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Autore: Cicer93    14/07/2014    2 recensioni
Baelfire odia la magia eppure si trova costretto a imparare a usarla, a Hogwarts, lontano da casa e da Rumple, sempre più drogato di potere. Senza il padre, sarà più o meno solo? E questa Hogwarts è davvero sicura come sembra? Non si sarà mica coltivata una serpe in seno?
[...]«Qual è il prezzo?»
«Di una boccetta di essenza di Dittamo?»
«Di questa magia.»
«Anni di studio e ricerca, qualche ora di lavoro… Come il nostro dolce.» Tosca scosse le spalle, prima di riporre la boccetta nella saccoccia e tornare al loro lavoro.
«Non è la stessa cosa.»
«Ne sei sicuro?»
[...]
*Partecipa al contest "Un anno speciale a Hogwarts" di Dragone 97 sul forum*
I turno (Cap. 1&2) - Vincitore del premio "Tu sei una strega!"
Personaggi di HP: Tosca Tassorosso, Godric Grifondoro, Cosetta Corvonero, Salazar Serpeverde
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baelfire, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Trilli
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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NdA: Mi prendo uno spazio all'inizio, per fare alcune considerazioni che ritengo doverose. Anzitutto, questa donna è fessa perché, credendo di aver terrorizzato il povero organizzatore del contest con due capitoli troppo lunghi al precedente turno, quando questi ha messo il limite di 4500 parole a capitolo lei ha letto e inteso a turno. Lo so, urlate un bell'idiota corale alla sottoscritta. Quindi, questo turno - tra l'altro doppio perché prevede sia "l'incontro con gli amici" sia "la seduzione del male" - l'ho condensato tantissimo per tentare di stare in 4500 parole. Secondo me di questa condensazione la storia ne ha pesantemente risentito, anche perché interi passaggi li ho completamente stravolti dalla idea originaria tutto perché non ho chiesto delucidazioni. Me tapina. -.- La seconda cosa importante che volevo dirvi è che qui compariranno due personaggi molto diversi dalla loro versione OUAT; o meglio, nella serie noi li conosciamo già adulti e già con alle spalle degli episodi che li hanno profondamente segnati. Questa storia chiaramente è ambientata prima di questi fatti, quindi ho cercato di dar loro quell'innocenza e freschezza tipica degli adolescenti, insieme a quei tratti appena accennati nei flashback.

Infine, volevo ringraziare Anonima_14 per aver inserito la mia storia tra le preferite e Angie_V, EnMilly e Giuly Weasley per aver inserito la mia storia tra le seguite.

Buona lettura!




Erano trascorse più di due settimane dall’inizio della scuola, eppure  l’estate rimaneva gelosamente al suo posto scaldando i terreni di Hogwarts e inondando di luce i corridoi della scuola, almeno i più esterni. Baelfire si passò una mano sul volto – già accaldato nonostante fosse mattina presto – incapace di condividere il buon umore dei suoi compagni, che stavano usando il sole come scusa per oziare anche quel sabato mattina. Guardò attorno quella luce calda che gli sembrava così estranea, sentendosi piuttosto molto più vicino quel castello che il bel tempo aveva svuotato e che amplificava il rumore dei suoi passi rafforzando l’idea di essere rimasto solo. Il quattordicenne rallentò il passo e fece un respiro profondo, che tuttavia non riuscì a scacciare il peso che gli opprimeva il petto: non era ansia, né rabbia, neppure delusione. Aveva sentito di soldati che perso un arto in battaglia continuavano a sentire il dolore alla mano, al braccio, alla gamba persa. A suo tempo si era chiesto come fosse possibile, poi circa un mese prima l’aveva scoperto: il dolore di qualcosa che non c’è più, di un pezzo del suo cuore che gli era stato portato via… che la magia gli aveva portato via! Serrò il pugno e  lo fermò a mezz’aria, un attimo prima di colpire uno dei nuovi quadri vivi del castello (una magia della dama di Tassorosso), che lo rimproverò indignato. Si scusò, inchinandosi, con il cavaliere importunato; ma rialzandosi notò un movimento con la coda dell’occhio. Si voltò di scatto e si trovò a fissare una piccola tela – insignificante e poco pregiata se messa a confronto con le altre – che raffigurava il ciclo della vita, ponendolo accanto al ciclo delle stagioni1: si vedeva il piccolo essere umano nascere e crescere accudito dai genitori, coccolato dalla mamma ed educato dal papà. Sentì un forte dolore alla mascella, aveva di nuovo serrato i denti: aveva smesso di piangere e cominciato a distruggere i suoi denti, soprattutto nel sonno. Riprese il suo viaggio verso l’infermeria e venne assalito dal ricordo della prima volta che vi si era recato, in una giornata molto diversa da quella odierna.

