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Autore: Mania    11/07/2014    4 recensioni
{ Thor/Loki + Loki/Sigyn e Thor/Sif ● NON ci sono scene erotiche/sessuali, il rating è dovuto alle tematiche in sé }
{ Ambientata molto dopo Thor The Dark World }
« Non ce la fai proprio a comprendere, vero? L’amore non è voler cambiare qualcuno, renderlo una persona diversa per appagare se stessi. È qui che hai sempre sbagliato, tu e tutti gli altri, avete sempre pensato che io desiderassi essere in qualche modo salvato, perché volevate credere che io fossi come voi. non ero, non sono e non sarò mai come voi. Non cerco salvezza, non desidero la vostra compassione, non mi interessa il perdono perché non credo di aver commesso azioni che debbano essermi perdonate - soprattutto da voi. »
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Loki, Sif, Sigyn, Thor
Note: What if? | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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PROLOGO

C A P I T O L O   U N I C O ▬
 “ Lui voleva redimerlo
Lei affogava con lui nell'abisso



{ E che nessuno si permetta di chiamarmi eroe

L'ho fatto per motivi solamente miei
Sono troppo diverso dai vostri eroi
L'ho fatto per me, non per voi }
Leroe – Mercanti di Liquori





C’era stato un tempo, disperso nelle onde del passato bruciato nella foga della giovinezza, nella quale Loki ricordava di essere stato quasi sulla stessa linea d’onda di moralità della maggioranza di Asgard. Era sepolto a fondo, una concordanza dimenticata presto, cancellata rapidamente dall’evidenza di ciò che la sua natura era a dispetto di qualsiasi avvenimento – non era stata la realtà attorno a sé ad averlo reso il dio degli inganni, era ciò che era ad aver plasmato gli accadimenti. Mai avrebbe permesso che qualcosa – o qualcuno – lo influenzasse. Per questo la parte ancora intatta da quel fuoco nero di rancore e insoddisfazione, l’aveva regalata all’unica persona che mai lo avrebbe desiderato diverso dalla propria attitudine – la sola che lo aveva amato fino all’ultima fibra nonostante le mani sporche di sangue, nonostante l’odore di morte attaccato alle sue vesti, nonostante lo sguardo di un assassino.
Lady Sigyn non recriminava, non condannava, non giudicava. Lei si ergeva oltre, andava sempre al di là di tutto quanto, guardando in lui come nessuno aveva mai avuto il coraggio di fare, abbracciando e accettando come sue tutte le nefandezze compiute dalle mani e dalla lingua del marito. Perché lei era come Loki, era contorta, immorale e discutibile – e fedele. Nella sua discrezione, era forse maggiormente subdola in un certo qual senso, ammantata nel suo sorriso candido con il quale si schermava dal mondo, lasciando la propria ambiguità in fondo a una maschera che solo lui le aveva tolto con gesti lussuriosi. Si era esposta per amor suo, perché nelle iridi di un verde accecante, in cui le fiamme del potere esplodevano in favelle incandescenti, aveva scorto la grandezza di un Re senza tempo. Non avevano peso i peccati, le bassezza, i crimini – la sua morale non era stata corrotta da Loki, la sua morale era nata disfatta come la sua famiglia. Per tale ragione non aveva necessità di spiegarle i suoi piani, non perché non ne facesse parte, ma per l’esatto motivo opposto – era talmente capace di leggere attraverso le sue illusioni e bugie, da intuire cosa lui avrebbe compiuto e cosa quale sarebbe stato il proprio ruolo in quel macabro teatrino.
«Lei fa sempre quello che gli dici, non è vero?», la domanda di Thor giunse appuntita come una lama, con l’intenzione di infilzarsi tra la carne e i tendini di Loki, per cercare di ferirlo almeno in parte nella costatazione del tradimento messo a punto a danno della moglie, ma di cui il dio degli Inganni gli aveva appena rivelato la complicità nell’orchestrarlo. Infatti, Loki si limitò, in un primo momento, a rivolgergli blandamente un sorriso compiaciuto quanto compassionevole.
