perché Roberto si è fatto vivo, tu sei molto addolorata eccetera... e io ho retto il gioco per te, ma ora voglio sapere cosa sta accadendo! D:

 

Il secondo era più esasperato:

 

Lidia! Insomma, che succede? Perché non mi rispondi?! Chiamami dopo!

 

Il terzo aveva un tono del tutto differente:

 

Lidia, se non mi chiami entro la mezzanotte per farmi sapere che sei ancora viva, vengo a cercarti, anche a costo di frugare in ogni angolo di Firenze. RISPONDIMI!

 

C'erano anche due chiamate perse. Lidia si disse che non era il caso di richiamare quella pigrona della sua amica alle sei e mezza di mattina, dato che fino alle dieci C駘ine si rifiutava categoricamente di abbandonare il proprio letto.

Non sapendo che fare, la ragazza si diresse in cucina con l'intenzione di fare colazione. Si versò del latte e del muesli in una tazza e se la portò in camera, masticando lentamente la frutta secca inzuppata. Camminando piano nella stanza per non interrompere il sonno beato della sorella minore, la castana prese dal guardaroba un paio di shorts aderenti e una maglietta, poi afferrò le scarpe da corsa che se ne stavano in un angolo e uscì in punta di piedi dalla camera, entrando nel bagno. Dopo dieci minuti, Lidia era vestita e lavata, pronta a farsi una mezz'oretta di corsa.

Passò nell'atrio lasciando un biglietto appeso sul portone. Il foglio era indirizzato ai genitori, che dormivano ancora entrambi, e li informava di essere andata a fare jogging e che forse, al loro risveglio, non sarebbe ancora tornata, per cui non dovevano preoccuparsi per la sua assenza. Vide con la coda dell'occhio che l'orologio segnava le sette meno cinque, quindi uscì dall'abitazione e si diresse al parco non lontano da casa sua.

Qui fece un breve riscaldamento, giusto per evitare strappi muscolari, quindi uscì dal perimetro del verde spazio pubblico a passo svelto, cominciando a correre piano dopo un centinaio di metri. La velocità della sua andatura aumento progressivamente. I polmoni di Lidia inspirarono aria fresca, riempendosi e svuotandosi a ritmo regolare mentre il corpo si tendeva nello sforzo e lo spirito si concentrava sulla corsa, abbandonando in un angolo i tristi sentimenti che lo turbavano.

Correre, per lei, era uno degli sfoghi che più l'aiutava a scaricare l'ingorgo di emozioni che spesso andava a formarsi in lei. Insieme all'ascolto, continuo fino alla nausea, delle sue canzoni preferite, ovviamente riprodotte a volume massimo, una corsa lunga e sfiancante era un balsamo per le ferite del suo animo.

Aveva percorso sì e no due chilometri e mezzo, quando decise di fermarsi a riprendere fiato. Intravide una panchina posta lungo il marciapiede e lì si mise a sedere, consumando tutta la bottiglietta d'acqua che s'era portata dietro e restando ferma a recuperare ossigeno mentre davanti a lei il traffico delle sette e venti di mattina procedeva placido e regolare, ingrossandosi man mano che aumentavano le auto in circolazione. Alcune persone cominciarono a uscire di casa, sebbene ci fosse anche qualche figura solitaria che vi rientrava dopo un turno lavorativo notturno o una mezz'oretta di jogging.

Quando decise che era passato abbastanza tempo per riprendere il respiro, Lidia, che nel frattempo si era rialzata in piedi e aveva sgranchito un po' le gambe rilassate per evitare che i muscoli di esse si irrigidissero a causa della frescura di quel momento, prese la direzione di casa camminando a passo sostenuto, cominciando a correre dopo un buon mezzo chilometro.

Lungo la strada che costeggiava l'Arno denso e grigio, la ragazza osservò l'animazione mattutina che rendeva Firenze fremente di attività e di vita.

Era a circa un chilometro da casa quando scorse una figura familiare.

No, ti prego... , cominciò a pregare la ragazza, senza nemmeno sapere a chi fosse rivolta la sua richiesta. Non può essere.

Nella lieve foschia che proveniva dal fiume placido e largo, la sagoma di un uomo dai capelli scuri e lisci emerse in netto contrasto col chiarore del cielo mattutino, presa dallo sforzo di una corsa rigenerante. Ivan era vestito molto semplicemente, con addosso solo un paio di pantaloncini da ginnastica e una canotta azzurra aderente, mentre una felpa annodata malamente se ne stava stretta ai suoi fianchi. Una fascia nera teneva fermi i capelli dell'uomo, ormai piuttosto lunghi.

Con quell'abbigliamento sportivo Lidia riuscì a intravedere le forme sinuose e longilinee dell'addome di Ivan, mentre i polpacci allenati e i quadricipiti delle gambe guizzavano vistosamente durante la sessione di jogging.

L'infermiere non la vide subito, o almeno così le parve; essendo concentrato nella corsa, lui sollevò la testa per osservarsi intorno solo quando fu a una dozzina di metri dalla figura della giovane. Allora si fermò di colpo e se ne stette in silenzio, come se lei avesse avuto qualcosa da dirgli.

Entrambi erano imbarazzati e desiderosi di essere altrove. Lidia lo salutò piuttosto goffamente, tenendo lo sguardo basso, mentre Ivan ad un tratto si fece avanti camminando con disinvoltura, riprendendo fiato a grossi respiri e detergendosi il sudore del volto col dorso di una mano. Quando furono l'uno di fronte all'altra, la ragazza si sentì un nodo allo stomaco e il suo primo impulso fu quello di correre via con una scusa qualsiasi. La sua mossa fu però preceduta da una ben più lesta, perché Ivan, sebbene affaticato per la lunga corsa che aveva svolto, era più dinamico e scattante di lei. La ragazza si trovò le mani strette in una morsa delicata ma infrangibile, con gli occhi di lui che la osservavano calmi e decisi.

"Ti devo parlare" esordì l'uomo. E la trascinò gentilmente con sé a sedere su una panchina vicina, accomodandosi l'uno di fronte all'altra.

 

***

 

N.d.A.

Buona sera a tutti! :D

Eccomi qua con il nuovo capitolo di 'Untitled'. Come avete potuto leggere – se avete avuto il coraggio di arrivare fin qui -, sono emerse tutte le ragioni per cui Ivan ha deciso di tenersi lontano da Lidia. Purtroppo la situazione non è facile per i due, ma perché l'uomo, il mattino seguente, dice alla protagonista che deve parlare con lei? E con urgenza, a quanto si può capire. Be'... non spoilero nulla, perciò chi legge dovrà aspettare il prossimo capitolo per avere tutto chiaro :P

Comunque, ora vorrei ringraziare sabrinacaione, che ha recensito la storia fin dal primo capitolo <3 , hi_guys e Piebavarde, che hanno lasciato un commento all'ultimo aggiornamento. Inoltre, grazie a chi legge la storia e a chi la segue o l'ha messa tra le preferite e le ricordate ^^

Bon, mi congedo, ma mi rifarò viva con il prossimo capitolo, venerdì prossimo :)

Ah, quasi mi dimenticavo: per richiesta di Sabrina, ecco sotto le foto che più o meno rappresentano Lidia ed Ivan come me li immagino io.

Spero che rassomiglino un po' a come ve li immaginavate voi, e che questo capitolo vi sia piaciuto :)

A presto <3

 

Flame


       Ivan




       Lidia

  
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