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Autore: Amy Dickinson    15/07/2014    1 recensioni
Una piccola favola, semplice e priva di pretese, dedicata al mio OTP in questo fandom: SanSan ❤ 
Sansa è una bambina che vive tranquilla la sua vita nel villaggio di Winterfell, scandita dalle passeggiate con Lady, dalle faccende di casa e dai litigi con sua sorella Arya. Un incontro segnerà una svolta nella sua esistenza e un evento incredibile la cambierà per sempre :3
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Amy Dickinson © 2014 (15/07/2014) 

Disclaimer: Tutti i personaggi appartengono a George R. R. Martin, HBO e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata redatta per mero diletto personale e per quello di chi vorrà leggerla, ma non ha alcun fine lucrativo, né tenta di stravolgere in alcun modo il profilo dei caratteri noti. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.







Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

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- Capitolo Tre -

La Foresta del lupo era profondamente buia ed il vento frusciava gelido tra gli alberi, scuotendo i capelli e gli abiti di Sansa, fino ad appiccicarglieli addosso. Prima d’allora non era mai stata nella foresta da sola, specie a tarda ora, e non aveva la più pallida idea di che direzione prendere. In quel momento il suo unico pensiero era per Lady e quindi, si disse, dato che non sapeva come orientarsi, qualunque direzione sarebbe andata bene, purché fosse andata avanti. 

Mosse passi lenti e cauti, cercando di stare attenta a dove metteva i piedi e sussultando ogni volta che udiva rumori nelle vicinanze. 

“Questo posto mette i brividi” pensò, osservando i rami spogli degli alberi-diga che recintavano una moltitudine di sempreverdi, a ogni passo più vicina man mano che Sansa avanzava nel folto della foresta. 

Sembravano creature grosse, deformi e mostruose, serve della fitta boscaglia che, narrava una vecchia leggenda di paese, divorava ogni cosa nelle sue fauci.

“No, non devo pensarci. Sono storie, solo storie” tentò di farsi coraggio. “Una volta che sarò fuori da qui potrò raggiungere Torrhen’s Square e andare a cercare Lady. Poi ce ne torneremo finalmente a casa”

Quando, tempo dopo, i suoi occhi si furono abituati all’oscurità, i suoi passi si fecero più sicuri. Avanzò nella direzione che le suggerì la mente convincendosi che, se avesse seguito la fila di pini che le si stagliava davanti, sarebbe arrivata a destinazione più rapidamente. 

Ad un certo punto dovette appoggiarsi al tronco di un albero e fermarsi un momento a riprendere fiato, la strada era scoscesa e piena di piccoli ostacoli e camminare nella foresta era più faticoso di quanto ricordasse. Prima di proseguire diede un’occhiata al cielo, ma le cime dei pini erano così alte che le coprivano gran parte della visuale, permettendole di vederne solo un piccolo, scurissimo rettangolo. Sospirò e si rimise in cammino.   

Trascorse ancora un po’ di tempo, Sansa si fermò nuovamente e guardò dritto davanti a sé. Non aveva idea di quanto altro ci sarebbe voluto, stava per fare una supposizione quando notò due piccolissime luci non troppo lontano da dove si trovava.

“Delle luci?” si chiese, stupita, stringendo gli occhi più volte. “Che mi stia avvicinando a Torrhen’s Square?” 

Non poteva dirlo con sicurezza, ma un sorriso si dipinse spontaneamente sulle sue labbra. All’idea di lasciare la foresta per il sentiero, la bambina si sentì sollevata e prese a camminare più in fretta in quella direzione. Ma, anche se si faceva dappresso, le luci non divennero tanto grandi quanto lei si era aspettata ed il loro pallore giallo-rossiccio le diede i brividi. Il suono quasi impercettibile di un respiro si fece ad ogni passo più nitido, fu allora che Sansa si fermò e capì. 

Quelle luci non erano lanterne in lontananza, bensì gli occhi di un animale. Mentre lei realizzava ciò, il rumore sommesso e grave di un ringhio risuonò nell’aria, estremamente simile a quello dei cani lupo di casa Stark. 

«La-Lady?» chiamò con voce tremante, dopo un attimo di esitazione, sperando con tutto il cuore che si trattasse della sua buona amica, riuscita in qualche modo a scappare dalle grinfie di Joffrey. «Lady, sei tu?» 

Forse si trattava di un meta-lupo. Forse di un lupo e basta.  

