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Autore: Rouge e Minori    14/07/2014    0 recensioni
Spesso i figli si domandano com'erano i loro genitori prima di essere le persone che sono abituati a vedere. Questa è una di quelle storie, una storia di uomini e donne che prima erano ragazzi, la cui vita odora di semplicità e prima odorava di scuola, di risate, di sesso, di adolescenti... Una storia come mille altre, eppure mille altre storie non fanno questa. O meglio, tre storie che si intrecciano fino a diventare una sola.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo  8
 «Caspita mamma! C’è da dire che eri davvero instancabile da giovane» esclamò Sadie allegra
   «Non più di una normale sedicenne» liquidò la faccenda la madre
«Non è vero Shan, io ero il ritratto della pigrizia» commentò Dora.
    «Davvero mamma? Non ti piaceva lo sport?» domandò Tristan
«Per niente. Tutto fatica, polvere e sudore, che schifo!» commentò la donna disgustata.
   «Vedi Tristan, tua madre, ha sempre preferito altri tipi di movimento» disse maliziosamente Shannon prendendo sottobraccio il ragazzo.
    «Che intendi zia?» domandò confuso Simon.
   «Già mamma che intende la zia?» chiese allarmato Tristan facendo ridacchiare sua madre.
«Ma come Dora, non hai mai raccontato “quella” storia a tuo figlio? E’ forse una delle migliori e degna di nota» esclamò Caridee
«Era troppo piccolo Dee, è una storia vietata ad orecchie acerbe»
   «Beh, adesso direi che sono abbastanza grandi… e poi ce lo hanno chiesto loro di raccontare senza tralasciare nulla, giusto?» chiese retorica Shannon «E ora ne prendono le conseguenze»
«Non lo so Shan… non penso che sia roba adatta a loro questa»
«Beh, avevi solo due anni in più di loro a quel tempo»
 «Già, e poi non ci scandalizziamo per poco mamma» mi incitò Tristan «non saltare le parti pornografiche!» si voltò verso Sadie «la principessa però potrebbe essere sensibile ad argomenti di questo… genere, sarà meglio tapparle le orecchie» la ragazzina gli diede una gomitata.
«Scelta vostra, non ditemi che non vi avevo avvertito» Nymphadora sospirò rassegnata e iniziò a raccontare… “Devo ammettere che un po’ mi vergogno della scelta che feci in quel periodo della mia vita e ancora adesso, a distanza di anni, non so dire se ho sbagliato oppure no. Tutto era cominciato con quella che pareva una normalissima giornata di novembre, ora buca a causa di una violenta influenza che aveva colpito la prof di biologia.  Jordan si era appena parato davanti a mio banco inaspettatamente.
   «Questo è per te» mi disse piuttosto scocciato porgendomi un biglietto ripiegato.
«Per me? E chi te lo ha dato?» chiesi confusa.
   «Connor, l’ho incrociato in bagno» disse sbrigativo «Che sia l’ultima volta che faccio il postino» brontolò poi, tornando al proprio posto
«Mica te l’ho chiesto io di farlo!» ribattei piccata.
   «E mi anche detto di dirti: “Sola!”» disse deciso mentre si sedeva.
«Tutto qui? E che vuol dire?»
   «Ah non chiederlo a me! Io riferisco e basta!... Che schifo» brontolò.
«Avanti Dora, leggilo!» mi incitò Caridee, più agitata di me.
«Va bene…» aprì il biglietto e lessi: –alla fine delle lezioni in palestra, ti devo parlare. Vieni sola!- «Ma che strano…»
 «Cosa succede?» chiese Shannon al mio fianco
«Mi deve dire qualcosa… chissà perché non è venuto direttamente qui» mi chiesi mettendo via i biglietto. Ero piuttosto infastidita dal comportamento di quel ragazzo, continuava imperterrito a stuzzicarmi ogni volta che ne aveva l’occasione, come due giorni prima, trascinandomi nel bagno mentre tornavo in classe con il solo scopo di torturarmi. Non che fosse spiacevole, anzi tutt'altro, ma io detestavo essere presa in giro e, si da il caso, che quel suo continuo giocare a quella lenta tortura fosse una burla bella e buona.
    «Non so se ti conviene andare Dora» disse Lucas all'improvviso.