«Sigyn?» lo interrogò teatralmente, scivolando via dalle lenzuola sfatte di un letto che aveva disfatto per scopi che nulla a che vedevano con sentimenti puri, ma solo con desideri marci e putrefatti dalla malevolenza. Non c’erano imperfezioni nei gesti con cui riallacciava le cinture, lisciava i vestiti e si ammantava nuovamente delle sue vesti come se nulla fosse accaduto. «Sigyn è la dea della Fedeltà, stupido fratello, non dell’obbedienza. È mia sposa perché ha voluto esserlo; mi aiuta perché vuole essermi di sostegno delle mie imprese e desidera vedermi re; e mi ama nella semplicità di ciò che siamo. Senza alcuna pretesa
L’ultima frase del dio degli Inganni fu intessuta come una vera accusa, non contro Thor solo, ma contro l’intera Asgard che mai aveva compreso una realtà a loro due tanto semplice, istintivo. All’inizio si era sentito realmente disturbato da tale costatazione, da come solo lui e Sigyn riuscissero a scrutare nelle piaghe reciproche, scendendo in antri delle loro anime tanto oscuri da far terrore alle tenebre stesse. Poi, era giunta la consapevolezza di come in realtà lei fosse un regalo di chiunque gli avesse affidato anche la sua natura, l’unico spiraglio di luce e purezza concesso, la sola consolazione e soddisfazione nel quale dissetarsi – la singola vittoria davvero realizzabile, perpetua anche nelle altre vite da quanto immutabili erano le loro costanti.
«È pazzia, Loki, non è amore quello» replicò Thor alzandosi a sua volta, con i lineamenti imprigionati ancora in una paralisi sconvolta e interdetta. Era stato ingannato una volta in più, tanto a fondo, tanto orribilmente da essere Thor in persona responsabile di quell’illusione nella quale era affogato, sopraffatto da una tentazione tanto dolce da non essere riuscito a scorgerla per ciò che era – una menzogna, l’ennesima.
«No, Thor. Abbiamo, io e Sigyn, innumerevoli difetti, una costatazione che non obbietterò. Ma nella nostra imperfezione, nelle nostre perversioni, nei nostri modi di essere labirinti privi di uscita, noi lo abbiamo capito davvero cos’è l’amore e non è quello tu che credi sia», pacatamente, replicò Loki prima di scoppiare in una lieve risata di scherno nell’osservare lo stato del fratello. Aveva predisposto un piano tanto insano da essersene quasi stupito lui stesso, aveva deciso di aprire ferite nell’anima prima ancora che squartare la carne, per infliggere un tipo di sofferenza che mai si sarebbe potuta scollare via dalla mente di Thor. Lo aveva depredato di parte della sua incorruttibilità, aveva agguantato la parte più debole del suo cuore in cui l’affezione che provava per lui lo rendeva una facile vittima, per poterlo portare a credere a ciò che da molto desiderava per lui, o forse per se stesso – redenzione. Illuso, portato a sperare che se era un amore malato la cura per Loki, allora poteva macchiarsi di un simile peccato, infangandosi il corpo e la coscienza di una simile immoralità pur di riportarlo a ciò che era stato – prima che tutto di disgregasse, spingendoli al conflitto. Ma era stato un trucco, una tragedia scritta con sapienza dall’astuzia depravata di Loki.
«E va bene così», continuò Loki, portandosi al centro della stanza dorata del fratello, illuminata tenuamente da candelabri che mai avrebbero visto consumarsi le loro candele, dalla tremula fiammella. Il calore che emanavano era esile come il chiarore rossastro, scarso per poter combattere il grumo di ombre ammassate nella camera. «Perché mi ha permesso di usarti, di ingannarti e di sporcare quel tuo cuore così disgustosamente puro che ti portavi addosso come un monito a chi non era come te. Ora sei corrotto, fratello. Ora, almeno un po’, sei come me
«Non sarò mai come te» sputò tali sillabe stringendo i denti in una morsa furiosa. Avrebbe voluto raggiungere Loki, ergersi di fronte a lui e rendergli evidente la distanza che li separava semplicemente con uno sguardo ravvicinato, ma sapeva che ora non ne era capace – forse non ne sarebbe più stato in grado dopo ciò che gli aveva fatto. Sentiva il cuore torturargli il petto in battiti accelerati ammantati di rovi, mentre prendeva coscienza di come Loki lo avesse circuito, richiedendo a gesti un aiuto di cui non necessitava per poterlo macchiare con un peccato del quale mai la sua anima si sarebbe potuta liberare – e di cui mai si sarebbe dato perdono.
