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Autore: caly    14/07/2014    6 recensioni
Dal primo capitolo:
"Alejandro era assolutamente certo che se quel fottutissimo giorno non avesse avuto voglia di fare lo stronzo come suo solito tutto questo non sarebbe mai accaduto. Ma era la sua cattiva attitudine.
Si era diretto spedito verso la vecchia macchina del caffè appoggiata a ridosso della parete
che segnava la fine dell'ufficio con l'intenzione di far innervosire la sua più grande rivale: Heather Wilson.
E l'avrebbe fatto, giuro, l'avrebbe fatto se solo quel qualcosa non fosse stato dipinto sul quel viso così perfetto.
[....]
Eppure l'aveva vista.
Aveva visto quella maschera da stronza cadere per un momento,
quella maschera su cui era dipinto un sorriso falso e due occhi neri come la pece capaci di stregare persino lui. L'aveva vista cadere e frantumarsi in mille pezzi su quella moquette sudicia mentre la giovane donna si rigirava la fede intorno al dito e un'espressione sostituiva il posto di quella maschera."
[DxG SxC BxG presenti in piccole dosi]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Altro personaggio, Courtney, Duncan, Heather | Coppie: Alejandro/Heather
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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AVVERTIMENTO:
capitolo un po' forte! Ci vediamo a fine pagina ;)
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Quando finalmente vide la porta della sua casa, Heather, tirò un sospiro contento. Amava camminare e tornare a piedi le era sembrata una buona idea. 
In realtà a lei sembrava ancora una buona idea, chi non era d'accordo erano i suoi piedi costretti in scarpe non troppo basse.
Alejandro si era offerto di accompagnarla a casa, così come Geoff e Bridgette ma aveva rifiutato.
Aveva bisogno di restare da sola, ascoltare il rumore dei propri passi sul marciapiede e pensare.
Ma per tutta la strada non fece altro che guardare le linee tra le mattonelle o i lampioni rotti, perché si sentiva leggera. Sentiva che tutto quello che aveva fatto era giusto e che potendo tornare indietro l'avrebbe rifatto.
Forse a causa dell'euforia del tradimento, forse perché il suo cuore pensava che tornare a casa tutte le sere-da suo marito-fosse il vero tradimento, forse perché per la prima volta dopo tanto tempo un bacio sapeva di carezze.
Mise un piede davanti all'altro seguendo la linea del suo vialetto fino ad arrivare alla porta.
Girò la chiave e l'aprì, cercando poi a tentoni l'interruttore.
La luce si accese, ma non l'aveva accesa lei.
"Dove diavolo sei stata Heather?!"
Il sorriso sul suo volto si spense all'istante.
"I-io..."
" Che cazzo credevi di fare, eh? Volevi scappare?! È questo?!"
"N-no, io... Io sono andata con Bridget-"
"Credevi di essere più intelligente di me?! Di potermi lasciare qui da solo?!"
"Io non..."
"Sta zitta! Chiudi quella cazzo di bocca...." Urlò sfregandosi il volto con le mani.
"Con chi eri?!" 
"Con Bridgette come ho detto pr-"
"E perché cazzo eri con lei?!"
"Mi ha.... Mi ha portato... Gli antidolorifici che le avevo chiesto, d-dovevo andarli a ritirare..." Disse Heather, ricordando di avere ancora la bustina in borsa.
"La sera?!" 
"I-io... Mi fa ancora male il.. Fianco"
"È passato un secolo, ti ha chiesto il perché come al solito?"
"No... Lei... Non mi ha chiesto niente"
"Come mai? Quell'impicciona non fa altro" 
"I-io.... Non lo so"
L'uomo si fermò ad osservarla, la luce del lampadario ormai calda la illuminava perfettamente.
"Oh si... Tu lo sai"
"No... Io.. Davvero non mi ha chiesto niente"
"Pensi che lo sappia?" 
Heather lo osservò in silenzio.
Dire di si avrebbe messo in pericolo Bridgette, dire di no avrebbe portato altre domande a cui lei non poteva rispondere senza creare un castello di bugie con la base troppo fragile per reggere.
"Lo sa, non è così ?! Quella farmacista...lo sa?!"
