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Autore: emotjon    11/07/2014    8 recensioni
Un angelo. Capelli ricci, occhi smeraldo.
Un demone. Pelle ambrata, occhi cioccolato fuso.
E lei. La ragazza da cui dipende il destino di... tutto.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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*sono di nuovo qui, miracolosamente dopo solo sei giorni.
effettivamente, ultimo capitolo prima dell'epilogo.
ultimo capitolo prima che io possa dirvi cos'ho in mente.
fino ad allora, muta come una tomba.
intanto buona lettura... ci risentiamo a breve, spero.
un abbraccio immenso,
- emotjon.*





19. Alive.



 
Le dita gelide e bagnate di Zayn erano ferme sulle labbra della castana da quel che sembrava essere un'eternità. Continuava a guardarla negli occhi come a volerle leggere dentro, beandosi della stretta della sua piccola e gelida mano sulla maglietta e circondandola con le ali color tenebra.
Qualche battito di ali più forte degli altri ed erano spariti nelle nuvole nere nell'istante in cui iniziava a piovere. Diluviare, a dire il vero. A Madeleine era scappato un grido, al contatto con la pioggia ghiacciata, ma quel grido era stato fermato con prontezza dalle labbra del demone sulle sue.
La maggior parte dei Nephilim era quasi completamente cieca. Punizione divina per impedirgli di vedere il mondo al quale appartenevano per sbaglio. Punizione divina che li rendeva diversi, strani e invisibili a chiunque non ne conoscesse l'esistenza. Creature quasi cieche. Del resto però ci sentivano perfettamente.
Il loro udito andava oltre il rumore del vento, della pioggia, delle gocce d'acqua che si schiantavano al suolo. Fiutavano respiri, sentivano i vestiti stropicciarsi al soffio del vento, udivano i sospiri e i sussurri degli amanti. Riconoscevano angeli e demoni solo dall'odore.
Zitta, le mimò solo muovendo le labbra, sperando che la castana sapesse leggere il labiale come un tempo. Il pensiero dell'India gli vorticò per un attimo nella mente, facendogli quasi dimenticare tutto il resto e mettendogli addosso la voglia di portarla, in quel paese lontano. Perché stava sopravvivendo, proprio come le avevano promesso.
Lei mosse appena la testa come per annuire, continuando a guardarlo in quegli occhi nei quali sarebbe annegata più volentieri di quanto non stesse accadendo sotto la pioggia, nascosti dentro una nuvola carica d'acqua. Si strinse a lui aspettando che il momento di impasse passasse. Si strinse a lui per sentire meno freddo. Si strinse a lui per cercare di smettere di pensare alle parole di Harry.
Si irrigidirono entrambi quando sentirono dei borbottii poco comprensibili poco lontano da dove si trovavano. Ma le mani di Madeleine continuarono a stringere sulla maglietta sgualcita di Zayn, e il moro continuava a tenere il mento posato delicatamente sulla sua testa. Le prese una mano, intrecciandone le dita ormai gelide con le proprie.
Poi, successe in un attimo.
Un grido che avrebbe potuto gelare il sangue nelle vene. Una risposta a quel grido. E poi ancora urla, grida, ali che sbattevano velocemente. Nel giro di una manciata di secondi stava smettendo di piovere. Nel giro di pochissimo le urla dei Nephilim erano solo un ricordo lontano, e Zayn poté finalmente tirare il sospiro di sollievo tanto agognato.
«Non ci hanno sentiti...».
«Devo portarti via da qui», le disse in un sussurro, tenendo sempre il mento posato sul suo capo. Stentava a crederci, ma Madeleine era ancora viva, ancora tra le sue braccia. Sana e salva. «Scendiamo a terra, ci mettiamo dei vestiti asciutti e prendiamo la prima navetta per San Francisco».
«Zayn...».
«Devi fidarti però».
«Zayn, guardami», gli disse dolcemente, alzando appena la voce e costringendolo a guardarla. Aveva gli occhi lucidi, Madeleine. Non gliene sarebbe potuto importare di meno. Aveva i capelli incollati al viso dalla pioggia e le labbra blu dal freddo che sentiva. Ma riuscì comunque ad arrivare alle labbra del demone e lasciarci un bacio. Lo sentì rilassarsi sensibilmente, prima che riuscisse a ricambiare. «Mi hai salvata, Zayn...». Avrebbe voluto dirgli grazie, o che lo amava da morire.
