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Autore: dreamrauhl    11/07/2014    4 recensioni
"This is sempiternal. We will ever see the end?"
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dodici rintocchi scandirono la mezzanotte.
Le strade erano deserte, il cielo cupo delle notti di dicembre. La mezzaluna era l'unica fonte di luce oltre ai lampioni presenti ai lati delle strade, alcune stelle brillavano solitarie nell'immensità del cielo nero.

Nina si aggirava per le strade noncurante dei pericoli che correva. D'altronde, preferì il rischio alle urla sommesse dei genitori, chiusi nella camera da letto a litigare convinti di non farsi sentire da anima viva. O, meglio, convinti di non farsi sentire da Nina, la loro unica figlia.

Ormai i loro litigi erano diventati molto più dei banali screzi di un tempo. Prima si trattava di piccole discussioni, tanto che non si preoccupavano del fatto che Nina potesse sentire. Anzi, spesso capitava che discutessero a cena, davanti agli occhi della figlia. Ultimamente le cose, però, erano andate via via peggiorando. Il padre spesso spariva di casa, se ne stava via per settimane, non rispondeva né ad una chiamata né ad un messaggio della figlia. Le poche volte che le capitava di vederlo era attraverso la porta, dimenticata aperta, della camera da letto dei suoi genitori mentre questi ultimi erano troppo impegnati a litigare da accorgersi della sua presenza.

Quella sera ci fu l'ennesimo litigio e Nina non fu in grado di sopportare oltre. Uscì di casa senza nemmeno avvertire, prese la giacca e se ne andò sbattendo la porta. Stava vagando senza meta da ormai mezz'ora, non sapendo bene cosa fare o chi chiamare.
Le gambe sembravano muoversi per abitudine, non per sua volontà. Il cellulare squillò nella borsa, fu l'ennesima chiamata a cui non rispose. Di certo non voleva sentire la voce di sua madre o di suo padre dopo essere – quasi – scappata di casa.

Si maledì per essere nata in quella famiglia, come se fosse stata una sua decisione, come se avesse scelto lei quella città o una madre e un padre che non si erano mai preoccupati del benessere della figlia. Si addossò ogni colpa possibile, come se la ragione scatenante dei litigi fra i suoi genitori fosse proprio lei.

Continuò a camminare per quasi tre chilometri quando, sfiancata, si sedette su una panchina. Fissava il buio, i gatti che in lontananza svelti attraversavano la strada, ogni persiana abbassata, ogni veranda illuminata soltanto da piccole luci artificiali.

Sentiva di non appartenere a quella città, a quella routine che le diede il voltastomaco già in tenera età.
Voleva andarsene, scappare – e non soltanto di casa.
Scappare, sì, ma dove?
Non poteva scappare e andare lontano se era da se stessa che si voleva allontanare – oltre che dai suoi genitori – ma decise che ci avrebbe provato comunque, in qualche modo.

Di tanto in tanto qualche macchina passava sfrecciando sulla strada principale, ma non sembrava dar loro importanza. Invidiava, più che altro, la loro sfacciataggine, il menefreghismo, il fatto che non si preoccupassero di ciò che il vicinato avrebbe potuto pensare del frastuono prodotto dallo stereo e dal motore o, nello specifico, di ciò che avrebbero detto del guidatore. Non importava loro niente, esattamente come a lei non importava più dei suoi genitori.

Si rifiutò persino di pensare a loro come a coloro che l'avevano messa al mondo, chiamandoli per nome anche se solo si intromettevano nella sua mente come promemoria dell'azione appena compiuta.
I loro volti le tornavano alla memoria come fotografie, non come persone – fotografie di ricordi felici, dei suoi primi compleanni, delle vacanze al mare, fotografie di quando ancora sembrava andare tutto bene. Ricordi lontani, ricordi che facevano solo male, ricordi che le lasciarono un vuoto dentro che era conscia non avrebbe riempito con nient'altro, se non con la certezza di avere accanto i propri genitori, insieme, come un tempo.

Una lacrima solitaria scese lungo il suo viso, ma si affrettò ad asciugarla.
Il freddo iniziava a penetrare le ossa e la temperatura, man mano che passavano le ore, si faceva più rigida.
Non avrebbe resistito ancora per molto là fuori.
Prese il telefono dalla borsa e sul display lesse che c'erano cinque chiamate perse della madre ed altrettante da parte del padre. Fece finta di niente e sbloccò il telefono. Sapeva chi chiamare, sapeva da chi andare.

  
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