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Autore: darknessinourhearts    14/07/2014    0 recensioni
'Si possono chiudere gli occhi davanti a ciò che non si vuole vedere, ma non si può chiudere il cuore davanti a ciò che non si vuole sentire.'
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Quella mattina c'era qualcosa di diverso, già da appena sveglio sentivo che qualcosa non andava.
Mi aspettavo di sentire le urla provenienti dal piano di sotto seguite dal rumore assordante dei piatti rotti, aspettavo che le ante fossero sbattuto con forza così come le porte, aspettavo di sentire il tintinnio della cinghia di mio padre che strusciava sulla moquette delle scale. Ma niente di tutto questo stava accedendo, sentivo solo mormorare piano, come per non farsi sentire. Forse sarei dovuto essere contento, per una volta parlavano come persone civili ma in quel momento avevo solo una paura folle.
In un secondo momento, appena decisi di scendere le scale e andare a vedere cosa stesse accadendo, riconobbi il suono di due altre voci e lì rimasi paralizzato. Era la volta buona che erano venuti a prendermi.
Cercai di tornare indietro su i miei passi ma per il terrore sbattei contro un vaso che era lì all'angolo. Subito si azzittirono tutti e qualcuno mi venne incontro tendendomi la mano, mi coprii il volto istintivamente ma non accadde nulla. Lo trovai molto strano, avevo rotto un vaso e mio pradre non mi aveva detto nulla? Ovvio, stava cercando di fare bella figura e di non peggiorare la situazione.
Il sorriso stampato sul volto di quei due uomini quasi mi fece vomitare, erano completamente in nero quasi dovessero andare ad un funerale e finchè non mi sedetti non aprirono bocca.
Mio padre aveva preparato una sedia accanto a lui ma io mi andai a mettere accanto a mia madre e per loro questo fu solo un'ulteriore conferma, un ulteriore motivo per fare quello che avevano deciso da tempo, ormai.
"Ciao, Lochan"
Rimasi ad osservarli, incerto su quello che dovevo fare. Questa volta non mi avevano preparato, non mi avevano creato un copione da seguire alla lettera, questa volta dovevo cavarmela da solo, in qualche modo. Mi sentivo in agitazione, sotto pressione e non riuscivo a smettere di ciondolare le gambe sotto al tavolo. Mi torturavo le mani e non riuscivo a spiccicare parola.
Dopo poco iniziarono con una serie di domande, le solite, quelle che mi avevano fatto oltre tre volte in un anno. Lì per lì non capivo il senso di tutta quella fantomina, se dovevano portarmi via perchè tirarla così alle lunghe?
La prima domanda era semplice, me la avevano fatta imparare a forza la risposta.
"Bene, è la mia famiglia."
Risposi di getto, mentre quello più giovane dei due annotava ogni mia mossa, anche quando non facevo nulla evidentemente per lui era interessante.
 Non osavo guardare i miei genitori, mi avevano insegnato che durante queste cose mai avrei dovuto dare l'impressione che qualcosa non andava o che loro dovevano dare una mano a me per rispondere. Allora a volte guardavo il muro, la penna,  i miei piedi scalzi e speravo con tutto il cuore che Cristian venisse.
Questa storia delle domande sceme andò avanti per più di venti minuti fin quando si fecero più serie e difficili. Lì tentennavo, ci mettevo di più perchè non me le avevano mai fatte, erano diverse e questo mi preoccupava.
"So che hai avuto qualche problema a scuola di recente. Ce ne vuoi parlare?"
Il ragazzo continuava a scrivere e mi metteva in ansia. Poi, che razza di domande erano? Lo sapevano bene cosa era accaduto, era inutile chiedermelo solo per mettermi alla prova. RIsposi no con la testa e lui sorrise, mi incitò e fui costretto a parlare.
Avevo picchiato un ragazzo perchè mi prendeva in giro, mio padre non ne sapeva nulla, solo perchè avevano chiamato mia madre e lei li avevi pregati in ginocchio di non dire nulla a suo marito e che se ne sarebbe occupata lei. Ricevetti solo un abbraccio, un bacio sulla nuca e un 'non farlo più, non si risolvono così i problemi.'
Il comportamento della donna forse, però, deve aver insospettito la preside che si era data da fare.
"E quei segni sulle braccia e sul collo, Lochan?"
"Quel ragazzo era forte."