Dieci giorni. Dieci giorni era durato il suo segreto, la sua pace. Per dieci giorni, nell’incapacità di comunicare con chiunque non parlasse la tua lingua, la sua origine e le sue parentele erano rimaste silenti, come un fiera che aspetta pazientemente il momento in cui la sua preda abbassa la guardia, per poterla colpire laddove è più fragile. Per dieci giorni Baelfire aveva atteso terrorizzato il momento in cui sarebbe stato smascherato: Wilhelm gli aveva detto di averlo immediatamente riconosciuto essendosi incrociati al mercato, l’uno figlio di una numerosissima famiglia di pel di carota con la faccia da donnola, l’altro prole di uno dei maghi oscuri più temuti del mondo conosciuto. Il ragazzo aveva atteso però dieci giorni (attendeva l’occasione giusta o semplicemente non sapeva come dirlo nell’unica lingua capace di unirli tutti?) prima di svelare che “non era il caso di stare con lui, perché se si fosse fatto male loro avrebbero perso un orecchio, come era forse già successo”. Chiaramente i ragazzi di fronte alle parole del Grifondoro si erano fatti raccontare tutto sul padre assassino di Baelfire; così era iniziato l’inferno di Baelfire: prese in giro, battute, gente che fingeva di fuggire terrorizzata quando lui passava o aveva paura di guardarlo negli occhi… compresi i suoi compagni di casata. Aveva resistito, fatto finta di niente, provato a ribattere per due settimane; poi quella sera, dopo cena, l’ennesima battuta – né più velenosa o sciocca di altre – era stata la tipica goccia che aveva fatto traboccare il vaso di pazienza e vergogna del ragazzo che aveva buttato il maledetto legnetto nell’atrio della scuola, spaventato dai suoi stessi pensieri, ed era corso fuori. Era stato accolto dalla luce calda del tramonto, ma invece di goderselo aveva continuato la sua corsa lontano da quel mondo che invece di accoglierlo lo rigettava proprio per ciò che da esso era nato. Non si era fermato, finché non era inciampato in una radice, con il risultato di un incontro ravvicinato con il sottobosco.
“Sottobosco?”
Si era rialzato trovandosi a fissare gli immensi alberi della Foresta Proibita.
“Fantastico. Ora mi metterò nei guai per colpa di quei cani.”
Aveva sentito un leggero rimorso per i pensieri duri contro i compagni di studi, ma la rabbia e l’adrenalina che l’avevano condotto fin lì continuavano a superare il senso di colpa. Era stato in quel momento che si era accorto di due cose: primo, era inciampato all’ingresso di un piccolo spiazzo che permetteva di scorgere un bel fazzoletto di cielo; secondo, non era solo. Aveva spalancato gli occhi incontrando quelli celesti ed altrettando sorpresi di un suo coetaneo. Il ragazzino paffuto, aveva ricordato, apparteneva a Grifondoro, ma in quasi un mese non si erano mai parlati, se non forse qualche passaggio di materiali durante Naturologia. Non ricordava che l’avesse mai preso in giro, ma d’altro canto, quanti l’avevano fatto alle sue spalle?
«Che fai qui?» lo aveva apostrofato il ragazzo.
«Eh… uhm…» aveva balbettato intelligentemente, nel vano tentativo di ricordarsi il nome del suo interlocutore.
«Non sei il figlio del mago Oscuro?»
Baelfire si era incupito e, sentendo la rabbia – che per un attimo aveva lasciato il posto alla sorpresa – tornare, si era rialzato e voltato pronto ad andarsene.
«Dove vai?» gli aveva chiesto il Grifondoro: «Così darai problemi a entrambi…»
«Non se ne accorgeranno.» aveva borbottato: «Non gli dirò che sei qui, tranquillo.»
«Ora sei qua. Resta,» Baelfire si era voltato colpito, incontrando un sorriso sbarazzino illuminato dalla luna che, ora che il sole era del tutto sparito, era l’unica protezione contro il buio totale della foresta: «Se ci troveranno saremo in due!»
Gli era sfuggita una mezza risata, ma aveva raggiunto il ragazzo e gli si era seduto accanto, mormorando: «Siamo fuori dai dormitori dopo il coprifuoco, e anche nella Foresta Proibita.»
«Nel parco ci vedrebbero subito.» aveva replicato il ragazzino: «E poi ci sono cose che si possono vedere solo di notte.»
«Cosa?» aveva chiesto Baelfire, strizzando gli occhi, nel tentativo di vedere qualcosa oltre il nero e le ombre degli alberi.
Aveva sentito uno sbuffo sconsolato al suo fianco, poi una mano si era posata sulla sua spalla e l’aveva spinto giù. Allora aveva visto, oltre le ombre degli alberi, uno stralcio di cielo notturno puntinato di stelle, che sembravano aumentare a ogni minuto di osservazione.
«Vedi quando la luce è troppo forte, loro si nascondono, ma chi ha la pazienza di aspettare la sera può…»  si era interrotto corrucciato: «trovare suggerimento» aveva concluso, beccandosi un’occhiata scettica, cui aveva risposto con uno sguardo divertito: «Non hai ascoltato il professore Altair?»
Baelfire l’aveva guardato interrogativo e il ragazzo di cui continuava a non ricordare il nome aveva risposto scuotendo il capo: «Se sai guardare le stelle non ti perderai mai.»
«Che significa?»
«Sto cercando di capirlo… Forse che ti consigliano come ti dicevo prima…»
Baelfire inarcò le sopracciglia riportando lo sguardo sul cielo: «Quindi è per questo che sei qui?»
«Ma no!» aveva esclamato l’altro scandalizzato: «A me piacciono le stelle… Ora ho solo aggiunto qualcosa.»
«Quindi vieni spesso qui… mmm…» gli era sfuggita una risata imbarazzata: «Scusami non ricordo il tuo nome.» aveva ammesso passandosi una mano nella zazzera castana.
«Killian,» aveva risposto l’altro porgendogli la mano, senza tuttavia distogliere lo sguardo dal cielo: «mentre tu sei Baelfire giusto?»
«Sì, scusami tanto.»
«Non preoccuparti, non sono famoso come te.»
«Preferirei non esserlo.»
«Non ho dubbi! Lo capisco benissimo.»
Baelfire l’aveva guardato scettico: quello che proprio non aveva sentito nelle ultime due settimane era comprensione. Il ragazzo, però, non aveva perso il suo sorriso, né smesso di guardare le sue amate stelle, replicando: «Potete mago oscuro batte traditore e quasi assassino del re ma neanche il mio era un padre… mmm… esemplare.»