«No, certo, il figlio di Odino non potrà mai essere come me. E sarebbe un peccato diversamente, altrimenti chi desidererei annientare?»
«Dici seriamente, Loki? Anche dopo…», gli morirono nella trachea, le parole. Il nodo che formarono fu difficile da ingoiare, con ancora le immagini vivide di quanto avevano appena compiuto in quel letto – di quello che Loki gli aveva fatto, tenendolo inchiodato sul materasso, tra ansiti e mugolii nei quali gli aveva rivelato come in realtà non avesse bisogno di lui, di come avesse orchestrato quel finto ricongiungimento solo per poterlo rendere un dio meno pregevole. «Anche dopo aver salvato Asgard?»
«Desidero Asgard per me, Thor, non voglio vederla ridotta in cenere – o almeno non da altri», e Loki era a conoscenza meglio di chiunque altri come non era mai davvero stata in pericolo la bella capitale, e nemmeno il Regno. L’aveva lasciata scoperta a un attacco nemico, creando una falla, unicamente per poter inscenare un fasullo ravvedimento, solo per poter arrivare a ottenere una vittoria diversa dalle altre – ma che possedeva un gusto tanto dolce da inebriarlo a ogni secondo che trascorreva osservando gli occhi cerulei del fratello, ricolmi di un dolore stordente. «Tu non sei Asgard, sei un ostacolo, e non ho mai apprezzato chi si mette tra me e i miei obbiettivi.»
«Come puoi essere davvero il fratello con cui sono cresciuto?»
«Ed è qui, esattamente in questo semplice punto che nasce il tuo originale errore. Quello che ti ha portato alla sconfitta, fratello. Io non sono mai stato quel fratello che tu hai creduto, hai visto ciò che volevi perché accecato dal tuo amore; e io l’ho sfruttato, l’ho alimentato, ti ho reso cieco. Desideravi a tal punto che in me ci fosse molto più bene di quello che esiste, da pensare che io meritassi – e potessi, e volessi – redenzione.»
Rimasero echi, tali parole, anche quando furono del tutto estinte nell’aria, appiccicate dentro Thor in effluvi evanescenti, insieme a fantasmi di memorie passate, frammenti di ciò che era stato e in ciò in cui aveva creduto. Possedevano contorni trasparenti, appena accennati, ma pressanti nella loro concretezza anche in quello stato – forse più di quanto lo sarebbero state se avessero assunto definizioni nette, in cui la realtà e la finzione erano due concetti definitivamente separabili.
«So che la nostra infanzia è stata reale, non era una bugia» riuscì infine a pronunciare in un rantolo Thor, impossibilitato a credere concretamente che tutta la sua vita fosse parte di una menzogna – e in quel momento, in quel punto della sua vita, si rese conto di cosa doveva aver significato, almeno in parte, per Loki scoprire le sue vere origini. E poteva scorgerla negli occhi, di un verde prepotentemente scuro e scelleratamente sgargiante, quale fosse stata la sua reazione – rabbia accecante, dilaniante, talmente viscerale da aver infranto la compostezza di cui si ricopriva solitamente, e non era per il dolore della bugia in sé, ma per l’affronto fatto alla propria dignità, alla propria immagine di dio che circuiva gli altri con gli inganni senza venirne soggiogato. Invece, Thor non provava tale impeto ustionante, ma una sconsolatezza glaciale, un cedimento alla propria fede, da sempre riposta nel passato in cui era davvero stato felice – non una contentezza momentanea, ma presente ogni giorno, quando si svegliava e poteva contare sulla presenza di Loki in qualsiasi circostanza.