Il ringhio divenne più forte e minaccioso ed il sinistro brillare di quegli occhi le fece capire che non poteva trattarsi di Lady. L’amica a quattro zampe era affettuosa e tanto buona, non le ringhiava mai contro e non l’avrebbe fatto neppure in quella circostanza. E poi, se davvero si fosse trattato di lei, sarebbe corsa tra le braccia della sua padroncina al primo richiamo, non vi era alcun dubbio. 

Improvvisamente, Sansa vide l’animale sbucare da dietro un albero. Al buio poté scorgere solo i contorni della figura, ma non le occorreva conoscerne i dettagli per sapere che quella bestia era pericolosa. 

Ned Stark si era sempre raccomandato con i suoi figli di non andare nella Foresta del lupo da soli perché, se si chiamava a quel modo, di certo c’era una ragione – e più che valida. Quando Arya gli aveva domandato il perché dovessero temere i lupi, il padre le aveva spiegato che questi erano animali selvatici e bisognava essere prudenti perché, qualora si fossero sentiti minacciati, non avrebbero esitato ad attaccare per difendersi. 

Il lupo annusò l’aria e non smise mai di fissarla con i suoi occhi da predatore. Sansa era così spaventata che riusciva a malapena a respirare. Come quello avanzò di un paio di passi verso di lei, la fanciulla non si trattenne e lanciò un grido, scappando a gambe levate nella direzione opposta. 

Alle sue spalle si udì un altro ringhio e il lupo le fu presto alle calcagna. La paura di essere aggredita le diede la forza necessaria per correre più in fretta, ma non servì a distanziarlo di molto. Inoltre, pensò che lo spavento le stesse giocando un brutto tiro perché, ad un tratto, quel respiro si fece così forte che le sembrò di essere inseguita non da uno, ma da cinque, dieci lupi. Non poteva essere, prese a ripetersi, eppure era certa che le sue orecchie non stessero mentendo, ma non aveva il coraggio di voltarsi ed appurarlo. 

La situazione peggiorò quando si trovò davanti un trio di alberi i cui tronchi erano così vicini da sbarrarle il passaggio. Il lupo la raggiunse in un baleno ed un numero imprecisato di altre figure identiche si avvicinava a gran velocità. La mente di Sansa corse frenetica, alla ricerca di una soluzione.

“Pensa, pensa!” ordinò a se stessa. 

Sentendoli arrivare, si appigliò a uno dei rami più bassi dell’albero alle sue spalle e, poggiando un piede su una sporgenza delle radici nel terreno, si spinse verso l’alto, afferrando un altro ramo. Combinando la forza di braccia e gambe, la bambina scalò metà tronco e si fermò soltanto quando si trovò a un’altezza tale che i lupi non avrebbero potuto raggiungere neppure alzandosi sulle zampe posteriori.   

Sebbene gli animali continuassero a ringhiare sotto di lei, Sansa si sistemò su un ramo ed ebbe modo di calmarsi e riprendere fiato. 

“Qui sopra sono al sicuro. Tra non molto si stancheranno e se ne andranno, allora potrò scendere” rifletté. 

Attese un tempo che le parve infinito e notò che quasi tutti i lupi presero ad allontanarsi, capendo che per loro non c’era alcun pericolo. Ma la bestia che per prima aveva rincorso la bambina, pur avendo smesso di ringhiare quasi subito, non accennava ad andarsene. Girava intorno al tronco con aria tenace e non staccava mai quello sguardo luminoso da Sansa. Non poteva salire fin lassù, era vero, ma averlo lì sotto in attesa non era comunque molto rassicurante. Dopotutto non gli aveva fatto nulla, perché se la prendeva con lei a quel modo? 

Poi, di punto in bianco, il quadrupede smise di camminare e si fermò proprio sotto il ramo sul quale sedeva la bambina, restando come in attesa di qualcosa. 

“Ma perché non te ne torni nella tua tana?” pensò, incrociando le braccia al petto. 

Non tardò ad ottenere la risposta. Con un rumore secco e deciso, il ramo sopra il quale sedeva si spezzò, staccandosi di netto dal tronco, e la povera Sansa, non facendo in tempo ad aggrapparsi a qualche altro ramo, precipitò in basso e toccò terra con un tonfo. 

«Ahi!» si lamentò, sfregandosi il corpo in più punti. 

Il lupo, che si era spostato di pochi passi non appena l’aveva vista cadere giù, coprì quella breve distanza e fu subito su di lei. La fanciulla, compreso di non avere più via di scampo, si gettò le mani sulla testa e chiuse gli occhi. 