Killian si era girato e gli era sfuggita una mezza risata: «Non fare quella faccia! Non sono messo peggio di te.»
Balefire si era affrettato a riportare la mandibola al suo posto borbottando: «Grazie per avermelo ricordato.»
«Mi dispiace, ma almeno con te un po’ mi consolo. Mia madre dice che tutti gli uomini sono così… si rovinano diventando vecchi, dice, ed è per questo che la sua… il suo compito è salvare me e i mio fratello e farci diventare dei cavalieri veri.»
Nel parlare Killian si era illuminato, mentre Baelfire si era rattristato ulteriormente.
«Sei davvero fortunato con tua mamma.»
«E tua mamma com’è?»
Baelfire aveva alzato le spalle: «Non lo so. È andata via quando ero piccolo.»
Killian aveva schioccato la lingua, lasciandosi sfuggire: «Certo che sei proprio sfortunato!» appena pronunciate queste parole però si era messo una mano sulla bocca sorpreso: «Scusami scusami scusami… Non è stato affatto cortese…» gli aveva stretto la mano mentre con l’altra aveva indicato il cielo: «Vedi quella stella? Il professore l’altro giorno mi ha detto che quella stella non si sposta mai e indica sempre il nord!» lo aveva guardato eccitato: «Quest’anno verificherò se è vero!»
«Sicuramente signor Killian, ma lo farà solamente durante le ore preposte all’osservazione del cielo durante le lezioni di Astronomia.» era intervenuta una voce fredda e severa.
I ragazzini si erano sollevati con gli occhi spalancati, trovandosi a fissare Lady Cosetta Corvonero, che li guardava senza l’ombra di un sorriso: «Fuori di notte e nella Foresta Proibita, a meno di un mese dall’inizio della scuola. Bel modo per ripagare chi vi ha condotto fin qui.»
La strega aveva condotto i due giovani maghi nei propri dormitori, convocandoli il giorno dopo nel suo ufficio alla fine delle lezioni per la loro punizione. Vi si erano recati insieme cercando di farsi coraggio a vicenda (in realtà era stato soprattutto Killian, quella prima volta, a tranquillizzare Baelfire) e lei aveva condotto il Grifondoro dal marito, Ulisse il bibliotecario, mentre aveva accompagnato Baelfire, in infermeria.

Quella (prima) punizione aveva segnato entrambi: Killian di tanto in tanto andava volentieri ad aiutare Ulisse a sistemare e copiare carte geografiche e racconti di viaggio (continuava a dire che avrebbe girato il mondo intero); mentre Baelfire… beh talvolta la guaritrice gli doveva ricordare che era il caso che studiasse un po’ e si staccasse da piante ed erbe.
Varcò la soglia dell'infermeria e fu quasi accecato da quella stanza, una delle più luminose del castello. La responsabile era in quel momento seduta schiena china accanto un letto vuoto. I capelli dorati erano stretti in due trecce che le circondavano il capo, facendole da corona e restando lontani dal viso; la veste azzurra, non particolarmente pregiata, richiamava il colore degli occhi, che Baelfire in quel momento non riusciva a vedere.
«Buongiorno, Signorina Artemis!» si annunciò cercando di tirar fuori il suo tono più allegro.
La giovane donna si riscosse e gli gettò una rapida occhiata, come sempre troppo veloce perché lui potesse ricambiare. Immediatamente lo raggiunse:
«Buongiorno a te, Baelfire! Che ti succede?»
Il quattordicenne aveva smesso di stupirsi dell'empatia della guaritrice, lasciò perdere il tono allegro – sconfitto una volta di più nel suo tentativo di menzogna – e chinò il capo dandole la risposta che probabilmente ella aveva già intuito: «Sono ufficialmente da solo...»
La mano delicatissima della donna si posò sulla sua spalla: «Gliel’hai chiesto?»
Baelfire annuì: «Ha scelto il pugnale.»
Gli sfuggì un singhiozzo, prima che potesse trattenerlo,  aspirò l’aria con un sibilo e sentì che qualcosa stava di nuovo spezzandosi dentro di lui. La vista di fece appannata, strinse i pugni, si morse le labbra; sentì un rivolo umido percorrere la sua guancia. Nel suo campo visivo appannato un’ombra, una lacrima, si staccò sopra la sua bocca, tuffandosi silenziosamente sul pavimento di quel luogo troppo luminoso. Chiuse gli occhi e tutte le lacrime che vi si erano accumulate gli rigarono le guance, copiosamente. Sentì le guance scaldarsi. Perché non riusciva a smettere di piangere? Perché si comportava così da ragazzina? Cercò di voltarsi, di allontanarsi da Artemis che lo stava vedendo in quelle condizioni. La donna, però, serrò la presa sulla sua spalla:
«Anche Killian piangerebbe se sua madre lo abbandonasse.»
«Non davanti a una donna.»
«Magari davanti a Ulisse sì… Mi dispiace non essere un uomo.»
Decise che alla vergogna e all’imbarazzo ci avrebbe pensato dopo e quando la donna si avvicinò per abbracciarlo, sentì i suoi muscoli sciogliersi e la tensione abbandonarlo. Ricambiò l’abbraccio e, mentre le sue lacrime bagnavano la spalla della giovane guaritrice, desiderò, con un pizzico di vergogna, che in quel momento ci fosse un’altra donna ad abbracciarlo, desiderò non aver completamente perso la sua famiglia.
