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Autore: Gavriel    15/07/2014    2 recensioni
Esistono le crisi di mezzo liceo? All'alba del suo quarto anno Marianna, austera e razionale, non vuole farsi cogliere impreparata per la sua futura prima relazione. In via (non del tutto) preventiva propone a Zeno, un ragazzo piuttosto eccentrico e non particolarmente popolare, di allenarsi assieme a lei. Ma l'accordo che le propone potrebbe non essere poi così pieno di benefici...
Genere: Demenziale, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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In genere è il liceo classico a contendersi il dominio della piazza principale delle cittadine con il municipio e il duomo, ma non era il caso della scuola di Marianna. A Barlate il dominio era del liceo scientifico Carlo Fini: non aveva scoperto niente di eccezionale, non aveva vinto nessun premio Nobel per la fisica, la matematica o la pace. Semplicemente era il proprietario del palazzo che a metà dell’ottocento aveva preferito donare una delle sue case ai giuovani talentuosi e senza mezzi, o almeno così recitava l’epigrafe all’entrata, assieme ad un motto in latino che Marianna, dopo quattro anni passati su verbi e desinenze non era ancora sicura di aver afferrato.
L’aria settembrina cominciava a portarsi dietro le prime nuvole, il rintocco delle campane del duomo era il segnale che mancavano dieci minuti alla campanella d’uscita. Marianna stava chiacchierando con delle sue  compagne di classe sotto il cancello dell’uscita. La prof di inglese aveva perso la voglia di insegnare dopo nemmeno una settimana e li aveva fatti uscire in anticipo, anche se non serviva a nulla, visto che  c’erano due bidelli a curare che nessuno uscisse fuori dal cancello già aperto.
-Guarda la chiesa
Alice stava indicando il portone del duomo, che si stava schiudendo in quel momento, lasciando emergere un feretro dall’oscurità della chiesa; era ricoperto da una cascata di fiori cremisi, in netto contrasto con la luce grigio-azzurra che filtrava oltre le nubi spesse. -Chissà chi è morto…
-Quando muoio voglio un funerale come questo
Commentò Alice rapita
In effetti non era il primo funerale che coincideva con l’uscita da scuola, ma di sicuro uno dei più pomposi e solenni, a giudicare da numero di gente, abiti e fiori
La fine dei rintocchi acuti del  mezzogiorno vennero coperti dal ritmo cadenzato e lento di quelle da lutto, gli uomini che sostenevano il feretro camminavano a tempo verso il carro funebre,  all’estrema sinistra della piazza.
Non facendo caso ai bidelli dietro il vetro della segreteria Marianna, Alice e alcuni loro compagni di scuola uscirono disinvolti, forti del fatto che tanto ormai erano all’ultimo anno.
-Ho la bici parcheggiata davanti al municipio
-Anche io Silvia
-Ma perché ve ne andate sempre dall’altra parte della piazza?
- Perché nessuno si mette a forzare un lucchetto sotto il municipio, Alice
-Soprattutto se è di fianco ad una chiesa
La ragazza  annuì con un’alzata di spalle e accompagnò le compagne attraverso la piazza. Man mano che si avvicinavano non  potevano rivolgere la loro attenzione verso la cerimonia funebre: vecchie con il volto coperto di pizzi neri, donne di mezza età con tailleur al ginocchio e grossi occhiali scuri, vegliardi con la schiena curva che si rimettevano il cappello.
Le loro bici erano a pochi metri, ma avrebbero tagliato la strada alla processione funebre, per cui rallentarono fino a quasi fermarsi. Un convitato lanciò uno sguardo burbero verso di loro, come per farle tacere, Marianna rimase pietrificata. E lo rimase anche Zeno: era sorpreso, ma non ostile. Parlagli, fagli un saluto, sorridigli. E invece serrò le labbra e spalancò gli occhi senza salutarlo.
L’espressione gli si indurì all’istante, in un misto di repulsione e delusione.
