Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
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Autore: Shayla_the_angel    31/08/2008    1 recensioni
Ottobre tedesco. Martedì mattina. Un pullman italiano si ferma davanti ad un lussuoso hotel berlinese. Scendono parecchie ragazze. Fanno parte di un coro, ingaggiato per alcuni spettacoli...il titolo centra poco con la storia...l'idea di partenza era un'altra, ma col susseguirsi delle vicende ho dovuto cambiare la trama...il titolo però mi piaceva...beh, spero vi piaccia la mia prima fic sui TH!!
Genere: Romantico, Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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33. Partenza improvvisa

 

Bill prese il telefono e chiamò Sara, per avvisarla che Tom stava bene.

Rimase insieme al gemello per tutto il giorno.

“Bill, ma non mangi?”chiese Tom, guardandolo.

“No…non ho fame”

“Dai…ora sto bene!”

“Lo so, solo che ho ancora lo stomaco chiuso…”.

“Perché?”

“Non lo so. Ho ancora una brutta sensazione addosso”

“Ti assicuro che sto perfettamente! Non mi vedi, bello e radioso come prima!”esclamò, sorridendogli.

“No Tomi…è una sensazione, tipo nausea…”

“Boh! Io mi sento benissimo”.

In quel momento squillò il cellulare di Bill.

“Mami”

“Chi è?”chiese Tom.

“La mamma…”disse il ragazzo, premendo il bottone verde.

“Pronto”

“Ciao Billie, sono contenta che hai risposto subito”

“Come mai mi hai chiamato?”

Un sospiro, all’altro capo del telefono.

“Mamma?”

Un singhiozzo.

“Che diavolo sta succedendo?”pensò il ragazzo, aspettando una risposta.

“Bill, si tratta di Gordon…”

“Cos’è successo?”

“Ancora non lo so…si è sentito male ieri sera, solo che era molto tardi è ho preferito non chiamarvi…”

“Ora dov’è?”

“In ospedale…i dottori non mi fanno sapere nulla…”

“Scheiße! Scheiße! Proprio ora doveva succedere? Tom non si può muovere!”

“Senti mamma…io e Tom siamo in ospedale…no, non spaventarti. Tom è scivolato dalle scale e si è rotto la caviglia…”

“Come ha fatto a scivolare?”

“Beh, sai. Tiene sempre i pantaloni bassi…dai, ti faccio parlare con lui. Ora te lo passo. Tu stai tranquilla. Vado a parlare con il dottore per sapere se possiamo venire su subito”.

Tom lo guardò con aria interrogativa.

“Mi vuoi dire cos’è successo?”chiese, a bassa voce.

“No, tu tranquillizza la mamma…”rispose il ragazzo, porgendogli il cellulare.

Bill uscì. Georg e Gustav si alzarono.

Nei suoi occhi, le lacrime.

“Bill! Cos’è successo?”chiesero i due ragazzi.

“Il mio patrigno…è in ospedale…si è sentito male, ma i dottori non dicono niente a mia madre”

“Tom lo sa già?”

“Spero che mia madre non gli dica nulla. Sapete quanto sia attaccato a quell’uomo”

“Che cosa hai intenzione di fare?”chiese Georg.

“Vado dal dottore e gli chiedo se possiamo spostare Tom. Non possiamo lasciare nostra madre da sola”

“Ma sono quasi 200 km!”

“Lo so, ma è una situazione d’emergenza”

Il medico di turno passò proprio in quel momento.

Bill gli pose la domanda.

“Beh…dobbiamo prima fare una radiografia al torace, per controllare che almeno le costole siano apposto”

“Quindi?”

“Sì, ma dove dovete andare, così urgentemente?”

“A Lipsia…si tratta di una questione familiare”

“Capisco…beh, allora provvederò subito a fare quella radiografia. Per oggi pomeriggio sarete fuori da qui”disse, con un sorriso tirato.

Tom venne portato via e Bill chiamò Sara.

“Pronto?”

“Ciao Sara”

“Che è successo Bill? Hai una voce…”

“Devo partire…”

“Per dove?”

“Lipsia…il mio patrigno è in ospedale”

“Mi dispiace un sacco…”

“Probabilmente partiamo oggi stesso”

“Mi pare ovvio…beh, allora ci dobbiamo salutare così?”

“Non lo so…dipende da come si metteranno le cose…”

“Georg e Gustav verranno con voi?”

“Credo di sì”

“…beh, allora credo che Giulia vorrà parlare un po’ con Georg…”

“Sara…mi dispiace tanto…”

“Perché devi dispiacerti? È successa una cosa imprevedibile. Di certo non è colpa di nessuno”

“Mmm, va bene. Dai, ora vado. Devo ancora dirlo a Tom”

“Ok, al massimo chiamami quando arrivate, così sono più tranquilla”

“Ok…ti amo”

“Anche io”.

Il ragazzo rientrò in camera ed attese il ritorno del gemello.

Sarebbe stato difficile dirglielo, ma ancora più difficile osservarlo mentre piangeva.

   
 
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