 
Sciacquandosi Baelfire pensò che l’acqua fresca sul viso fosse una delle sensazioni più belle del mondo. L’aveva fatta apparire Artemis in un catino, poi parte l’aveva presa per fare la tisana che ora stava versando in due tazze. La guaritrice non guarda mai nessuno negli occhi, se non in eccezionale occasioni, il che le aveva fatto dubitare seriamente delle sue capacità la prima volta che si erano visti: non è forse fondamentale il contatto umano quando si fa la guaritrice? Baelfire, però, si era presto ricreduto osservando come riuscisse a empatizzare con i suoi piccoli pazienti mediante il movimento, il tono della voce, i gesti: Artemis quando si rapportava con loro aveva cura dei più piccoli gesti, indipendentemente dalla ragione (reale o meno, seria o meno) per cui si erano recati da lei. In quel momento, però, non si era accorta che il suo piccolo paziente, e in genere aiutante, la stava guardando e aveva abbandonato il limpido sorriso (simile ai suoi occhi per quel che ricordava dalle poche volte che glieli aveva mostrati), lasciando emergere la stessa espressione malinconica e abbattuta che aveva intravisto quando era entrato.
«Signorina Artemis, ma voi… state bene?» chiese esitante.
L’espressione malinconica scomparve con una tale rapidità, da fargli credere di essersela immaginata.
«Certo, Bae!» esclamò prevedibilmente con voce cristallina, porgendogli la sua tazza di tisana. Quel giorno, però, la finzione doveva riuscirle meno bene, perché Baelfire osservò chiaramente il sorriso tremare.
«Perché siete tanto turbata? È successo qualcosa?» osservò la tazza corrucciato: «Vi ho forse fatto tornare brutti ricordi? È colpa mia se siete tanto turbata?»
«Oh Bae!» esclamò Artemis con voce carica d’affetto e invitandolo a sedersi al tavolo: «Tu non hai fatto niente… Mi dispiace perché so cosa stai passando.»
Baelfire non ne fu sorpreso: una volta gli aveva raccontato di come lei era stata abbandonata da una persona cui teneva molto, che aveva preferito i suoi interessi a lei. Quella mattina, però, si rese conto di volerne sapere di più. Lanciò un’occhiata ad Artemis e vide che era nuovamente emersa quell’espressione malinconica. Fu istintivo, forse crudele e inappropriato, ma lui voleva saperne di più e l’istinto gli diceva che quello era il giorno buono per scoprirlo.
«Artemis, posso sapere perché siete stata abbandonata? Che vi è successo?» si passò una mano tra i capelli, tentando di vincere l’imbarazzo per la sua impudenza: «Io… non voglio impicciarmi… Non voglio farmi gli affari suoi! Ma… forse mi aiuterebbe a capire.»
La donna allungò la mano e scompigliandogli i capelli: «Quando io sono nata non esisteva alcuna scuola di maghi e i miei genitori non lo sono.» fece un sospiro: «Quando i miei poteri emersero, prima lo fecero timidamente, poi però esplosero prepotenti, spaventando i miei genitori e chi mi stava attorno.» s’interruppe guardandolo interrogativa: «Perché fai quell’espressione?»
«Uh… niente! Niente!» rispose Baelfire stropicciandosi gli occhi con la mano libera come se questo potesse eliminare la sua espressione sorpresa.
«Dai, dimmi!» lo incalzò la donna divertita.
«È che fatico a immaginarmi qualcosa di prepotente in lei…» borbottò prima di nascondersi dietro un sorso di tisana. “Menta… Liquirizia…”
«Oh ero molto prepotente, allora…» disse la donna sollevando lo sguardo e mostrandogli gli occhi turchesi: «È stato il tempo a calmarmi.»
Continuava però a non guardarlo, fissavano un punto imprecisato tra il tavolo dove erano seduti loro e l’entrata dell’infermeria. Prese un sorso di tisana e schioccando la lingua riprese:
«Come ti dicevo, i miei poteri spaventarono non solo i miei genitori, ma buona parte dei nostri conoscenti al villaggio. Fortunatamente, però, vicino a noi c’era un giovane mago, molto bravo, punto di riferimento per tutte le nostre terre,  come lo erano stati i suoi genitori prima di lui. I miei genitori, allora, mi accompagnarono da lui nella speranza che potesse aiutarmi a controllare i miei poteri.» Sulle sue labbra nacque un sorriso affettuoso: «Ricordo che la prima volta che lo incontrai ero come te: terrorizzata da ciò che facevo, da come le mie emozioni si manifestassero non solo con gioia, tristezza come tutti, ma attraverso esplosioni, voli, sparizioni… Credevo fosse una maledizione.»
«È una maledizione.» ribatté il Baelfire, guadagnandosi un’occhiata accondiscendente.
«Il mago mi accolse come sua allieva, quindi, pur continuando a vivere dai miei genitori, cominciai a trascorrere le mie giornate da lui, imparando a padroneggiare e a vedere la bellezza del dono che mi ero stato fatto.» Lo guardò con aria saputa, ma quando ricominciò il suo sguardo si fece malinconico: «Nonostante i miei progressi, però, al villaggio continuavano a considerarmi un mostro, salvo la mia famiglia ovviamente. Ma io…» Baelfire osservò con stupore la vergogna e il dolore comparire sul volto di una delle donne più allegre avesse mai conosciuto: «Io non ce la facevo a sopportare tutta quella pressione… gli sguardi.» Artemis scosse il capo, recuperando l’espressione sorridente e continuò: «Così appena ho potuto mi sono definitivamente trasferita dal mio mentore e ho cominciato ad affiancarlo: lo chiamavano spesso da tutta la regione, per farsi difendere, curare, liberare da questa o quella bestia magica… Tutti, pure quelli che ci disprezzano.» Di colpo la donna riabbassò lo sguardo, la voce indurita: «Tutti sono pronti a disprezzarti, temerti, chiamarti mostro, poi però… appena c’è un problema che non sanno risolvere, ti chiamano affermando che sicuramente è un problema magico, incapaci di ammettere che forse loro semplicemente non sono in grado di risolverlo… magico o meno.»