Non serviva. Le si leggeva in viso.
E la consapevolezza delle sue parole comparve all'improvviso sul volto del demone. Sorpresa, incredulità. Gli venne da ridere, al pensiero di averla salvata. E rise, lasciandole una serie di baci leggerissimi sulle labbra. Rise, continuando a stringerla. Facendola ridere di rimando.
Perché a quel punto non importava più che i Nephilim li trovassero.
Era sopravvissuta. Zayn l'aveva salvata. Aveva mantenuto la promessa.
Smise di ridere solo quando la ragazza gli accarezzò una delle due ali, continuando a guardarlo negli occhi. Con la coda dell'occhio vide l'ala iniziare a splendere, e le labbra della castana schiudersi fino a formare una piccola "o". «Sei ancora un angelo, qui dentro», gli disse in un soffio, sfiorandogli il petto con la mano libera, nel punto in cui c'era il suo cuore.
«Cosa te lo fa dire?».
«Non mi avresti salvata».
«Ti ho salvata perché ti amo», le disse con un sorriso sincero lasciandole un bacio sulla fronte. La vide sorridere di rimando, colpita e sorpresa da quelle parole tanto esplicite. Perché di solito era introverso, e sentirlo parlare tanto chiaramente di sentimenti era tanto strano quanto incredibile.
Non si accorse nemmeno che stavano scendendo a terra. Scesero in picchiata, più velocemente di quanto si sarebbe aspettata. Atterrarono poco distanti dalla palestra di Skylar, il che le fece pensare che avrebbero dovuto dire agli altri che lei era ancora viva. «Zayn...».
«So a cosa stai pensando, ma non abbiamo tempo...», le disse una volta dentro la palestra. Chiuse le ali di fretta, ignorando la sensazione strana che ancora sentiva dopo il tocco della ragazza. Le sue ali avevano brillato, come se davvero fosse ancora un angelo. Come se il tocco di Madeleine avesse qualche strano potere, su di lui. Un potere che davvero non riusciva a spiegarsi. Scosse la testa e le passò qualche vestito pulito e un asciugamano.
Era con lei. Ma col pensiero era da tutt'altra parte.
Il suo pensiero vagava alla battaglia a cui non stava partecipando, a pochi chilometri da dove si trovavano.
Harry non credeva che avrebbe potuto lottare contro il nemico comune al fianco di qualcuno che non fosse un angelo. Eppure con l'aiuto di Skylar stava ferendo e mettendo in fuga decine di Nephilim, decisamente sorpresi che i due schieramenti nemici da sempre stessero combattendo insieme. Sorpresi che stessero collaborando, proprio come chiedeva la profezia.
E tra un fendente e l'altro, tra un colpo d'ali e altro, si accorsero appena di Cherubiel. Sempre più spalle al muro di un vecchio palazzo. Con due Nephilim che le se si avvicinavano passo dopo passo mentre lei continuava a camminare all'indietro. Bloccata. Immobile corto il muro, con un graffio sulla guancia e le ali spiegate ma senza la forza di volare. Nessuno si accorse della sua situazione finché non la sentirono chiedere aiuto, con gli occhi sgranati e i capelli biondi sparsi sul viso.
Nessuno si accorse di lei.
Nessuno si accorse di quel che succedeva.
Nessuno tranne Remember.
L'angelo dai capelli biondi si accorse di lei solo quando si ritrovarono occhi negli occhi. Cielo nel mare, ghiaccio nel ghiaccio. La vide spiegare le ali in un battito di ciglia. La vide farle da scudo con le ali nere, tanto vicine da distinguerne le piume. Tanto vicine loro da sentire il suono del suo respiro nelle orecchie e avere il suo profumo di cedro e cardamomo nelle narici.
Accadde tutto tanto velocemente da non rendersene conto. I Nephilim attaccarono la mora credendo che fosse la bionda. Attaccarono un demone credendo fosse un angelo. Attaccarono in fretta, poi volarono via come richiamati da qualcosa - o da qualcuno.
Tutti immobili.
Tutti avevano sentito la lama del pugnale d'argento superare i vestiti e penetrare la carne  come fosse carta. Tutti avevano sentito il singhiozzo di dolore di Cherubiel e il sospiro altrettanto doloroso di Remember. Tutti potevano vedere la lama ancora conficcatale nella schiena, col sangue scuro che iniziava a sporcarle la camicia in una macchia sempre più grande.
