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Autore: Lux_daisy    11/07/2014    5 recensioni
"Perché? Perché è andato a finire tutto così? Era solo una stupida scommessa! Io… io non posso fare una cosa del genere… Gokudera… non posso fargli questo… non a lui…"
Takeshi rimase lì, immobile, le spalle chine, la mazza impugnata debolmente che toccava terra e gli occhi fissi nel vuoto.
Cosa succederebbe se Yamamoto fosse costretto a mentire a Gokudera a causa di una scommessa? E cosa succederebbe se le conseguenze di questo gesto cambiassero il rapporto tra i due?
La mia seconda 8059 dopo un anno circa :3
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Nuovo Personaggio, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La fortuna guida dentro il porto anche navi senza pilota

 




<< Gokudera, dobbiamo parlare >>
 
La Tempesta fissò la Pioggia per lunghi secondi, le sopracciglia aggrottate e la bocca ridotta a una linea sottile. Erano da soli, immobili in mezzo al corridoio e Yamamoto teneva ancora la mano stretta attorno al polso dell’altro.
Gli occhi verdi furiosi scrutarono quelli nocciola, decisi ma allo stesso tempo supplichevoli.
<< Ti prego, fammi spiegare >> insistette il moro, rafforzando la presa sul braccio del bombarolo, quasi a voler sottolineare l’urgenza delle sue parole.
Gokudera abbassò lo sguardo sulla mano dell’altro per poi strattonare il braccio e liberarsi. << Non ho voglia di sentire le tue stupide scuse >> disse lapidario; si voltò e ricominciò a camminare, ma Yamamoto lo afferrò per le spalle e lo costrinse a voltarsi.
<< Voglio spiegarti cos’è successo. È stato tutto un equivoco: non sono stato io a mettere in giro quelle voci, credimi >> rispose con enfasi, la voce accesa e gli occhi che non perdevano il contatto con quelli dell’altro.

Hayato schiuse la bocca e si disse che voleva credergli, perché, se l’avesse fatto, tutto sarebbe tornato come prima: avrebbero potuto punzecchiarsi e battibeccare e lui avrebbe potuto continuare a fingere che la compagnia del moro lo irritasse e avrebbe smesso di sentirsi a disagio e in imbarazzo sia con lui che davanti al Decimo.
<< E chi altro avrebbe potuto farlo?! >> sbottò invece, << esclusi noi due, solo il Decimo sapeva del pomeriggio al luna park e di certo lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere! Perciò resti solo tu >>.
Il volto di Takeshi fu attraversato da un’ombra di tristezza e per un attimo il suo sguardo si abbassò.
Gokudera, che interpretò quel gesto come una dimostrazione di colpevolezza, sentì la rabbia crescere nuovamente. << Tsk! Avevo ragione >>.
La Pioggia sapeva che se avesse voluto provare ad ottenere il perdono, avrebbe dovuto confessare tutto quanto, così prese un respiro e parlò. << È stato Tamamura-senpai a far girare quelle voci su di noi >>.
L’altro lo fissò sgomento e confuso. << Il capitano della tua squadra? >>. Cosa diavolo c’entrava lui in tutta questa storia?

Il moro distolse gli occhi per un momento e si morse il labbro, ben consapevole delle conseguenze di ciò che stava per dire.
Una parte di lui non voleva raccontargli la verità, perché avrebbe significato ammettere che gli aveva mentito e l’aveva ingannato a causa di una stupida scommessa. E se Gokudera l’avesse odiato ancora di più? E se non l’avesse più voluto perdonare? Riportò lo sguardo sulla Tempesta e deglutì a vuoto.
Ormai non poteva più tirarsi indietro. Doveva arrivare fino in fondo.
 
Gli raccontò tutto, dalla scommessa che aveva ingenuamente fatto con Tamamura alla “punizione” a cui questi l’aveva costretto, dalla bugia del suo appuntamento con una ragazza alle prove che aveva dovuto raccogliere e mostrare al suo senpai.
Mentre la sua voce tremava e il suo volto si faceva più colpevole man mano che andava avanti nel racconto, gli occhi di Gokudera si sgranavano e il suo corpo si irrigidiva man mano che ascoltava la confessione dell’altro.

