Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Halloween_    12/07/2014    6 recensioni
Aysel non ha null'altro che un telo scuro nella testa: niente ricordi e per lei tutto parte dal momento in cui si sveglia in una strana stanza.
Ha paura, sì, ma è anche intenzionata a fare l'impossibile per riavere la sua memoria e, forse, la sua attrazione quasi maniacale per il cielo notturno significa qualcosa.
Il destino, però, le rema contro e tra tutte le sfortune è riuscita a stuzzicare anche la curiosità dell'Oracolo di Kou. La terrorizza, quel Judal, eppure la attira come un cielo stellato terribilmente oscuro e affascinante.
~.~.~.~.~.
{STORIA IN REVISIONE}
.~.~.~.~.~
Kuro❤︎
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judal, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ennesimo avviso pre-lettura.
Lo so, lo so che sono a dir poco noiosa e petulante però ci tengo a dirvi due cose essenziali: la mia autostima già scarsa cala a picco sempre più, ho assoluta intenzione di finire questa long anche se il mio entusiasmo è calato a causa della scarsa partecipazione e temo davvero di star scrivendo un ammasso obbrobrioso di scemenze... Seconda cosa, non credo riuscirò ad aggiornare ogni venerdì, ho praticamente finito i capitoli già scritti e sono ferma al sesto ancora. Farò comunque del mio meglio per non far attendere ere geologiche tra un capitolo e l'altro, sono piuttosto puntigliosa quindi mi scoccerebbe molto ritardare eccessivamente.
Grazie per l'attenzione. ❤︎









Capitolo IV

Insegnamenti.



«Io… I-io sono Aysel.»
Non uscì altro dalle labbra pallide della ragazza, e anche quelle poche e tremolanti parole furono così strozzate e flebili da essere appena udibili; aveva paura di quella donna, molta più che di Judal. Almeno lui riusciva a guardarlo negli occhi senza sentirsi soffocare.
Dita sottili e gelide le sfiorarono una guancia, mentre la stoffa della lunga manica le solleticava il petto; d’istinto Aysel tentò di ritrarsi da quel tocco, scottata dal gelo di quella carne, ma era ancora ancorata al braccio del Magi che rimase immobile, come fosse solo una statua scolpita in nivea e solida pietra. E quindi, senza possibilità, si lasciò carezzare pregando finisse presto. Voleva solo lasciarsi andare e gridare fino a sentire i polmoni andare a fuoco e la gola raschiare –minacciando di abbandonarla–così almeno avrebbe sfogato ansia e paura e frustrazione, tutto in una volta sola.
«Sei una ragazza davvero bella, Aysel.» fece Gyokuen spostando la mano per afferrare una treccina e osservarla con interesse «L’ha fatta Kouha, vero? Spero non ti abbia assillato; sai, sa’ essere davvero capriccioso quel ragazzo.» il tono era diventato condiscendetene e affabile, eppure, la ragazza percepiva chiaramente quanto falsa fosse la consorte dell’Imperatore. Nemmeno Aysel sapeva bene dire come o perché fosse così sicura sulla natura malevola della donna, lo sentiva e basta.
Però era certa di non sbagliare.
«N-no, non vi preoccupate.» cercò di mantenere un tono fermo e deciso, non voleva vacillare davanti a lei. Davanti a Judal. Scosse piano il capo in un gesto di diniego «Non mi ha infastidito, anzi, è stato molto gentile con me, il principe Kouha.» ed era vero, si era trovata benissimo in compagnia di quel ragazzo da capelli rosa e la strana mania delle treccine. Però, doveva ammetterlo, era davvero capriccioso se ci si metteva.