«Dipende cosa intendi per bugia, Thor. Credi che perché le mie azioni fossero primariamente finalizzate a guadagnarmi il trono in modo leale, almeno all’inizio, allora tutto quello che abbiamo passato abbia meno valore? Un’illusione genera sentimenti ed emozioni concrete, fratello» obbiettò Loki, spostandosi vicino al grande tavolo rotondo posto a qualche passo di distanza da dove si trovava. La stanza di Thor era adornata dei suoi trofei, in una bellezza selvaggia che gli apparteneva, lasciando perdere qualsiasi tipo di eleganza per imprimere a chi entrava il possente vigore di cui disponeva, attraverso l’esibizione di quanto aveva guadagnato con la forza nella propria vita. Loki ricordava molte delle occasioni legate agli oggetti su cui i suoi occhi si posavano, una nostalgia tanto effimera da percepirla appena mentre li passava in rassegna, e rimembrava come già nella loro infanzia il suo unico scopo fosse sorpassare i risultati di Thor – non importava come, ed era relativo valore se essi gli venivano riconosciuti, perché a se stesso doveva dimostrare di quanta grandezza fosse in possesso per poter davvero ambire al trono promesso. Ci aveva provato, almeno all’inizio, a guadagnarselo nel modo più leale possibile; la sua natura, tuttavia, non era quella di un giocatore corretto – e ringraziava che così fosse, perché immaginarsi in un modo diverso, pensare di poter diventare un uomo lontano da ciò che era, gli provocava ribrezzo. Era orgoglioso della propria attitudine, ed era ciò che Thor non aveva mai voluto comprendere.
«Ma sono fondate su una menzogna!» urlò Thor, con artigli fatti di sillabe a graffiare la notte fino a farla sanguinare, spazzando via la delicatezza malata nella quale essa era tata condotta fino a quel momento – forse per dispetto alla compostezza di Loki, forse per impossibilità materiale di essere calmo come lui davanti alla fine del mondo o forse per entrambe le cose.
«È questa la differenza tra noi» osservò blandamente Loki, quasi con fare annoiato per la piega della conversazione. Fu questa strisciante sensazione di stanchezza per una discussione che non accendeva in lui alcun interesse residuo, a irritare maggiormente Thor – era di loro che stavano parlando, della loro vita, di ciò che erano stati e ciò che avevano condiviso al di là di quello che era accaduto nelle ore antecedenti. Pensare che Loki provasse apatia per un simile corollario di argomenti lo rendeva furioso, riportando a galla nella sua mente lo sguardo di pentimento che aveva veduto sul volto del fratello minore quando era giunto in soccorso di Asgard, per aiutarli e chiedere in tal modo perdono. Non voleva cedere alla verità di come la possibilità di una sua redenzione fosse impossibile, di come in realtà non vi fosse speranza per Loki di riprendere a camminare sullo stesso sentiero.
«Smettila di perseguire questa follia, smettila di affondare nell’abisso, Loki, e smettila di trascinare con te Sigyn, se è vero che la ami» supplicò, trovando il coraggio di muovere qualche passo nella sua direzione, ma senza riuscire a stroncare una divisione che ora si palesava anche nello spazio nel quale risiedevano. La distanza percepita si era accresciuta tanto da impedire a Thor di reciderla a gesti, lacerato nell’infamia futile di aver ceduto a un peccato per poter conquistare la salvezza del fratello – e mentre guardava il volto del dio del Caos riempirsi di traboccante divertimento nell’osservarlo devastato, prese finalmente coscienza di quanto non lo avesse conosciuto mai fino in fondo. Aveva ignorato la sua natura, blandito la sua magia come trucchi, abbassato la qualità della sua strategia a furberie dal valore misero in confronto alla gloria della battaglia, aveva cercato di evitare di guardare nelle profondità delle azioni compiute al suo fianco, di vederci le tenebre di cui erano farcite per non dover ammettere a se stesso chi davvero Loki fosse – perché fino a quando stava al suo fianco, poteva fingere che fosse buono.
