La sovrana osservava tutto dall’alto.
Gli uomini indaffarati, le donne affrettate. Sorrise compiaciuta. La giornata procedeva monotona come al solito.
Sbatté le palpebre sui suoi occhi lucidi illuminati dalla luce del sole, per poi far scorrere lo sguardo sulla sua strada.
Le automobili sfrecciavano sull’asfalto lasciando scie di fumo a disperdersi nell’aria, e sempre più persone attraversavano la via per dirigersi chissà dove, ignorando gran parte di ciò che succedeva attorno a loro, ignorando di essere sotto il controllo di un’altra specie.
Perché quegli esseri erano così persi nello dover svolgere le loro cose che non si erano nemmeno accorti di non essere più loro ad avere il potere su quella terra.
E non si erano nemmeno resi conto della nobiltà che costituiva l’essere delle creature come lei, ne avevano semplicemente accettato la presenza senza porsi troppe domande.
Per questo i suoi servitori osavano ancora chiamarla per nome, proprio come in quel momento, nonostante lei non facesse che ignorare ogni volta le loro voci grossolane.
Si alzò in piedi dalla sua postazione elevata, voltandosi verso il suo stabilimento.
Avrebbe potuto dargli retta, per quella volta. Almeno per far cessare quei richiami fastidiosi, non sopportava che il suo nome, appartenente ad una creatura così raffinata, venisse pronunciato in un modo tanto rude.
Si scosse, cercando di liberare il pelo dalla polvere accumulata stando lì. Che esseri insulsi.