Baelfire sentì un sapore acidulo in bocca, improvvisamente a disagio.
«Comunque… Sai come vanno le cose…» esclamò la donna alzando lo sguardo e ammiccandogli: «Con il passare del tempo, cominciammo a guardarci diversamente, guardare al futuro diversamente…» fece un sospiro, lo sguardo perso romanticamente nel vuoto: «Cominciammo a guardare al futuro insieme.»
Baelfire osservò la guaritrice, rimasta romanticamente incantata verso una delle finestre, lasciandole il tempo di proseguire da sola; ma visto che sembrava proprio essersi persa in qualche romantico ricordo, si schiarì la voce e la incalzò:
«E poi perché l’ha abbandonata?»
La guaritrice emergendo dai suoi pensieri, si rabbuiò di colpo e riabbassò lo sguardo:
«Un giorno partì, lasciandomi a casa, dicendo che doveva fare una cosa importante e che io dovevo restare a casa perché le nostre terre avevano bisogno di me. Stette via un mese…» Artemis sospirò: «Avrei dovuto seguirlo… Quando tornò… Era un’altra persona… Diceva che doveva partire, che c’era un nuovo progetto “Fantastico! Geniale!” cui doveva assolutamente prendere parte e che io dovevo garantire la presenza di una maga eccezionale alle nostre terre. Gli esposi i miei dubbi circa tutto ciò, soprattutto relativamente alla nostra famiglia, quella che dovevamo costruire insieme…» Artemis rialzò lo sguardo, ma non sembravano suoi quegli occhi dolenti e rabbiosi, né sembrava sua la voce che ringhiò: «Se ne era dimenticato!» La donna singhiozzò coprendosi il volto con le mani: «È stato maledetto! Gli hanno fatto dimenticare le promesse, le dichiarazioni… tutto! Non prese neanche in considerazione l’ipotesi che il progetto e il nostro matrimonio potessero coesistere.» Prese un respiro profondo e si stropicciò gli occhi, mostrando il viso rigato di lacrime: «Fu allora che compresi che era stato maledetto, perché altrimenti non mi avrebbe mai abbandonato. Mi ha lasciato sola, completamente sola…»
La donna, ormai incapace di trattenersi, scoppiò in singhiozzi e Baelfire si trovò nella spiacevole situazione di non sapere come comportarsi, se lasciarla piangere e andare a consolarla eliminando la distanza tra loro due. Alla fine prese un bel respiro e pensando a come lei si era comportata un attimo prima nei suoi confronti, si alzò ed eliminò la distanza tra loro, appoggiandole impacciato le mani sulle spalle.
«Scu… scusami… non dovevo esplodere così con te, ma il rientro è sempre più difficile…»
«Non preoccupatevi signorina.» rispose cercando di essere sincero, quanto meno con se stesso: «Sicuramente possiamo trovare una soluzione… chi ha maledetto il suo amato? Non possiamo convincerlo a sciogliere la maledizione?»
«Ci ho provato, ma negano! Negano di fronte all’evidenza stessa!»
Pur comprendendo quanto fosse grande il dramma della giovane e, che forse lui non poteva fare nulla per aiutarla, non riusciva a fare a meno di sentirsi responsabile e mormorando tra sé quanto la magia portasse più danni che benefici si chinò appena sulla dama e tirando fuori il suo miglior tono incoraggiante le disse:
«Se c’è una maledizione, può essere spezzata…»
«Mah…» mormorò la guaritrice continuando a tenere lo sguardo chino: «Basterebbe una pozione della memoria ben fatta e lui ricorderebbe che una cosa non esclude l’altra. Però da quando abbiamo discusso perché lui se ne andava non vuole più parlarmi, né mi vuole al suo fianco… è un miracolo che io abbia ottenuto questo lavoro.» le sfuggì un singulto: «Come lui ha protetto me, ora io sento il bisogno di proteggere lui e preferisco soffrire un po’ di più, vedendo come mi ignora quotidianamente, che non sapere come sta o che gli succede.»
«È qui?!» esclamò Baelfire, bloccato al punto di quella rivelazione… la questione era risolta!
«Signorina Artemis, ma se è qui non c’è problema! Consegnerò io per voi la pozione, vi aiuterò a fargli tornare la memoria!» esclamò entusiasta, già pregustando – lui – la felicità di Artemis una volta che fosse riuscita a tornare tra le braccia del suo amato: «Voi fatela e io troverò il modo di consegnargliela!»
Sentiva l’entusiasmo crescere all’idea che almeno uno dei due avrebbe realizzato la propria felicità. Artemis si tirò su, segnale che anche lei vedeva una via d’uscita a tutto questo.
«Farla è il minore dei problemi,» disse questa pensierosa, guardando verso l’armadietto dei medicinali: «Sir Salazar, continua a mandarmene scorte, perché qualcuno continua a maledire gli studenti più studiosi.»
Si fece sfuggire una mezza risata: «Dovremo ringraziare Killian allora se abbiamo già un campione di pozione.»
La donna si alzò e si diresse all’armadietto: «Sta bene2… Ma tu come farai a farglielo bere?»
«Troverò un modo. Solo…» fece una mezza risata imbarazzata, pensando a tutti gli uomini che vivevano al castello: «Mi deve dire chi è.»
La donna lo raggiunse, capo chino e porgendogli la boccetta mormorò: «Sir Godric Grifondoro.»