 
Non lo vedeva da quella sera la primavera scorsa. Andare a Lipsia alle Europee quell’estate era stato un fisco in tutti i sensi: Non solo di lui nemmeno l’ombra, anche la gara in sé stessa era stata un fiasco, proprio perché lei aveva la testa altrove. Certo, non che puntasse al podio, ma aveva le potenzialità per piazzarsi dignitosamente tra le finaliste. E aveva anche sprecato le poche ore di riposo diurno concesse per andare nel posto che aveva visto nelle sue foto, ma aveva perso tempo e guadagnato frustrazione e amarezza.
 
Marianna tornò alla realtà, vide Zeno distogliere lo sguardo diversi passi più avanti; sentì un grosso nodo formarsi nelle budella e salire verso la gola, fece del suo meglio per non dare a vedere a nessuna delle sue compagne il suo stato d’animo e aspettò assieme a loro che la processione passasse per fondarsi alla bici.
Mentre stava cercando di sbrogliare la sua catena vide comparire Alice nel suo campo visivo, accovacciata le parlava attraverso il telaio:
-Tutto a posto?
Se fino ad allora era riuscita a mantenere una parvenza di tranquillità, l’offerta di conforto dell’amica sgretolò completamente la facciata; le lacrime le annebbiarono la vista, mentre Alice le accarezzava un braccio. Quando Marianna si asciugò gli occhi, davanti a lei Alice non guardava verso di lei, aveva lo sguardo alzato verso l’alto, in una posizione difensiva tipo ma-tu-che-vuoi.
-Posso parlare con Marianna per piacere?
Marianna sentì il sangue gelare nelle vene, poi Alice la guardò in cerca di conferma; lo aveva riconosciuto, ma poteva intuire che fosse lui la causa del suo pianto? Senza pensarci troppo tirò su col naso, cacciò indietro le lacrime e fece di si con un cenno del capo; per tutta risposta l’amica si scostò e andò verso le loro compagne, portandole lontano da loro due.
Marianna cacciò la catena nel portapacchi e si alzò in piedi verso di lui; dovette sollevare lo sguardo per vederlo negli occhi, poteva giurare che si fosse alzato di almeno cinque centimetri. Se avesse aperto bocca avrebbe parlato con voce rotta dal pianto.
-Marianna
-Cosa ci fai qui
-Ero ad un funer... ah, intendi ora
Marianna non rispose, si ostinava a fissargli un filo che usciva dal lembo di una manica, Zeno si accovacciò in modo da rientrare nel suo campo visivo, a giudicare da come il vestito pendeva da alcune parti sembrava che avesse perso del peso, i capelli -tagliati da poco-  gli affilavano ancora di più i lineamenti.
-Volevo chiederti scusa, e fare la pace.
Fare la pace? E poi cosa? Far tornare tutto come prima? Anzi, no, perché non diventare scopa-amici direttamente?Marianna si trovò al bivio delle discussioni: far uscire o no tutto il veleno che per mesi le si era accumulato? Se avesse detto tutto quello che pensava avrebbe vinto la discussione, ma avrebbe perso Zeno. Tanto a lui che gli poteva importare di lei? Lei aveva viaggiato per migliaia di chilometri mentre lui non aveva nemmeno fatto la fatica di prendere un pidocchiosissimo biglietto del tram e farsi quattro fermate fino al palazzetto dello sport.
-Scuse accettate
La sua voce era poco più che un borbottio, voleva andarsene, scavallò la bici dalla ringhiera e partì, il mondo si sfocò ancora per via delle lacrime. Aveva già fatto qualche metro che le si parò davanti una grossa sagoma nera, nel frenare Marianna per poco non cadde e quando vide che era ancora Zeno sbottò:
-COSA VUOI ANCORA?
Il ragazzo si sfilò il portafoglio dalla tasca e le porse qualcosa
-Dopo questo_ disse con voce mesta_ ti lascerò in pace.
Marianna rabbiosa non lo prese nemmeno in mano, per cui il ragazzo  lasciò cadere due foglietti nel cestino, dopo di che la lasciò andare.