Mentii, ma non fu abbastanza perchè lui fece quasi un sorrisetto compiaciuto e mi indicò guardando fisso mio padre, che nel frattempo non aveva aperto bocca. Ma io conoscevo il suo sguardo, era furioso, neanche minimamente in colpa. E perchè mai doveva esserlo, per lui era cosa normale tutto quello che faceva. Era normale svegliarmi nel pieno della notte e picchiarmi perchè a lavoro avevano promosso il suo collega al posto di lui, mi piacchiava quando litiga con mia madre e quando aveva appena finito con lei. Non so cosa provasse, non so cosa gli prendesse, perchè provasse tutto quell'odio. Noi, come lui, eravamo incastrati in una vita che non volevamo, ma io allora non lo capivo.
"L'hai educato proprio bene tuo figlio, John."
MI resi conto di quanto mia madre stesse singhiozzando solo quando ill ragazzo smise di scrivere e si alzò ritornando con un bicchiere di acqua tra le mani. Mi ero così isolato in quei momenti che non me ne ero accorto, e mi sentii terribilemtne in colpa. Come ogni giorno, quando mia madre girava per casa zoppicando, piena di lividi e graffi, quando anche se non si reggeva quasi in piedi mi difendeva inutilemente da quell'uomo che si spacciava per mio padre. Sognavo ogni momento di diventare il doppio di lui e potermi prendere la rivincita, ma era un pensiero cattivo, mia madre me lo ripeteva sempre, mi diceva anche che io non ero come lui, dovevo essere felice e che sarei diventata una gran bella persona. Solo quella mattina capii che era come se mi stesse preparando.
Lottavo contro me stesso per non piangere, dondolavo con sempre più violenza le gambe e mi tiravo pugni sulle cosce. Piangere era da perdenti, da mollaccioni, da chi non sa affrontare le situazioni, da chi è troppo debole per stare su questo mondo. E mio padre me lo ripeteva così tante volte mentre si accaniva contro di me che ormai gli davo ragione.
"Per me questo può anche bastare. Vai a preaprare le tue cose, Lochan." Disse prima di alzarsi.
Ora non potevo andarmene, cosa ne sarebbe stato di mia madre? Non potevo lasciarla sola, la avrebbe ammazzata di botte, se la sarebbe presa con lei e avevo anche il sospetto che quella sarebbe stata l'ultima volta. La guardai terrorizzato e lei mi spostò delle ciocche dalla fronte.
"No!"
Urlai e lì presi a piangere, a prendere a pugni e calci ogni cosa. In quel momento mi sentii così potente e libero che quasi non riuscivo a crederci. Dissi ogni cosa che mi pesava dentro da anni, che non avevo mai avuto l'occasione di urlare. Era straziante stare giorno dopo giorno zitto e incassare, me ne resi conto solo in quell'istante. Lasciarono che mi sfogassi per un tempo che secondo loro fu abbastanza e mi portarono sopra.
Buttai nel borsone, che mi avevano preparato in precedenza, qualcosa. Dei vestiti, dei giochi, dei libri, non sapevo bene cosa prendere ma cercai di fare una selezione. Sarei stato via qualche tempo o per sempre? Glielo chiesi e lui mi rispose: 'per un tempo indeterminato'  più professionalmente possibile. Mi sentii morire, io non volevo andare da nessuna parte, pur di rimanere qui avrei contnuato a sopportare le sue torture, avrei sopportato ogni cosa pur di non lasciarla sola.
Quando mi riportarono giù la situazione mi sorprese, ci saranno stati tre polizziotti in divisa che parlavano con mia madre e altri tre che tenevano fermo mio padre contro il muro, lo ammanettarono e lo portarono via. Stessa cosa per lei, che prima di andare mi lasciò un bacio sulla fronte e mi strinse forte.
Ero rimasto solo, in una casa che ormai non era più mia, con un corpo pieno di ferite e una mente completamente vuota.
"Le cose andranno meglio, vedrai."
Mi disse posandomi una mano sulla spalla.
Come poteva andare meglio? Come poteva solo dire una cosa del genere. Nulla sarebbe stato lo stesso e questo da una parte mi confortava ma dall'altra mi distruggeva. Tutti a tredici anni hanno bisogno di qualcuno che ti guidi, qualcuni che ti dica questo no, quest altro nemmeno. Una figura che ti faccia capire come vanno davvero le cose, qualcuno che nei momenti di sconforto ti aiuti. E la famiglia è tutto questo, è un punto di riferimento che non può mancare, ma che ora per me non esisteva più.


Salve a tutti :)
Ho scritto questa ff tempo fa e solo ora mi sono decisa a pubblicarla aha.
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate di questa prima presentazione, al più presto metterò anche il primo capitolo.
Recensite, recensite e recensite.
Alla prossima!
   
 
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