Aysel sentì i capelli nuovamente liberi e si azzardò a guardare in volto la donna di poco più bassa di lei; quando incrociò quegli occhi gelidi avvertì l’ennesimo cedimento delle gambe, così si ritrovò a stringere sempre più la presa sul braccio di Judal. Era certa che, appena Gyokuen si fosse allontanata, il Magi l’avrebbe, come minimo, strangolata per i segni sanguinolenti che gli stava lasciando mentre conficcava le unghie nella sua carne nel disperato tentativo di non franare a terra.
«Interessante, piccola Aysel.» disse melliflua la consorte del sovrano dopo aver scrutato, per un tempo che alla ragazza parve infinito, nel fondo dei suoi occhi blu. Era certa che le avesse curiosato sin dentro l’anima e la cosa non le piaceva per niente.
«Cosa?» fece di rimando, improvvisamente sulla difensiva, ma non si ritrasse; probabilmente, o almeno così sperava, si stava abituando alla presenza opprimente della donna.
Qualcosa di scarlatto baluginò negli occhi di Gyokuen, ma fu troppo breve perché Aysel fosse sicura di ciò che aveva visto.
«So che non hai ricordi.» non era una domanda, eppure la ragazza si ritrovò ad annuire istintivamente «Però, so anche una cosa che tu non sai. Dimmi piccola Aysel, vuoi saperla anche tu?» e annuì nuovamente, con più foga questa volta. Non si fidava minimamente di quella donna inquietante, però si rendeva conto che anche la più piccola informazione poteva esserle utile a ritrovare se stessa. Inoltre, sapeva –sentiva– che non le avrebbe mentito. Anche Gyokuen mosse impercettibilmente la testa, coprendo una leggera risata con la lunga manica dell’abito, «Bene, piccola Aysel. Tu sei empatica.» sussurrò piano, quasi temesse di farsi udire da orecchie indiscrete.
«Eh?» doveva avere una faccia ridicola in quel frangente siccome, sia Gyokuen sia Judal, si lasciarono sfuggire una risata divertita. Di scherno. Aysel, dal canto suo, affondò ancora di più le unghie nel braccio del Magi ma non perché avesse nuova paura da sfogare, lo fece solo per vendetta; era caldo il sangue del ragazzo che le scorreva sulle dita, eppure qualcosa le diceva che se paragonato a quello di altri, era freddo.
«Em-pa-ti-ca.» sillabò con cura la donna «Significa che puoi sentire le emozioni delle altre persone; ti sarà capitato, da quando hai ripreso conoscenza, di avvertire sensazioni, sentimenti, non tuoi, giusto?».
«Beh sì, credo sia capitato…» ammise, seppur con riluttanza, e la donna sorrise soddisfatta.
Un nuovo lampo di oscurità serpeggiò negli occhi chiari della consorte imperiale e Aysel, questa volta, seppe di non starsi sbagliando.
Incuriosita da questa “empatia” tentò di entrare in contatto con le emozioni di Judal e, stranamente, riuscì senza grossi problemi; la noia, la sferzò come un arbusto sotto il vento forte e un senso d’irritazione le pizzicò le viscere. Il Magi doveva essersi accorto di qualcosa –forse perché Aysel lo stava fissando con un’intensità quasi inquietante– e le rifilò uno sguardo tagliente di avvertimento, che la ragazza colse al volo tornando a guardare Gyokuen. Ma la donna era già sotto la fresca ombra delle vie che collegavano il palazzo, diretta chissà dove e con uno strano sorriso dipinto sul volto chiaro.
«Che donna inquietante…» bofonchiò Aysel libera, finalmente, di rilassarsi e rilasciare il braccio del Magi dalla presa ferrea delle sue unghie; colpevole, guardò le mezze lune sanguinanti incise nella pelle del ragazzo e, da una parte, pensava se lo meritasse per quello che le stava facendo patire, ma, dall’altra, sentiva anche un po’ di dispiacere. E poi, a dirla tutta, non credeva nemmeno di aver stretto così tanto da infilzarlo; doveva essere stata proprio spaventata.