«E perché mai?» domandai perplessa
    «Mio fratello è un po’ lunatico, non sai cosa potrebbe farti»
«Sono sicura che non accadrà niente» lo rassicurai guardandomi le unghie fresche di smalto con fare annoiato. Ultimamente Lucas si era fatto molto appiccicoso e questa cosa iniziava a darmi fastidio, me lo trovavo sempre davanti, cercava sempre di parlarmi.
    «Ma…»
«Io credo stia a Dora scegliere, non credi?» lo interruppe Caridee voltandosi.
 «Dee ha ragione Luke, la scelta è sua, non tua» le diede man forte Shannon, mentre lui si alzava scocciato.
    «Vado in bagno» disse per poi uscire dall'aula  seccato.
«Ma che ha?» chiesi perplessa agli altri.
     «Un raro esempio di maschio mestruato» scherzò Jordan ridendo.
«Jordan piantala» lo riprese Caridee. In effetti anche lei era un po’ strana nell'ultimo periodo, sembrava quasi che mi evitasse, soprattutto se Luke era vicino a me.
«Shan, che sta succedendo ultimamente?» chiesi sottovoce alla mia amica.
 «Niente di che… perché me lo chiedi?» chiese confusa.
«Mi sembra ci sia qualcosa di strano» confessai « non so…tu e Jordan che andate d’accordo, Caridee mi evita, Lucas è appiccicoso come la colla… mi sono persa qualcosa?»
 «Dai tempo al tempo Dora, e vedrai che tutto si aggiusta» mi rassicurò lei prendendomi a braccetto.
«Se lo dici tu…» commentai piano. Nel mentre  che le rimanenti due ore della giornata scivolavano via, portando all'ultima campanella, io provavo un forte sentimento di ansia repressa.
 «Vuoi che ti aspetti?» chiese Shannon mentre uscivamo da scuola, ormai non lontane dalla palestra.
«No, potrebbe andare per le lunghe, non voglio farti aspettare. Ci vediamo domani in classe» la salutai io mentre mi dirigevo in palestra. Ero nervosa, che cosa voleva Connor da richiedere tanta riservatezza? Continuavo a domandarmelo cercando una risposta mentre aprivo la porta della palestra e entravo. Lui era già li, appoggiato alla parete con le braccia incrociate.
 «Non pensavo che saresti venuta davvero» disse lui venendomi incontro.
«Perché non avrei dovuto? Di cosa vuoi parlarmi di tanto privato da farmi venire qui e sola?» chiesi prendendo dalla tasca il suo biglietto.
 «Affari Dora» rispose lui con un tono molto poco rassicurante.
«Entri nel mio campo a tuo rischio e pericolo lo sai?» dissi usando il suo stesso tono e andandogli di fronte. Mai arretrare davanti ad un nemico, sempre fronteggiarlo a testa alta
 «Ti propongo un’offerta, come ben saprai mia madre è una sarta piuttosto rinomata»
«Certo che lo so. È proprio per il lavoro di vostra madre che vi siete trasferiti qui dal Connecticut» risposi io perplessa. E quello ora che centrava?
 «Bene, io ti offro la possibilità di imparare da mia madre» io sgranai gli occhi sorpresa. Era una grande occasione, e proprio per questo, sentivo puzza di guai.
«Una buona offerta la tua, ma il prezzo?...Qual è?» chiesi, mentre lui mi girava intorno lentamente e si posizionava alle mie spalle.
 «Proprio qui ti volevo… il prezzo sei tu» mi soffiò sull'orecchio con voce roca, sussultai.
«Io?» domandai confusa e scioccata.
 «Esatto, tu e il tuo corpicino siete il prezzo per la mia offerta» rispose posandomi le mani sui fianchi «Una, due volte alla settimana, dipende da come ci gira» aggiunse solleticandomi il collo con la punta del naso. Non dovevo distrarmi, oramai mi ero abituata ai suoi trucchetti e avevano perso un po’ del loro effetto.
«In pratica dovrei vendere il mio corpo per ottenere qualcosa da te… Mi dispiace, non sono una puttana» risposi secca staccandomi da lui e voltandomi verso di lui.
