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Autore: Prue786    01/09/2008    1 recensioni
Il sole, il mare, il relax... ci sono davvero tutti i presupposti per una splendida crociera, ma non è così che la pensa Nathan, in vacanza con i genitori. Sarà costretto a cambiare idea quando si ritroverà a scontrarsi con qualcosa che crede al di sopra delle proprie possibilità... e allora la noiosa crociera sarà solo un bel ricordo.
Genere: Generale, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 6- Alla disperata ricerca della civiltà

 

Passano i minuti e il giovane rimane immobile, il respiro e il battito cardiaco regolare e la mente che si svuota completamente.

Nathan comincia  a sentirsi piacevolmente intorpidito.

“È passato un po’… dove sarà andata quella piccola mocciosa?” Si chiede al ridosso del dormiveglia. Avverte in lontananza lo sciabordio delle onde e un cinguettio acuto.

“Spero che non sia andata al largo…” Quel pensiero gli attraversa la mente per qualche secondo prima che apra di scatto gli occhi: “Accidenti!” Esclama alzandosi e cominciando a camminare verso la spiaggia: “Che diamine, non penso che si sia lanciata in acqua come se niente fosse…” Fa un sorriso, ma aumenta il passo: “È una bambina, accidenti! Come pretendo che capisca cos’è pericoloso e cosa non lo è!” Nathan inizia a correre: “Idiota! Sono stato io che le ho detto di andare in acqua… idiota!” Si batte ripetutamente la mano sulla testa, gesto che gli fa ricordare di avere l’emicrania: “Accidenti!” Aumenta ancora di più la sua velocità, ma tira un sospiro di sollievo quando scorge una sagoma sulla sabbia: “È lei!?” Ansima un po’ e deglutisce: “Sì, è lei, è lei!” Raggiunge la bambina e la vede accoccolata sulla spiaggia, intenta ad ammucchiare della sabbia davanti a sé.

Sorride con un sospiro di sollievo e fa ancora qualche passo prima di sedersi a terra.

L’altra si volta a guardarlo: “Sto facendo un castello!” Esclama con un sorriso prima di tornare al suo lavoro.

“Davvero?!” Nathan guarda la gonna gocciolante del vestitino che indossa e stringe le labbra abbassando lo sguardo.

“Sì, è un castello, però non ho il mio secchiello e non viene tanto bene!”

Il ragazzo torna a guardarla in silenzio.

La bambina prende la sabbia e l’ammonticchia.

“Hm… senti…” Comincia Nathan cercando di sorridere: “Come ti chiami?”

“Isabel!” Esclama l’altra non smettendo di lavorare.

“E dimmi, Isabel, quanti anni hai?”

L’altra si gira ed alza una mano guardandola e abbassando il pollice: “Uno… due… tre… quattro… quattro!” Esclama dopo aver contato le dita e guarda Nat sorridendo. Riprende ad ammonticchiare sabbia finché non si ferma e guardando fisso davanti a sé domanda: “Andiamo dalla mia mamma?”

Nathan sospira e dopo qualche istante si mette in piedi e pensa tra sé: “ Prima ci muoviamo e prima finirà quest’assurda faccenda!” Per poi esclamare: “Va bene, andiamo!”

Isabel guarda il ragazzo e sorride, alzandosi di scatto e raggiungendolo.

I due si incamminano verso la foresta e una volta all’interno il giovane si ferma vicino ad un albero ed infila le scarpe prima di proseguire.

Più i minuti passano e più gli alberi aumentano, infittendosi.

Il terreno spoglio viene ricoperto da erba e foglie che attutiscono il rumore dei passi.

Il canto degli uccelli si fa più rumoroso ed è piacevole ascoltarlo in quel luogo, che altrimenti sarebbe decisamente silenzioso.

“Troppo silenzioso!” Pensa Nathan inarcando le sopracciglia e guardandosi intorno alla ricerca della più piccola traccia di civiltà.

I due continuano a zigzagare per evitare i grandi alberi che riempiono il loro cammino e che non sembrano diradarsi, al contrario, diventano sempre più fitti e maestosi.

Il giovane si guarda intorno con aria contrariata, ma allo stesso tempo ammirata per quello spettacolo naturale ed è così concentrato a meravigliarsi che quasi sobbalza quando la bambina a mezzo metro da lui lo chiama.

“Nathan!” Quasi piagnucola.

“Che c’è?” L’altro si ferma e trae un lungo respiro.

“Sono stanca, mi fanno male i piedi!”

Il giovane si passa una mano sul viso chiudendo gli occhi: “Vuoi riposarti?” Chiede senza guardare la piccola.

L’altra annuisce e va a sedersi vicino il tronco di un albero mentre Nathan rimane lì dov’è con lo sguardo perso nel vuoto.

Trascorrono una manciata di minuti e il giovane esclama: “Ora andiamo, o no arriveremo mai!”

Isabel lo guarda e sposta lo sguardo verso il terreno prima d alzarsi. Muove qualche passo e si avvicina al ragazzo alzando le braccia verso di lui.

L’altro la fissa e inarca un sopracciglio: “Che c’è?”

“Mi prendi in braccio?”

“Eh?” Nat fa un passo indietro con espressione meravigliata: “Non se ne parla!”

“Mi fanno male i piedi! Sono stanca!” Si lamenta la bambina avvicinando le braccia tese verso il giovane.

“E allora… ?” Sussurra Nathan gettando un’occhiata alle scarpine rosa della bambina. Sta per dire qualcosa, ma richiude la bocca. Dai sandali bucherellati nota i piedi di Isabel che hanno assunto un colorito tendente al nero a causa dalla terra.

