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Autore: Liabele_swag1D    14/07/2014    2 recensioni
Cosa potrebbe accadere se una ragazza americana un po' ribelle, un inglese fico, una suora uscita dal film "Sister Act" e un vecchietto simile a Babbo Natale, s'incontrassero sullo stesso vagone di un treno?
*Dalla storia*
"Lei, la mia migliore amica, era l’unica a conoscenza della mia fuga. Insomma, in parole povere, stavo scappando di casa per inseguire un sogno che non aveva ancora un nome.
***
Stavo per ristendermi quando ad un certo punto, inaspettatamente, qualcuno si sedette vicino a me. Lasciò una scia di profumo di mele in tutto il vagone. Bloccai il respiro e non azzardai a muovermi di un centimetro per l’imbarazzo."
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Crazy Train



L'idea dell’autunno, il rumore della pioggia che sbatte sui finestrini di un treno, i tuoni, il dolce suono delle foglie tra gli alberi erano un qualcosa di esageratamente strano per me. Era quasi impossibile immaginare di trovare la pace nella mia vita soltanto guardando quella stagione su di un treno in corsa. Alzai il polso per vedere dal mio orologio che ore fossero. Ero in viaggio da un quarto d’ora per l’ UOC, University Of California , l’Università più famosa dell’omonima regione che mi aveva ammessa molti mesi prima inviandomi una lettera direttamente nella buca della posta di casa mia. Entrare in quella scuola per me significava ritrovarmi davanti ad un futuro che mi apriva molti orizzonti in tutti i campi del lavoro. Di preciso non avevo un obiettivo, l’unica cosa che m’interessava in quel momento era stare lontana da casa il più possibile. I miei genitori non avevano accettato sin dall’inizio la mia domanda alla UOC, dicendo che era troppo distante da casa e che probabilmente la California non era il posto adatto per una ragazza sola da poco partorita dal liceo del Tennessee. Ma io, cocciuta come un mulo, non li avevo ascoltati. Mi ero limitata ad annuire chinando la testa e tramando tra me e me il piano. Quella mattina ero uscita, silenziosamente, verso le cinque incamminandomi verso la casa della mia migliore amica, l’adorabile Sonny, colei che tutti i genitori avrebbero voluto avere come figlia. Era la classica ragazza perfetta, comportamento esemplare, ottimi voti, fisico da modella, faccia pulita e soprattutto: ricca.
Mi aspettava sotto il porticato di casa sua stingendosi nella sua grigia camicia da notte per il gelo alle prime luci dell’alba. Appena mi aveva vista era corsa ad abbracciarmi.
“Buona Fortuna” mi aveva sussurrato in un orecchio stringendomi ancora. L’avevo salutata senza versare una lacrima, al contrario di lei, anche se in cuor mio, sapevo che avrei voluto scoppiare. Lei era l’unica a conoscenza della mia fuga. Insomma, in parole povere, stavo scappando di casa per inseguire un sogno che non aveva ancora un nome. 
Mi ero limitata a lasciare ai miei genitori una lettera pogiata in bella vista sul tavolino della cunica.

"Cari Mamma e Papà,
questa mattina appenavi sveglierete non mi troverete,
come sempre, in cucina a prepararmi del caffé.
Io vi avevo avvertiti. La UOC era l'unico college in cui volessi andare.
Quando leggerete la lettera probabilmente sarò già in treno.
Se ancora non l'aveste capito, sono "scappata" da casa.
Oramai sono maggiorenne,
non potreste neanche chiamare la polizia
per denunciarne la scomparsa. Ci si vede.
Ps. La mia stanza è la 114.
"

