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Autore: Lost_it_all    15/07/2014    2 recensioni
Piacere, sono Alaska. Non sono esattamente una brava ragazza, almeno a primo impatto: fumo, bevo, ho piercing e tatuaggi e non ascolto musica da salotto.
-Be', cosa ascolti allora, "cattiva ragazza"?
Ascolto loro, cinque re e un Angelo: gli Avenged Sevenfold.
Mi hanno salvata, lo giuro su tutto quello che volete, e il mio unico sogno è incontrarli e ringraziarli col cuore in mano.
Non pensavo però che si sarebbe mai realizzato. Almeno finché non sono capitata in California a casa di una ragazza più pazza di me con due pass per il backstage.
Questa è la mia storia. Volete accompagnarmi ?
Dal testo:"“Dicevo... Vai da sola al concerto?”
Annuii. “Sì.”
“No.”
“Cos-“
“No.”
“Ho capito. Ma cosa stai dice-“
“Ci sarò anche io!” (...)
“Ma non avevi detto che non eri riuscita a prendere il biglietto?” mi tornò in mente.
Alzò le spalle. “Sì. È così. Ma mio zio lavora per gli Avenged e così-“
La bloccai, esterrefatta. “Cosa!? Tuo zio lavora per loro!? E me lo dici così!?”
(...) E mi ha dato due pass per il back.”
“COSA!?”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. After.


 
 