 «Non voglio una puttana, non sono un maniaco. Sarebbe solo con te, niente coinvolgimento sentimentale»
«E perché proprio io?» chiesi ancora «Potresti avere qualsiasi ragazza e senza nemmeno dover ricorrere ad un ricatto»
 «Troppo facile, voglio te perché sei un osso duro e perché so che non ti legheresti mai a me» disse con tranquillità, convinto di se stesso e aveva ragione. Non avrei mai potuto legarmi ad uno come lui «E poi… non puoi non aver notato la carica sessuale che abbiamo io e te» in effetti l’avevo notata eccome.
«Stacca subito le mani dai miei fianchi, non cercare di distrarmi» esclamai allontanandomi nuovamente «Sento puzza di guai…»
 «Io sento odore di sesso…» commentò lui con l’aria di chi ha già vinto.
«Non renderlo più squallido di quanto non sia»
 «Devo dedurre che accetti la mia offerta?»
«Accetto, anche se sento di essere sul punto di fare una cazzata» sospirai rassegnata. Ero certa di star facendo uno sbaglio, ma quando mi sarebbe ricapitata un’occasione del genere?
 «Senti, domani vieni a questo indirizzo, facciamo una prova, ma sono sicuro che non ti tirerai indietro»
«Sei modesto a quanto vedo»
 «Sono semplicemente sicuro del mio… potenziale» disse calmo con un velo di malizia «A domani micetta» disse lui, per poi uscire dalla palestra. Rimasi per tutta la giornata in un competo stato di catalessi, continuavo a pensar e ripensare a ciò che sarebbe avvenuto il giorno dopo. Volevo davvero che andasse così? Ero pronta ad accettare le conseguenze che quella scelta avrebbe comportato? Ero davvero sicura che sarei stata in grado di non farmi coinvolgere?
 «Dora? Sei sulla terra insieme a noi?» mi domandò Shannon sventolandomi la mano davanti agli occhi
«Eh? Si, scusa…»
 «E’ mezz'ora che non mi ascolti, a cosa pensi?» mi chiese Shannon infastidita
«A niente, davvero» risposi cercando di sembrare tranquilla, ma in realtà sentivo come un tarlo perforarmi il cervello. Rimasi in quello stato per tutta la mattinata e la scena si ripeté più volte
   «Dora sei sicura che sia tutto a posto?» mi chiese Lucas durante la pausa
«Vi ho già detto di si»
 «Perché non ci vuoi dire a cosa pensi? Non è da te essere tanto distratta» rincarò Shannon mentre mi alzavo per andare in bagno.
«Vi ripeto che non penso a niente» risposi esasperata. Ma perché non la smettevano di chiedermelo? Capisco la preoccupazione, ma non potevo proprio dir loro niente… Come avrebbero reagito? Come mi avrebbero giudicata?
«Preoccupata per qualcosa micetta?» domandò strafottente Connor sulla porta dell’aula, proprio mentre stavo uscendo. Ma perché da quella porta doveva entrare proprio lui?! Piuttosto quell'oca di Allyson!
«Assolutamente no!» risposi con orgoglio scostandomi i capelli con fare stizzito
«Meglio così» disse lui mentre lo superavo e uscivo dall'aula. Mi rinchiusi nel bagno della scuola per il resto della pausa, cercando di darmi una calmata. Era stata una mia scelta no? E lui mi aveva dato la possibilità di tirarmi indietro… o almeno speravo che fosse sottintesa. Quando la campanella suonò tirai un pugno frustrato contro la porta e uscii nel corridoio, diretta in classe, senza fare caso a dove mettevo i piedi, infatti mi scontrai con qualcuno. Era, stranamente, Connor che stava tornando in aula e ora mi guardava perplesso
«Sembri piuttosto nervosetta oggi, qualcosa non va?» chiese lui tranquillo
«Proprio tu me lo chiedi?» domandai ironica mentre lui, in risposta, sollevava un sopracciglio perplesso, poi si illuminò
«Non sarai mica nervosa per stasera…» insinuò lui ghignando
«Secondo te? Certo che sono nervosa…» sibilai tra i denti. Il corridoio era deserto ma non esiste posto migliore di una scuola per far circolare un segreto.