Era stato tutto… un inganno? Una gigantesca bugia?
Takeshi Yamamoto, l’idiota del baseball dal perenne sorriso, il tipo dall’animo puro e ingenuo che credeva ancora che quello della mafia fosse solo un gioco, l’aveva guardato in faccia e gli aveva mentito?
Gli aveva raccontato una frottola dietro l’altra, aveva persino organizzato un piano per raggirarlo, e tutto questo solo per una scommessa?
E ora se ne stava lì, davanti a lui, con le spalle basse, gli occhi spenti e un’espressione colpevole e sofferente sul volto.
Non riusciva a crederci. Non voleva crederci.
 
<< Gokudera, mi dispiace. Davvero >> disse alla fine, dopo alcuni secondi di silenzio, << so che ho sbagliato: non avrei dovuto ingannarti in quel modo… ma il fatto è che non volevi ferirti. Pensavo di poter risolvere tutto senza crearti problemi, ma sono stato un ingenuo. E uno stupido e ti chiedo scusa >>. Detto questo, si inchinò e rimase in quella posizione, in attesa. Nella speranza che l’altro gli dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.
 
Trascorsero lunghi attimi nei quali Hayato cercò di dare un ordine alla confusione che gli regnava dentro. Si sentì ancora una volta come spezzato in due: da un lato desiderava ardentemente sfogare la sua rabbia colpendo il moro con tutta la forza che aveva, dall’altro si diceva che almeno adesso capiva cos’era veramente successo e che Yamamoto sembrava davvero pentito delle sue azioni.
Poteva perdonarlo così facilmente dopo il modo in cui si era comportato?
Non sapeva davvero cosa fare, ma per sua fortuna, o sfortuna, l’arrivo improvviso di qualcuno lo tolse dall’impiccio.
<< Perché voi due erbivori non siete in classe? >>.
 
Gokudera si voltò di scatto: a pochi metri dietro di lui, in mezzo al corridoio, si stagliava la figura di Kyoya Hibari, gli occhi di ghiaccio puntati su di loro, affilati come quelli di un predatore pronto all’attacco.
Yamamoto si costrinse a risollevare il busto e i tre ragazzi si fissarono in silenzio, finché il Presidente del Comitato Disciplinare non riprese la parola. << A nessuno è permesso gironzolare per la scuola durante l’orario delle lezioni. Spero che voi due abbiate un buon motivo per aver infranto una regola della Naminori >>.
 
“Ci mancava solo il sociopatico”, pensò Hayato con una punta di fastidio.
Fastidio che si attenuò l’istante successivo, quando si rese conto che l’arrivo di Hibari l’aveva appena salvato dal dover continuare ad affrontare Yamamoto. Si infilò le mani in tasca e prese a camminare proprio verso il Guardiano della Nuvola, il quale lo seguì col suo sguardo freddo fino a che l’argenteo non si fermò proprio accanto a lui, le spalle che quasi si sfioravano.
La Tempesta voltò leggermente la testa verso Hibari e lasciò che un’espressione arrogante affluisse sul suo viso. << Stavo andando in bagno; o anche pisciare è contro le regole della Naminori? >>.
Ovviamente non si aspettava una risposta, perciò riprese subito a camminare e si allontanò lungo il corridoio, sparendo poi alla vista degli altri due appena svoltato un angolo.
 
Kyoya riportò allora la sua attenzione all’altro erbivoro rimasto e per la prima volta da quando lo conosceva, si sorprese nel notare come il suo volto, di solito accompagnato da quell’irritante sorriso idiota, esprimesse tristezza, delusione e rassegnazione.
Forse fu proprio quella vista, così insolita e difficile da credere, che lo fece desistere dal tirare fuori i tonfa e dare al moro una bella lezione. << Torna subito in classe prima che decida di farti assaggiare la mia punizione >>.
Detto questo, si voltò e se ne andò, lasciando un imbambolato Takeshi da solo, in mezzo a un corridoio deserto e silenzioso.
 
