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Autore: Mo_    14/07/2014    3 recensioni
Lo so cosa state pensando.
Lo so che vi sembro pazza.
Infrango la legge, mento in tribunale, ho un ragazzo omicida e un padre scomparso.
Non avrei voluto che andasse così, non avrei voluto incasinarmi la vita, ma per amore e per ambizione tutto è possibile.
Non giudicatemi colpevole.
Prima ascoltate la mia testimonianza, è un mio diritto. Ascoltate anche quella di Luke e di tutte le persone che ci sono state accanto. Noi siamo solo ragazzi succubi.
Non siamo colpevoli.
Lo giuro.
E se lo giura una che mente davanti alla legge, beh, dovete crederle.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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2.Imputato

 
Litigare con mio padre è una delle cose che preferisco fare . Potrebbe sembrare un pensiero perverso , ma l'adrenalina che sale in quei momenti è incomparabile.
In qualità di avvocato, è il suo lavoro rigirare ogni situazione a suo favore. Ogni volta che vinco qualche battaglia con lui mi sento davvero soddisfatta .
Io e papà, però , non litighiamo da più di una settimana.
Dalla morte degli Hemmings.
È chiuso nel suo studio e a volte non  esce neanche per cena, mamma cerca di non farmi notare la sua assenza ma non sono certo stupida. Neanche lei osa aprire il discorso "Hemmings", l'unica cosa che mi ha detto è di stare vicina a Luke, ma non ho sue tracce dal funerale.
A volte mi capita di pensarci, ai miei secondi genitori ormai morti, al bambino con cui sono cresciuta rimasto solo, e quasi mi viene voglia di fargli uno squillo, di vedere come se la passa, poi ricordo che lui non ha mai avuto bisogno di me. Ha i suoi amici indemoniati e la sua ragazza con i capelli colorati e i tatuaggi. Chissà, magari se ne sono fatti anche uno insieme. Tra quelli della punk non si noterebbe, ma sulla pelle chiara di Luke risalterebbe subito. Il mio Lukey marcato a vita.
Certo non passo le mie intere giornate a pensarci, ho anche le mie distrazioni. Ashton, i miei amici, Ashton, lo studio, Ashton. Cose così.
Ashton è un metro e ottanta di puro surfista australiano, con le braccia muscolose abbronzate, i riccioli biondi e gli occhioni verdi. Stiamo insieme da tre o quattro mesi e le cose vanno a meraviglia, nonostante la nostra relazione fosse in qualche modo "predestinata" considerando che Cal, il suo migliore amico, sta con Agnes, la mia migliore amica, da qualcosa come due secoli. Anzi, ci abbiamo messo anche troppo a iniziare ad uscire insieme. Lui è perfetto, è relativamente un bravo ragazzo, è bellissimo, è al primo anno di medicina e i miei lo adorano, nonostante continuino a preferire un certo biondino a qualche casa di distanza dalla nostra.
Il suo unico difetto è una notevole propensione nei confronti del sesso. Come ogni ragazzo della sua età naturalmente, e come si dovrebbe anche nella mia, eppure, nonostante quei bicipiti mandino in festa le mie ovaie, non me la sento di dargli la mia verginità. Motivo sconosciuto.
Ce ne stiamo sul letto come la maggior parte delle volte che restiamo a casa mia. Papà è chiuso nel suo studio da quando è tornato e mamma è in cucina a preparare una torta come tutti i giorni in cui riesce a tornare prima e non verrebbe mai a disturbarci. Le nostre labbra si cercano insistenti e sulle sue ci sono tracce del mio rossetto rosa, le nostre magliette sono gettate da qualche parte sul pavimento in parquet chiarissimo. Dalle finestre della mia camera si vede la spiaggia, ed è davvero un bello spettacolo, ma lo è ancora di più il ricciolino che mi sovrasta, guardandomi con quei suoi occhioni verdi più profondi del mare.
«Ash, lo sai» lo blocco, però, quando le sue dita cominciano ad interagire con il bottone dei miei shorts.
Il ragazzo sbuffa, gettandosi di schiena al mio fianco. Mi fissa per un lasso di tempo indeterminato prima di parlare.
«Diana, dimmi solo perché e smetterò di provarci»
Credo di arrossire immediatamente, parlare di queste cose probabilmente è peggio che farle.
«Non lo so, davvero. Ash, dammi un altro po’ di tempo. Ti prego»
Mi giro e lo bacio, passando una mano tra i suoi capelli. So che ama quando lo faccio.
Eppure sta volta sembra restio.
Lo guardo e i suoi occhioni verdi sono spenti.
E all’improvviso mi sento offesa, perché evidentemente lui preferisce il sesso a me.