Il respiro dell’animale era caldo e, ancora una volta, lo sentì crescere e moltiplicarsi. Avvertì movimento intorno a lei, zampe che si muovevano fra rametti e sassolini, nasi che fiutavano la sua figura immobile, scossa solo da un lieve tremito. 

Improvvisamente, due arcate di denti aguzzi si chiusero sul mantello all’altezza delle gambe e tirarono, strappando via brandelli di tessuto e sfiorandole il vestito sottostante. Sansa sussultò ed iniziò a singhiozzare forte, non riuscendo più a trattenere le lacrime. 

“Mi mangeranno!” si disse, inorridita. 

Nella sua mente iniziò subito a riecheggiare la storia di quella bambina che venne divorata da un lupo famelico insieme alla nonna, emergendo dai suoi ricordi con la voce di Nan, la vecchia balia di casa Stark. 

Iniziava a rassegnarsi a quel triste e forse inevitabile epilogo, quando accadde qualcosa di inaspettato. 

Un nuovo ringhio echeggiò forte nell’aria, grave e raschiante, diverso da quello dei lupi. Il branco non tardò a rispondere e presto ci fu trambusto. 

Sansa, spaventata come non mai, restò accucciata sul terreno senza muovere un muscolo, limitandosi solamente ad aprire gli occhi e a sbirciare la scena tra le proprie dita. Notò che era sbucata dal nulla un’altra figura, imponente e minacciosa, intenta a lottare contro i lupi. Il branco non era numeroso come lei si aspettava, riuscì a contare quattro esemplari in tutto, eppure quanto a forza ed agilità valevano per dieci. Ma l’altra bestia non era da mano: da sola riusciva a difendersi senza troppi sforzi, contrattaccando con morsi e zampate così potenti da far guaire i lupi adulti come fossero cuccioli. 

Quando ormai tutti avevano il fiato corto per via del duro combattimento, l’ultimo arrivato iniziò ad abbaiare, scoprendo i denti in modo minaccioso e i lupi, pur ringhiando ancora, furono costretti a indietreggiare e a lasciare quel tratto della foresta. 

“Se ne sono andati!” fu il pensiero incredulo di Sansa. 

Ma questo non la fece sentire del tutto sollevata perché, sebbene i lupi si fossero allontanati, il cane non accennava a farlo. 

“Dalla padella nella brace, sono proprio fortunata!” si lamentò, fissando i contorni dell’animale. “Senz’altro è un randagio, quindi non è molto diverso dai lupi” 

Se perfino loro si erano fatti intimidire, lei che speranza poteva avere contro un simile bestione?

“Forse dovrei risalire sull’albero, fintanto che è girato non mi vedrà. È l’unico modo che ho di sfuggirgli, devo solo stare attenta ai rami più piccoli”

Si mise in ginocchio con movimenti lenti ma, quando fece per sollevarsi, sentì dolore a una caviglia e quasi ricadde. Trattenendo un lamento, riuscì ad alzarsi in piedi appoggiando le mani sulla corteccia. Afferrò il ramo più basso come aveva fatto in precedenza e si sforzò di tirarsi su, in modo da raggiungere quelli più in alto, ma la caviglia bruciava. Istintivamente, posò una mano laddove sentiva male, avvertendo il tessuto delle calze invernali squarciato e bagnato.    

“Sicuramente mi sono ferita cadendo giù” constatò, sentendo sassi di varie dimensioni sotto i propri stivali. “Devo fasciarmi la caviglia come ha fatto quella volta maestro Luwin con il braccio di Jon”

Mentre pensava a come curarsi, la giovane non si era accorta che il cane si era voltato nella sua direzione e le si era avvicinato. Quando se ne rese conto, si addossò con la schiena al tronco dell’albero e lanciò un gridolino di spavento. L’animale, per tutta risposta, non si scompose e continuò ad annusarle il mantello e le scarpe come stava già facendo. 

“Anche se non riesco a vederne il muso, questo cane – perché dev’essere un cane – mi ricorda Gregor, il mastino di Joffrey. Mi fa paura. E se volesse farmi del male?” 

A dispetto di quello che lei pensava, la bestia non sembrava affatto intenzionata ad aggredirla, come se il cane che aveva appena combattuto contro i lupi fosse un altro e non lui.   