La calma prima della tempesta, pensò la ragazza vedendo Judal tranquillo –fin troppo– mentre studiava i segni nel braccio. Non appariva nemmeno particolarmente interessato, eppure Aysel sentiva che in quel momento una fuga strategica era l’ideale per evitare il peggio.
Fece per aprire bocca e dirgli che aveva fame e che, quindi, sarebbe andata a cercare qualcuno –un cuoco doveva pur esserci, no?– per farsi preparare del cibo, ma fu bloccata con le labbra leggermente socchiuse e il viso imprigionato in una morsa di ferro. Poteva quasi sentire le ossa cedere e scricchiolare, i denti pronti a staccarsi dai loro alloggi, e temeva sarebbe finita con ingoiarne uno. Il fiato caldo del Magi la solleticava, era vicino –troppo vicino– e tanto arrabbiato. Che eufemismo! Non riusciva a trovare una parola adatta per esprimere l’onda d’ira che le stava facendo rivoltare lo stomaco, accentuata dal viso contratto in una smorfia e i suoi occhi –spalancati– resi ancor più rossi dalla furia. E dall’evidente, malsano, piacere che traeva nel provocare sofferenza.
Stringeva la presa sul volto di Aysel, voleva farle del male non ucciderla, solo procurarle dolore, benché lei non gli avesse fatto granché mentre stritolava il suo braccio, lui sentiva l’impellente bisogno di farla soffrire. Infondo, da quando si era svegliata, era stato sin troppo buono con lei.
La ragazza era certa che la paura l’avrebbe invasa, eppure non era nulla più che un ronzio di sottofondo soffocato da una rabbia strana. Quella che sentiva Aysel non era altro che la rabbia di Judal che la stava rapidamente opprimendo, schiacciandola sotto il suo peso soffocante; però era un’ira differente, la sentiva dettata dalla pura e semplice necessità di ferire qualcuno, verbalmente o fisicamente che fosse, e il fatto che gli avesse inciso un braccio aveva solo fatto traboccare l’anfora di sadica perversione. Oltre a fornirgli un’ottima giustificazione per frantumarle la mascella.
Alla fine, la rabbia sopraffece la paura e Aysel reagì. Sapeva che avrebbe peggiorato la situazione, magari dopo di quello l’avrebbe uccisa direttamente tra schizzi di sangue e ossa sbriciolate, senza aver mai potuto vedere la sua casa e scoprire chi fosse davvero. Però non poteva né voleva subire ancora. E il suo ginocchio affondò leggermente nel petto scolpito e solido del Magi, ma fu più che sufficiente a fargli strabuzzare gli occhi dalla sorpresa e arretrare di qualche passo, una mano premuta sulla zona colpita e il respiro irregolare per pochi istanti.
Aysel non mosse un passo, bensì prese a massaggiarsi il viso dolente –persino il solo muovere le labbra era causa di fastidio– rivolgendo a Judal uno sguardo gelido senza traccia di timore, ma solo la spavalderia disperata di chi non ha nulla da perdere.
Ma lui, semplicemente, rise. Niente rabbia nelle sue pozze rubino, solo una risata vibrante e folle che saturava l’aria circostante, persino la leggere brezza che aveva iniziato a soffiare poco prima si zittì. Aveva le lacrime agli occhi dalle troppe risate, ma ci mise poco a ricomporsi e muovere passi decisi verso Aysel che, nemmeno ora, si mosse. Arrivato vicino a lei si chinò in avanti, le mani sui fianchi e la treccia scivolata oltre una spalla, con tono roco e di una cupezza inquietante le sussurrò qualcosa che la rese nuovamente rigida, neanche fosse stata come quell’albero lì accanto.