 Avevo scritto quell'ultima frase soltanto per pena e speravo per loro che avrebbero capito che mi riferivo alla stanza del College.
Il treno era partito quella mattina stessa alle 6:45 dal Tennessee, arrivata in Colorado avrei dovuto prendere un aereo per arrivare alla meta prestabilita. Il tutto era stato organizzato mesi prima con l’aiuto di Sonny, la quale aveva insistito per prestarmi dei soldi nonostante il mio orgoglio sconfinato. Le avevo giurato che un giorno glieli avrei restituiti centesimo per centesimo. Ma ovviamente per una straricca come lei, quei soldi non erano niente.
 Mi rigirai verso il lato del finestrino per provare a riposare, poggiando le gambe infreddolite sul sedile di fronte al mio… dopotutto, a causa dell'aitazione, non avevo dormito gran parte della notte.
Stavo per prendere sonno quando il treno frenò di botto facendomi sbattere la nuca contro il poggiatesta a causa dell’attrito provocato dalla brusca frenata. Mi massaggiai il collo facendo una smorfia di dolore. Dopo pochi secondi si aprirono le porte scorrevoli del treno. Subito tolsi i piedi da quella specie di poltrona che mi ritrovavo davanti, per di evitare di fare brutte figure con i passeggeri che a breve sarebbero saliti sul vagone. Mi sporsi stringendomi nel mio cardigan beige per il freddo che era entrato dalle porte lasciate aperte. Fortunatamente si sedettero soltanto tre o quattro persone nella carrozza in cui mi trovavo, la numero cinque, tutte fornite di tablet e cellulari all’ultimo grido. Il mio telefonino a confronto sarebbe stato come paragonare una 500 ad una Mercedes. Stavo per ristendermi quando ad un certo punto, inaspettatamente, qualcuno si sedette vicino a me. Lasciò una scia di profumo di mele in tutto il vagone. Bloccai il respiro e non azzardai a muovermi di un centimetro per l’imbarazzo.
Quando attaccò le cuffie al suo ipod e le mise nelle orecchie ricominciai a respirare. Ora sarei dovuta rimanere tesa come l’elastico delle mutande chissà per quanto tempo!
Il treno ripartì.
Una folata di vento proveniente dal finestrino s’intrufolò nella carrozza ed io mi ristrinsi nel cardigan: stavo soffrendo il freddo di settembre come non mai. Il ragazzo, o l’uomo, o l’anziano, o… chiunque fosse, tolse velocemente le cuffie dall’orecchio e si avvicinò al finestrino.
“Ti dispiace?” chiese con un certo accento inglese facendo cenno col capo al finestrino. Alzai la testa e mi guardai attorno per capire se stesse parlando con me. Lo guardai in viso e annuii impercettibilmente. Era un ragazzo, probabilmente sui vent’anni, con folti capelli castani molto mossi. Aveva le labbra sottili e le guance lisce. Un paio di occhiali da sole scuri non mi permettevano di vedere il colore dei suoi occhi ma riuscii a capire soltanto che erano molto grandi. Indossava un completo in giacca e camicia blu che gli fasciavano il fisico snello e un paio di pantaloni, anch’essi scuri. Con questa descrizione mentale, non  m’ero accorta che intanto aveva chiuso il finestrino e si era riseduto accanto a me.
Incominciai a torturarmi le mani e le guance s’incendiarono sul mio volto. Probabilmente fin troppo perché Mr. Senzanome se ne accorse.
“Tutto bene?” si era voltato completamente verso me in modo da non lasciarmi scelta se non guardarlo dritto in faccia.
“Ehm si, sono un po’ agitata…” in fondo era la verità. Continuai a guardare imperterrita a terra cercando di continuare la frase e spiegando che la mia ansia era dovuta al fatto che fra non molto sarei arrivata al college, ma prima che potessi farlo, fui interrotta.