 
 
 
Alla fine Gokudera in bagno ci andò davvero, anche se non ne aveva alcun bisogno. La verità era che non sapeva dove altro andare e i suoi piedi l’avevano portato là prima che se ne rendesse conto.
Non voleva tornare in classe, ma non aveva neanche voglia di uscire da scuola e andare in giro come un’anima in pena, senza niente da fare. Avrebbe solo voluto annullare se stesso per un po’ e smettere di pensare.
Peccato che, pur essendo chiuso in uno dei singoli bagni e seduto sul water da quasi dieci minuti, non fosse riuscito nel suo intento.
 
All’improvviso il volto sorridente del Decimo gli balenò in mente, fugace come un lampo durante un temporale: lui non gli avrebbe mai fatto passare tutto questo, non l’avrebbe mai ingannato, non gli avrebbe mai raccontato bugie.
Il suo Boss era troppo buono e aveva un cuore troppo grande per tali bassezze. Sospirò, sconsolato e si strinse le gambe al petto, appoggiando poi il mento sulle ginocchia.
 
…il fatto è che non volevi ferirti.
 
“Bella pensata, idiota: ci sei riuscito comunque!”.
 
Momento! Yamamoto l’aveva ferito? Lui si sentiva ferito? Perché?
“Perché me la prendo così tanto? È solo l’idiota del baseball!”.
 
Sgranò gli occhi ai suoi stessi pensieri e non poté impedirsi di sentire un brivido d’angoscia lungo la schiena.
All’inizio aveva provato rabbia e disgusto perché convinto che l’altro avesse messo in giro la voce che loro due stavano insieme, ma adesso sapeva la verità, solo che non era sicuro di cosa fosse peggio.
Lo feriva e irritava il fatto che gli avesse mentito o il motivo per cui l’aveva fatto, una stupida scommessa con il suo capitano?
“Ah, merda! Non ci capisco più niente!”.
 
 
Proprio in quell’istante udì le voci di due ragazzi che entravano nel bagno: non avrebbe prestato loro attenzione se, tra le loro parole, non avesse colto i nomi “Yamamoto” e “Tamamura”.
Rimase immobile sul gabinetto e tese le orecchie.
 
<< Quindi alla fine Yamamoto non ti ha colpito? >>.
<< Tsk, quel pivello ha voluto fare il superiore >>.
<< Ahah, Tamamura, sei proprio incredibile! Hai messo in piedi questa sceneggiata solo per far incazzare Yamamoto e spingerlo a picchiarti, così da poterlo buttare fuori dal club! Io non ci avrei mai pensato >>.
<< Perché non pensi abbastanza in grande, Kojida. Dovevo sbarazzarmi di lui, ma non potevo certo convincerlo a lasciare il club. Quell’idiota non l’avrebbe mai fatto, così ho pensato di divertirmi a sue spese… >>.
<< Ma il tuo piano non è riuscito, Tama-chan. Nonostante il casino che hai creato, Yamamoto non ha fatto niente di male e non puoi buttarlo fuori dalla squadra. Che farai adesso? >>.
 
Trascorsero alcuni secondi di silenzio, interrotti solo dallo scrosciare dell’acqua dei rubinetti.
<< Non lo so ancora, ma qualcosa mi inventerò. Però ti posso assicurare che la faccia di Yamamoto è stata semplicemente impagabile >>, il tono di voce si fece subito divertito, << avresti dovuto vederlo: era così incazzato e frustrato all’idea che il suo piccolo amico teppista lo odiasse che, se non fossi stato io a mettere in giro quelle voci, giurerei che c’è davvero qualcosa tra di loro >>.
 