«Vedrai andrà tutto a meraviglia» disse lui con quel tono morbido che avevo iniziato a riconoscere «E poi è solo una prova, puoi sempre fermarmi quando vuoi»
«Davvero?» chiesi scettica. Non riuscivo ancora a fidarmi del tutto, sapevo benissimo che quella situazione era totalmente assurda e sbagliata
«Certo, sono un gentiluomo io» rispose per poi avviarsi verso la sua classe «A stasera» la salutò con un cenno della mano
«Già… a stasera» sussurrai mentre rientravo in classe e tornavo a posto. Sentivo che Shannon mi stava guardando, anche se non mi giravo verso di lei. Sapevo che voleva chiedermi, ancora una volta, che cosa avessi, ma invece rimase in silenzio, cosa che apprezzai molto. Non volevo tener nascosto loro qualcosa, ne tanto meno dover fare quella cosa... ma avevo bisogno di migliorare, e Connor mi aveva fatto un’offerta troppo grande per poterla rifiutare. Quel che sapevo lo avevo imparato da sola, ma ora mi serviva un mentore, e la madre di Connor e Lucas era una grande nel suo campo, seppur non a livello internazionale in America era parecchio famosa.
   «DORA! Muoviti sei sotto la doccia da mezz'ora!» urlò sua madre fuori dal bagno, svegliandola dalla catalessi. Era rimasta a pensare così tanto che quasi non si era accorta della fine delle lezioni, degli sguardi preoccupati di Caridee e Shannon e dei trenta minuti passati sotto la doccia. Tornata in camera mia guardai perplessa il cassetto della biancheria… Vuoto.
«Mamma! Che fine ha fatto la mia biancheria?» chiesi ad alta voce a mia madre.
   «Ho deciso di fare una lavatrice generale sia per me che per te» rispose giuliva sulla  porta della mia stanza
«Proprio oggi?!» chiesi esasperata. Ma perché mia mamma doveva avere quelle idee geniali?
   «Si, perché?»
«Mamma, io oggi devo uscire, non hai risparmiato proprio niente?» chiesi mentre mi sedevo sul letto.
   «Uhmmm… Aspetta, ho un’idea» esclamò mentre scappava via dalla mia camera e poi tornava con un sacchetto rosa. Iniziai a preoccuparmi leggendo la scritta Victoria’s Secret stampata sopra il sacchetto.
-Ti prego, ti prego, TI PREGO! Dimmi che ha riciclato un sacchetto a caso- pensai disperata mentre lo apriva
   «Un regalo di tuo padre che non ho mai messo, dovrebbe andarti visto che a me sta largo» ammise con amarezza mia madre porgendomi il sacchetto. Lo aprii notando con orrore che era tutto troppo trasparente «E’ un completino carino. Per un giorno può anche andare no? Tanto chi ti vede? E anche se fosse vede qualcosa di bello» sorrise tranquilla scompigliandomi i capelli. Io ero imbambolata a guardare quel coso con aria terrorizzata e pensando che quella era decisamente una punizione del karma per la mia scelta sbagliata, e la giornata era ancora lunga! Andai in bagno e constatai che era meno trasparente di quanto non sembrasse, soprattutto nei punti critici, ma era comunque troppo, troppo corto, e il nero ha sempre lasciato intendere messaggi sbagliati più del rosso.
-Coco aiutami tu- pensai rassegnata mentre mi vestivo. Jeans e camicetta, non volevo peggiorare la situazione tragica che il completino di mia madre avrebbe creato da se, e comunque erano capi che non tramontavano mai. Erano quasi le cinque quando uscii di casa, il foglietto con l’indirizzo in mano e una strana sensazione che mi scorreva sotto pelle. Attesa? Paura? Eccitazione? Non ne avevo idea… Avevo detto a mia madre che c’era un mercatino e andavo a fare un giro e non sapevo a che ora tornavo ma che, se avessi fatto tardi, avrei chiamato Alex. Tutto vero a parte la passeggiata. Già mi immaginavo un qualche posto di dubbio gusto, arredato con lenzuola di seta rosse e baldacchini di velluto, il classico posto dove puoi tranquillamente trovare un gigolò tanto per capirci, per cui rimasi abbastanza sorpresa nel trovarmi davanti ad una normalissima palazzina con le scale esterne per accedere agli appartamenti. Tutti i citofoni erano privi di cartellino e questa cosa mi incuriosì, perché non ci viveva nessuno? Sul biglietto c’era scritto di andare al numero 9 della palazzina e così feci. Ero in anticipo di mezz’ora, ma come si dice, via il dente via il dolore no? E poi non c’era nulla di strano o innaturale, era umano no? Era un mero tentativo di autoconvincermi, lo sapevo, ma preferivo non pensarci troppo, così suonai il campanello.