Tutti avevano visto le sue ali diventare deboli, tanto da non riuscire più a reggerla. La bionda vide le mani dell'altra scivolare lungo il muro dietro di sé, la sentì gemere fino a posare la testa sulla sua spalla. Cercò di tenerla prendendola per i fianchi, ma in realtà le veniva solo da vomitare, anche con le lacrime che le scivolavano lungo il viso portando via tutto il trucco.
«Rem, oddio...».
Riuscì finalmente a dire qualcosa, con le mani che correvano in automatico alla schiena del demone fino a trovare l'impugnatura del pugnale. La tenne stretta a sé sussurrandole che sarebbe andato tutto bene anche se non ci credeva. E tirò, facendola gridare e facendole scappare una serie di singhiozzi contro il suo collo.
Il primo a muoversi fu Skylar. Si avvicinò alle due ragazze ignorando il dolore alle ali. Ignorando tutto, perché Remember era quella che più si avvicinava ad essere la sua migliore amica. Ignorando Harry che teneva fermo a terra l'unico Nephilim rimasto, ferito, che non era riuscito a scappare. Ignorando i graffi sul collo di Soraya e su chiunque altro.
«Avrei parecchi insulti da rivolgerti, ma me li conservo per dopo, piccola».
«Non ci arrivo a "dopo", Sky», mugugnò la ragazza ritraendo finalmente le ali e abbassando le palpebre, più per non vedere Cherubiel piangere che per altro. Vederla piangere faceva più male persino del dolore lasciato dalla pugnalata. Faceva più male di perdere i sensi, di sanguinare o di non riuscire a respirare.
«Rem... perché...?». Il demone dalla pelle scura riuscì a zittirla con un'occhiataccia. Perché... le stava davvero chiedendo il perché quando era chiaro come il sole che la mora fosse ancora innamorata di lei? Il ragazzo scosse la testa, aiutando Remember a sdraiarsi a terra, con la testa sulle gambe leggermente graffiate della bionda. «Devi guarirla, Sky», aggiunse l'angelo dopo un po', vedendo l'altra ragazza farsi sempre più pallida.
«È una ferita profonda... sai anche tu che non ho quel tipo di potere, Cher».
«Va tutto bene...». Remember avrebbe voluto chiamarla "piccola", come un tempo. Ma si bloccò vedendo la sagoma di Liam entrare nel proprio campo visivo, per quanto sfocato potesse essere. Prese quello che voleva essere un respiro profondo e cercò di continuare a rimanere sveglia, con gli occhi aperti e il respiro pressoché regolare. Perché se fosse stato un buon momento per morire, aveva prima qualcosa da dire. «Piccola, guardami», mormorò, costringendo la bionda a posare lo sguardo su di lei.
Sorpresa, a dir poco. Perché non si sentiva chiamare in quel modo da lei da un'eternità.
Schiuse le labbra, capendo finalmente perché si fosse messa tra lei e i Nephilim che volevano ucciderla. Le venne in mente quel che avevano passato prima che Liam le trovasse, non ricordava nemmeno più dove. Ricordava solo che erano state solo loro due per talmente tanto tempo da riuscire a dimenticarsi di quello che aveva avuto in Paradiso con il castano.
E la guardò, cercando quasi disperatamente di cacciare le lacrime al proprio posto. Non le piaceva piangere, men che meno davanti a lei; sembrava che riuscisse a leggerle dentro come fosse un libro che avesse già sfogliato un milione di volte. Ancora azzurro nel l'azzurro. Quasi la stessa tonalità di cielo, ma in due persone differenti. Quasi uguali, ma opposte.
Fu in quello sguardo, probabilmente, che Cherubiel si accorse di non riuscire a vederla morire senza fare nulla. Avrebbe voluto salvarla come la mora aveva appena fatto con lei. Avrebbe voluto guardare Liam negli occhi e dirgli che quel "piccola" non significava niente, quando al contrario per lei in quel momento era tutto.
E sarebbe stata una bugia. Perché gli angeli non sanno mentire.
«Credevo che morire facesse più male...».
«Non stai morendo... Sky...», aggiunse l'angelo in un soffio, pregando il ragazzo di fare qualcosa. Almeno di provarci. Il demone scosse la testa, come esausto. Ma poi lo videro prendere un respiro profondo e imporre le mani sulla ferita. Una lieve luce dorata, tanto quanto bastava per farla respirare un po' meno affannosamente e farle sentire appena un po' meno il sapore del sangue sulla punta della lingua. «Non puoi, okay?».