Forse sta con me solo per portarmi a letto, un giorno.
«Dovresti andare a casa Ash» dico scendendo all’istante dal letto. Cerco la mia Tshirt per terra e la infilo, poi gli lancio la sua.
«Si, dovrei andare» concorda rivestendosi, lo sguardo da cane bastonato non sembra volerlo lasciare, come se fosse lui la vittima qui.
Gli faccio strada verso l’uscita di casa, come se non la conoscesse, ma anche se continuo a rifiutarlo l’educazione ancora la conservo.
«Ashton, ceni con noi sta sera?» domanda mia madre dalla cucina  quando ci vede passare.
«No grazie signora McCall, oggi mi tocca studiare» riesce a dire fingendo per qualche secondo un sorriso, eppure chiunque percepirebbe il suo disagio da chilometri. Mamma, comunque, non commenta.
Ash si gira a guardarmi solo una volta che gli apro la porta.
«Diana…» sussurra, prendendomi il viso tra le sue enormi e calde mani. Sta cercando di mantenere un’aria rilassata.
«Ash io…» non so cosa volevo dire, non so neanche se sono incazzata o delusa, triste o solo nervosa, fatto sta che quando mi bacia dimentico qualsiasi cosa.
«Ne riparliamo domani, passo a prenderti da scuola»
Ora il suo sorriso è sincero, il suo meraviglioso sorriso. E come sempre, nonostante cinque minuti fa volessi strozzarlo, ora già non ci penso più.
Perché davanti al sorriso di Ash non si può restare indifferenti.
E a volte credo anche di amarlo, ma non riesco mai a dirglielo. È come per il sesso, davanti a certe cose mi blocco.
Gli do un ultimo bacio e lo guardo allontanarsi verso la sua macchina, lasciando certe riflessioni per quando andrò a dormire. Per ora ho solo un pensiero per la testa, un ottimo modo per non riflettere sul mio essere sessualmente e sentimentalmente bloccata, un bell’omicidio.
Busso sul legno massiccio della porta dello studio di papà e senza aspettare risposta mi intrufolo nella stanza della casa che più amo. È buia se non per l’abat-jour che illumina la scrivania, le tende sono tirate e le alte librerie ricoprono completamente le pareti, ad eccezione di quella con le finestre. La scrivania è sommersa di libri più del solito. Codici penali, collezioni di articoli di giornale, raccoglitori con le vecchia pratiche. Tesori nascosti.
«Dimmi che hai un caso di omicidio da farmi risolvere» esordisco sedendomi su una delle due poltrone in velluto davanti alla scrivania. Papà alza gli occhi da delle foto che stava studiando e le mette via non appena si accorge della mia presenza, come se non avessi mai visto delle foto di morti e pavimenti insanguinati.
L’uomo da cui ho preso il carattere, la passione, e gli occhi grigi mi scruta da dietro le lenti degli occhiali da vista. Quando li mette via e incrocia le mani davanti al mento capisco che sta per presentarmi un caso.
«Si pensava fosse un omicidio-suicidio» comincia, come non detto. «Ma la scientifica sostiene che ci sia un complice o addirittura sia un doppio omicidio commesso da una sola persona»
Ascolto a tutte orecchie, assimilando ogni parola.
«E tu che ruolo hai in tutto questo?»
«Difendo la persona che è stata accusata dell’omicidio»
«Come sempre la posizione più facile» dico sarcastica, pensando che non è mai facile difendere l’accusato di un omicidio se la scientifica ha già rilevato le sue impronte sul luogo del delitto. C’è prima di tutto da capire se è davvero colpevole, e successivamente bisogna elaborare una tattica di difesa con i cazzi e contro cazzi.
La nostra discussione viene interrotta dallo squillo del telefono di papà.
Risponde con il solito vocione serio e la fronte corrucciata, ma il suo viso sembra rilassarsi già dopo pochi secondi di chiamata. Non capisco di cosa stanno parlando, eppure sono convinta che ci siano buone notizie.
Capto sono un “arrivo” leggermente sospetto.
«Diana, so che ti sto chiedendo tanto, ma vorresti aiutarmi in questo caso?» mi domanda una volta riagganciato. I suoi occhi grigi mi studiano, e i miei studiano lui. È contento, ma relativamente poiché qualcosa di più profondo lo turba. Lo conosco bene, mio padre.
E comunque leggere le persone è una dote che ho sempre avuto.
«Puoi contare su di me» gli rispondo, stringendo la mano che mi sta porgendo.
Poi si alza e si infila la giacca poggiata sullo schienale della sedia.
«Andiamo a prendere il nostro imputato»
 