“Sono io che ti metto soggezione?” chiese con la sua voce profonda e tranquilla.
Che faccia tosta!
Sbarrai gli occhi e decisi di guardarlo una volta per tutte inventandomi una scusa poiché entrambi sapevamo che non era certo colpa di una stupida Università.
“Ehm no, no è che… ecco s-sto partendo per il College e quindi sono diciamo un po’… ecco sì, in ansia”.
Stupida.
“Ah non ti preoccupare, credimi l’Università è una gran cazzata” rispose con noncuranza.
“Davvero?” chiesi leggermente sorpresa.
“Sì, ci sono stato per due anni, ma poi mi son dovuto ritirare per lavorare a causa di alcuni problemi economici in famiglia” mi spiegò con molta calma.
“Ah mi dispiace…” non avevo alcuna idea di che dirgli.
Macché, non gli è morto mica il cane?!
“No, non dispiacerti, anzi… mi sono sentito sollevato di tornare a casa. Non fraintendermi: il College è pur sempre una bella esperienza, ma poi dopo un po’ senti la nostalgia di casa.”
Cosa che invece non accadrà mai a me, stanne certo…
“Io invece ho scelto l’Università più lontana da casa mia”
Si mise a ridere. La sua risata era alquanto contagiosa, infatti, mi fece sorridere.
“Davvero?” chiese interrompendo le sue risa così cristalline. “Perché dove vai?”
“In California.” Risposi con un certo orgoglio.
“Alla UOC?” chiese incuriosito.
“Si.”
“Wow, punti in alto, eh?” disse sollevando le sopracciglia. “Ah, comunque piacere io sono Harry”.
Mi tese la mano mentre con l’altra si tolse gli occhiali: verdi. I suoi occhi erano verdi. Mi ripresi dal mio momentaneo stato di trance per ricambiare la stretta di mano.
“Piacere io invece sono…”
Non riuscii a completare la frase che il treno frenò di nuovo. Stavo per cadere rovinosamente a terra, quando la stretta della sua mano si fece più rigida in modo da tenermi ben salda sul mio sedile.
Rimanemmo a guardarci negli occhi per una breve frazione di secondi.
“Oh scusa…” disse lasciando la presa notando che la mia mano si stava leggermente arrossando, nulla paragonato al mio volto che invece era in fiamme.
This girl is on fiiiiiiiiiiiireeeeeeeeeeee.
Salirono questa volta più persone. Forse perché ci trovavamo nella capitale del Missouri, Jefferson City.
Di fronte a me si sedette una suora di pelle scura e il sedile dinanzi a quello di Harry fu occupato da un vecchietto che somigliava tanto a Babbo Natale. Portava sul capo un cappellino grigio-marrone molto buffo, il che rendeva il suo viso da pacioccone ancor più tenero. La suora, invece, non sembrava una vera e propria suora. Dalla serie:”Ehy, indosso il crocifisso solo per l’uniforme.” Dava tanto l’aria di esser uscita da uno di quei musical di Las Vegas in cui tutti i tizi di pelle scura hanno delle inspiegabili doti vocali.
A un certo punto il mio stomaco reclamò il suo diritto di esistenza ricordandomi che quella mattina non avevo fatto colazione. Mi alzai senza preavviso, convinta che non dovessi dare spiegazioni a nessuno, ma a riportarmi coi piedi per terra fu Harry.
“Dove vai?” chiese alzando la testa per guardarmi meglio. Rimasi molto sorpresa e mi ci volle un po’ per rispondere.
“Vado a prendere qualcosa da mangiare, vuoi… vuoi venire?”
IDIOTA.
Ma era per cortesia…
‘Ma era per cortesia e gne gne gne’ ora se ti dice di sì tu che fai?
Oh Dio non c’avevo pensato!
La prossima volta rifletti, ti prego, per entrambe.