«Siamo tutti nati per morire, lo sai. Come sai che io...». Si fermò per un colpo di tosse, che le spezzò il fiato il due, facendole quasi fermare il cuore. A Cherubiel al contrario si fermò davvero; sentiva come se fosse lei quella accoltellata e in fin di vita. «Sai che quando amo lo faccio davvero, amo forte e senza riserve». La bionda si limitò ad annuire, quella volta, cercando di accennare un sorriso che somigliava più ad una smorfia che ad altro. Ricordava perfettamente quelle stesse parole, dette qualche secolo prima, anche se in quel momento sembrava passato solo qualche attimo. «Con te l'ho fatto...».
Con te ho amato davvero. Con te ho amato forte. Con te ho amato senza riserve.
L'angelo si passò una mano tra i capelli color dell'oro, guardando in alto e cercando di nuovo di fermare le lacrime, senza successo. Non riusciva a crederci. Aveva avuto davanti agli occhi l'amore di Remember e non se n'era mai accorta. Aveva avuto davanti tutto quell'amore e l'aveva ignorato come se non esistesse. Donando sé stessa a Liam. Lasciando scivolare la mora nel dolore. Dimostrando che per lei non valeva nulla, anche se non era vero.
«Non puoi fare niente», aggiunse il demone mentre la ragazza si ostinava a stringerle la mano, a intrecciarne le dita con le proprie.
Non aveva idea di cosa stesse pensando Cherubiel. Non ne aveva idea nemmeno Liam, se non quando la vide chiudere gli occhi e le sue labbra presero a muoversi quasi da sole, quasi senza che lei lo volesse. Le si spiegarono le ali, simili a batuffoli di cotone, anche se leggermente in disordine dalla battaglia appena finita e un po' macchiate di sangue che non sapeva se fosse suo o meno.
Iniziarono a splendere, quelle ali, mentre lei continuava a mormorare qualcosa e la mora cercava di fermarla, invano. Stava attirando l'attenzione di tutti e fregandosene nello stesso tempo. Lei l'aveva salvata. Non restava che ricambiare il favore, nell'unico modo che conosceva.
Skylar e Liam alzarono lo sguardo all'unisono, come anche tutti gli angeli e demoni lì presenti. Perché oltre alle ali di Cherubiel, anche il cielo risplendeva. Tutti tranne le due ragazze. La bionda continuava a mormorare e tenere gli occhi chiusi. La mora invece la guardava a basta, ignorando il dolore e le forze che le mancavano sempre di più. La guardava aspettando che riaprisse gli occhi, perché di quegli occhi aveva bisogno, erano il suo cielo.
Detto fatto.
Ma i suoi occhi non erano più blu. Erano indaco.
«Magari non riesco ad amarti quanto te, ma devi fidarti», le disse in un soffio, avvicinandosi talmente da essere quasi labbra contro labbra. Quelle labbra che sembravano dello stesso colore della gomma da masticare alla fragola. Quelle labbra che sapevano anche, di fragola. Quelle labbra che ormai erano a pochi millimetri da quelle di Remember, che alla ragazza erano mancate tanto, forse troppo.
Liam trattenne il fiato, quando la ragazza che amava da sempre posò delicatamente le labbra su quelle della ragazza ferita. Non riuscì nemmeno a distogliere lo sguardo, troppo curioso di vedere che effetto avrebbe potuto avere quel bacio. Erano solo labbra contro labbra, a respirare la stessa aria, a passarsi il dolore.
La bionda sentì una delle due gambe iniziare a farle male, a il castano vide una ferita iniziare a formarlesi sulla coscia. All'inizio solo un taglietto, poi sempre più profondo, ma non troppo, mai tanto da essere letale. Nello stesso momento a poco a poco la ferita sulla schiena della mora smise di sanguinare, iniziando a rimarginarsi. E con la ferita migliorata lei prese a respirare meglio; il suo cuore prese a battere di nuovo normalmente. Riprese un po' di colore, mentre l'altra impallidiva un secondo dopo l'altro.
«Non ti saresti dovuta mettere in mezzo, piccola».
«Saresti morta».