La ragazza partì di gran carriera verso casa. Nove mesi prima non si sarebbe mai sognata di piangere per qualcuno, figurarsi per amore. Per molto tempo aveva creduto di essere superiore a quelle piagnucolone delle sue compagne e aveva anche pensato di servirsi di un semisconosciuto per togliersi di dosso quell’aria da verginella, che poi comunque non se ne era mai andata. Ben le stava, era proprio una stupida!
Era talmente assorta che quasi non si fermò al semaforo rosso che immetteva in una delle arterie cittadine; nell’inchiodare spostò uno dei cartoncini che Zeno le aveva lasciato, in effetti, quello non era un cartoncino, ma un biglietto. Marianna lo prese in mano, il suo tedesco era inattivo dalle medie, comunque lesse posto singolo Europei Judo Femminile, Intero. Non era stato strappato! Improvvisamente impaziente pescò l’altro oggetto, era una fascetta di plastica lunga una ventina di centimetri e sopra sbiadito poteva leggere il nome e il cognome di Zeno. Era un braccialetto da ospedale, vicino c’era scritta anche la data del ricovero: lo stesso giorno delle finali!
Aveva commesso un grosso stupido errore. Senza indugi girò la bici e si lanciò contromano alla volta della piazza senza curarsi delle macchine e del semaforo che era diventato verde. Pedalò furiosa verso la piazza, ma la trovò vuota, o meglio piena degli studenti che uscivano a mezzogiorno e dieci. Attraversò la folla stando in piedi sui pedali, lo vide che camminava sotto un portico al di là della piazza:
-Zeno!
 Lui si girò, e Marianna lo vide cento volte: che le apriva la porticina sul retro, che emergeva dalla penombra, che appariva sulla soglia del bagno immerso nel vapore, che la teneva per il polso quando era scivolata sul ghiaccio, che si presentava a casa sua perché si era preoccupato, che si teneva in equilibrio dietro di lei in uno stanzino.
Una volta sotto il portico lasciò cadere la bici per terra e corse verso di lui.
Il rumore sordo di corpi che si incontravano, il passo indietro che Zeno fece per non perdere l’equilibrio, le sue braccia che le si chiudevano intorno. Quello era il loro primo abbraccio.
Un dubbio le aprì una voragine nello stomaco, magari lui non intendeva questo… Ma quando sentì le dita del ragazzo tra i capelli,  il buco che si era formato nelle budella si dissolse all’istante. Si allontanò un attimo per guardarlo:  la luce diffusa riflessa dalle nuvole gli illuminava il viso, ancora scaldato da un misto di sorpresa e gioia, la bocca aperta in un sorriso incredulo, gli occhi liquidi brillavano socchiusi, mai era stato così bello.
-Marianna _la sua voce era poco più che un bisbiglio, eppure le fece vibrare lo sterno e il torace_  sono stato uno sciocco.
-Non hai idea di quanto sia felice di vederti
Le sue braccia intorno alla vita, la stoffa della sua camicia premuta contro la sua fronte e la sua guancia rendevano stupidi e vuoti i patimenti che aveva attraversato nei mesi precedenti: era la prima volta che si apriva ad un’altra persona senza cercare di mantenere una reputazione, senza cercare di apparire distaccata. Se solo si fosse comportata in quel modo sin dall’inizio…
Senza che potesse impedirlo Zeno si abbassò a darle un bacio alla base del collo, all’incontro con una clavicola, che la riportò a alla festa di compleanno di due anni prima.
-Ti ricordi, il primo giovedì, quando mi chiedesti perchè io avessi acconsentito a al patto?
-Mai  trovato un modo più elegante di cambiare discorso, visto che quando te l’ho chiesto tu mi hai..
-Infilato la lingua in bocca?
-Ma che zarro!
Una coppia di vecchiette alla fermata del bus si girarono verso di loro con gli occhi spalancati; Marianna si staccò dall’abbraccio, ma gli prese comunque la manica della giacca, ed andò a tirare su la bicicletta.
