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Autore: Prue786    31/08/2008    1 recensioni
Il sole, il mare, il relax... ci sono davvero tutti i presupposti per una splendida crociera, ma non è così che la pensa Nathan, in vacanza con i genitori. Sarà costretto a cambiare idea quando si ritroverà a scontrarsi con qualcosa che crede al di sopra delle proprie possibilità... e allora la noiosa crociera sarà solo un bel ricordo.
Genere: Generale, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5- Approdo dolce-amaro

 

La terraferma si avvicina sempre più velocemente e Nathan sembra dimenticare completamente tutti i dolori riuscendo solo a sorridere e a nuotare con tutte le forze. Quando è a un centinaio di metri dalla spiaggia prova a toccare, ma il fondo è ancora lontano. Senza per questo demoralizzarsi, si avvicina ancora di più e ci riprova. Questa volta riesce a poggiare i piedi su qualcosa di solido.

La bambina, d’altra parte, alla vista del nuovo scenario, ha smesso di piangere cominciando a fissare la sabbia con interesse.

Nathan continua a camminare finché l’acqua non gli arriva alla cintola. Si ferma e prende in braccio la bambina e puntando verso la riva con passi veloci, rischiando più volte di cadere. Non riesce a trattenere un’esclamazione di gioia quando è ormai giunto al bagno-asciuga e, senza andare più avanti, si lascia cadere in ginocchio socchiudendo gli occhi.

La piccola lo guarda per qualche istante prima di allentare la sua presa e scendere sulla sabbia.

Come se non aspettasse altro, Nathan si lascia andare sdraiandosi e chiudendo completamente gli occhi mentre rimane ad ascoltare il suo respiro affannato e il cuore che gli rimbomba nelle orecchie.

Con le braccia stese lungo il corpo, assapora il calore della sabbia e lascia che gli passi fra le dita delle mani, come se solo quel gesto riuscisse a assicurargli di non essere più in acqua.

“Dove siamo?” Cinguetta la bimba camminando in tondo intorno a Nathan, momentaneamente dimentica del problema che l’assillava fino a pochi istanti prima.

Il giovane apre gli occhi, con una smorfia di fastidio, e fissa il cielo azzurro: “Non lo so ancora!”

“E dove sono le persone?” 

“Non ne ho idea!” Risponde con voce piatta richiudendo gli occhi.

“E quando chiamiamo la mia mamma?” La piccola si ferma e fissa il ragazzo disteso a terra.

“Appena trovo un telefono!”

“Quando andiamo a prenderlo?”

“Non lo so!”

“Come si chiama questa spiaggia?”

“Non lo so!”

“Perché non ci sono gli ombrelloni?”

“Non lo so!”

“Perché stai così?”

“Non lo so!”

“Perché sei andato nell’acqua con le scarpe?”

“Piantala!” Urla Nathan spalancando di scatto gli occhi e mettendosi seduto per poi fissare con aria furiosa la bambina che ha cominciato a guardarlo con aria imbronciata arricciando le labbra: “Perché ti sei arrabbiato?” Domanda con un sussurro.

“Non sono arrabbiato!” Urla ancora di più il ragazzo alzandosi ed allontanandosi mentre porta le dita sulle tempie.

“Finalmente si è zittita!” Pensa tra sé non sentendo più la voce della bambina. Si volta e socchiude le labbra.

“Voglio la mamma!” Piagnucola l’altra mentre due goccioloni prendono a scenderle lungo le guance.

“Oh no! Non di nuovo!” Geme Nathan alzando gli occhi al cielo: “Perché deve capitarmi questo…” Pensa nel sentire dei singhiozzi. Respira a fondo più di una volta e si passa una mano sul viso prima di costringersi a sorridere: “Su, ora non piangere!” Sia avvicina di malavoglia alla bimba accoccolandosi vicino a lei e guardandola in viso: “Le bambine grandi non piangono! O tu sei una bambina piccola?”

L’altra si porta i pugni sugli occhi asciugandosi le lacrime e tra i singhiozzi risponde: “N-no… io… io sono grande!”

Nat sorride sforzandosi di essere gentile: “Ecco, hai visto, sei grande, quindi ora smettila di piangere, va bene?”