Heather trattenne il fiato, non avrebbe mai dovuto fare il nome di Bridgette. Aveva imparato a volerle bene e non voleva che le succedesse qualcosa per nulla al mondo.
"Heather! Quando ti faccio una domanda tu mi rispondi! Hai capito?!" Ringhiò, camminando verso di lei.
"S-si " disse con voce tremante.
"Allora?! Quante volte devo ripetere le cose, lei lo sa?!"
Heather deglutì.
"I-io credo.. Che sospetti qualcosa..."
"Credi o ne sei sicura ?!"
"Io... Credo"
"Merda" mormorò a denti stretti, serrando gli occhi.
"Cazzo" ripeté "Non voglio che ti faccia mai più vedere da lei"
Heather strinse la mascella.
"Sono stato chiaro?!" Le mormorò a pochi centimetri.
Provó un senso forte di disgusto, non solo per l'alito intriso di wisky, ma per come aveva pronunciato quelle parole. Come un vero e proprio ordine.
"Sono stato chiaro?!" Ripeté a voce più alta ma Heather girò il volto.
Non gli avrebbe dato questa soddisfazione.
"Heather!" 
Ma Heather rimase ferma.
Lo schiaffo le arrivò potente e doloroso. Gli occhi le si riempirono di lacrime e caddero in quelli del marito che l'aveva-con lo schiaffo- costretta a guardarlo.
"Quando ti faccio una domanda tu rispondi." Le sussurrò, stringendo il suo viso con una mano.
"Cosa fai quando io ti faccio una domanda?" Domandò facendo scendere quella mano sulla gola dell'asiatica.
Gli occhi di Heather tremarono.
"Lasc-sciami.." Mormorò a corto di fiato.
"Heather! Cosa cazzo fai quando ti faccio una domanda?!" Urlò stringendo la presa.
"I-io... io ris-"
"Cosa ?!"
"Rispondo" esalò, cadendo a terra priva di sensi.
 
 
Heather si svegliò nel buio più totale. Il sapore metallico del sangue era insistente sulle labbra, dove la pelle si era spaccata per lo schiaffo.
Provò ad alzarsi e strinse i denti, fece forza un po' alla volta sulle braccia e si mise in piedi ma ricadde subito dopo il primo passo.
Attutì la caduta con le mani e lacrime le rigarono il volto. Lacrime di dolore.
Ricordava di essere stata colpita al volto, allora perché il fianco le bruciava dal dolore?
Forse si era fatta male cadendo a terra. Doveva essere così anche perché la sola idea che suo marito l'avesse potuta colpire da svenuta la disgustava.
Si trascinò fino al divano e con molto sforzo riuscì a stendersi. Ma non appena si poggiò, il dolore le fece girare la testa e vomitò.
Si svegliò nuovamente quando era ormai giorno.
Qualcuno la scuoteva con insistenza.
"Sto uscendo.Pulisci questo schifo. Non azzardarti a mettere piede fuori da questa casa e vedi di farti portare il lavoro."
 
 
"Ufficio assicurazioni Mclean, cosa posso fare per lei?"
"Blaineley, sono Wilson Heather"
"Oh, si... Heather, puoi attendere un momento in linea?"
Heather sbuffò e se ne pentì immediatamente dopo quando dovette stringere i denti per il dolore.
"Heather, sei ancora lì?"
"Si"
"Cosa posso fare per te?"
"Vorrei prendere dei giorni di riposo per malattia"
"Partendo da oggi?"
"Si. Con oggi compreso"
"Per i primi dodici giorni ha-"
"Si, grazie Blaineley .Conosco le normative. Posso chiederti un ultimo favore?"
"Un attimo...attendi in linea"
Heather avrebbe voluto sbuffare.
"Ufficio assicurazioni Mclean , cosa posso fare per lei?"
"Blaineley sono ancora io"
"Ah.... Scusami, giornata difficile. Cosa volevi chiederemi?"
"Potresti girare la telefonata all'ufficio di Courtney?"
"Si. Attendi pochi secondi. Ah... E rimettiti"
Heather sapeva che erano semplicemente convenevoli ma ringraziò ugualmente e attese.
"Pronto?"
"Courtney, sono Hea-"
"Heather?! Perché mi stai chiamando ?? Il tuo ufficio è a due passi dal mio"
"Ti sto chiamando da casa..."