Non seppe quanti minuti rimase così. Solamente quando ebbe la certezza che Judal fosse lontano, lasciò che le gambe le cedessero finalmente e si accasciò sul pavimento. L’istinto di sbattere la testa contro il tronco dell’albero era forte, almeno avrebbe dimenticato quell’ultimo –orribile– giorno. Ritrovò, lì accanto, la pesca che stava sbocconcellando prima il Magi, era tutta ammaccata e piena di polvere, la studiò un poco e poi la fece volteggiare in aria. Non riuscì a prenderla al volo e la colpì in testa, rotolando poi per un metro scarso. L’abbandonò dov’era finita.
Ripensò brevemente all’incontro con Gyokuen e allo scontro con Judal: rise. Sapeva bene, Aysel, che non c’era da ridere dopo tutto ciò che l’era accaduto, eppure il pensiero di essere ancora viva la faceva sentire leggera oppure, perché no?, era stata solo contagiata dalle emozioni del Magi. Infatti, non poteva ignorare le lacrime che salate e impietose le solcavano le guance.
Aysel si ritrovò a ridere come una pazza senza però riuscire a fermare le lacrime, lì, accasciata sotto a un albero, per un tempo che nemmeno lei seppe quantificare.
«Sei interessante.» mormorò tra le risate «Detto da lui suona come una promessa del male in persona!» davanti agli occhi le sfarfallò qualcosa di nero, oscuro, ma batté le palpebre e quell’ombra era svanita.

☽ ✧ ☾


«Aysel, hai sbagliato ancora.» sospirò abbozzando però un sorriso «Si scrive così.» e ridisegnò con tratto fluido la parola sul foglio ingiallito, sotto gli occhi attenti della ragazza che seguiva, rapita, il movimento.
Lasciandosi andare contro lo schienale della seggiola studiò l’ideogramma, le sopracciglia aggrottate e le labbra imbronciate con una mano sotto il mento e l’altra impegnata a sorreggere il pennello intinto d’inchiostro. Alla fine si decise: tracciò con mano ferma il simbolo.
«Fatto!» esclamò soddisfatta ammirando la sua opera, e con un sorriso compiaciuto si voltò verso il suo “insegnante” in cerca di qualche segno d’orgoglio o complimento per la sua bravura.
Invece, contro i pronostici della ragazza, Koumei sospirò di nuovo abbassando leggermente il capo. Il dito affusolato del principe andò a indicare una linea –la medesima delle prove precedenti– nell’ideogramma: Aysel l’aveva attaccata –ancora– al tratto soprastante, anziché lasciare il piccolo spazio d’obbligo tra i due.
Intinse ancora il pennello nella boccetta d’inchiostro scuro e denso lasciando che una goccia precipitasse con uno “splat” sul foglio paglierino, e la stese con rabbia scarabocchiando l’ideogramma e finendo per strappare anche la carta. Koumei sospirò per la centesima volta: negli ultimi cinque giorni si era abituato a quegli scatti, improvvisi, di rabbia quando alla sua “allieva” cedevano i nervi. Era una ragazza con un certo caratterino, lo aveva capito subito.
«Che diamine! Stupidi ideo-cosi!» sbottò, seccata, Aysel mentre faceva svolazzare le ampie e lunghe –soprattutto fastidiose– maniche dell’hanfu bianco e blu che le avevano fatto indossare perché i suoi abiti erano “troppo poco consoni all’ambiente”. Odiava indossare quella massa ingombrante di stoffe sovrapposte che le limitava i movimenti e l’aveva già fatta cadere almeno cinque volte; rimpiangeva i suoi comodi vestiti che però, almeno, aveva ottenuto non fossero buttati ma solo riposti nell’armadio della stanza che le era stata concessa dalla strana donna. Gyokuen, se non ricordava male.
«Ideogrammi.» la corresse paziente sventolandosi piano con il ventaglio che si portava sempre dietro.