“Okay.”
Beh non è che ha detto proprio sì…
Si alzò infilando le mani in tasca e ci incamminammo per cercare la classica signorina vestita come se fosse un hostess che passava con il carrellino riempito di merendine e altre schifezze poco salutari. Solo allora mi resi conto che avrei dovuto indossare dei tacchi per arrivargli almeno alla spalla. Io, come sempre, sceglievo la via più comoda: anfibi. Fedeli anfibi di gomma nera.
Stavamo per oltrepassare la carrozza quando mi distinsi per un’altra delle mie grandi figure di…
“Non riesco ad aprire la porta.” Constatai rassegnata. Harry rise.
“Aspetta, lasciami provare.” Spostò la mia mano con delicatezza. A quel contatto rabbrividii cercando di non darlo a vedere. Mi accorsi che Harry stava incominciando a forzare la porta.
“Allora non eri tu troppo debole… La porta non si apre, proviamo ad andare dall’altra parte, magari incontriamo il capotreno e gli chiediamo di aiutarci.” Lo seguii tenendo la testa bassa.
“Oh guarda sta passando il tizio del cibo.”
Mi avvicinai al carrellino chiedendo all’uomo che lo trasportava, un tipo alto robusto e un po’ pelato, almeno una busta di patatine.
Sentii del ferro freddo toccarmi prepotentemente un fianco. Cercai di abbassare lo sguardo ed il sangue mi si gelò nelle vene.
“Non urlare o sparo.” Sussurrò l’uomo. Mi sfilò l'orologio dal polso e lo mise in tasca.
“Ehy quanto tempo ci vuole per prendere una busta di patatine?” chiese Harry da dietro le mie spalle. Sentivo il cuore in gola, le tempie pulsavano a mille, stavo incominciando a sentirmi letteralmente male. Il punto in cui mi toccava la pistola bruciava nonostante fosse gelida.
Ingoiai a vuoto ed iniziai a sudare senza rispondere alla domanda di Harry.
Da un momento all’altro poteva finire tutto. Mai in tutta la mia vita avevo desiderato di accettare le regole dei miei genitori come in quell’istante. Mentalmente giurai di non fare più cazzate del genere in tutta la mia vita se Dio mi avesse salvata da quell’incubo.
“Sta’ zitto!!” urlò il tizio. Tutti si girarono verso la nostra direzione. Harry stava per partire in quarta.
“Come diavolo ti perm-“ in un frangente di secondi quell’uomo sparò verso l’alto e scoppiò il panico nella carrozza. Molti cercavano di scappare dal vagone ma le porte erano bloccate.
“SILENZIO!!” urlò di nuovo sparando ancora verso l’alto.
D’un tratto sembrava di essere in Chiesa. Non volava una mosca. Tutti si guardavano fra loro terrorizzati e qualunque cosa stessero facendo avevano smesso. Eravamo immobili come statue di pietra. Nessuno batteva ciglio. Purtroppo per il resto del viaggio sarebbero state previste solo poche fermate. La prossima sarebbe avvenuta fra un paio d’ore circa.
Oh cazzo.
“Cominciate a buttare tutti i soldi e gli oggetti di valore che avete qui!” disse puntando la pistola su una parte del pavimento di fronte a lui.
Nessuno si mosse.
Però, che tirchi…
L’uomo si voltò verso di me e mi prese il braccio trascinandomi a lui. Mi puntò la pistola alla testa.
“Ora.”
Sentivo che la mia vita stava per giungere al termine. Avevo una paura tremenda e stavo incominciando a tremare mentre le lacrime scendevano copiose sul viso.
Man mano le persone si alzavano per poggiare tutto ciò che di prezioso avevano: gioielli, collane, bracciali, soldi e quant’altro. Anche la suora e il vecchietto si misero in fila. Si lanciavano certe occhiate da non sottovalutare. Erano… strani.
Mah senti chi parla.
La suora porse per terra una catenina che sembrava d’oro, ma probabilmente, non lo era. Appena si alzò vidi una cosa che stento a credere tutt’oggi. Sferrò un calcio dritto nelle parti basse dell’uomo che mi teneva in ostaggio. Mi lasciò per il dolore ma subito dopo essersi ripreso avrebbe sparato,ne ero certa. Il nonnino, che era dietro di lei, con una bastonata lo mise KO, mentre Harry gli dava un pugno e gli fregava la pistola tra le mani. L’uomo era a terra ed io paralizzata dalla scena che mi si era appena presentata davanti. Da Harry e il vecchietto me lo potevo aspettare… ma la suora?! Appena la guardai continuando a tenere la bocca aperta dallo stupore, si ricompose dalla sua posizione stile Arti Marziali. Harry mi tirò verso di sé tenendomi stretta. Poi mi spostò dietro di lui, come a farmi da scudo.
“Fermo a terra” disse Harry puntandogli la pistola al petto non appena si era mosso di un centimetro. “Chi ha blindato le porte del treno?” gli chiese urlando. L’uomo alzò le mani impaurito in segno di resa. Probabilmente era stato lui.
“Provate a buttarle giù! FORZA!” ordinò a tutti come se fosse stato un leader. Mi voltai in direzione di una delle porte per cercare in qualche modo di dare una mano. Ma Harry si girò per afferrarmi un braccio e mi tirò a sé facendoci avvicinare di moltissimo, anzi, troppo.
“Tu resta dietro di me, d’accordo?” mi sussurrò con dolcezza. Con la stessa mano con cui mi aveva trascinata, mi accarezzò il viso asciugandomi quelle poche lacrime rimaste. Prese il mio polso con delicatezza e si rigirò controllando che quel furfante fosse ancora lì a terra.
