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Autore: SonoDiversaDagliAltri    11/07/2014    6 recensioni
Prendete un'autrice con il pallino delle otp non canon. Aggiungete diverse notti insonni e molte idee e otterrete questa fan fiction.
Una raccolta di one shot su coppie non menzionate dai libri di Percy Jackson. Alcune totalmente inventate da me, altre già esistenti. Alcune a lieto fine, altre no.
Una raccolta che esce dai canoni.
1.Leo/Piper
2.Percy/Zoe
3.Percy/Nico
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Quasi tutti
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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LO SGUARDO DELLA LUNA

(Dopo la Battaglia del Labirinto)
Percy tirò un ultimo furioso colpo di spazzola ad un ciuffo ribelle che puntava alle stelle e non aveva la minima intenzione di tornare giù. Tutti i suoi propositi di essere perfetto erano svaniti una volta tornato dalla lezione di scherma, quando era crollato nel suo letto e si era addormentato. Per la stanchezza aveva anche saltato la cena.
Erano tre giorni che non chiudeva occhio pensando a quel momento. Finalmente era arrivato. Tra una manciata di minuti l’avrebbe rivista.
Rinunciò ufficialmente a tentare di essere carino. Con quelle borse sotto gli occhi e quei capelli sparati non ci sarebbe mai riuscito. Tuttavia prese dall’armadio i jeans meno sdruciti che aveva e una maglietta bianca di cotone. Per un attimo gli passò per la testa che quella t-shirt candida avrebbe risaltato sulla sua carnagione abbronzata. Ma poi si ricordò che non aveva importanza, perché tanto l’appuntamento sarebbe stato nel bosco, al buio, dove nessuno avrebbe fatto caso a come si era vestito.
Ritornò in bagno e si guardò di nuovo allo specchio. Se l’aspetto aveva così poca importanza, allora perché continuava a rimuginarci sopra. Era sicuro che si sarebbe potuto presentare sporco e vestito con un sacco della spazzatura e a lei non sarebbe importato comunque.
Mandò al diavolo il suo stesso riflesso e poi gli sibilò:«Se fai lo stupido, giuro che questa è la buona che ti ammazzo». Era più di un anno che aspettava quella sera. Adesso, più vicino che mai, stava letteralmente impazzendo.
Chiuse le mani a pugno e le riaprì un paio di volte, poi roteò il collo in senso orario. Se non avesse alleggerito la tensione era sicuro che non sarebbe neanche riuscito a parlare.
Quando si sentì un po’ più calmo si chiuse definitivamente la porta del bagno alle spalle. Deglutì e si guardò intorno.
La cabina Tre era immersa in un silenzio teso e vibrante, il silenzio che precede ogni grande momento. Gli unici rumori che era dato sentire erano il lieve russare di Tyson e il tenue scroscio della fontana di acqua salata, che brillava di una luce azzurrognola nell’oscurità del dormitorio. Lui e suo fratello avevano fatto del loro meglio per ripararla, anche se la grossa crepa al centro era ancora ben visibile.
Percy vi si inginocchiò davanti. Prima mise le mani sotto il getto d’acqua, poi immerse la faccia nella vasca. Anche se poteva respirare sott’acqua, trattenne il fiato comunque. Mentre i polmoni cominciavano a bruciargli, il battito del suo cuore accelerò. Lo sentiva pulsare nelle orecchie. Sembrava dire “tra poco, tra poco, tra poco”.
Emerse, perfettamente asciutto. Si diresse verso la porta della cabina e mise una mano tremante sulla maniglia. Doveva solo aprire quella porta, fare pochi metri e lei sarebbe stata di nuovo tra le sue braccia. No, non tra le sue braccia. In realtà non avrebbe dovuto neanche pensare a lei in quel modo, figuriamoci abbracciarla o baciarla. Ma c’erano cose più importanti del contatto fisico. Sapeva che il suo sentimento era ricambiato, e a lui questo bastava. Anzi, forse era perfino di più di quello che sentiva di meritare.
Finalmente Percy si decise ad aprire la porta. Inalò l’aria calda di metà settembre, che si portava dietro gli aromi del sottobosco, delle ultime fragole tardive, della mareggiata del giorno prima.
Si lasciò la cabina Tre alle spalle e si incamminò furtivo nella brezza frizzante. La situazione era piuttosto pericolosa. Se qualcuno li avesse scoperti sarebbe stata la fine.
Quando dovette passare davanti alla cabina Sei, vide che c’era ancora una luce accesa, nonostante fosse quasi mezzanotte. Annabeth stava sempre alzata fino a tardi. Non doveva farsi vedere, soprattutto da lei. Ormai era chiaro che provasse qualcosa per lui, e Percy non avrebbe mai voluto trovarsela davanti mentre si stava recando nel bosco per incontrare una ragazza che non avrebbe mai dovuto incontrare. Passò accucciato davanti alle finestre della capanna di Atena, dopodiché, una volta superata, fece uno scatto e corse fino alla fine delle cabine. Continuò a correre finché non si fu inoltrato nel bosco abbastanza da non riuscire più a vedere i bagliori del Campo Mezzosangue.