"Ah..."
"Ti chiamo perché per i prossimi giorni non credo di poter venire in ufficio. Ho preso una brutta... Influenza e ho bisogno di riposo. Mi chiedevo se oggi potessi passare da me per portarmi i fascicoli della famiglia  Middit che sono sulla mia scrivania..."
"Oh... Mi dispiace... Cercherò di passare"
"Grazie mille, Courtney"
"Di nulla"
 
Alejandro arrivò in ufficio praticamente di corsa. Com'era possibile che facesse sempre ritardo?
Eppure non abitava distante dall'edificio. 
Approfittò dei pochi secondi in ascensore per aggiustare il nodo alla cravatta e i suoi capelli, quest'oggi legati in una coda alta.
Uscì di corsa dall'abitacolo e allo stesso modo si diresse verso il proprio ufficio ma poco prima di entrare fu fermato dalla voce di Courtney.
"Cascamuerto, vieni qua"
Si affacciò nell'ufficio della donna con aria di superiorità.
"Cos'è che hai detto contadinella?" 
La ragazza sbuffò "solo perché il mio ragazzo gestisce una fattoria questo non fa di me una lurida contadina... Senza nulla togliere ai contadini"
"Per carità" sospirò in un risolino il latino.
Courtney abbozzò un sorriso finto e si alzò.Prese dei fascicoli e li "versò" su Alejandro.
"C-che cazzo è questa roba?!" Chiese, cercando di non far cadere niente.
"Famiglia Middit"
"Ma non è il caso di He- della Wilson?"
"Si, lo è"
Alejandro alzò gli occhi al cielo.
"Intendo... Perché li stai dando a me?"
"Heather mi ha chiamato, è malata e ha bisogno di questi fascicoli... Mi ha chiesto di portarglieli ma dopo mi devo vedere con il contadino" abbozzò un altro sorriso " e ho pensato che potessi portarglieli tu... Sai dove abita?"
"Si!! Lo so..." Rispose un po' troppo in fretta e Courtney ghignò.
"C'è altro contadinella?" Chiese Alejandro, tentando di riprendere un po' di contegno.
"Si... Qualcuno ti sta aspettando nel tuo ufficio..."
Alejandro aggrottò le sopracciglia e si congedò con un gesto della mano.
Con pochi passi fu davanti alla propria porta. Abbassò la maniglia e "No, non tu. Come hai fatto a trovarmi?!"
 
 
Ancora tre colpi insistenti sulla porta.
Heather provó a camminare più velocemente.
Un altro colpo.
"Sto arrivando!" Disse mantenendosi il fianco.
"Heather! Ci sei?? Sono Alejandro"
"A-al?" Mormorò appiattendosi contro la porta.
"Heather ?! Courtney non poteva passare... Mi ha detto di portarti queste carte... Ci sei?!" Urlò il latino.
Un altro colpo.
Heather aprì leggermente la porta.
"Oh oh allora ci sei!" Sentì meno ovattato.
"Si, si ... Ci sono" mormorò con acidità, rimanendo nascosta dietro la porta. 
"Grazie per i fascicoli" disse allungando una mano oltre la porta.
"Non mi fai neanche entrare?" 
"No... Non vorrei ti prendessi qualcosa, grazie" 
"Heather se è per ieri sera , i-io posso anche far finta che non sia mai su-"
"No Al. Non mi sento bene, tutto qui. Grazie per i fascicoli" ripeté, rimarcando la richiesta con un gesto della mano. 
Heather sperava davvero che Alejandro si limitasse a passarle i fascicoli ma non lo fece.
"Heather che succede? Davvero, se è per ieri, io... Fammi entrare ne possiamo parlare..."
"No, Alejandro. Voglio solo riposarmi un po'"
"Ti prego, parliamone..."
"Magari un altro giorno."
"Eddai, Heather . Ti prego, fammi entrare"
"Non voglio che tu entri." Disse con un tono che non ammetteva repliche.
"Io... I fascicoli sono qui"
Heather sentì la busta cadere sul suo pianerottolo e Alejandro scendere di qualche gradino.
Aspettò ancora un po' ed uscì solo quando sentì la portiera di una macchina chiudersi.
Raccolse i fascicoli da terra ma appena li ebbe sollevati cadde.