L’altra annuisce tirando su con il naso: “Ma io voglio la mia mamma!”

“Sì, certo, non ti preoccupare! Ora troviamo qualcuno e la chiamiamo, va bene?” Annuisce imitato dalla bambina e si alza: “Perfetto!” Pensa tra sé guardandosi intorno: “Ed ora da che parte vado…?” Nathan si guarda intorno mettendo le mani sui fianchi: non c’è alcun dubbio sul fatto che quella dove si trova è una spiaggia… c’è sabbia a perdita d’occhio sia a destra che a sinistra. Già, ce la sabbia, ma solo quella! Non un ombrellone, non una sedia a sdraio e neppure qualcuno steso al sole.

Il giovane sospira: “Perché l’unica spiaggia bistrattata dai turisti doveva toccare a me? Ora mi tocca andare a cercare qualcuno!” Sbuffa e continua a guardarsi intorno un altro po’ .

“E va bene, prima mi muovo prima questa storia finirà!” Sussurra gettando un’occhiata alla bambina che ricambia il suo sguardo con aria fiduciosa.

“Andiamo!” Esclama cominciando a camminar, ma è subito costretto a fermarsi a causa dei piedi che nuotano letteralmente nelle scarpe da tennis piene d’acqua.

Alza gli occhi al cielo prima di toglierle e sbatterle un po’ mentre pensa: “Non so come abbia fatto a non perderle nell’oceano!” Scuote la testa e riprende a camminare con i piedi che affondano leggermente nella sabbia calda.

Più va avanti e più affretta il passo desiderando di arrivare il prima possibile sull’asfalto ed ha quasi iniziato a correre quando qualcuno alle sue spalle urla: “Aspetta! Vai veloce!”

Nathan si ferma e rimane a guardare davanti a sé mentre si massaggia la tempia.

Quando avverte la piccola farsi più vicina, prende a camminare. In lontananza vede degli alberi e automaticamente sorride, affrettandosi: “È finita!” Pensa con sollievo: “È finalmente finita!” Il sorriso si allarga ancora di più sul volto di Nathan quando le sagome degli alberi diventano più nitide, ma qualcosa gli frena l’entusiasmo.

“Palme” Registra il suo cervello, ma c’è qualcosa che non gli torna.

“Un bosco!” Urla la bambina come se quello che ha appena visto fosse un parco divertimenti.

Nathan si ferma e la guarda: “Un bosco…?” Chiede contrariato: “Quello non è un bosco, è… è una tragedia… una maledettissima tragedia!” Urla spalancando gli occhi e cominciando a  correre verso gli alberi. Si avvicina senza perdere velocità al primo arbusto e lo colpisce con la mano: “Bastardo!” Strilla colpendolo ripetutamente fin quando la mano comincia a fargli male: “Stupido, stupido! Quanto devo camminare ancora per trovare una città?” Domanda al vegetale posandogli la mano sopra: “Eh? Quanto tempo dovrà passare?” Prende una delle scarpe che ha nella mano sinistra e colpisce la palma con violenza come per costringerla a rispondergli: “Accidenti! Accidenti!” Colpisce nuovamente, e poi ancora… con sempre meno forza. Scuote la testa e si lascia cadere a terra in ginocchio per poi sedersi. Lascia andare le scarpe a terra e porta entrambe le mani sul viso: “È un incubo…” Sussurra rimanendo fermo.

“Ti fa tanto male la testa?” Si sente chiedere da una vocina lì vicino.

Allontana le mani dal volto e guarda la bambina che lo osserva e circa un metro di distanza. Ha un’aria seria che la rende stranamente buffa. Nat si sforza di sorridere nonostante in quel momento avrebbe solo voglia di piangere e sbattere la testa contro un albero: “Sì…” Sussurra con voce roca: “Sì, mi fa tanto male la testa…” Guarda la sabbia che in quel punto si mischia al terreno.

“La mia mamma dice che non devo gridare quando al mio papà gli fa male la testa!”” Esclama con aria grave.

“Sì, è vero, non devi gridare!” Ripete Nathan spostandosi lentamente e appoggiando la schiena all’albero.