“Perché mi sta annusando? Non avrò addosso l’odore di Lady? Se è Gregor, di sicuro allora è scappata e la sta cercando”

Il cane le annusò prima una caviglia, poi l’altra, quindi fece l’ultima cosa che la bambina si sarebbe immaginata: aprì la bocca e iniziò a leccare la ferita. Sansa ne fu enormemente sorpresa perché, prima di allora, quel gesto lo aveva visto fare dai cani nei confronti dei padroni, ma mai verso degli sconosciuti. E poi, si chiese, possibile che Gregor volesse curarla? Quello stesso Gregor che si era scontrato con i cani lupo e che le aveva ringhiato contro con ferocia solo qualche ora prima? Stentava a crederci, eppure l’animale era lì e si stava impegnando per lenire il taglio.

La sua lingua era liscia, calda e umida e, passato il bruciore iniziale, cominciò quasi a farle il solletico. Quando ebbe finito e sollevò la testa, Sansa ne approfittò per ritrarre le gambe, portandosi le ginocchia al petto. Nel farlo sentì che il dolore alla caviglia era già diminuito un po’, tanto che riuscì a piegare le gambe senza grosse difficoltà. 

Il cane tenne gli occhi fissi su di lei, l’aria stranamente tranquilla. 

“Questo cane si comporta in modo strano, non c’è che dire. Prima mi ringhia contro e lotta con Lady e gli altri, poi mi difende dai lupi e mi cura una ferita. Se non fosse una cosa assurda direi che non si tratta dello stesso, ma è impossibil... Un momento, e se fosse così, invece? Che questo qui sia semplicemente un altro cane?”

Strinse gli occhi e osservò la bestia, cercando di esaminarla nonostante il buio.

“Guardandolo bene sembra leggermente più piccolo di Gregor. E poi non ha il collare. Non è abbastanza per dire con certezza che si tratta di un altro cane ma sono fermamente convinta che, se si trattasse di Gregor, a quest’ora mi avrebbe già sbranata. Sono ancora qui, invece, e tutta intera. No, non può essere lui, ne sono convinta. E potrei fare un tentativo per esserne certa...”

Prese un bel respiro e si schiarì la voce. 

«Gregor?» chiamò, titubante. 

All’udire quel nome, il cane fece uno scatto e si guardò attorno con circospezione, producendo un ringhio basso e minaccioso. Le si parò davanti e sembrò volerla nascondere dietro il proprio corpo, come a proteggerla da un pericolo imminente. Sansa non seppe il perché, ma sorrise con sollievo nel constatare che non si trattava di Gregor. Non conosceva affatto quel cane, però sentiva di potersi fidare di lui, dopotutto l’aveva salvata. 

«Non preoccuparti, lui non è qui» si sentì dire, rendendosi conto di aver proferito parola solo quando ormai aveva già richiuso la bocca. 

L’animale si volse verso di lei e la scrutò in silenzio, quasi come se stesse meditando su qualcosa. 

“Si è comportato come se lo conoscesse. E quando gli ho parlato si è girato, proprio come fanno Lady e i suoi fratelli quando vengono chiamati. Chissà, magari è un cane addomesticato” rifletté. “Mi chiedo se, trovandosi qui nella foresta, non sia stato abbandonato dal padrone. Non sarebbe né il primo, né l’ultimo, purtroppo”

Lasciandosi influenzare da quel pensiero, Sansa si sentì improvvisamente coraggiosa e pian piano, ma senza indugi, allungò una mano verso il cane. Quello l’annusò per qualche secondo, poi ne leccò il palmo. La bambina sorrise e capovolse la mano per accarezzare la grossa testa che gli si parava davanti agli occhi e lui si lasciò toccare, mansueto come un agnellino.   

«Sei buono» gli disse. «E non sai quanto ti sarei riconoscente se mi portassi fuori da questa foresta. Devo trovare Lady, la mia cagnolina, perché è in pericolo» 

La guardò con aria comprensiva, come se capisse perfettamente quel che gli aveva appena detto. Allungò la testa verso il polso della piccola e prese un lembo del mantello fra i denti, tirando leggermente verso di sé.

«Ma che fai?» chiese una Sansa piuttosto confusa.

Ovviamente, il cane non poté darle una risposta a parole, ma poi la bambina capì lo stesso. L’aveva tirata verso di sé per farle intendere che doveva alzarsi, quindi l’aveva aiutata a rimettersi in piedi permettendole di appoggiarsi alla sua schiena. Poi morse un altro lembo del mantello e tirò ancora per farle capire che doveva camminare e seguirlo. Si disse che non aveva niente da perdere, anzi, grazie al senso dell’orientamento del cane sarebbe arrivata alla meta molto più in fretta che affidandosi al proprio, quindi lasciò che la guidasse.   