foREVer.
Kim iniziò a piagnucolare insieme a me. Faceva male, ancora, e se a noi faceva così male chissà quando soffrivano gli Avenged.
Ci abbracciammo. Infilai la testa nell’incavo del suo collo, fra i bizzarri capelli rossi, guardando il tatuaggio. The show must go on. Fu quella visione a destarmi dal torpore doloroso che ci aveva annebbiato la mente. Lo show doveva andare avanti, purtroppo anche senza Jimmy.
La strinsi forte per un ultimo secondo per poi mormorarle all’orecchio: “Si va.”
Non era una domanda, ma lei annuì lo stesso. Ci asciugammo gli occhi, il trucco ormai era completamente andato e puzzavamo un po’, così Kim pescò dalla tracolla degli A7X una bomboletta di deodorante e se ne spruzzò un po’ addosso.
Mi tirai indietro. “No grazie io-“
Troppo tardi. Me lo spruzzò direttamente addosso, iniziai a tossire e lei a ridere, me lo sparò senza troppe cerimonie sui vestiti e sui capelli, sulle braccia e sui tatuaggi, finché non divenni un deodorante alla menta ambulante.
Arrossii fino alle punte dei capelli.
“Kimberly! Ti odio! Ma cos’hai fatto!”
Iniziammo a ridere come due sceme uscendo dalla stanza del miglior batterista della storia, di una fottutissima leggenda, con le lacrime agli occhi, un po’ di divertimento e un po’ di dolore. Era dura da digerire, quella scritta.
Kim sparò deodorante a caso. Non eravamo più ansiose, eravamo soltanto due ragazze che si divertivano in modi abbastanza discutibili e che si erano completamente scordate di essere nel back dei loro idoli.
Dio, pensai, ‘sta frase fa tanto amore platonico. Ma il nostro era più amore-riconoscimento. Amore-salvezza. Amore-grazie di tutto.
Davo le spalle alla porta con la targa Meeting saloon e così non capii subito cos’avesse scioccato Kim, che fece cadere la bomboletta di spray nauseabondo con la quale mi stava minacciando fin un secondo prima.
Questa cadde con un tonfo secco sul linoleum rovinato, poi rotolò con un rumore metallico.
Vidi Kimberly sbiancare completamente. Era buffa: col trucco fino al mento, i capelli rossi di qua e di là e gli occhi chiari sgranati fin quasi a cascarle dalle orbite.
Mi sfuggì un risolino isterico e sottile.
“Hm-hm.”
Qualcuno si schiarì la gola dietro di me. Un altro rise. Un terzo borbottò assieme a un quarto mentre un ultimo dei miei salvatori mi posò entrambe le mani sugli occhi. Diventò tutto nero.
“Chi è?” mi sfidò ridendo una voce decisamente nota. Arin.
“Sono io!” esclamò un’altra voce che amavo, quella di Zacky.
“Eh dai Zacky! Non barare!” borbottò un po’ burbero Johnny.
“Io non baro! Rendo tutto più divertente!” protestò Zacky.
Oh Cristo. Potevo morire.
Il mio cuore batteva freneticamente come le ali di un colibrì in volo.
“Sembrate due galline” rise Matthew. Porca troia.
Che voce.
“Allora?” continuò Arin. “Chi è?”
“Sì ma ormai l’ha capito!” si lamentò Zacky.
“Zacky smettila di rompere”. Oh Christ, sei davvero un vecchio rompiscatole.
Decisi di interrompere questa sceneggiata. Ti prego fa che la mia voce non sembri quella di una ragazza terrorizzata.
 “Uhm, Syn?”
Quest’ultimo levò dai miei occhi le mani e sentii Zacky sghignazzare: “Cos’è tutta questa confidenza?” divertito. Solo perché l’avevo chiamato Syn non eravamo amici.
Magari!
Oh, zitto stupido cervello.
Non ebbi la forza di voltarmi. Rimasi lì immobile guardando l’altrettanto pietrificata Kim innanzi a me e sentendo il calore e il profumo che emanava Synyster Gates.
“Oh cazzo. È morta! Brian l’hai uccisa!” iniziò a strillare Zacky ridendo, per poi piazzarsi davanti a me.
La testa mi girò vorticosamente.
“Ciaaao” mi salutò il ragazzo, con quei suoi occhi da infarto.
Infarto. Forse stavo per avere un infarto.
Volevo rispondere ma avevo la gola più secca del Sahara.
Il chitarrista mi schioccò le dita davanti agli occhi. “Non mordo” mi sorrise cercando di calmarmi.
Ma io non ero calma. Ero... Ero andata.
Kim abbracciò da dietro Zacky, che sussultò di sorpresa.
“Ehi! Da dietro no! Non l’ho mai fatto dietr-“
“Zacky!” lo rimproverò Matthew Shadows, affiancandomi.
Lo guardai con la coda dell’occhio e  mi sorrise. Potevo affondare le mani nelle sue fossette? Potevo vero?
Era alto almeno trenta centimetri più di me e grosso se non il triplo almeno il doppio. Che figo era.
Arin gli andò vicino. Il più giovane di tutti gli Avenged mi porse la mano. “Io sono Arin Ilejay.”
Gliela strinsi con impeto. “Lo so.”
Scoppiò a ridere mentre Syn e Johnny abbracciavano una scioccata Kim assieme a Zacky.
Matthew guardò divertito Arin.
“Certo che sei sveglio eh”.
“Ehi! Non sapevo come rompere il ghiaccio” borbottò lui un po’ offeso.
“Di sicuro non così. E’ ovvio che sappia chi sei, scemo!”
“Matthew! Non dirmi scemo!
Non mi resi conto di avere stampato in volto un sorriso. Non un sorriso di felicità, non un sorriso di un’innamorata. Un sorriso di una ragazza che ha appena incontrato le persone che le stanno dando modo di andare avanti. Un sorriso che serba una sorella a un fratello o una figlia al padre.
Matthew si mise davanti a me.
“Ehi, tutto bene?”
Annuii con la testa. “Non potrebbe andare meglio.”
“E invece sì!” si intromise Zacky. Quando lo guardai notai che l’abbraccio a Kimberly si era sciolto e i quattro guardavano me, Matthew ed Arin. Forse già da un po’.
“Non penso” obiettai.
“Come no? Potremmo andare di là a bere qualche birra no?”
“Ci sto.” Approvai, sentendomi giusto un po’ più a mio agio. Anzi, io ero a mio agio, solo che ero anche in un terribile imbarazzo, non volevo dire cazzate e fare figuracce. Dovevo sciogliermi un po’.
 