 «Chi è?» chiese Connor dall’interno. Chi voleva che fosse a citofonare ad un appartamento che avrebbe dovuto essere vuoto in una palazzina disabitata?
«Nymphadora» risposi semplicemente io mentre, da dentro, sentivo dei rumori inaspettati, come se qualcuno stesse correndo e inciampasse di continuo.
 «Merda!» lo sentii imprecare ad alta voce dall’interno, mentre la porta si apriva di scatto
«Cazzo…» mi uscì soltanto nel vedermelo davanti solo con un paio di boxer e i capelli bagnati
 «Si lo dirai spesso» disse ironico con il suo solito sorriso da schiaffi
«Piantala e fila a metterti qualcosa!» replicai io, nonostante una vocina nella mia testa mi chiedesse perché mai ero tanto masochista da fargli indossare una maglia. Era davvero fastidiosa quella vocina!
 «Tanto poi la dovrei togliere…» commentò ovvio mentre mi faceva entrare «Almeno risparmiamo tempo» concluse giulivo e in quel momento gli avrei volentieri rifilato una gomitata nelle costole.
«Senti perché qui non ci vive più nessuno?» chiesi perplessa mentre guardavo l’appartamento. Niente era come me lo ero immaginata, per fortuna. Era un normale monolocale e anche ben arredato
 «Se mai non ancora, è stata appena costruita e l’appartamento è di mia zia, ma lei ora è in vacanza in Texas» mi rispose lui mentre andava in una stanza adiacente «Siediti io adesso arrivo» disse ad alta voce dall’altra parte, ma io continuai a curiosare in giro. Su una libreria c’erano delle foto incorniciate, una delle quali di Connor e Lucas da bambini, il piccolo era sotto la spalla del maggiore, con il solito sorriso tranquillo, il grande sorrideva divertito alla macchina fotografica, tutto coperto di cerotti.
 «Ti piace ficcanasare in giro vedo» le chiese Connor cogliendola di sorpresa
«Non molto a dire il vero… eravate davvero carini da bambini» dissi con un sorriso
 «E ora sono bellissimo»
«Convinto tu... credevo ti fossi messo qualcosa addosso» dissi perplessa, notando che era ancora senza maglia e le gocce d’acqua che scendevano sul collo e le spalle non mi aiutavano a guardarlo in faccia
 «Ripeto, sarebbe uno spreco inutile di tempo» rispose tranquillo avvicinandosi a me. Per ogni passo che faceva, io ne facevo uno indietro. Non avevo calcolato la presenza del divano ma, contro ogni aspettativa, no mi trovai lunga distesa bensì addosso a Connor
 «Presa.. che fai micetta, scappi?» domandò allontanandosi un poco
«E da cosa dovrei mai scappare?» chiesi retorica. Non c’era proprio nulla da cui voler scappare no?
 «Ah, se non lo sai tu… però devo dire che sei un po’ rigida per essere una che non sta scappando da niente» disse piano mentre la sua mano si muoveva lentamente lungo la mia schiena. Se continuava così non sarei rimasta rigida a lungo, poco ma sicuro.
«Ok, forse sono un po’… spaventata» ammisi mentre sentivo le sue labbra posarsi sul mio collo, alternando baci umidi a piccoli morsi.
 «Non ne hai motivo, fidati di me…» rispose lui soffiando sulla mia pelle umida, facendomi rabbrividire. E non dal freddo. Sentivo la pelle bruciare come il fuoco al suo passaggio, le sue labbra, la sua mano che, maestra, si era infilata sotto la camicia disegnando figure astratte con le dita. Mi sentivo come un budino santo cielo, ed era frustrante.