«Siamo tutti nati per morire», le sussurrò posandole un bacio sulla fronte, per poi allontanarsi e guardare Liam negli occhi. Il castano distolse lo sguardo, ferito. La amava come non aveva mai amato nessun altro, mai. Eppure lei stava rischiando la propria vita per un'altra; per un demone; per una persona che non avrebbe dovuto amare.
Ma per quanto ferito dentro, Liam si costrinse a spiegare le ali e prendere in braccio la bionda. Freddo, come non avesse più sentimenti. E non una parola, da parte di lei. Riuscì solo a nascondere il viso contro la spalla del castano, stringendo i denti per il dolore alla gamba e cercando solo di non pensare a Remember.
La mora scoppiò in lacrime non appena furono abbastanza lontani da non sentirla piangere. Si strinse a Skylar, per quanto glielo permetteva la ferita, che ancora faceva male. Ma mai abbastanza da simulare il dolore di aver appena perso lei. Si rese conto a malapena di essere sollevata da terra, o degli altri angeli tutto intorno al Nephilim ferito che Harry era riuscito a fermare. Si rese conto appena delle labbra dell'altro demone contro la fronte, o di qualsiasi altra cosa.
Perché quando riaprì gli occhi erano in una delle camere della palestra.
Lei sdraiata su un letto, lui in piedi davanti a lei.
E Skylar fissava un pezzetto di carta con uno strano sorriso sul volto.
Harry intanto avrebbe solo voluto uccidere. Uccidere il Nephilim che teneva fermo a terra, con un piede puntatogli sulla gola. Uccidere Louis che stava cercando in tutti i modi di fermarlo. Uccidere chiunque gli si fosse messo davanti, perché era probabile che Madeleine fosse morta. Uccidere Zayn per non averla salvata, anche.
«Perché siete volati via all'improvviso?». Ormai aveva perso il conto di quante volte gli aveva fatto quella domanda. Era come su un altro pianeta, sul quale importava solo sapere se Madeleine fosse viva o meno. «Ti ho fatto una domanda», aggiunse, premendo un po' di più sulla sua gola, tanto da farne uscire un suono strozzato.
Ma per quanto Harry potesse premere su quella gola, al Nephilim veniva solo da ridere. E lo fece. Rise sguaiatamente, con la voce resa ancora più roca dalla pressione prodotta dal piede dell'angelo. «Avete collaborato, angelici». La sua voce era come metallo che sfrega contro altro metallo. Non era proprio il suono più piacevole dell'universo.
Il riccio lo ignorò. «Che è successo?».
«Cosa ti fa pensare che io te lo dica, cherubino?».
Stava per farlo. Stava per premere tanto forte da ucciderlo. Stava per uccidere l'unica cosa che avrebbe potuto dirgli quel che serviva sapere a tutti loro. Stava per farlo, quando le braccia di Louis lo tirarono indietro, staccandolo dal Nephilim e tenendolo fermo. Non ci vedeva dalla rabbia, non fosse stato per la sagoma di Cassiel davanti a sé, con le lacrime agli occhi.
«È viva, Har».

***
 
La castana era seduta coi piedi a penzoloni nel vuoto, sul cornicione di un vecchio palazzo della periferia di San Francisco. Poteva vedere il famoso ponte di metallo rosso. Si vedeva ovunque fossi, da quasi qualsiasi punto della città. Ed era il tramonto, erano passati due giorni da quando era sopravvissuta ai Nephilim.
Zayn l’aveva trascinata sul primo autobus, direzione San Francisco. Aveva detto che era meglio che viaggiassero via terra, per quanto potesse essere scomodo per un angelo. I Nephilim avrebbe fatto più fatica a trovarli, mischiati nella folla. Quindi, meno Zayn volava meglio era.
Meno Madeleine si spostava da un posto all’altro, meglio era.
Prese un sospiro, prima di sollevarsi in piedi sul cornicione e mettere un piede dietro l’altro, fino in fondo al balcone, in modo da sedersi nell’angolo. In modo da rimanere sola il più possibile. Non aveva voglia di guardare Zayn negli occhi, e vedere il suo sorriso, per poi farsi venire alla mente gli occhi verdi di Harry.
Ma per quanto ci provasse, il demone era sempre dov’era lei. In quel caso, pochi metri più in alto, sul tetto. Seduto con le ginocchia al petto, a guardare il panorama. A guardare lei che si muoveva agilmente fino a rimettersi seduta.