Nessuno riusciva a sbloccare le porte, né a romperle, fino a che arrivò la suora.
“Fatemi spazio” disse. Qualcuno rise ma la suora li fulminò con lo sguardo. Congiunse le mani a preghiera e poi sferrò un altro di quei suoi calci e mandò la porta in frantumi.
La vita è tutta una sorpresa.
Dopo aver ringraziato Dio per la sua forza, si girò. Io continuavo a guardarla sbalordita. Si avvicinò a me sorridendo.
“Tesoro, stai bene?” mi chiese con dolcezza. Annuii. “Grazie al Cielo!”
Il nonnino si avvicinò a noi.
“Ehy biondina!- mi voltai a guardarlo e gli feci cenno di continuare- Se non lo sposi tu, lo faccio io” mi fece un occhiolino e col suo bastone ritornò a sedersi mentre la suora sorrideva. Si riferiva ad Harry?
Nooooo, al ladro che ti ha presa in ostaggio!
Il treno si fermò e finalmente arrivò la polizia ferroviaria per fare indagini e mettere le manette a quell’uomo. Fece un paio di domande ad Harry su quanto successo. Io lo tenevo ancora stretto per la giacca come una bambina. Appena seppero che aveva preso in ostaggio me, gli agenti si avvicinarono ed incominciarono a farmi delle domande. Ripensando a quello che era successo ancora non potevo crederci. L’adrenalina era ancora in circolo e la feci fuoriuscire scoppiando in un pianto disperato. Harry, che era stato accanto a me tutto il tempo, mi si avvicinò e mi abbracciò. Disse qualcosa agli agenti e loro se ne andarono.
“Vieni qui” disse conducendomi in un altro vagone, un po’ più avanti.
La carrozza numero tre era completamente vuota. Forse proprio per questo c’eravamo fermati lì. Mi fece sedere accanto a lui e continuai a piangere stringendomi alla sua giacca blu e bagnandogliela completamente. Quando mi calmai alzai la testa e mi ricomposi, accorgendomi che ero appena crollata davanti ad uno sconosciuto di cui sapevo soltanto il nome.
“Scusami non è da me.” gli dissi tossendo prima di parlare per schiarirmi a voce.
“E non è da me neanche proteggere a costo della vita una sconosciuta di cui non so ancora il nome!” rispose lui a sua volta sorridendo. Risi.
“Come mai tu sei qui?”
“In che senso?” chiese lui non avendo capito il fine della domanda.
“Dove stai andando?”
“Ah… Sto andando a trovare un amico”
“Dall’Inghilterra??” chiesi sbalordita.
“Come lo sai che abito in Inghilterra??” chiese lui più sorpreso di me.
“Si sente da un miglio che sei inglese!”
Ridemmo e scherzammo insieme piacevolmente per altro tempo.
“Ritorniamo nella nostra carrozza?” mi chiese.
“Sì”
Ci alzammo contemporaneamente e sbattemmo contro le teste.
“Ahia!” dicemmo entrambi.
Scoppiammo a ridere. Poi ci guardammo negli occhi. Possibile che un ragazzo inglese conosciuto su di un treno, potesse essere così bello?
Sì, è possibile.
Come se qualcuno mi avesse spinta...
Sì, come no, una spinta…
Mi avvicinai a lui. Sbattei le palpebre degli occhi e poi alzai la testa per guardarlo negli occhi. Aveva le labra schiusse e su questo pensiero la mia mente incominciò a fare certi viaggi tutti suoi a bollino rosso. Mi fissava anche lui. Poggiai, non so grazie a quale Santo in Paradiso, una mano sul suo petto. Ansimai quando lui me la strinse fra le sue. Il suo battito cardiaco era leggermente più veloce rispetto al mio che invece andava a mille.
Il treno, come a voler rovinare quel momento così magico, ripartì di botto e noi non essendoci mantenuti a niente cademmo rovinosamente a terra. Con il piccolo particolare che lui era sopra di me.
“Devo denunciare chi guida sto coso! E’ la terza volta che mi faccio male” urlai come a rompre la tensione creatasi.
Harry rise e si rialzò subito.
“Andiamo” disse porgendomi la mano. Gliel’afferrai rialzandomi da terra.  
Ritornammo alla nostra carrozza e ci sedemmo ai nostri rispettivi posti. La suora ed il nonnino erano ancoralì. Avevo lasciato il cellulare spento tutto il tempo per non ricevere telefonate indesiderate e visto che il mio orologio era finito nelle mani di quell'uomo, chiesi ad Harry che ore fossero.
“Oh, vedi il cellulare è nella mia borsa in alto” disse continuando a leggere una rivista che teneva in mano, sbucata dal nulla.
Cos’è un mago? Chissà che lavoro fa…
Mi alzai per cercare il suo cellulare nella borsa poggiata nello spazio riservato ai bagagli al di sopra delle nostre teste. Purtroppo non ci arrivavo. Harry vedendo che ero troppo bassa, si alzò e si mise dietro di me. Per prendere la sua borsa strusciò il suo petto contro la mia schiena, poggiando una mano sulla mia spalla ed il mio respiro si bloccò, così come il mio battito cardiaco. Poi dopo averla presa mi diede un leggero bacio sulla testa e si rimise a sedere. Io rimasi lì immobile dov’ero. Intanto la suora si copriva la bocca per evitare di ridere ed il nonnino le dava a gomitate.
“Sono le dieci e trentacinque!” disse accendendo il display del cellulare “Oh guarda avevo l’orologio al polso, che sbadato” questa frase ne uscì in modo teatrale.
Che figlio di…
Ammettilo, ti è piaciuto.
Okay, forse un pochino