Si appoggiò ad un albero per riprendere fiato. Tra la fatica e l’emozione, il cuore gli martellava contro le costole tanto da far male. Si accorse che le sue mani avevano ripreso a tremare. Ricordò ancora una volta a se stesso che doveva stare calmo, perché un solo passo falso non avrebbe solo rovinato tutto, ma avrebbe anche messo in serio pericolo lei.
Riprese a camminare lentamente tra gli alberi.
Tutto sembrava essere fermo, in attesa, con gli occhi puntati su di lui, attento a non perdersi neanche un istante dello spettacolo.
Le uniche due cose che sembravano ancora vive erano la brezza carica di profumo, che gli soffiava alle spalle e sembrava indicargli il cammino da seguire, e la luna. La luna piena più bella che Percy avesse mai visto, appena oscurata dalle nuvole ai suoi bordi. Era così luminosa che faceva male guardarla. Ironico che la luna fosse così magnifica, visto che era proprio quell’astro ad essere la maledizione del loro amore.
Finalmente Percy raggiunse il Pugno di Zeus. Era quello il luogo concordato.
Si sedette su un masso e aspettò. La luce lunare sembrava concentrarsi quasi esclusivamente nella radura, dipingendola dei toni dell’argento, del bianco e dell’acciaio. Artemide li stava osservando.
Percy si sedette su un masso, e appoggiò i gomiti sulle ginocchia. Aspettò.
Lei si fece desiderare.
Arrivò soltanto quando la luna fu al suo apice.
Una figura argentea tra gli alberi, sfuggente, agile ed eterea come un’ombra.
Percy si alzò in piedi, con la testa che girava e i pensieri inebriati dal profumo del vento.
Zoe Nightshade mise un piede nella radura e la luna la travolse. I suoi capelli divennero più neri e il suo cerchietto, simbolo del suo rango di luogotenente delle Cacciatrici di Artemide, sembrò brillare di luce propria. L’arco che teneva a tracolla sembrava una parte di lei, tanto quanto i suoi occhi scuri e il suo sorriso candido.
Per Percy fu come ricevere una forte botta alla schiena. Alla vista della ragazza, l’aria gli uscì violentemente dai polmoni, lasciandolo senza ossigeno e senza parole.
Eccola, era lì davanti a lui. Finalmente. Solo gli dei sapevano quanto gli era mancata.
Il figlio di Poseidone dovette trattenersi con tutte le sue forze dal correrle in contro e abbracciarla. Fece solo qualche passo verso di lei. Lei fece qualche passo verso di lui.
Si ritrovarono uno di fronte all’altra, a una distanza così corta che per due amanti normali sarebbe stato impossibile resistere senza toccarsi. Ma per loro non funzionava così. Lui non poteva prenderla e baciarla come avrebbe voluto.
Faceva parte del loro tacito accordo. Avevano capito che tra loro c’era qualcosa di più che semplice amicizia durante l’impresa dell’inverno prima. Non c’era mai stato bisogno di esternarlo. Non si erano mai detti ‘ti amo ’ o ‘sono innamorato di te ’.  L’avevano semplicemente intuito, guardandosi negli occhi. Perché guardarsi negli occhi era il massimo che potevano permettersi, il solo modo che avevano per comunicare su quell’argomento così meravigliosamente scomodo.
Se chiunque sano di mente sarebbe scappato di fronte ad una situazione così complicata, allora Percy doveva essere matto, perché avrebbe preferito qualsiasi sacrificio, pur di poterla amare.
«Ciao, Zoe Nightshade» disse il figlio di Poseidone.
«Ciao, Percy Jackson» sussurrò in risposta la Cacciatrice, con il suo accento esotico.
Si sedettero sulle rocce del pugno di Zeus, accanto, ancora una volta vicini. Il ragazzo appoggiò una mano nello spazio tra loro due.
«Allora… com’è andato questo anno?» chiese Percy.
«Oh, ma perché ne devo parlare io? Non sono cambiata per niente. Raccontami di te piuttosto. Ho sentito dire della famigerata Battaglia del Labirinto».
«Oh, sì. Quella. Risale a circa tre mesi fa. È… è stato piuttosto terribile per il Campo. Abbiamo subito molte perdite, tra le quali anche Lee Fletcher. Ti ricordi? Era il capogruppo della capanna di Apollo».
«Secondo te posso ricordarmi di uno sciocco e insulso uomo?».
«Beh, di me ti ricordi». Percy sorrise.
«Tu sei così diverso da tutti gli altri».
«Sono come Ercole?».
«Oh no, se tu fossi come lui, credimi, ti avrei già ucciso. La verità è che ci sono fin troppi maschi come Ercole. È stato il primo che ho conosciuto e continuo a ritrovare una versione sciatta e sbiadita di lui in tutti gli uomini che ho incontrato finora. Tranne in te».