«Certo che è vero. Una delle poche cose vere della mia vita» rispose Loki, infarcendo le proprie frasi di ghigni malevoli nel sottolineare come lei fosse la sua unica verità – l’unica del quale il dio degli Inganni si avvalesse, mentre il resto, Thor compreso, rimanevano bugie utili. Si mosse nella stanza con movenze eleganti, sottolineando le proprie parole con gesti suadenti a rimarcare i propri concetti con la maestria dell’attore – il protagonista indiscusso. Era il monologo finale e Thor lo comprese dall’inizio, erano quelle le ultime parole che Loki gli avrebbe rivolto amichevolmente, prima di prendere possesso pienamente del suo ruolo d’antagonista. In mezzo a quella consapevolezza, sfinito da ciò che significava, lo ascoltò privo di forze e della più benché minima ombra di trovarvi replica – perché ogni parola non suonava come una menzogna, ma come coltelli affilati da verità taciute apposta per renderle più dolorose. «Non ce la fai proprio a comprendere, vero? L’amore non è voler cambiare qualcuno, renderlo una persona diversa per appagare se stessi. È qui che hai sempre sbagliato, tu e tutti gli altri, avete sempre pensato che io desiderassi essere in qualche modo salvato, perché volevate credere che io fossi come voi. non ero, non sono e non sarò mai come voi. Non cerco salvezza, non desidero la vostra compassione, non mi interessa il perdono perché non credo di aver commesso azioni che debbano essermi perdonate - soprattutto da voi. Ho compiuto ciò che desideravo in totale autonomia, liberamente, semplicemente perché desidero quel trono, quel titolo e quel Regno. Niente di più e niente di meno, fratello, e questo Sigyn, mia moglie, lei lo sa, lo ha sempre saputo e lo ha accettato. Ecco cos’è l’amore, quello vero; è accettazione. Tienilo a mente, prova a non commettere nuovamente questo errore, e magari, domani, o dopo, o dopo ancora, riuscirai a battermi definitivamente. Io sarò sul quel campo, dove devo stare, e sarò tuo avversario come, in fondo, è sempre stato, perché è così Thor, il Re è sempre un uomo solo. Continuerò a chiamarti fratello, perché a dispetto di tutto, siamo cresciuti come tali, ma ciò non significa che non ucciderò tutte le persone a cui tieni, per vederti soffrire, contorcerti dal dolore e strisciare nel loro sangue, prima di uccidere te.»
Non aggiunse altro. Durante il suo discorso si era mosso come se la stanza fosse un palco, rendendo vive le parole uscite dalle sottili labbra, imprimendole nei gesti e negli sguardi rivolti a suo fratello. Erano le uniche verità di cui disponeva Loki, e le aveva a lungo taciute per aspettare l’attimo esatto in cui avrebbero maggiormente sparso sofferenza nel cuore di Thor, riversando in lui parte della propria insoddisfazione. Se mai avrebbe potuto davvero ottenere il trono, se era destinato a perdere in eterno, allora Thor avrebbe convissuto con la consapevolezza di non poterlo redimere come desiderava, di aver errato nel profondersi in un amore che non era davvero tale, e che aveva condiviso anni con un fratello che era sempre stato in grado di atrocità. Soprattutto, che il buono, quel piccolo frammento di luce che resisteva nell’oscurità degli abissi di cui era formato Loki, non era dovuto a Thor, ma a Sigyn.
Rimase solo il dio del tuono, a fissare il vuoto lasciata dalla scomparsa della figura del fratello minore a lungo. Non ebbe percezione di quante ore fossero, di come scorresse via quel lasso di tempo, semplicemente seppe che fu molto perché infine Lady Sif giunse a cercarlo, preoccupata.
All’inizio sentì appena la sua presenza, quasi fossero mani di un fantasma a toccarlo, guidarlo lontano dal letto fino a spingerlo sul terrazzo, accompagnandolo nel sedersi sul pavimento di marmo sul quale si infrangeva un solo caldo, capace di attraversare – lentamente –la propria pelle, riscuotendolo dal torpore apatico nel quale era caduto. La prima sensazione certa che ebbe, quando si riscosse, prima ancora di sollevare il capo verso Sif per cercare i suoi occhi ad attenderlo con pazienza, furono le dita della donna a stringergli le mani – anche se erano troppo piccole per poterlo fare bene, anche se erano piene di calli dovuti alle guerre, apparivano più tiepide dei raggi sotto i quali stavano assieme.
«Forse ha ragione lui, Sif» riuscì infine a pronunciare, senza aver bisogno di raccontare nulla – perché Sif non ne aveva bisogno, lei non pretendeva risposte. Aveva amato molte donne, Thor, e sarebbe stato ingiusto affermare che a qualcuna avesse riservato più dedizione che ad altre, ciò che semplicemente differenziava la dea della Guerra dalle altre non era la quantità o qualità dei suoi sentimenti, ma il fatto che ad essi si sommavano un rispetto profondo che andava al di là di ciò che i loro cuori provavano reciprocamente.