La sentì canticchiare una vecchia melodia. Vecchia, a dir poco. Non credeva nemmeno che potesse ricordarla. Era una ninna nanna, del periodo in cui erano stati in India. E magari era solo il suo inconscio ad avergliela riproposta, o forse… c’era altra possibilità? L’unica era che si fosse ricordata.
In fondo però, al moro non importava.
Canticchiò anche lui, facendole alzare lo sguardo in alto. Facendola sorridere, leggermente sorpresa. Gli fece cenno di scendere, ennesima contraddizione. Voleva stare sola, ma allo stesso tempo sentiva il bisogno di avere Zayn. Di guardarlo, di sfiorarne la pelle. Era la peggiore delle dipendenze.
«Ehi…», mormorò lui atterrando con un saltello dietro di lei, sul balcone.
Le cinse i fianchi per assicurarsi che non cadesse, poi posò il mento sulla sua spalla, respirandole sul collo. Facendole venire i brividi. Facendole desiderare di amare solo lui, perché in quel momento era così, Harry non esisteva. Chiuse gli occhi, Madeleine, con un sorriso sul volto. Schiuse le labbra al passaggio di quelle del ragazzo nel punto il cui il collo si unisce con la spalla. Le scappò l’inizio di un gemito, quando sentì le mani di lui scivolarle sotto la maglietta, a contatto con la sua pancia, a solleticarle la pelle tutto intorno all’ombelico.
La schiena di lei era posata totalmente al petto di lui. Attaccati, senza nemmeno uno spiraglio per far passare l'aria tra l'uno e l'altro. Coi cuori che battevano all'unisono e il respiro leggermente affannato di Madeleine nelle orecchie di Zayn. Che ricordasse, nessuno l'aveva mai toccata così. Non in quella vita, né in nessuna delle vite che le erano tornate in mente. Non così, come se la conoscesse meglio di quanto non conoscesse sé stesso.
«Zayn...».
«Non puoi immaginare quanto io ti voglia...».
Le sue labbra le si posarono sul collo, appena sotto il lobo dell'orecchio, facendola sospirare. Più un ansimo che un sospiro. Quasi un gemito, mentre faceva ricadere la testa all'indietro, sulla spalla del demone. Lo sentì ridacchiare nel proprio orecchio, il che non fece altro se non spingerla a girarsi verso di lui e legare le gambe intorno al suo bacino.
Poteva immaginarlo eccome, quanto la volesse. Per il semplice motivo che lei lo voleva allo stesso identico modo. Forse di più. Lo voleva più di quanto avesse mai desiderato nessuno. «Sei bravo, sai?», gli sussurrò contro le labbra, intrecciando le dita tra i suoi capelli scuri, quasi neri. Lo fece ridere.
Ma la risata si interruppe all'improvviso quando sentirono il campanello prendere a suonare.
«È Harry», la avvertì, strofinando il naso contro il suo collo e facendola rabbrividire. Al sentire il nome dell'angelo però si irrigidì, posando entrambe le mani sul suo petto. Lo allontanò di poco per guardarlo in viso e mordendosi il labbro, mentre il campanello continuava a suonare. «Se non vuoi lo mando via», scherzò, facendola ridere.
Al contrario, scosse la testa sorridendo e gli lasciò un bacio sulle labbra, prima di lasciare che la prendesse per i fianchi e la tirasse su, trasportandola in silenzio lungo il balcone, solo per il gusto di sentirla ridere. Arrivarono alla porta che ancora rideva, e smise di farlo solo quando incrociò gli occhi di Harry.
Allora le si riempirono gli occhi di lacrime, nel tempo di un secondo.
«Harry...», mormorò, costringendo l'altro ragazzo a lasciarla scendere. Il moro la lasciò fare, per poi scomparire di nuovo verso il balcone. Non avrebbe retto, se li avesse visti baciarsi, abbracciarsi. Solo sentirli parlare gli avrebbe fatto male, più di quanto avrebbe potuto sopportare. «Mi sei mancato», fu tutto quello che le sentì dire, prima di andare a sedersi ancora sul tetto, sulle tegole rese calde dal sole che ci aveva battuto tutto il giorno.
«Pensavo fossi morta...», mormorò stringendola a sé e affondando il viso nel suo collo. Respirando il profumo di quella pelle che le era mancata così tanto. La sentì singhiozzare, mentre la stringeva. E continuò a stringerla, senza curarsi di stringere troppo. Bastava sentirla; e la sentì, tanto da lasciarsi scappare una lacrima. «Se Zayn non avesse mantenuto...».