-Magari, monsieur finesse, è meglio andare via
-E via dove? Sai che non posso mantenerti, almeno finché la mia attività di ricettatore non è ben avviata
Marianna sorrise  cortesemente alle due vecchiette che si erano voltate di nuovo verso di loro per poi rivolgere a Zeno un’occhiataccia laser; stava per porgergli la bici, ma si accorse che lui era passato avanti dopo aver gettato uno sguardo amareggiato al telaio. Se non si era offerto lui di farla salire sulla canna allora non era il caso di chiederglielo, anche perché –l’abbraccio glielo aveva confermato-  sentiva che qualcosa era diverso, più fragile e cauto rispetto a prima; d’un lampo la sua mente saltò al braccialetto d’ospedale che le aveva lasciato e il salto a una a caso tra malattie incurabili, tumori maligni, malformazioni genetiche e malattie sessualmente trasmissibili fu immediato maledetta Maria!
-Hai detto qualcosa?
-Andiamo al parco?
Zeno annuì entusiasta:
-Ho la mia bici di fianco al Comune
Misero un piede fuori dal portico e cominciò a piovere. Non una di quelle belle piogge fini che creano arcobaleni, nemmeno quelle grosse dei violenti e brevissimi temporali estivi, ma una pioggia insistente, autunnale, che non aveva la minima intenzione di finire nel giro di qualche minuto. I due si guardarono in faccia e senza dire una parola concordarono sul dove andare.
 
Fido venne loro incontro senza curarsi dell’acqua battente, non riconobbe subito Marianna finché non le fu abbastanza vicino per sentire il suo odore attraverso quello dell’acqua e del fango, lei gli si accucciò vicino riempiendo quel grosso cagnone fradicio di tutte le coccole che non gli aveva fatto in quei mesi.
-He-Hem
Entrambi si voltarono verso Zeno, che aveva i capelli appiccicati alla fronte ed un piede già in casa. Con una mano Marianna grattava ancora dietro l’orecchio di Fido, un sorriso sghembo le si aprì sul viso: Sei geloso?
-No affatto, continua pure
Le rispose con un tono che voleva sembrare noncurante, ma con scarsissimi risultati, ed entrò in casa. Appena sparito dietro la soglia Marianna sentì all’istante il bisogno di entrare anche lei, in più cominciava ad avere i brividi, non voleva ammalarsi e l’odore di cane cominciava ad essere troppo forte; resistette fuori venti secondi sforzandosi al massimo, poi salutò fido ed entrò.
Lasciò la cartella nell’atrio e si tolse scarpe e calze, salì le scale attraverso qualche rampa e si imbatté in Zeno, con in mano un grosso asciugamano color corallo. Lui aprì una porta a lato, dava sul bagno arancione della volta prima, Marianna prese il grosso panno e lo guardò negli occhi, aspettandosi qualcosa di ben preciso. Lui sembrò cogliere l’allusione, negli occhi aveva un’ombra vaga; come al solito molti dei moto di Zeno le rimanevano impenetrabili. Tuttavia un sorrisetto gli alzò lo zigomo:
-Io sono un ragazzo serio
E così dicendo chiuse la porta del bagno, lasciandola a farsi da sola la doccia. Pessimo, Pessimo! Le aveva fatto fare la figura della pervertita, quel deficiente. Respinta e furiosa Marianna si lavò; come la volta precedente non c’era nessun bagnoschiuma in bottiglia, solo una sfilza di saponette colorate, che a prima vista potevano sembrare una collezione di minerali levigati. Scelse ancora quella bianca, dall’aspetto più sobrio  e meno costoso, anche se si divertì molto ad annusare le altre, finché non riconobbe quella di Zeno: un cubo verde acido, su una faccia erano ancora distinguibili delle lettere in arabo, sapone di Aleppo. Con ogni probabilità il più costoso di tutti. Era strano avere in mano uno dei suoi oggetti personali, non sapeva di fiori, o di aromi artificiali –o peggio, di sandalo- sapeva di foglie; Marianna sorrise fra se e se, era da li che lui prendeva quell’aria vagamente selvatica? Una piccola parte di lei vagò verso di lui, bagnato, ancora malato. Marianna fin in fretta e furia di farsi la doccia, si asciugò e si vestì in un batter d’occhio e spalancò la porta del bagno.