Ma ben presto notò le querce sostituire il manto di pini-soldato e comprese che il cane non la stava portando dove desiderava andare, quindi si fermò di colpo.

«Non voglio tornare a Winterfell, lì c’è la mia casa. Devo trovare Lady che, ormai, sarà già a Torrhen’s Square» tentò di spiegare, sentendosi una stupida a continuare a parlare con il cane come fosse un essere umano. 

Il bestione la guardò un momento e poi abbaiò, come ad esortarla a seguirlo, però la fanciulla scosse la testa. 

«No, la mia direzione è un’altra» 

Ma quello continuò ad insistere, abbaiando ripetutamente. 

«Scusami, cane, ma non verrò con te. Ho già perso troppo tempo, devo proprio andare ora. Ciao e grazie per l’aiuto» disse con fermezza, dandogli le spalle e allontanandosi a grandi passi. 

Per un po’ lo sentì abbaiare ancora ma, avanzando di nuovo nel folto della Foresta del lupo, quei versi si fecero sempre più deboli e lontani, finché si spensero del tutto. 

“Speravo davvero che avrebbe potuto condurmi per la giusta via, invece temo che dovrò trovarla da sola”

Non aveva la minima idea di che ora fosse, la foresta era grande e per attraversarla ci si impiegava parecchio tempo. Si chiese se la sua famiglia la stesse cercando e, supponendo di sì, non poté che darsi della sciocca. Quando Joffrey le aveva portato via Lady non aveva pensato ad altro che a trarla in salvo, dimenticandosi di correre dalla sua famiglia e chiedere l’aiuto del padre e dei fratelli maggiori. Loro avrebbero saputo come arrivare a Torrhen’s Square più in fretta e anche come riprendersi Lady. Ma, in un’esplosione di coraggio per lei del tutto inusuale, si era lanciata alle calcagna del ragazzino senza pensare e, in quel momento, tornata ad essere la Sansa di sempre, la paura riprese il sopravvento e desiderò essere a casa, al caldo ed in buona compagnia. 

“Adesso non pensi già più a Lady?” improvvisamente, la vocina sprezzante tornò a farsi sentire nella sua testa. “Sapevo che sarebbe andata così, da una fifona come te non ci si poteva aspettare altro. Ritornatene a casa, finché sei in tempo, o finirai per incontrare altri lupi e non ci penseranno due volte a divorarti”

«È vero che ho paura» ammise a se stessa, dando voce ai propri pensieri. «Ma non l’abbandonerò mai. Attraverserò la foresta e non mi fermerò finché non avrò raggiunto Torrhen’s Square»

“Nemmeno se incontri un orso alto due metri?”

«Sciocchezze, è ancora inverno e gli orsi sono in letargo»

“Potrebbero esserci dei briganti...”

«N-non ci sono»

“Oh, davvero? E come puoi esserne certa?”

«Adesso basta!» gridò, esasperata. 

La sua voce riecheggiò tra gli alberi e non giunse alcuna risposta né fuori, né dentro la sua testa. 

«Calmati, Sansa, anche se sembra la voce di Joffrey è solo la tua immaginazione» si disse, facendo respiri lenti e profondi per scacciare l’agitazione che l’opprimeva. 

La foresta le sembrò più buia e minacciosa che mai e, sebbene avanzasse, non poteva che muoversi alla cieca in mezzo a quel mucchio di alberi tra loro identici. Cercò di non perdere le speranze e continuò per lungo tempo, vagando senza sosta in quella infinità di verde, marrone e nera oscurità, ripetendosi che non doveva mancare poi molto.

Qualche decina di passi più in là scorse una serie di piccole luci lontane. Si fermò e strinse gli occhi, osservando con attenzione e pregando che non si trattasse di nuovo dei lupi. Non ci mise molto a capire che quei piccoli guizzi di luce altro non erano che fiammelle. 

“Sono delle fiaccole, Torrhen’s Square non deve più essere lontana. Stavolta la direzione è quella giusta, me lo sento!” sospirò di sollievo. “Devo seguire quelle luci e arriverò in paese in men che non si dica. Ah, devo essere nata sotto una buona stella!”

Dirigendosi verso i fiochi bagliori delle abitazioni a valle, Sansa si inerpicò prima sopra una piccola altura e poi dovette superare un gruppetto di pioppi abbarbicati gli uni sugli altri, schiacciandosi contro le cortecce per passarvi attraverso. Dopodiché, poco alla volta, gli alberi cominciarono a diradarsi, finché la bambina non si trovò davanti un magnifico, intenso cielo blu costellato di stelle e, più avanti, oltre un ammasso di rocce, il guizzare delle fiaccole di Torrhen’s Square, più grandi e luminose di prima. 