***

 
Baelfire si rigirò per l’ennesima volta la boccetta tra le mani. Doveva convincere Sir Godric a berla… impresa più facile a dirsi che a farsi visto che non era della sua casa e non era il professore con cui si sarebbe seduto a prendere un the e a scambiarsi confidenze. Fu probabilmente per questo che non si accorse di chi gli stava attorno e appena girò  l’angolo di scontrò con qualcosa che si dirigeva alla sua stessa velocità nella direzione opposta. Barcollò all’indietro e troppo impegnato a stringere con forza la boccetta piuttosto che a riprendere l’equilibrio, sarebbe caduto a terra se una mano non l’avesse saldamente afferrato per la manica.
«Ti ho trovato finalmente!» esclamò Killian: «Amico, mi stavi seriamente facendo preoccupare!»
Il ragazzo un attimo dopo si trovò stretto nell’abbraccio del suo migliore amico, che l’aveva superato di una buona spanna, cui diede qualche imbarazzata pacca sulla spalla.
«Va tutto bene, Killian…»
Killian si staccò e lo guardò scettico.
«Sono settimane che sei… come si dice?» borbottò qualcosa, che Baelfire non capì, prima d’illuminarsi: «L’ombra di te stesso… Ho avuto paura che volessi buttarti di sotto»
Baelfire inarcò le sopracciglia e Killian scosse le spalle: «L’infermeria era l’ultima spiaggia.»
«Hai passato la mattina a cercarmi?»
«E se anche fosse?»
«Hai visto che sole c’è fuori?» esclamò il Tassorosso, pensando a come l’amico approfittasse del bel tempo per tuffarsi nel suo elemento, l’acqua.
«Beh sì…» Killian, ormai visibilmente imbarazzato, scrollò di nuovo le spalle: «La prossima volta che vuoi sparire fallo quando c’è cattivo tempo, va bene? E comunque,» gli rivolse uno sguardo indagatorio: «perché se stavi lavorando con la signorina Artemis già te ne sei andato?»
“Per trovare un modo per far bere la Pozione della Memoria a sir Godric… Va bene, forse bisogna trovare un modo diverso per dirlo… o forse non è il caso di dirglielo…”
«Mmm…» mugugnò intelligentemente, mentre la curiosità negli occhi del suo amico aumentava a dismisura.
“Però è Killian… Come posso non dirglielo?”
«Mmm…»
“E poi… Forse può aiutarmi a trovare un modo per convincere Godric a bere… Soprattutto se gli dico quel piccolo particolare finale…”
«Bae…? Io non parlo il mugugnese, puoi esprimerti in latino, per cortesia?» chiese Killian, incuriosito.
Baelfire si guardò attorno sospettoso: «Non qui.»
Lo prese per il polso e lo trascinò lungo un corridoio pieno di aule non utilizzate (“Cosa ci dovremo mai fare noi che siamo neanche un centinaio con un castello così grande?”) e ne scelse una a caso, ignorando l’amico che gli ricordava che non gli era necessario trascinarlo, perché l’avrebbe seguito comunque. Lasciò il polso dell’amico ordinando: «Vieni dentro.»
«Perché? Ci sono alternative?»
Una volta dentro, si sedettero uno di fronte all’altro e Baelfire riferì tutto quello che gli era successo quella mattina. Al termine del racconto, però, Killian non aveva l’espressione commossa e sorpresa che il ragazzo si era aspettato. Il ragazzo stava fissando il vuoto, gomito appoggiato sul tavolo e mano davanti la bocca.
«Quindi tu mi stai dicendo,» esordì, portando finalmente lo sguardo su di lui: «Che Sir Godric non voleva insegnare, ma ha abbandonato la dama che voleva sposare, la nostra guaritrice Artemis, perché è stato maledetto, e da chi? Sir Salazar? Lady Cosetta? Lady Tosca che ha costruito tutto questo?» concluse Killian, sopracciglio inarcato, indicando con un ampio gesto delle braccia il castello.
Baelfire trovò incredibilmente fastidioso che una parte di sé era scettica quanto l’amico.
«Non ho detto che Godric non volesse insegnare, ma che non avrebbe avuto motivo di abbandonare Artemis per farlo.»
«Ancora meglio! La maledizione è stata fatta solo per separarli!»
Baelfire sbuffò, sentendo l’irritazione crescere: «Il tuo scetticismo inopportuno è dovuto al semplice fatto che non hai visto quella poverina com’è distrutta.» Si passò una mano tra i capelli e decise di alzarsi mentre borbottava: «Non importa troverò un modo da solo.»
Per le seconda volta nella giornata Killian lo prese per la veste: «Sta buono. Non ho detto che non voglio aiutarti, ma voglio essere sicuro che quello che facciamo sia onorevole…»
«Come potrebbe non esserlo? Stiamo coronando il sogno d’amore di due persone.»
Baelfire si lasciò ricadere sulla sedia.
«Non hai idea di cosa possano credere le donne innamorate!» sospirò l’amico alzando gli occhi al cielo.
Baelfire si ritrovò ad alzare scetticamente un sopracciglio: «Perché tu sì?»
«Mio fratello sì…» ribatté con comica serietà l’altro: «Non hai idea l’estate scorsa di quanto una dama gli si appiccicata per un mezzo complimento.» Killian rabbrividì con aria schifata: «È stato orribile… Lei era orribile…»
Baelfire scoppiò a ridere e quando si riprese trovò gli occhi svegli dell’amico nei suoi e la mano dell’altro tesa.
«Su!» ordinò: «Mostramela…»
«Perché?»
«Per verificare che sia una vera pozione della memoria.»
«Dubiti della signorina Artemis?»