"Heather?!" Alejandro uscì dalla macchina e corse verso di lei.
L'asiatica si tirò a sedere ansimando per il dolore.
Quando Alejandro la raggiunse lei girò il volto verso il pavimento.
"Heather, stai bene?!" 
"Si, si sto bene. So-ono solo inciampata.Vat-ttene via"
"Heather, guardami"
Merda.
"Heather, ti prego girati"
Heather deglutì a vuoto.
"No- non mi fare questo" 
Alejandro si abbassò sulle ginocchia ma Heather voltò il viso dalla parte opposta.
Il latino le catturò il viso con una carezza e Heather lo lasciò fare.
Le girò piano il volto che sotto la luce rivelava diversi lividi e un labbro insanguinato.
"Cos'è successo?" Chiese freddo, controllato.
"Niente di diverso dal solito, sto bene" disse, allontanando contemporaneamente la sua mano.
"Devo portarti in ospedale"
"No! ....No."
"Hai guardato il tuo viso?"
"I- io... Non ho voluto farlo" disse cercando inutilmente di alzarsi.
"Cosa c'è ? Cosa ti fa male?" Chiese guardandola preoccupato.
"Non è niente... È solo il fianco"
"Fa vedere"
"No, Al. Non è niente dico davvero"
"Se non è niente non ci dovrebbero essere problemi a farmi dare un'occhiata, no?"
Heather sbuffò, pentendosene immediatamente dopo. Alejandro la guardò ancora più preoccupato.
"Ti prego, fa vedere"
Heather si distese sulle mattonelle calde e lascio che il latino le alzasse la maglietta sottile. Alejandro osservò in silenzio la parte di pelle violacea che continuava fin oltre la cintura.
"Io devo portarti in ospedale"
"No. Non in ospedale, ti prego" mormorò l'asiatica.
"Heather.. Io non posso lasciarti così"
"Chiama Bridgette. Chiama solo lei."
 
 
Heather chiuse gli occhi.
Nonostante fossero distanti due stanze li sentiva sussurrare ugualmente.
"Al... Io non visito qualcuno dai tempi dell'università, ormai mi limito alla farmacia"
"Lo so, ma lei vuole farsi vedere solo da te... Ho provato a portarla in ospedale"
"Ospedale? Non ci è andata nemmeno con un polso fratturato"
"Io credo che qui sia più di un polso"
Silenzio.
"Sai cos'è successo stavolta?"
"No"
Passi. 
Quelli leggeri di Bridgette accompagnati da quelli decisi di Alejandro.
"Oh mio dio...."
"Hey Bri'.... Anch'io ti trovo bene" disse debolmente Heather.
L'amica la fissava preoccupata e con gli occhi lucidi.
"Heather cosa ti ha fatto?"
Chiese con voce tremante avvicinandosi al letto su cui era pietosamente distesa.
"Nulla che non mi abbia già fatto Bridgette...."
La bionda scosse la testa sistemandosi accanto all'amica.
Solo allora Heather notò la valigetta medica e sospirò.
"A me sembra molto più del solito.... Hai un occhio praticamente chiuso e su quel labbro ci vogliono dei punti" disse con un tono diverso dal solito.
Heather sorrise pensando che suonasse molto professionale ma immediatamente strinse la mascella.
"Cosa ti fa male?"
"È... È il labbro, non dovevo sorridere"
"È il fianco..." Disse Alejandro che fino ad allora era rimasto sulla soglia della camera da letto, facendo pochi passi verso di loro.
Bridgette lanciò un'occhiata a metà tra il rimprovero e la pena ad Heather e lei abbassò lo sguardo.
"Fammi vedere"
Heather fece per alzarsi ma Bridgette la fermò.
"Tu non ti alzare, dimmi solo dove"
Heather si portò una mano al fianco sinistro e Bridgette le alzò delicatamente la maglia.
Trattenne il respiro quando la macchia viola comparve.
"Continua..." Mormorò Alejandro alle sue spalle.
Bridgette fissò il bordo del vecchio pantalone e guardò Heather che annuì.
Slacciò la cintura e con una delicatezza incredibile sfilò il pantalone. 