 
I ragazzi entrarono nel meeting saloon lasciando indietro me e Kim: lo scopo era ovvio, darci un attimo di tempo per riprenderci e realizzare.
Kimberly mi prese la mano e la serrò fra le sue. Le stelle sulle sue nocche e il tatuaggio “1997” assieme al deathbat e la parola “ever” mi sembrarono ancor più fighi di quanto già non fossero. L’avevo già detto che io adoravo Kim? Oh, forse sì.
Lei mi guardò con occhi spiritati.
“Oddio.”
“Già” dissi, con la testa fra le nuvole.
“Possiamo scappare?”
“Sei scema? Certo che no!”
Zacky ridacchiò. Avevano sentito tutto. Beh, Kim era un genio, proprio.
“Forza” ci spronò il chitarrista, incenerendoci con quei suoi occhi dannatamente perfetti. “Non mordiamo!”
“L’hai già detto questo” gli fece notare Arin, forse il più loquace fra tutti. Più lo guardavo più mi sembrava il Bruno Mars dei poveri, e io non volevo trattarlo così, neppure nei miei pensieri. Non aveva assolutamente colpe per quanto era successo a James, anzi: aveva aiutato i Sevenfold a ritrovare il sorriso, gli ero debitrice tanto quanto quei quattro pezzi di fighi.
Kim trotterellò affianco a Johnny.
“Sei più alto dal vivo.”
Il bassista trasalì. Matthew sogghignò.
“Più alto?”
“Sì. Più alto.” Confermò Kimberly mentre io facevo il mio ingresso un po’ a tentoni.
Il meeting saloon era stato creato per mettere a proprio agio le persone, o almeno quello era l’intento.
C’era un grande tavolo con dei porta bibite (solo birre, qualche sporadica bottiglia di rhum già scolata e un’unica bottiglia da mezzo litro di acqua naturale), dei magazine raffiguranti i membri dei Sevenfold, due stereo in cui ero certa ci fossero due copie dei loro ultimi dischi e un’abbondante quantità di cibo (fra snack al cioccolato, tramezzini, barrette energetiche e torte sia dolci che salate chiunque sarebbe riuscito ad annegare per il troppo cibo, persino Zacky).
Attorno al tavolo sette sedie color panna. Il resto della stanza era pieno zeppo di gadget degli A7X, copie già autografate dei loro cd, poster raffiguranti ogni componente della band e altri magazine.
Il mio sguardo vacillò quando Kim prese posto fra Johnny e Zacky e a me rimase l'unica sedia libera fra Matthew e Gates. Arin, invece, era comodamente impegnato a strafogarsi di torta al cioccolato fra Zacky e Matthew, che lo guardavano con un po' di disgusto. Zacky arrivò a dirgli "Sei peggio di me" con espressione quasi scioccata.
No. Nessuno era peggio di Zacky, quando si parlava di cibo.
Terrorizzata, andai a sedermi fra Matthew e Gates. Quest’ultimo non mi guardò neanche per sbaglio, mentre il vocalist attaccò subito bottone.
Sorrise. Il mio cervello registrò un’unica parola: fossette. Fossette. Meravigliose fossette.
"Allora, come vi chiamate?" mi guardò.
“Io sono Kimberly” replicò audace la mia amica, spostando tutta l'attenzione su di sé. “Mentre la mia fighissima nuova coinquilina per due settimane è Alaska!”
Okay.
Dovevo stare calma.
Aveva sbandierato ai Sevenfold anche un po’ troppe cose. Infatti, Gates mormorò un po’ rozzo: “Ah sì? Molto interessante.”
Johnny lo guardò così male che pensai gli stesse per dire qualcosa di spiacevole, ma venne interrotto da Arin che esordì: “Alaska! Che cazzo di nome fottutamente figo è!”
“Mi hai tolto le parole di bocca, Ilejay” concordò Zacky.
“E' molto bello” annuì scartando una barretta allo zenzero, Matthew. “Quindi Kimberly ti ospiterà... Dove vivete?”
Kim partì in quarta, forse prendendo la domanda innocente e di circostanza di Shadows come un’avance. Dovevo ricordarle che era sposato?
“Sono di qui, di Huntington. Praticamente viviamo vicino alla spiaggia”.
Eh sì, perché la stazione si affacciava sulla spiaggia. C’erano i pro e i contro nel vivere in quei pressi, ma la spiaggia era un gigantesco pro.