«Te l'ha promesso?», chiese lei, più che sorpresa.
«Ti avrebbe salvata comunque», ammise lui, sorprendendo anche sé stesso e lasciandole un bacio su una tempia. Poi prese un respiro profondo. E «Per questo devi rimanere con lui», aggiunse con un sorriso amaro. Sarebbe stato meglio per tutti, soprattutto per lei. Lui ci sarebbe stato male, vero; ma era importante che lei fosse al sicuro, che lei fosse felice, che lei non rischiasse la vita per qualcosa che nemmeno ricordava.
Madeleine ci mise qualche istante a capire davvero le sue parole. Ci mise un po' a capire cosa volesse dire. Ci mise parecchio per assimilare. Per capire cosa le stava chiedendo. Perché era assurdo, al cento per cento. Rimanere con lui? Stava scherzando? Lo allontanò con una smorfia, e gli occhi ancora gonfi e rossi dalle lacrime.
«Mi prendi in giro?». Abbozzò una risata, probabilmente isterica. «Non mi puoi lasciare qui con lui, io ho bisogno anche di te», ammise, alzando sensibilmente la voce, per quanto non lo volesse. «Non puoi dire davvero», continuò guardandolo negli occhi. Verdi, ma più scuri del solito; seri come mai li aveva visti.
«Piccola...».
Si allontanò da lui mentre Zayn tornava quasi di corsa dal terrazzo, sentendola piangere; appena in tempo per vedere il riccio passarsi una mano tra i capelli e sospirare, chiudere gli occhi e riaprirli, asciutti, senza nemmeno l'ombra di una lacrima.
«Voglio che stia con te, Zayn, e che tu la aiuti a ricordare...».
«E quello che voglio io?», sbottò la ragazza dandogli addosso e riempiendogli il petto di pugni. Si aspettava che lui la fermasse, che la abbracciasse e che le dicesse che sarebbe andato tutto bene. E Zayn si aspettava la stessa identica cosa. Quel che nessuno dei due si aspettava era che l'angelo la prendesse per i polsi e la costringesse a guardarlo.
Quel che nessuno si aspettava era la smorfia di dolore sul viso della ragazza.
Quel che nessuno si aspettava erano le parole di Harry.
«Quel che vuoi tu? Pensi davvero che mi importi qualcosa?». Colpo al cuore, forte, quasi abbastanza forte da farlo fermare, quel povero cuore. «Pensi di importare qualcosa?». Harry rise amaramente, lasciandola andare di scatto, tanto che le mani presero a formicolarle per il flusso del sangue che finalmente tornava in circolo. «Sei solo una puttana, proprio come Akielah».
Zayn la prese al volo prima che accasciandosi su sé stessa potesse toccare terra.
«Vattene Harold, hai fatto abbastanza danni», gli disse. Arrabbiato e rabbioso. Inginocchiato sul pavimento accanto a lei, tenendola stretta perché non crollasse, perché non perdesse il contatto col mondo. «Vattene, cazzo!», gli urlò contro, sentendo la castana tremare sempre più forte tra le sue braccia.
Si alzò da terra - tirando su anche Madeleine - solo quando sentì la porta sbattere e i passi dell'angelo toccare l'ultimo gradino del palazzo, parecchi piani più in basso. Lei singhiozzava e tremava ancora, senza riuscire a smettere.
«Sono una puttana...».
«No che non lo sei, principessa», le mormorò a pochi centimetri dall'orecchio una volta depositata sul letto e scostatale una ciocca di capelli scuri dal viso. Non lo era. Harry aveva esagerato. Forse nemmeno le pensava, quelle cose. «Non lo sei, shhh», aggiunse dopo qualche secondo prendendo ad accarezzarle la schiena.
«Te ne vai anche tu?».
«Io rimango, qualsiasi cosa accada».
«Sempre?».
«Sempre».
Glielo promise sdraiandosi al suo fianco e lasciandole un bacio sulla spalla. Sempre era una promessa. E per quanto non credesse nelle promesse, per quanto non credesse alla parola "sempre" o per quanto fosse un demone... avrebbe mantenuto la promessa.



 
 

*le dichiarazioni di odio post-capitolo potete farmele ovunque vogliate*


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