Capì che era stato inutile quando scese nello studio-salotto e lo vide infilarsi una maglia blu scuro, i capelli corti ancora imperlati d’acqua. Quando lui sollevò lo sguardo riconobbe ancora quel misto di risolutezza e urgenza, solo che questa volta le si gelò il sangue nelle vene.
Quasi istintivamente Marianna si sedette sul divano, notò il libro che aveva letto l’autunno precedente era ancora li, con un segnalibro in mezzo, proprio all’inizio.
-Ogni volta che lo leggo è sempre diverso
Lo sentì lasciarsi andare sul sofà poco più in la, il viso che guardava il soffitto, i legamenti e i muscoli del collo, che finivano nelle clavicole poco sotto la maglia. Zeno era cambiato: tirato come una corda di violino, asciutto, allo stesso tempo sfibrato.
-Cosa è successo il giorno della gara
Come al solito Marianna non aveva il concetto di gradualità, abbinato a delle tematiche delicate, fortunatamente Zeno lo sapeva, le sembrò addirittura grato.
-Stavo arrivando in bici_ i suoi occhi erano puntati al soffitto come due fanali, come se stesse proiettando su di esso il suo racconto_ il palazzotto dello sport non era molto lontano da casa, ed ero talmente agitato che non sarei riuscito a stare seduto su un autobus per più di mezzo minuto. In genere il nervosismo acuisce i sensi, ma non ho visto la portiera della macchina davanti a me aprirsi e ci sono sbattuto._ il ragazzo si toccò lo sterno_ di li passava un’auto, quasi mi sono visto finirci sotto, però mi hanno detto che ho picchiato all’angolo del cofano e sono rimbalzato ancora.
Il viso di Marianna era deformato dall’orrore: ti sei rotto qualcosa?
Zeno si alzò e si mise a camminare:
Costole rotte e molte microfratture, ma la parte peggiore erano le ferite, non mi ricordo quasi niente, ma sono atterrato su un recinto di ferro accuminato e mi hanno cucito tre buchi.
Vedendo la sua espressione Zeno si mise quasi a ridere:
-Sto bene adesso!
-Ma perchè non mi hai detto nulla?
-Ma vedi l’espressione che hai adesso? Come ti saresti comportata allora? E poi io non avevo intenzione di farmi vedere da te alla gara. E non volevo nemmeno che sapessi che ero all’estero. In verità volevo solo rimanere lontano più possibile da te, pensavo che non volessi più avere a che fare con me e che la cosa migliore fosse quella di lasciarti più libera possibile. Ma quando ho visto i manifesti con gli europei di judo ho cominciato a pensare: magari eri la a gareggiare, o forse no, chissà se eri riuscita a battere quella li… Marisa, giusto? Magari vedendoti per un’ultima volta, vedendo come te la cavavi anche meglio senza di me, mi sarei completamente disinteressato e finalmente mi saresti stata indifferente.
Il suo racconto andò avanti, probabilmente era la prima volta che raccontava tutta la storia a qualcuno, probabilmente non  aveva mai nemmeno lui stesso messo a posto i suoi ricordi. Sempre camminando, o sedendosi dove capitava continuò a raccontare: la convalescenza e la riabilitazione, del quasi litigio con Mauro una volta tornato a casa una settimana prima poiché era fuggito senza preavviso ed aveva staccato il cellulare, era li che aveva scoperto Marianna lo aveva cercato.
-Mi ci è voluta una settimana intera e diverse lavate di capo da parte di Mauro per capire che forse non mi eri indifferente. E anche la morte di un mio prozio malato per venire da te. Avevo fatto male i calcoli però…
-Pensavi che ti sarei corsa tra le braccia?
-Quello lo hai fatto. Ma è tutto ciò che è venuto prima che non ho calcolato
Marianna si alzò e gli avvicinò, c’era ancora una cosa da sistemare, lei non era di certo il tipo di gelosona che andava a chiedere certe cose…
-E Marta?
Merda!
-È stato Mauro, vero?
-Come fai a saperlo?