“Dormi?”
“No… mi riposo un po’!” Sussurra il giovane chiudendo gli occhi.

“Pure io mi voglio riposare!” Dice allegramente la bambina andando a sedersi vicina a Nat che socchiude gli occhi e la guarda prima di tornare nella posizione precedente.

Passano una manciata di minuti durante i quali gli unici rumori che si sentono sono lo sciabordio delle onde, il canto degli uccelli e il fruscio delle fronde degli alberi mosse dal vento… Nathan si sente tirare per la manica della maglia. Inarca le sopracciglia senza aprire gli occhi e si limita ad un mormorio lugubre.

“Come ti chiami?”  Si sente chiedere da una voce squillante.

“Ma la tua mamma non aveva detto di far silenzio quando a qualcuno fa male la testa?” Sibila il ragazzo inspirando a fondo: “Nathan! Mi chiamo Nathan!” Borbotta ripiombando nel silenzio.

Seguono alcuni attimi di calma e sembra si sia tornati alla tranquillità di poco prima, ma la bambina non sembra essere di questo avviso.

“Quanti anni hai?”

“Ventuno, ora stai zitta!”

“Anche Désirée ne ha ventuno! Mi diverto molto con lei, però grida sempre, perché io scappo e non mi faccio acchiappare!” Sorride con aria soddisfatta: “Tu sai giocare ad acchiapparello? Io gioco sempre ad acchiapparello con Désirée e vinco sempre, però la mamma a casa non mi fa…”

“Taci!” Nat si allontana di scatto dall’albero e fissa la bambina, che si è subito zittita, con aria innervosita: “Come accidenti te lo devo dire che non voglio sentirti parlare? Accidenti!”  Si alza e afferra le scarpe da terra inoltrandosi di poco tra di gli alberi prima di sedersi vicino ad un altro albero.

L’altra scatta in piedi e lo raggiunge quasi subito.

“Che vuoi? Rimani là!” Esclama il ragazzo, stizzito. Chiude gli occhi: “Voglio tornare a casa, voglio tornare a casa! Perché sono salito su quella maledetta nave, perché?” Mormora scuotendo la testa.

“Da sola ho paura!” Sente lamentarsi la piccola e muove più velocemente la testa: “Dovevo restare a casa! Nella mia stanza!  A dormire nel mio letto!”

“Nathan!”

Il ragazzo si ferma e alza gli occhi sulla bambina: “Che vuoi?”

“Devo fare pipì!”

L’altro apre la bocca, ma la richiudere dopo, senza dire nulla e si appoggia con la schiena al tronco, chiudendo gli occhi: “E falla!” Esclama con noncuranza.

Seguono alcuni istanti di silenzio.

Nathan apre un occhio e vede la bambina, ferma, che lo fissa con aria seria: “Che c’è?” Chiede inarcando un sopracciglio, poi, come se la cosa fosse diventata chiara, alza le mani con un sorriso tirato: “Va bene, ok! Ti prometto che non guardo! Ecco, ora mi giro! Va bene così?” Domanda voltandosi da un lato e sospirando.

“Nathan… non c’è il vasino!”

“Eh?” Il giovane spalanca gli occhi e si gira di scatto verso la piccola, che ripete: “Non c’è il vasino!”

“E allora?” Chiede spazientito l’altro: “Hai tutto questo spazio!” Con un gesto indica gli alberi. L’altra, però non sembra d’accordo. Stringe i pugni e pesta un piede a terra: “Ma io non la so fare, da sola, senza il vasino!”

Nat apre di nuovo la bocca senza fiatare e mette in avanti le mani scuotendo la testa: “Eh no! Questo no! Non ci provare neanche! No! Assolutamente no!” Esclama capendo il significato della parole della piccola: “O la fai da sola o… o la fai da sola!” Incrocia le braccia la petto e sbuffa: “Se proprio vuoi, vai nell’oceano…!” Chiude gli occhi e borbotta qualcosa di incomprensibile scuotendo nuovamente la testa.

La bambina lo fissa in silenzio mettendo il broncio per poi abbassare un po’ la testa ed incamminarsi verso la spiaggia.

Nathan trae un sospiro di sollievo nel sentirla allontanarsi e si rilassa completamente.

   
 
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