Gokudera sentì i due scoppiare a ridere e strinse i pugni talmente forte da conficcarsi le unghie nella carne. Immaginò se stesso spalancare la porta, afferrare le teste di quei due e fracassarle sul lavabo; invece, rimase fermo al suo posto finché non sentì le loro voci e risate affievolirsi fino a scomparire del tutto, segno che erano andati via.
Solo dopo lunghi momenti si portò una mano al petto e si ricordò di respirare, mentre la rabbia per ciò che aveva appena ascoltato e che gli aveva ovattato tutti i sensi cominciò lentamente a scemare, ma senza sparire del tutto.
 
Per quanto avesse vissuto nell’ambiente della mafia fin da piccolo e fosse abituato alle persone false e doppiogiochiste, un simile comportamento gli sembrò assolutamente assurdo e infantile.
Come poteva il capitano di una squadra cercare di sbarazzarsi di un compagno con mezzi tanti infidi? Come si poteva scendere così in basso per una cosa del genere?
 
La Tempesta si alzò lentamente dal water e altrettanto lentamente uscì dal bagno. Una volta fuori, si diresse verso il tetto della scuola.
“Fumare. Ho bisogno di fumare”.
Se lo ripeté come un mantra per tutto il tragitto e quando aprì la porta con il cartello “Vietato l’ingresso”, tirò subito fuori il pacchetto di sigarette e ne estrasse una.
Se la portò alla bocca e l’accese, ma per poco non gli cadde dalle labbra quando si accorse di non essere solo.
 
Dalla parte opposta rispetto a lui, con la schiena poggiata alla ringhiera che delimitava una parte del tetto, Yamamoto se ne stava seduto per terra, le gambe incrociate e lo sguardo perso nel vuoto.
Gokudera si sentì trattenere il respiro e lo osservò per alcuni secondi prima di decidere che no, non voleva rimanere là con lui, solo loro due.
Il fato o la dea bendata però non sembrarono condividere la sua idea, perché una folata di vento più forte fece chiudere la porta con un rumore violento che risuonò per tutto il tetto e spinse Yamamoto a sollevare lo sguardo, incrociando così quello dell’altro.
 
Il moro sgranò gli occhi, sorpreso, come se fosse stato beccato a fare qualcosa di sbagliato, mentre Hayato distolte subito i suoi e si infilò le mani in tasca, salvo poi ricordarsi che aveva ancora la sigaretta accesa tra i denti.
La prese tra le dita e buttò fuori il fumo.
Il tempo sembrò fermarsi mentre i due ragazzi restavano immobili, senza sapere cosa fare.
 
Alla fine, sorprendendo persino se stesso, fu Gokudera ad incamminarsi verso Takeshi, che continuò a fissarlo con un’espressione che la Tempesta avrebbe definito da “ebete”.
L’argenteo si fermò a pochi passi e gli si sedette accanto.
La Pioggia voltò la testa verso di lui, chiedendosi se per caso si fosse addormentato sul tetto della scuola e quello fosse tutto un sogno.
<< Se non la pianti di fissarmi in quel modo, ti faccio fare un bel volo di sotto >> lo minacciò Gokudera con il suo tipico tono scazzato, senza però guardarlo in faccia.
 
Nonostante le parole dell’altro - o forse proprio perchè gli sembrarono così familiari - Yamamoto non poté impedirsi di provare un pizzico di sollievo e, come conseguenza, le sue labbra si curvarono in un leggero sorriso.
Decisamente no, non stava sognando.
 
Hayato, invece, sentì un velo di preoccupazione ricoprirlo dalla testa ai piedi. “Che diavolo sto facendo? Perché non me ne sono andato subito? Perché mi sono avvicinato? Checazzostasuccedendo?”. Prese una lunga e profonda boccata dalla sigaretta e, sollevata la testa verso l’alto, lasciò scivolare il fumo fuori dalle sue labbra, socchiudendo le palpebre per un istante e sperando davvero che la nicotina riuscisse a calmarlo un po’.
 
Dal canto suo Yamamoto si sorprese ad ammirarlo incantato e solo quando l’altro riaprì gli occhi e lo guardò di traverso, distolse lo sguardo e lo puntò sul pavimento sporco e scolorito.
 