Killian rispose con un’alzata di spalle e Baelfire, ignorando completamente la raccomandazione della guaritrice “Non aprirla assolutamente! Potrebbe perdere i suoi effetti!”3, estrasse dalla propria saccoccia la boccetta di Pozione della Memoria. Il vetro della boccetta, salvo laddove l’avevano toccato lui e la guaritrice, era molto impolverato e lasciava appena intravedere il colore chiaro della pozione, apparentemente cangiante. Killian appena la vide corrugò le sopracciglia, senza apparente motivo. Appena la stappò ne uscirono spirali di vapore e per la stanza si diffuse un aroma strano, un misto di odori in cui Baelfire riconobbe quello umido delle serre, quello caldo e croccante della cucina e un altro odore, più ambiguo, che non riuscì a identificare, ma gli ricordava luoghi vecchi e chiusi. Si riscosse e vide che Killian aveva un’espressione estasiata e stava mormorando a fior di labbra qualcosa d’indistinguibile. Sentendo lo sguardo dell’amico su di sé, però il ragazzo si riscosse e spolverò la superficie della boccetta. Schioccò la lingua contrariato.
«Non è una pozione della memoria.»
Qualcosa di pesante piombò nel petto di Baelfire, che mormorò scocciato: «Sei sicuro? Allora, cos’è?»
«Un filtro d’amore, ovviamente!» trillò una voce poco distante.
Dall’ombra uscì una vagamente scocciata Tinker Bell, compagna di casa di Baelfire. I ricci biondi erano come sempre intrecciati con fiori e gli occhi appena troppo distanti tra loro erano leggermente arrossati. Killian scattò in piedi:
«Hai origliato!»
«Veramente,» precisò la ragazza con aria ancora più scocciata: «Io me ne stavo per i fatti miei e voi siete piombati in quest’aula… E ora avreste pure il coraggio di lamentarvi della mia presenza? Che faccia tosta!» scosse la testa, poi con un gesto fulmineo – che le guadagnò un’occhiataccia da un sempre più infastidito Killian – prese la boccetta: «La signorina Artemis, a quanto pare, non ha intenzione svegliare proprio nessuno da nessuna maledizione. Vuole soggiogare Sir Godric.» disse fissando intensamente la pozione.
«Come sai che è un filtro d’amore?» chiese stancamente Baelfire, alzandosi anche a sua volta. Improvvisamente, sentiva le forze mancargli e neanche fece caso allo sguardo preoccupato del suo amico.
«Ricerche personali.» rispose la ragazza, gettandogli solo una rapida occhiata, prima di tornare a esaminare la pozione: «È pure fatto bene!» esclamò ammirata: «Bello vecchio.»
«Problemi a trovare il grande amore?» la provocò Killian.
Tinker Bell gli lanciò un’occhiataccia: «Volevo sapere se fosse possibile riprodurre il vero amore in boccetta, ma no… si può produrre solo un’intensa ossessione.»
«Carenze d’affetto?» incalzò Killian.
Tinker Bell richiuse la boccetta con un sorriso: «Non direi.» Si rivolse a Baelfire, porgendogli la pozione: «Hai intenzione di fargliela bere?»
Baelfire prese la boccetta e la ripose nella saccoccia, borbottando un: «Non sono affari che ti riguardano.»
«Ti pare giusto creare un’illusione d’amore?» Spalancò gli occhi emozionata e la sua voce riacquistò il tono trillante: «L’amore è un sentimento così bello, puro, potente! È la forza più potente del mondo! È il sentimento più bello di tutti! Non si può creare! È un delitto!» concluse seriamente.
Baelfire ignorò l’occhiata di approvazione che Killian aveva lanciato alla ragazza, nota a tutta la casa come “la bambina”.
«È molto carino questo pensiero sull’amore,» le disse condiscendente: «In effetti,  credo che tu mi abbia convinto…»
«Non ha tutti i torti Bae…»
L’interpellato lanciò uno sguardo ferito a quel traditore del suo migliore amico, che lo guardò con aria di scuse: «Tu non stai liberando sir Godric da una maledizione, ma lo stai imprigionando in una finzione… Quali frutti può dare un amore finto?»
«Terribili, terribili!» esclamò con aria grave Tinker Bell, sembrando ancora di più una bambina.
Baelfire sospirò appoggiandosi al muro, mentre sentiva qualcosa dentro di lui spezzarsi, senza far rumore. Gli aveva mentito anche lei. Aveva deciso di usarlo per i suoi scopi. Rabbrividì. Aveva toccato i tasti giusti. Aveva tirato fuori suo padre. Nuovamente, qualche cosa all’interno della sua gola – avrebbe gradito sapere cosa – si annodò, facendogli mancare il respiro. Si sentì sgonfiato, solo. Suo padre l’aveva abbandonato. Artemis che si era detta sua amica l’aveva usato. Non vedeva più nulla attorno a sé: era come se i suoi occhi guardassero al suo interno. Un grande pozzo, profondissimo, scuro. Chi gli impediva di tuffarcisi? Di proteggersi da tutto questo dolore? Chi gli rimaneva? Il suo spazio personale fu invaso, per la seconda volta in poco (troppo poco tempo), da Killian.
«Come farai a diventare un guerriero se mi abbracci sempre?» borbottò, poco convinto, cercando di ignorare il tiepido calore che era appena comparso in risposta a quel gesto.
Killian si staccò e s’inchinò tendendogli la bacchetta. Baelfire arrossì, ricordando come quel gesto fosse stato compiuto proprio quattro anni prima da Altair, il professore di Astronomia, in segno di fedeltà alla scuola.
«Io non ti tradirò mai, Bae.» decretò il Grifondoro con tono grave, prima di rialzarsi ammiccando: «E poi io sono già un fantastico uomo d’onore! Un vero guerriero!»
«Sì sì…» commentò Tinker Bell che li guardava bracce incrociate, occhi spalancati e una risata, a fatica trattenuta, sulle labbra: «Diventerai un vero guerriero forte, invincibile, virile… Soprattutto virile! Un vero uomo!»