 «Micetta, sono io a dover far rilassare te, non il contrario» mi sussurrò all’orecchio con voce roca. Non mi ero nemmeno accorta di avergli posato le mani sul petto. Le staccai velocemente in imbarazzo ma lui le fermò e le rimise dov’erano prima «Nessuno ha detto che mi da fastidio… anzi…» disse lui poggiando la fronte alla mia
«E così siamo arrivati al punto di non ritorno» sussurrai piano guardandolo fisso negli occhi
 «Non temere micetta, puoi fermarmi quando vuoi… va bene?» chiese ad un soffio dalle mie labbra
«Va bene…» non avevo fatto in tempo a finire che già le sue labbra si erano lanciate sulle mie, affamate. Connor aveva un sapore tutto suo. Sapeva di spezie, di menta, di sbagliato, di sesso. Eppure, se era tanto sbagliato, perché le sue labbra combaciavano perfettamente con le mie? Perché la sua lingua che mi solleticava il palato mi dava il capogiro? Perché le sue mani sui fianchi mi facevano scorrere l’adrenalina sotto pelle? Quel bacio mi stava mandando fuori di testa, avrei voluto continuarlo per sempre, ma dovevo respirare. Me ne diede appena il tempo per poi tornare a baciarmi, sempre più vorace, la sua mano tra i miei capelli mi stringeva la nuca. Io avevo immerso le mani tra i capelli umidi, trovandomi ancora più a contatto con lui.
 «Io direi…» sospirò allentandosi un poco «Di continuare di la…» concluse per poi tornare a baciarmi il collo. Ma dove lo teneva tutto quel fiato? Mi ritrovai velocemente nella stanza adiacente.
 «Certo che però… se ti metti certe cose… non aiuti il mio autocontrollo…» disse lui con voce roca. Mi aveva aperto la camicia e si stava riferendo al completino trasparente di mia madre
«Colpa di mia madre…»
 «Santa donna…» sospirò lui dandomi un altro bacio. Intanto la sua mano stava risalendo, lenta e torturatrice, per il ventre e, quando mi sfiorò il seno, non trattenni un gemito. Imbarazzante… molto imbarazzante «Siamo infiammabili a  quanto vedo» scherzò lui. Come dargli torto? Stavo andando a fuoco. Eppure mi sentivo così bene, nonostante l’imbarazzo crescente. Per qualche strano motivo non riuscivo a togliere le mani dai suoi capelli, cosa che gli impediva di allontanarsi troppo da me. Mi stava ancora torturando il collo quando sentii il reggiseno allontanarsi dalla mia pelle e, d’istinto, mi venne da coprirmi ma Connor mi fermò
 «Non coprirti davanti a me… mai… Sei talmente bella…» sussurrò continuando a scendere. Non un lembo di pelle sfuggiva alle sue labbra, strappandomi gemiti e sospiri che mi facevano imbarazzare di me stessa, mentre con la mano mi slacciava i jeans e li faceva scivolare via e giocava con l’elastico degli slip. Era bravo, troppo bravo per me che, di esperienze del genere, non ne avevo mai avute. Le sue dita erano esperte, sapevano come, dove e quando muoversi, portandomi al limite forse troppo in fretta.
 «Era così tremendo come immaginavi?» chiese ironico, il respiro affannato e lo sguardo liquido
«No… contando che nemmeno due mesi fa ho rischiato di essere violentata, mi immaginavo peggio» dissi flebile, ancora un po’ tremante dal concentrato di emozioni appena provate. Lui invece aveva sgranato gli occhi, come accortosi di una cosa importantissima, e si era alzato di scatto.
 «Cazzo! Sono un’idiota!» imprecò sedendosi sul bordo del letto
«Perché? Cos’è successo?» domandai con voce più ferma, ora andava meglio
 «Mi ero dimenticato di quello che era successo! Eri così tranquilla che io… non ci avevo pensato… sono stato uno stupido» io osservavo la schiena curva mentre mi coprivo con il lenzuolo. Si sentiva in colpa perché se ne era dimenticato? Sorrisi e gli posai le mani sulle spalle.
«Va tutto bene Connor…» dissi piano ma lo sentivo rigido sotto le mie mani
 «No non va tutto bene, sono stato un’idiota. Ci credo che eri terrorizzata!» disse alzandosi in piedi, io feci lo stesso portandomi dietro il lenzuolo
«Avrei dovuto dirtelo…»
 «No, io me lo sarei dovuto ricordare! IO! Non tu… Devo averti terrorizzata, scusami» disse sfiorandomi il viso con il dorso della mano
«Non immaginavo che avresti avuto tante premure…» sussurrai piano
 «Scherzi? Prima di essere la mia amante sei mia amica, non farei mai nulla per ferirti… o almeno così pensavo»
«Non mi hai fatto niente che io non volessi» lo rassicurai, ma lui non mi sembrava per niente convinto.