“Ma dai!” esclamò Zacky. “Quindi ci stalkererete nei prossimi giorni?”
“Cos-“
Il fiato mi morì in gola. Gates sogghignò con un po’ di arroganza, mentre Arin ridacchiò apertamente assieme a Johnny e Matthew folgorò il chitarrista con un’occhiata omicida. Kim, tuttavia, che era già alla seconda birra (oltre alle sedici pre-concerto) non si sentì a disagio e sorrise: “Vi fermate qui? Figo.”
Matthew annuì mangiando composto.
“Sì. Ci danno un intero mese di pausa dal tour perché la prossima tappa è il Brasile.”
“Brasile! I mondiali!” Kim levò al cielo le mani. “Viva USA!”
Giocherellai con le mie mani. L’atmosfera era piacevole, quasi come una rimpatriata di amici, ma lo sarebbe stata ancor di più se Synyster Gates non avesse continuato a lanciarmi occhiatacce. E la cosa peggiore era che lui era seduto solo vicino a me, al tavolo, perciò la sua conversazione con gli altri era pari a zero.
Un po’ in imbarazzo, mi massaggiai le nocche, gesto che mi rilassava. In quel momento Matthew mi guardò.
“Ehi, un deathbat” esclamò. La sua reazione fu del tutto divergente da quella dell’altro Matthew, quello di Denise: infatti il vocalist mi prese con delicatezza il polso destro ruotandolo verso il soffitto, in modo da mostrare a tutti il teschio con le ali da pipistrello. “Davvero ben fatto, tra l’altro.”
Gates si sporse un po’. “Sì.”
Era la prima cosa che mi diceva in tutta la sera. In me ballai la ola, alzai le mani al cielo e gli rivelai che avevo una gigantesca cotta per lui da praticamente sempre. Fuori, però, mi limitai a dire “Ehm... Grazie” cacciando le mani sotto al tavolo. Quel tatuaggio significava molto per me, me l’aveva fatto un mio ex ragazzo proprietario di un negozio di tatuaggi, il Tattoo World, a cui dovevo un sacco di cose. Mi aveva tirata su dalla polvere, ridato la forza di sorridere e amare e fidarmi. Era finita soltanto perché, dopo aver speso così tante energie per me, si era lasciato andare all’alcol e alla droga. Mio malgrado, ho dovuto lasciarlo. Provai a salvarlo, ma ero ancora troppo debole, restia ad espormi, insicura. Forse peggiorai le cose, e così decisi di troncare. Il fiato mi morì in gola. Ti prego, pregai chiunque mi stesse ascoltando, fa’ che stia bene.
I ragazzi continuarono a parlottare, ridere, scherzare, bere (Kim non si tirò indietro, anzi) e scoprii che mi piacevano davvero troppo come persone. Johnny ci invitò alla festa sulla spiaggia che si sarebbe tenuta la sera dopo, e la mia coinquilina squittì di gioia ripetendogli che sembrava più alto dal vivo.
“E comunque” aggiunse Kim senza pudore “sei sempre stato il mio preferito.”
Johnny diventò paonazzo. “Ehm... Grazie Kimberly...”
 
 
A casa di Kim – non ebbi neanche il tempo di guardarmi intorno perché lei iniziò a vomitare appena arrivate, e mi toccò sorreggerla sul cesso – dopo l’incidente col vomito, parlammo tantissimo. Fumammo finché i polmoni non bruciarono nei rispettivi corpi e mangiammo caramelle e cioccolata Milka.
Poi ci addormentammo abbracciate sul suo letto, come due amiche da anni, e lei mi sussurrò: “Ti voglio bene Alaska. La mia vita faceva schifo senza di te”.
Solo in seguito avrei capito che quell’affermazione era stata davvero dura da dire per Kim. E avrei capito perché odiava così tanto sé stessa. Sarei riuscita ad aiutarla? Sì. Io lo volevo.
 
NdA.
Ciao a tutti coloro che sono arrivati fin qui, e grazie. Grazie a chi si è preso il tempo per scrivermi due parole in recensione e a chi legge e basta.
Il capitolo è un po’ cortino forse, ma mi piace dai. Il primo impatto con gli A7X è così: imbarazzo, soggezione, ammirazione. Non volevo far sembrare Kim e Alaska troppo spavalde poiché nessuno sarebbe così davanti a loro LOL.
Alla prossima,
Hail to tha A7X.

 
   
 
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