«Non importa in assoluto chi ha ragione e chi torto, Thor, nessuno può stabilire la Verità. Ciò che davvero conta, ciò che più di tutto ha importanza, è ciò in cui decidi di credere, chi decidi di proteggere, cosa vuoi difendere e come vuoi rendere il futuro. Credi nelle tue scelte e lascia a lui le sue, non sono una tua responsabilità, ma le conseguenze... Quelle lo saranno» asserì piano, muovendo senza foga le proprie labbra e intensificando la presa delle proprie falangi attorno alle mani dell’uomo, in un tentativo infinito di farlo ridestare dallo stato di sconforto nel quale Loki lo aveva gettato. Sif non poteva dire che da sempre aveva provato avversione verso il minore dei due principi, non sarebbe stata sincera e poteva ricordare un periodo in cui l’amicizia con Loki non era stata pura apparenza, almeno da parte sua; tuttavia aveva visto l’uomo che aveva deciso di essere e quanto questo avesse distrutto le certezze di Thor – perché Thor amava suo fratello, troppo e troppo malamente, e non aveva mai capito che non era sufficiente, che l’amore non bastava.
«Sarò ciò che sono sempre stato, Sif, non so essere un uomo diverso» pronunciò fermamente Thor, alzando il volto per poter lasciarle scorgere la forza della propria affermazione. Voleva che almeno Sif scorgesse il vigore della propria dichiarazione, e quanto questa sarebbe stata onorata ogni giorno, tentando, in un modo o nell’altro, di cancellare la propria debolezza – non scordando il peccato commesso, ma impedendo che qualcun altro pagasse al proprio posto.
Anche se non sarebbe più stato per Jane, avrebbe protetto Midgard e i suoi abitanti, tenuto al sicuro i Nove Regni e impiegato ogni fibra del suo spirito per tenere Loki lontano dal trono – e riversato in ogni suo colpo, la prepotenza di una simile presa d’atto, anche a costo di ucciderlo. Perché era polvere ciò che era rimasto della loro infanzia, e avrebbe conservato solo essa, spazzando via tutto il resto.
«L’uomo che sei va bene, è sufficiente», e fu in quell’istante che Thor se ne avvide. Almeno su un punto, almeno qualcosa di quel contorto discorso che gli era apparso tanto sbagliato, trovò un frammento da condividere, da salvare – di buono. Lady Sif, proprio come Lady Sigyn, amava senza pretese, senza essere mossa da alcuna volontà di mutare l’oggetto delle sue attenzioni, comprendendone i punti deboli e riuscendo ad apprezzarli più delle virtù. Un amore di cui Thor non conosceva ancora la forma, sempre troppo accecato dal desiderio di rendere tutto secondo i propri desideri, ma di cui avrebbe trovato le coordinate per approdarvici – o quanto meno, le avrebbe cercate a dispetto della meta alla quale lo avrebbero condotto.




M A N I A’ s  W O R D S
Queste note sono la cosa più difficile che io abbia mai fatto, le ho cancellate e riscritte almeno dieci volte. E questa volta le farò molto brevi, perché no, non devo chissà quale spiegazione mistica.
Il punto è che a me la ThorKi piace, ma mi piace in una concezione tutta mia e quindi nella mia poco lunga vita ne ho trovate in scarsa quantità che mi soddisfacessero. Per di più non sono proprio un'amante della visione di Loki come un dio che ha carenze affettive, con una personalità fragile e sul punto di crisi di nervi, tutt'altro. Sono decisamente più affascinata da lui nella sua giusta veste del bastardo che è, trattandosi del dio del Male e del Caos. Quindi diciamo che ne leggo ormai solo da persone che ho visto che ne sa scrivere come piace a me - gusti personali!!! Non voglio sottintendere NULLA! Sono io in possesso di gusti decisamente difficili e particolari riguardo questa ship - e basta.
In realtà vorrei scrivere tutta la long che spiega per filo e per segno quello che è avvenuto - attacco ad Asgard per colpa di Loki, ripensamento (finto!) di quest'ultimo, e tutto il resto. Un giorno magari lo farò.
Un ringraziamento particolare va Raxilia e a u t u m n che mi hanno sopportata, leggendosi in anteprima la storia e rincuorata. Ah, la storia l'ho scritta un mese fa, più o meno, ma so perfettamente che non è nei gusti del fandom come ho dipinto i due, quindi avevo deciso di evitare di pubblicarla - e ci ho ripensato, perché sono lunatica.

Ah, ho aperto qualche oretta fa una pagina Facebook per il mio account. Questa è la prima pubblicità che faccio alla pagina - dato che ai miei contatti sul profilo "serio" di Facebook non voglio far sapere che scrivo fanfiction x°D. Venite pure qui a insultarmi: Mania FB.


Mania





  
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