A bloccare i miei pensieri fu la voce meccanica dell’altoparlante del treno.
“Avvisiamo i gentili passeggeri che il treno è in arrivo alla stazione di Topeka”
Harry fece una faccia contrariata a quell’annuncio e si alzò di malavoglia.
“Ch’è successo?” gli chiesi con la voce ancora tremolante.
“Devo scendere questa è la mia fermata”
Per qualche strano motivo sentii il cuore sgretolarmi nel petto.
Fine del viaggio.
“Ti accompagno” parlai prima che potessi elaborarlo al cervello.
Ci sistemammo di fronte alla porta d’uscita senza proferire parola. Il treno si fermò. Le porte si aprirono.
“Ci si vede, Harry”dissi sporgendomi mentre lui scendeva trasportando le valigie.
“Ci si vede, Cenerentola” sorrisi e lui ricambiò. Mai in quel momento avrei voluto abbracciarlo.
Si sporse mettendosi leggermente in punta di piedi e prima che potessi capirlo mi baciò. Mille farfalle svolazzarono per tutto il mio stomaco, l’unico responsabile dell’ostaggio. Con entrambe le mani mi spinse verso sé ed io scesi dal treno abbracciandolo. Mi (man)teneva per le spalle mentre io gli affondavo le unghia delle dita delle mani nella schiena. Gli stavo lasciando il mio segno non solo nei suoi ricordi ma anche fisicamente. Il bacio diventava sempre più intenso e passionale mentre le nostre lingue si intrecciavano. Fino a che non sentimmo il fischio del treno.
“Vai, altrimenti il treno parte” disse staccandosi e guardandomi negli occhi.
Annuii non rendendomi conto ancora di cosa fosse appena successo. Sciolsi l’abbraccio e feci per risalire sul treno. Ma non ce la feci. Mi voltai per rincorrergli incontro e baciarlo un’ultima volta. Mise le mani fra i miei capelli e mi prese in braccio sentendo che ero stanca di stare sulle punta per arrivare alle sue labbra. Un ultimo contatto e il treno partì. Sbarrai gli occhi e dopo essermi staccata mi misi a correre. Riuscii ad aggrapparmi alla sbarra e salutai Harry con una mano mentre con l’altra mi mantenevo.
Harry rincorse a sua volta il treno per salutarmi. Quando si rese conto che il treno stava aumentando di velocità, si fermò e fu a quel punto che lo urlai.
“JENETTE!!!”
“COSA?”
“JENETTE, MI CHIAMO JENETTE!!!”
Il mio sogno aveva finalmente un nome: Harry.





 



Harry Styles

***


La suora

***



Il vecchietto

***




 
 
*Angolo Autrice*
Salve a tutteeee!!! Lo so lo so probabilmente la dovrei finire con queste OS sdolcinate su Harry, come ad esempio "Read More" che consiglio a tutti di leggerla vi preeeeeego.... comunque so che è terribile, so che è un disastro, so che è uscita male... ma me la lasciate una recensione?? Ciauuuu e baci baciii <3 xx.
La vostra imbranata autrice:
Liabele_swag1D

 
  
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