«Almeno non sarò nota perché saltello per il castello, canticchiando quanto è bella la primavera!» ribatté il Grifondoro arrossendo.
«Ma è la stagione dell’amore!» esclamò la ragazzina illuminandosi: «È bellissima!»
Baelfire inarcò le sopracciglia, trattenendo una risata, ma immediatamente si rivolse di nuovo a Killian: «E ora come facciamo con la spada?»
«Perché vuoi distruggere il pugnale di tuo padre, Bae?»
I due ragazzi alzarono gli occhi al cielo sbuffando contemporaneamente. Si lanciarono un’occhiata d’intesa e raggiunsero in un attimo la ragazza. L’afferrarono da entrambi lati con un sorriso, palesemente falso.
«Ti ringraziamo per il tuo prezioso contributo…» esordì Baelfire spingendola.
«Ma ora dobbiamo proprio chiederti di lasciarci soli.» continuò Killian.
Le fecero varcare la soglia con un’ultima spinta.
«Ci vediamo a pranzo!» la salutò Baelfire mentre chiudevano violentemente la porta.
Si guardarono soddisfatti.
«Ben fatto amic...»
«BAELFIRE VUOLE SOMMINISTRARE UN FILTRO D’AMORE A SIR GODRIC GRIFOND…»
Riaprirono di scatto la porta e trascinarono dentro la coetanea, che sorrise come una bambina che si è appena finita tutta la crostata da sola.
«Dicevamo?» chiese con un sorriso.
Baelfire sbuffò sfinito.
«Ah giusto! Perché vuoi distruggere il pugnale di tuo padre?» chiese curiosa sporgendosi verso il ragazzo. Di fronte al silenzio dei due, fece un’espressione corrucciata: «Devo ricominciare a urlare?»
Baelfire guardò Killian, ma questi rispose con un’espressione che diceva: “La scelta è tua.”
Baelfire fece un respiro profondo: «Mio padre è l’Oscuro,» Tinker Bell gli lanciò un’occhiata da “questo già si sapeva”: «Pensiamo che buona parte della sua oscurità sia legata all’aver messo un pezzo della sua anima nel pugnale.» Tinker Bell spalancò gli occhi scioccata: «Ma secondo Artemis, la spada di Sir Godric può distruggere il pugnale e io così riavrei indietro mio padre.»
Tinker Bell alzò la mano: «E se distruggendo il pugnale uccidessi tuo padre?»
«Ho il suo stesso dubbio…» intervenne Killian, indicandola: «Ricordi che ha detto Tosca? Solo tuo padre può richiamare a sé la sua anima.»
«Sì, ma non sappiamo come!» Nella voce di Baelfire trapelò di nuovo la disperazione che l’aveva accompagnato negli ultimi tempi.
La mano di Killian piombò sulla sua spalla e il tono s’indurì: «Ha scelto il pugnale, il potere, invece che te. È stato lui a rinunciare a te, non il contrario.» Si rialzò e fece un grosso respiro, come se dovesse dire qualcosa di terribile: «Probabilmente, non ti ama abbastanza. Ci sono già passato. È bruttissimo. Però…» alzò leggermente la voce, che recentemente aveva assunto tonalità più gravi e profonde: «Ha scelto il potere invece di suo figlio! Nessun padre degno di questo nome avrebbe fatto questa scelta. Non merita il tuo dolore. Lui ha fatto la sua scelta e la sua scelta non sei tu. Mi dispiace, Bae… mi dispiace tantissimo… ma è così.»
Le parole di Killian alle orecchie di Baelfire suonava come verità innegabili e ovvie. Non lo fecero stare meglio, né diminuirono il suo dolore; ma sentì qualcosa scattare dentro di sé, una ritrovata energia. Sentì che Killian aveva ragione e che non doveva essere lui a cercare il padre. Suo padre l’aveva abbandonato, non era stato costretto a separarsene. Aveva scelto di lasciarlo da solo.
«Sono, quindi, definitivamente orfano?» chiese alzando finalmente lo sguardo su quello azzurro dell’altro.
Killian gli rivolse uno dei suoi sorrisi gentili, un attimo prima di ammiccargli: «Beh, siamo in due!»
«In tre.» intervenne Tinker Bell con un sorriso imbarazzato. Di fronte allo sguardo interrogativo dei ragazzi spiegò: «Beh… Neanche le mie zie hanno idea da chi sia nata.»
Baelfire sbottò a ridere, immediatamente seguito dagli altri due.
«Proprio baciati dalla fortuna!» commentò Killian tra le risate.
quando si furono calmati, Tinker Bell spalancando gli occhi tondi chiese:
«E ora che facciamo con quella?»
Baelfire estrasse la boccetta rigirandosela tra le mani, pensieroso.
«La portiamo da Lady Tosca?» propose stringendola più saldamente e guardando gli altri due interrogativo.
Tinker Bell annuì ripetutamente e Killian, dopo averli guardati un attimo, annunciò: «E Lady Tosca sia!» poi, con tono eccessivamente pomposo: «Milady! Arriviamo!»

 
 
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1
Per la verità rappresentazioni di questo genere erano tipiche del Medioevo.
2Modo obsoleto di dire va bene
3Chiaramente è una menzogna, che sfrutta l’incapacità di Baelfire in Pozioni

NdA: Artemis volutamente non è una mega cattiva con piani di controllo del mondo magico... ma questo non la renderà poi meno pericolosa... Lei è ossessionata da Godric XD

Come al solito, se lasciate una recensione e mi dite quanto fa schifo questo capitolo, io vi manderò cioccolata e prosciutti :D
  
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