«Strano. Avrei detto che ero quello che gli somigliava di più».
«Potrai avere la sua spada, potrai aver compiuto la sua impresa, ma tu non sei come Ercole. Tu sei lontano un abisso da lui. Nonostante tu rientri nella categoria “maschi” sei la persona migliore che abbia mai incontrato».
Il cuore di Percy si prese qualche battito di ferie e andò a farsi un giro nella sua gola. Nonostante questo, però, guardò negli occhi Zoe per cercare di metterla in guardia. Spostò lo sguardo da quello della cacciatrice alla luna, come a dire “attenta. La tua signora ci guarda, ci controlla”.
La ragazza annuì lievemente, per dimostrare di aver capito.
Dopo una pausa di silenzio teso, Zoe riprese:«Sai, durante l’estate mi era giunta la notizia che eri morto. Com’è che questa voce era stata divulgata?».
L’aveva fatto di nuovo. Aveva inserito un termine antiquato e altisonante in una normalissima frase. Percy adorava quando succedeva. Non fu capace di trattenere un sorriso, poi rispose:«Oh, niente, sai com’è. Avevo fatto esplodere il vulcano St. Elena risvegliando Tifone, dopodiché ero stato sparato in mare come un proiettile e sono sparito per due settimane. Effettivamente è stato un miracolo che io sia sopravvissuto».
«E come hai fatto? A sopravvivere intendo».
Quella era la domanda che Percy aveva cercato di evitare. Non gli andava di parlare di Calypso… ma se avesse aggirato l’argomento sarebbe risultato sospetto. Così replicò:«Sono approdato a Ogigia. E sono stato lì il tempo necessario per riprendermi. Poi è arrivato Efesto e mi ha riaccompagnato a casa».
Lo sguardo di Zoe si fece per un attimo indecifrabile, e poi divenne cupo:«Con Ogigia intendi l’isola di Calypso?».
«Si, quella».
«Ah. Sinceramente è sorprendente che un maschio come te sia riuscito a districarsi dalle sue grinfie e ad andarsene. La sua storia strappalacrime è quanto mai attraente per voi». C’era una nota di risentimento nella sua voce. A questo punto Percy rise di gusto e la guardò in modo estremamente dolce, le pupille dilatate che dicevano “come potevo volere lei, quando avevo te?”.
Zoe sbatté le ciglia come per annuire, e Percy le scompigliò i capelli. Era solo un innocente gesto di amicizia, ma era pur sempre un contatto fisico che andava oltre la formalità. Sentiva che stava per venire meno al loro accordo. Doveva resistere. Ma i suoi occhi erano di tutt’altro avviso. Cominciarono a scorrere su di lei, sulle onde dei suoi capelli color della notte, che le ricadevano sulle spalle, sull’angolo della sua bocca sottile arricciato in un sorriso, sulle curve atletiche dei suoi fianchi e delle sue gambe.
Una cascata di emozioni si riversarono in lui, chiudendogli lo stomaco, la gola, frenandogli i pensieri e accelerandogli il battito cardiaco. Lui era troppo piccolo per contenere tutto ciò che provava. Aveva bisogno di condividerlo con un’altra persona, un altro cuore.
“Ti amo, Zoe Nightshade” mimò con gli occhi.
Improvvisamente la brezza profumata, che si era misteriosamente fermata quando Zoe era apparsa, riprese a soffiare. La luna venne coperta dalle nuvole e la luce bianca lasciò la radura come la risacca lascia la spiaggia.
Nel buio quasi totale, Zoe fece scivolare lentamente la sua mano sopra quella di Percy, intrecciando le proprie dita con quelle del ragazzo.
«Ti amo anche io, Percy Jackson» disse in un bisbiglio.
Aveva capito.
I raggi lunari tornarono ad allagare la radura, esponendoli di nuovo agli occhi di Artemide.
Ma nonostante questo, Zoe non lasciò la mano di Percy. Anzi, la strinse ancora più forte.
Forse valeva la pena rischiare così tanto per amore. 
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Spazio autrice:
Ciao a tutti! Sono tornata. Ok, so che questa crack pairing era veramente strana, visto che Zoe dovrebbe essere morta. Ma mi sono presa questa piccola libertà. Il fatto è che, pur senza un motivo logico, io ho sempre shippato da morire questa otp, e, visto che credo che abbia un grande potenziale, ho voluto dedicargli un capitolo all'interno della raccolta. 
Spero che abbiate capito che, in un certo senso, la brezza era Afrodite, anche se è un particolare che ha partorito la mia mente contorta.
L'aspetto dell amore che ho cercato di mettere in evidenza è l'intesa speciale.
Il prossimo capitolo sarà sulla Pernico (la mia otp :3 ) suggerita da LETY STOLL 00.
Spero che vi sia piaciuta anche questa one shot 
-SonoDiversaDagliAltri
  
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