-Quel ragazzo è un colabrodo_ Zeno le appoggiò le mani sui fianchi_ se lavorasse per il governo americano altro che Wikileaks…
Mariannna si schiarì la voce, Zeno roteò gli occhi e cominciò a spiegare:
-Non ero innamorato di lei, piuttosto del fatto che lei fosse molto più grande di me, e quindi più libera e indipendente, cose che io volevo follemente. Dopo il nostro incidente -perché penso che Mauro ti abbia parlato anche di quello- e soprattutto dopo quest’estate, mi sono reso conto di amare la libertà e la dipendenza che lei aveva, piuttosto che una mia copia perfetta al femminile. Tra le varie cose cu cui ho riflettuto mentre mi si risaldavano le ossa questa è stata di gran lunga la più liberatoria e piacevole.
Marianna gli mise le braccia intorno al collo e gli si avvicinò ancora, ma venne interrotta
-E Mauro?
Ridacchiarono entrambi.
-Mauro… a differenza tua non scappa, non prende decisioni imprevedibili, sa ascoltare e sa parlare. _Marianna ci pensò un attimo_ ed è dieci centimetri più alto di te
-Ora sono cinque
-Oggettivamente è molto carino ma non è te. _Marianna si morse un labbro prima di continuare_ Parlarti, guardarti, non è mai noioso, metà del tempo con te la passo a cercare di capire cosa ti frulla per il cervello, l’altra metà a cercare di non sembrare troppo attratta da te. Sei imprevedibile e instabile, ma possiedi una forza che non ho mai visto in nessun altro, desideri sempre la felicità altrui. Questo è ciò che io ho capito in un anno, ma penso di aver grattato solo un po’ di superficie.
Sollevò lo sguardo per trovare conferma di ciò che aveva appena detto, il sorriso più caldo e dolce si schiuse sul volto di Zeno, mentre sorrideva i suoi occhi cambiarono colore, la strinse un po’ di più:
-E tu sei ossessiva e indecisa, ma lotti per ottenere ciò che vuoi e arrivi sempre a comprendere il cuore delle cose. Solo ora capisco che solo una parte di ciò che provi traspare in superficie: sotto uno schema rigido e razionale è come se i moti del tuo animo ribollissero e vorticassero.
-Come in un brodo primordiale?
-In realtà è più un budino… anche io so arrivare al cuore delle cose Marianna?
Lei gli mollò un bacio a bruciapelo. Con uno slancio leggero Zeno si sedette sul divano, intrecciandosi con Marianna
-Tu_ rispose lei appoggiando la fronte su quella del ragazzo_ sei il cuore delle cose. 


Grazie alle persone che mi hanno supportato:Nimue, ElectricalStorm e Sosy e a tutti coloro che sono arrivati fino qui a leggere! Al solito, commenti, critiche e roba simile sono sempre ben accetti, spero che vi siate divertiti a leggerla almeno la metà di quanto io a scriverla.

Delucidazioni!
piccole cosette qua e la che per linearità e brevità ho lasciato che si perdessero. nel caso interessassero...

-il libro che marianna ha letto e lasciato a metà e che poi ricompare nell'ultimo capitolo è il Simposio di Platone; mai visto tanto slash in vita mia, lo adoro oltre ogni misura, se vi capita sotto mano leggetelo!
-Zeno ha i capelli più corti perchè lo hanno rapato quando gli hanno estratto del ferro dal cranio, ha preso anche un bel traumetto cranico
-Non gli ho fatto spezzare alcun arto nell'incidente perchè voglio che continui a fare sport
-Marta non compare alla fine, ma in origine doveva morire e "passare il testimone" ma 1-mi sembrava squallidissimo, 2-in quel modo sarebbe stato come se Zeno fosse incapace di agire indipendentemente. Per un certo periodo avevo anche architettato un piano con un ciondolo da far arrivare nelle mani di Marianna, ma anche quello mi è sembrato molto finto e squallido oltre misura.
-vorrei che la mia migliore amica fosse come Alice Laghi e non come Marianna (è così che stanno le cose nella realtà)
-in questo momento ho l'impulso di scrivere una fanfiction su questa fanfiction D:
  
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