Alejandro aveva desiderato così tanto di poter vedere la Wilson quasi senza vestiti che adesso se ne pentiva. Ma mai avrebbe potuto immaginare tutto quello. Mai avrebbe potuto pensare di morire dentro guardando una persona soffrire. E ancor meno avrebbe potuto pensare di amare quella persona.
Fece correre i suoi occhi su quella pelle d'alabastro, analizzando ogni dettaglio e ogni curva, deliziandosi dei brividi che lo percorrevano.
Ma quando arrivò al fianco ogni piacere e ogni pensiero sparirono.
Bridgette osservò il livido che si estendeva dalla vita fino a metà della  coscia.
"Qua-quante volte ti ha colpito?" Chiese tremando.
"Io non lo so"
"Heather ti prego.... Quante volte ti ha colpito?"
"Bridgette io non lo so... Dico davvero"
La bionda aggrottò le sopracciglia.
"Che vuoi dire?" Disse Alejandro.
Heather spostò lo sguardo su di lui.
"Io ero... Io ero svenuta quando mi ha colpito" disse guardando nuovamente Bridgette.
La ragazza si ritrovò a trattenere un'imprecazione. Non sarebbe stato professionale.
"Heather, mi dispiace ma devo vedere se il femore è rotto... Farò un po' di pressione e ti farà male"
L'asiatica annuì.
Bridgette passò la mano sulla zona interessata premendo ogni tanto e ogni volta mormorando un "mi dispiace", poi si alzò sospirando.
"Non credo ci sia niente di rotto ma è una brutta contusione, non poggiarci peso o potresti rischiare di cadere.... Inoltre credo di doverti prescrivere degli antidolorifici più forti del solito, il dolore potrebbe causarti giramenti di testa..." 
Heather annuì, grata.
"... Ma ho bisogno di parlare con lui questa volta"
"Perché ?!" Chiese subito agitata l'asiatica.
"Stavolta non si tratta di un paio di lividi..."
"Non voglio che vi parliate ." Disse ferma e fredda.
"Non mi interessa cosa vuoi Heather, ho bisogno di assicurarmi che non ti tocchi con un dito fino a quando non sarai guarita.. Sai, ho bisogno di dormire la notte" provó a scherzare.
"No. Voi non parlerete con nessuno.
Ne tu.." Disse fissando Bridgette "... Ne tu." Disse fissando il latino.
"Perché?!" Chiese Alejandro non contenendo più la rabbia.
Bridgette lo guardò preoccupata.
"Perché cazzo lo continui a difendere?!"
"I-io non..."
"Heather ma ti sei vista?! Stai ancora sanguinando! E tutto questo quando è successo! Ieri sera?!"
Heather abbassò lo sguardo.
"Oh mio dio è successo ieri sera..." Mormorò Bridgette.
"No... No Bridgett-"
"Si! Oh mio dio, è successo ieri!" Mormorò portandosi le mani alla bocca. "Ed è colpa mia!" Aggiunse. 
Il respiro irregolare.
"No! Bridgette non è colpa tua.. Sarei dovuta tornare prima che tornasse lui.... È colpa mia... Sarei dovuta stare più attenta"
Alejandro rise.
Lo fece. Rise. Perché semplicemente gli sembrava ridicolo.
Come poteva essere colpa sua?
Una donna così perfetta...
"Perché ridi?" Chiese ferita.
"Perché è assurdo! Tu non ti rendi conto...."
"No, Alejandro sei tu che non ti rendi conto." Rispose fredda, indossando la sua maschera.
"Io?! Io non mi rendo conto?! Prima o poi finirà per ammazzarti a suon di pugni! Sei tu che non capisci!"
"No, Alejandro. Quello che non capisce sei tu"
"Cosa?! Cosa c'è da capire?! Oltre al fatto che se continua così ti uccide?!"
"Al... Basta" tentò Bridgette.
"No! Neanc-"
"Io lo amo" mormorò.
Alejandro si zittì.
"Io lo amo" ripeté.




**Angolo dell'autrice**
Eccoci di nuovo qua!
Scusate il ritardo ma come sapete sto scrivendo anche un'altra long a tema Gwencan
che vi invito a leggere :D
Allora? Cosa ne pensate di questo capitoletto?
Fatemelo sapere, un abbraccio e un ringraziamento a chi segue, preferisce o legge soltanto.
  
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