Non potendo aggirarle, salì e ridiscese ogni roccia con cautela, finché non raggiunse la sommità dell’ultima e da lì si godé lo spettacolo della vallata sottostante: un insieme di medi e piccoli villaggi illuminati dalle torce, una vista che prima d’allora non le era mai stato possibile ammirare.  

Ipotizzò il nome di ciascuno dei centri abitati a seconda della posizione in cui esso si trovava, approfittandone per riposare un po’ dopo la lunga camminata. Quando non riuscì a distinguere i villaggi più lontani si sollevò sulle punte dei piedi, sperando così di poter scorgere ancora un po’ di quel panorama. Ma fu un errore. 

Sansa non si era accorta che l’ultima roccia sulla quale si era arrampicata era a strapiombo su un fosso. Nell’arco di un istante perse l’equilibrio e, con il mondo che le vorticava attorno, precipitò giù. 

L’impatto non fu piacevole: l’acqua sottostante, pur non essendo ghiacciata, era comunque così fredda che le sembrò di sentire una moltitudine di lame perforarle la pelle. 

“Dei, siate misericordiosi!” implorò dentro di sé, incapace di chiamare aiuto per via del gelo che le mozzava il fiato –comunque, anche se ci fosse riuscita, laggiù nessuno avrebbe potuto sentirla.  

Per non annegare, mosse gambe e braccia, scompostamente e spasmodicamente, faticando non poco per rimanere a galla con addosso i vestiti ormai zuppi e per non ingerire acqua. Cercò con tutte le forze un appigliò cui aggrapparsi, ma la parete rocciosa era liscia e le sue piccole mani continuavano a scivolare. Non ci vollero che pochi minuti perché fosse completamente esausta. 

“Che cosa farebbero i miei fratelli al posto mio?” si chiese, perdendo lucidità. “Probabilmente non si perderebbero d’animo e continuerebbero a nuotare. Ma io non sono come loro. Non sono né forte, né coraggiosa. So cucire e ricamare, ma non so lottare come i lupi, né nuotare come le trote. Oh, Madre...”

Lacrime sgorgarono copiose dai suoi occhi e andarono a confondersi con le gocce d’acqua e sudore che le imperlavano il viso. Era stanca, troppo stanca per continuare a nuotare, i suoi movimenti si fecero sempre più lenti e goffi, finché non sentì il proprio corpo irrigidirsi sotto il freddo morso di acqua e vento. Allora alzò la testa verso il cielo e le parve di distinguere ad uno ad uno i volti della sua famiglia. Eddard, così onesto e dignitoso, affiancava Catelyn, forte e amorevole al tempo stesso. Poi fu il turno di Robb e Jon, il primo sorridente e il secondo con quell’eterna aria un po’ mesta, ma gentile. In seguito apparvero Brandon e Rickon, poi arrivò Arya, con quella sua espressione furba e battagliera. Infine toccò alla sua Lady, per lei insostituibile compagna di giochi e passeggiate.

“Perdonatemi...” fu il suo ultimo pensiero, poi svenne. 

L’acqua si riversò addosso a quel piccolo corpo privo di sensi. Ancora un momento e, con tutta probabilità, la bella fanciulla di casa Stark sarebbe annegata. 

Ma lei era nata sotto una buona stella, dopotutto. 

Una mano si avventurò nell’acqua e frugò alla sua ricerca, non riemergendo finché non l’ebbe trovata. 

Sansa venne afferrata per il bavero del mantello e issata fin sulle alte rocce. Una corda venne slegata da un albero solitario ed un paio di braccia forti si caricarono la piccola in spalla, spostandosi in direzione della foresta. 

Era nata sotto una buona stella, dopotutto. 

     

 

 

 

 

 

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L’angolo di Amy

Ciao gente,

ma chi avrà tirato Sansa fuori dall’acqua? Qualche idea? E quel cane da dove salta fuori? Okay, la pianto con le domande U.U

Grazie mille a chi legge, recensisce, segue e ha messo la storia nei preferiti, siete adorabili ^^

Se poi ne avete voglia, qui trovate un’altra mia SanSan (stavolta IC), mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate :3 

Un saluto e al prossimo capitolo, se vi va  ❤ 

Amy       

 

    

  
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