<< Perché non sei tornato in classe? >>. Ancora una volta fu Gokudera a fare la prima mossa, sorprendendo entrambi.
Il moro sollevò di poco la testa e si accorse che l’altro continuava a non guardarlo, rivolgendo la sua attenzione al cielo azzurro e terso sopra di loro.
<< Non ne aveva voglia >>, disse sinceramente, << e poi non ci capisco niente di tutte quelle cose scientifiche >>. La sua voce si fece più allegra, ma il bombarolo capì che si stava sforzando di comportarsi nel suo tipico modo scherzoso.
Di nuovo due flussi di pensieri contrastanti si fecero strada in lui: da un lato provò rabbia perché Yamamoto stava fingendo, dall’altro pensò che vedere l’idiota del baseball senza il suo solito sorriso era stato fin troppo strano e che, in fondo, un sorriso forzato era sempre meglio di quell’espressione da cane bastonato.
“Ma a che cavolo sto pensando?!”.
Non sapendo che dire, si limitò a una specie di grugnito d’assenso e riprese a fumare in silenzio. Prima che se ne rendesse conto, aveva già terminato la sua sigaretta; con uno sbuffo irritato spense la cicca per terra e la lanciò lontana.
La nicotina non aveva fatto molto effetto e lui si sentiva ancora confuso e a disagio, così si alzò in piedi, deciso ad andarsene, ma la voce del moro lo fece fermare.
<< Gokudera, aspetta! Riguardo a prima… >>.
 
La Tempesta sapeva che si stava riferendo alla discussione in corridoio e al fatto che gli avesse chiesto di perdonarlo: voleva ancora la sua risposta.
Risposta che lui però non aveva. O almeno, non aveva quella che l'altro voleva sentirsi dire.
Si voltò verso Yamamoto, ancora seduto per terra, e si passò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
<< Non credo di poterti perdonare così facilmente. Anche se ho capito le tue motivazioni e anche se ora so che non sei stato tu a mettere in giro quelle voci, sono ancora troppo incazzato per il tuo comportamento da idiota >>.

Lo sguardo della Pioggia divenne un incrocio di confusione e tristezza, ma Gokudera riuscì a leggerci anche qualcos’altro: una piccola, minuscola, quasi irrisoria scintilla di speranza di ricevere il perdono tanto bramato, prima o poi, e per un qualche motivo sconosciuto, l’argenteo non se la sentì di spegnerla. << Dammi un po’ di tempo, ok? >>.
Senza dare all’altro il tempo di dire qualcosa, si allontanò rapido e rientrò dentro, mentre le labbra di Takeshi si curvarono in un sorriso e questa volta, fu un sorriso sincero.
Forse non era ancora tutto perduto…







Ciaossu a tutti, bella gente!! ^^ spero di essere stata abbastanza puntale con questo aggiornamento e che questo capitolo vi sia piaciuto <3
all'inizio volevo tormentare ancora un po' i nostri cuccioli, ma non con questi 2 non riesco proprio ad essere sadica XD -chi ha letto la mia fic Spesso amore e odio vanno insieme sa che posso essere anche tragica con i miei (si fa per dire) personaggi u.u - ma Takeshi e Goku-chan mi fanno troppa tenerezza >.< <3 però in effetti la storia non è ancora finita, potrei sbizzarrirsi nei prossimi cap XD ma non spaventatevi xkè non ho ancora deciso niente: diciamo che sto scrivendo di getto e ancora non so bene come si evolverà la storia...
in questo cap almeno abbiamo scoperto le motivazioni molto poco nobili di Tamamura (che ormai tutti voi vorreste vedere morto e stramorto XD) e Gokudera sembra finalmente essersi calmato e Takeshi ha di nuovo riacquistato il suo sorriso *_* yeah!
ciancio alle bande (?), mi sono dilungata fin troppo: ringrazio come sempre di cuore tutti voi che avete letto, commentato e messo la storia tra le seguite <3 vi vu bi (e ricordate che i commenti sono sempre graditi e fanno bene all'anima u.u)
un abbraccio e alla prossima - che spero sarà presto ^^

 
 
 
  
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