 «Forse è meglio fare finta che non ti abbia mai chiesto niente, staresti male e basta» disse mentre il mio cuore perdeva un battito. No, non poteva sfumare tutto… ma era l’occasione che non volevo veder svanire? Oppure… Non so con che coraggio lo feci, ma lascai andare il lenzuolo e lo abbracciai, il suo torace era caldo e sentivo il suo cuore battere in fretta.
«Ti ho detto che sto bene… Non hai fatto nulla che io non volessi…» sussurrai il viso nascosto contro la sua spalla, poi alzai il viso e lo baciai piano. Non mi ero mai sentita elettrizzata quando sentii qualcosa reagire al mio contatto con le sue labbra, le mie mani coi suoi fianchi, il ventre.
 «Dora… Per oggi meglio se ci fermiamo qua…» disse staccandosi appena da me, di nuovo quello sguardo liquido nelle iridi blu «Altrimenti… corro il rischio di non riuscire a fermarmi» disse uscendo dalla porta.
Non ebbi la forza di fermarlo. La prospettiva di andare fino in fondo, quella mi spaventava sul serio, non mi sentivo pronta. Ero ancora in piedi in mezzo alla stanza quando Connor rientrò.
 «Ehi… non te la sarai presa vero?» chiese lui davanti a me
«No, affatto. Era solo una prova in fondo no?»
 «Si, e l’hai superata alla grande… ora però è meglio se ti rivesti» mi consigliò uscendo nuovamente dalla stanza. Lui era seduto sul divano, vestito, e aveva acceso il televisore «Va un po’ meglio?» mi chiese notando la mia presenza
«Io stavo bene, ma tanto sei uno zuccone e non mi credi» sospirai sedendomi accanto a lui
 «Ah si, stavi davvero bene, avevi proprio un faccino soddisfatto» disse maliziosamente lui, circondandomi le spalle con un braccio
«Piantala imbecille» dissi ridacchiando. Non riuscivo a rimanere arrabbiata con lui troppo a lungo, o almeno dopo oggi non ci sarei riuscita, mi aveva dimostrato che mi avrebbe portato rispetto e che si preoccupava di me.
 «Ah, mi insulti pure? E io che mi sono anche preoccupato! Mi hai fatto sentire un quattordicenne allupato dolcezza, pagherai per questo» scherzò lui mettendosi a ridere. Era incredibile con quanta naturalezza si comportasse «Sai… sono felice che non sia cambiato niente»
«Che intendi?» domandai confusa
 «Beh, oggi non è successo gran che, ma temevo che l’imbarazzo avrebbe cambiato le cose… per fortuna non è successo» disse soddisfatto
«Ovvio, sono abituata ad essere messa in imbarazzo da te, oramai non mi fa più effetto» risposi io orgogliosa. Si erano fatte le sei, io dovevo essere a casa per l’ora di cena, quindi passammo il tempo restante a scherzare sul divano mentre alla tv passava uno di quei film idioti e privi di trama. Ogni tanto ci scappava uno sfioramento ambiguo, un bacio, ma quella situazione era elettrizzante. Non c’era più l’imbarazzo di prima, ora tra le braccia di Connor mi sentivo tranquilla, non mi importava più di come sarei stata giudicata, di cosa sarebbe successo, se ciò che facevo era sbagliato o meno. Non mi importava più.
Il giorno dopo a scuola, sembrava davvero che non fosse successo niente tra noi due, ma per mia sfortuna, una volta terminata la pausa, Shannon aveva dato prova delle sue doti di osservatrice.
 «Dora oggi sei diversa…» disse perplessa mentre entrava il professore
«Diversa? In che senso?»
 «Non lo so… ti brillano gli occhi, sembri più felice del solito» rispose lei lasciandomi perplessa. Ancora non capivo che stavo giocando con il fuoco e che, a giocarci troppo a lungo, ci si brucia.
 


Rouge e Minori: Salve siamo tornate! Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, vi ringraziamo e vi salutiamo con l'identikit di Nicholas.

  
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