 
La centrale di polizia è accerchiata da giornalisti.
Deve essere un caso grosso questo che sta seguendo papà, uno di quelli per il quale potremmo andare in tv. Infatti, nonostante sia stupido, mi sono cambiata prima di uscire. Ho dei sobri skinny jeans (sono pur sempre un’adolescente), una tshirt bianca e una giacca nera rubata dall’armadio di mamma. Quando scendiamo dalla macchina, sono felice di aver portato un paio di occhiali da sole nonostante il sole sia quasi del tutto tramontato.
I flash sono accecanti.
Papà mi fa passare avanti e con le mani sulle mie spalle mi spinge quasi correndo dentro la centrale.
Qui l’atmosfera è più tranquilla, nonostante ci sia una quantità esagerata di agenti.
Sono tutti rivolti verso le porte di vetro dalle quali dovrebbe uscire il nostro potenziale omicida. Ne ho incontrati diversi nella mia vita. Alcuni lo erano davvero, alcuni erano solo stati incastrati. Ad ogni modo non mi fanno paura, perché noi li aiutiamo. Li difendiamo. Siamo le ultime persone a cui potrebbero fare del male. Quindi da quelle porte potrebbe anche uscire un omone sul metro e novanta, barbuto e pieno di tatuaggi e non mi farebbe minimamente effetto.
Una pattuglia di poliziotti scorta il nostro imputato.
Di lui si intravede solo l’arancione della divisa che forniscono in cella e niente più, poiché è circondato da almeno dieci omoni da qualsiasi lato. Vedo papà avvicinarsi, mentre io resto a guardare da lontano. Firma un paio di documenti, stringe la mano ad capo della centrale, poi allunga un braccio in quella testuggine umana per recuperare il nostro uomo.
Quando i due si abbracciano credo di non realizzare davvero cosa ho davanti.
Non faccio caso alla figura alta e slanciata del ragazzo o ai suoi capelli biondo grano o al modo in cui tratta familiarmente con mio padre. No, guardo solo la divisa arancione che grida “colpevole”, “omicida”.
Almeno finchè, da sopra la spalla di mio padre, un paio di occhi azzurri non incontrano i miei.
E il mondo mi crolla addosso, e crollano anche le sue braccia, e la linea delle sue labbra forma una “o” e qualsiasi muscolo del mio corpo sembra aver smesso di rispondere ai comandi.
Lukey.
O meglio, Luke Hemmings l’omicida.
«Diana» sussurra quando si allontana da mio padre. Fa un passo nella mia direzione ed io ne faccio uno indietro. Il mondo intorno a me è completamente ovattato, non riesco a credere a ciò che ho davanti. Non riesco a guardare Luke. A pensare che tutto l’odio che provavo nei suoi confronti ora è davvero giustificato.
A capacitarmi che potrebbe aver ucciso i suoi genitori, i miei parenti non di sangue, quelli che ci avevano già progettato il matrimonio. No. No. No.
«No» mi impongo alzando una mano verso di lui quando prova a muovere un altro passo. Un agente si avvicina a lui, ma papà lo ferma.
«Me ne occupo io, non preoccupatevi» dice rivolto ai poliziotti, poi si gira verso il capo della centrale e si scambiano un cenno di assenso quando questo pronuncia «libertà vigilata fino alla prossima udienza, poi si vedrà»
«Diana, Luke, ora andiamo a casa nostra»
Cosa?



Mo' Writing
Salve ragazze!
Sono tornata :)
Rendiamo grazie all'esistenza di Fox Crime per avermi ispirato questa storia e al bellissimo Luke Hemmings per essere la persona perfeta su cui scrivere.
Ho davvero un minuto per scrivere questo spazio, quindi dirò soltanto che la trama di questa storia, essendo uno pseudo giallo/thriller, sarà leggermente più complicata delle altre e dovete darmi un po' più di tempo perchè per ogni capitolo ho bisogno di studiarmi un po' di diritto penale ahaah
Ad ogni modo, ecco Luke. Ha ucciso o no i suoi genitori? E Diana, come reagirà a questa situazione?
Vi aspetto nelle recensioni, e grazie mille a tutte le ragazze che hanno recensito gli scorsi capitoli, o alle ragazze che mi seguono da Double Trouble.
A proposito, mi auto pubblicizzo lasciandovi il link della mia precedente FF (ancora in corso) (cliccate sull'immagine)


e spero di sentire presto i vostri pareri su Devil's Lawyer.
Un bacione a tutte, Mo'

 
   
 
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