«Sì, quelli lì!» Aysel si massaggiò piano le meningi, un improvviso mal di testa che minacciava di aggredirla senza pietà «Possibile che io non riesca nemmeno a disegnarli correttamente?! Mi sa che dovrò studiare di più.» riprese tra le dita il pennello dall’impugnatura scura e le setole chiare e soffici «A me sembrano tutti uguali però! Koumei come farò a ricordare tutti i significati?» esclamò disperata sotto lo sguardo rassegnato del principe. Dimentica della pozza d’inchiostro sul foglio, abbandonò la testa con fare sconsolato e quando si risollevò, sotto richiamo del ragazzo, aveva una vistosa chiazza blu sulla guancia sinistra.
«Mah, è stato il male minore della settimana.» bofonchiò pulendosi con un fazzoletto. Decidendo di cambiare discorso il principe si rilassò sulla sedia, ammirando le pareti colme di libri e pergamene «Allora come vanno le cose con gli altri abitanti del palazzo?» fece con tono gentile, infondo non gli dispiaceva quella ragazza e sapeva anche che soffriva di una tremenda amnesia quindi sperava che almeno con gli altri principi si trovasse bene.
Aysel parve pensarci un po’ su, ma alla fine cominciò a raccontare «Tuo fratello Kouen l’ho visto solo da lontano e mi mette una soggezione dell’accidenti, quindi spero di non doverci parlare mai!» scosse la testa come a voler rafforzare il concetto e Koumei sorrise perché capiva che effetto potesse avere il fratello sulle altre persone « Kouha, invece, è una persona fantastica! Mi diverto a passare il tempo con lui, anche se è ossessionato dal farmi le trecce… Però le tre che lo seguono ovunque temo ce l’abbiano con me... Hakuei non l’ho conosciuta quindi non saprei, mentre Hakuryuu l’ho solamente intravisto che si allenava, un paio di giorni fa. Kougyoku è solo un’oca vanesia: mi irrita!» picchiò una manata sul tavolo facendo scappare una goccia d’inchiostro dalla boccetta; e Koumei si chiese cosa mai fosse capitato tra le due, ma preferì non indagare oltre. Tornò composta e incrociò –non senza problemi– le braccia al petto, come a voler chiudere lì l’elenco delle persone che meglio conosceva a palazzo.
«Judal?» chiese allora Koumei, un pizzico di curiosità in più a causa di voci che parlavano di un certo interesse mostrato dall’Oracolo per la straniera.
«Ah, lui… Lo evito. Tutto qui.» fece spallucce lasciando intendere che l’argomento cadeva lì. Dopo un paio di minuti espresse anche la strana inquietudine che le trasmetteva Gyokuen e il principe convenne con Aysel perché, in verità, suscitava le stesse emozioni anche in lui e non solo… Era lo stesso un po’ per tutti i principi e le principesse: era una donna oscura e lo sapevano tutti.
Perso nei suoi pensieri, il giovane non si era accorto che Aysel aveva ripreso a scarabocchiare sul povero foglio malconcio. Si sporse, curioso «Stelle?» domandò, sorpreso, notando la moltitudine di figure comparse sulla carta. La disposizione sembrava assolutamente casuale.
La ragazza fece nuovamente spallucce con noncuranza «Mi piacciono le stelle, tutto qui.» e riprese a disegnare.
Riempì, nell’ora successiva, due fogli interi di figure composte di sole stelle disposte in maniera ordinatamente casuale.
















{Angolo di una Festa}
Ed è arrivato anche Koumei! Yuppi~
Nuove informazioni, Aysel che colpisce Judal e fa la cocciuta non correggendo gli errori: è stupida o solo testarda? Mah! Ahahah.
Spero vi piaccia il capitolo, beh la storia in sé.
Mi sono messa ad aggiornare un po' tardi, quindi per soli 12 minuti il capitolo è pubblicato di sabato! u.u
Fatemi notare senza problemi eventuali errori e se avete critiche, beh, fatemele pure presenti.
Alla prossima e recensite, ci tengo tanto io -e la mia autostima-. ❤


Kuro
   
 
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