Sospira mestamente e alza lo sguardo sul viso supplichevole della bambina: “E va bene!” Esclama con aria sconfitta prendendola in braccio e riprendendo a camminare: “Almeno così arriveremo prima… non dovrò più andare a passo di lumaca!” Pensa tra sé con un mezzo sorriso.

 

“Ho fame!”

È da un po’ che cammina con Isabel in braccio quando quest’ultima rompe il silenzio.

“Non ci posso fare nulla!” Sussurra Nathan con aria stanca. Le sue braccia cominciano a chiedere pietà.

“Ma io ho fame!” Ripete la bambina .

Il giovane non risponde e fa una smorfia quando avverte il suo stomaco che brontola.

“Nathan, quando arriviamo?”

“Vorrei tanto saperlo anch’io!” Aumenta il passo e rischia di inciampare in una radice: “Maledizione!” Borbotta senza fermarsi.

“Ho fame… voglio mangiare!” Piagnucola Isabel appoggiando la testa sulla spalla del ragazzo che chiude per un instante gli occhi mentre deglutisce con la bocca arida.

Un rumore diverso dal canto degli uccelli e le fronde degli alberi gli fa allungare il passo mentre Isabel ha cominciato a singhiozzare: “Voglio la mia mamma…”

“Sì, anch’io la voglio!” Risponde seccato Nathan, ma la sua attenzione è rivolta al rumore: “Sembra  acqua che zampilla… potrebbe essere una fontana… se c’è una fontana qui vicino ce l’abbiamo fatta!” Pensa sorridendo.

Comincia quasi a correre mentre ha l’impressione che gli alberi stiamo diminuendo.

Il rumore si fa più vicino: è proprio acqua quella che sente. Il mare è ormai lontano.

Nathan si sente meglio al solo pensiero di essere ritornato alla civiltà e, quando si ritrova davanti ad un fiume in piena, si blocca rimanendo senza fiato.

La delusione sembra troppo grande perché possa dire qualsiasi cosa.

Un fiume… acqua di un fiume, non una fontana, ma un corso d’acqua.

Sente le forze venirgli meno e si abbassa per mettere a terra Isabel che a quel gesto lo guarda prima di voltarsi.

“Un fiume…” Sussurra il ragazzo con il sorriso che gli muore sulle labbra. Abbassa lo sguardo e stringe i pugni prima di avvicinarsi.

Isabel lo guarda e comincia a seguirlo.

Il giovane piega un ginocchio poggiandolo a terra e osserva la figura dal contorno frastagliato che si riflette nell’acqua.

Immerge le mani dentro e il liquido freddo sembra allontanare per qualche momento la delusione ancora cocente. Fa una smorfia e mette le mani a coppa per raccogliere un po’ d’acqua ricordandosi improvvisamente di avere una gran sete. Senza porsi troppe domande comincia a bere e smette solo quando si sente ormai dissetato.

Inspira profondamente e riesce nuovamente a sorridere: “Almeno non morirò di sete!” Quel pensiero lo fa voltare; accanto a sé vede la bambina che lo fissa con aria leggermente imbronciata. Prima che possa dire qualcosa, Nathan domanda: “Hai sete?”

Isabel annuisce e fa per mettere le mani nell’acqua quando l’altro le immerge a sua volta e, trattenendo il liquido all’interno, le avvicina al viso della bambina.

Isabel gli lancia un’occhiata e poi comincia a bere.

Nathan deve ripetere l’operazione più di una volta prima che la bambina esclami: “Non ne voglio più!”

“Era ora!” Sussurra a mezza voce e si sdraia con un profondo sospiro.

Rimane fermo con le braccia lungo il corpo respirando regolarmente e rimanendo ad ascoltare l’incessante canto degli uccelli: “Forse dovrei arrendermi…” Pensa chiudendo gli occhi: “Ma in questo modo ammetterei definitivamente di essere solo in un posto sconosciuto…” Apre gli occhi e guarda di lato: Isabel ha le mani nell’acqua a si diverte a farla saltare.

Sorride con aria tragicomica: “Non solo… peggio! Bloccato chissà dove con una mocciosetta di quattro anni!” Sospira e guarda il cielo prima di richiudere gli occhi: “Forse sarebbe stato meglio rimanere sulla spiaggia. Se a qualcuno verrà in mente di cercarci, lì ci vedrebbe di sicuro… già… però qui almeno siamo vicini all’acqua potabile! Ma sì, torneremo in spiaggia più tardi… o domani… ! Ora sono troppo stanco, senza contare che mi fa ancora male la testa!” Sospira nuovamente coprendo gli occhi con un braccio. Avverte dei passi che si avvicinano e istintivamente inarca un sopracciglio.

“Nathan, ho fame!”  Esclama Isabel.

“E che devo fare?” Domanda laconicamente l’altro.

“Ma io ho fame!” Sbotta la bambina piccata.

“Tanti auguri!”

“Ho fame! Ho fame!” Comincia a sbattere un piede a terra.

Nathan stringe i pugni e cerca di ignorare quella vocina fastidiosa, senza successo, e la piccola sta ancora protestando quando con uno scatto si mette a sedere e urla: “Smettila con questa lagna! Hai fame, ho capito, ma la vuoi sapere una cosa? Non sei l’unica! E adesso basta, mi hai proprio stufato!” Si alza e fulmina Isabel con lo sguardo: “Dovevo lasciarti da sola in mezzo all’oceano…” Si blocca avvertendo un leggero tremito nella sua voce e respira profondamente prima di girarsi a guardare il fiume.

Anche se non la sente, immagina il viso della piccola e i suoi occhi pieni di lacrime.

“Voglio la mamma…” Sente sussurrare.

“Ecco, ora ricomincia!” Pensa il giovane rassegnato.

Un rumoroso singhiozzo: “Voglio papà…”

“Almeno comincia a cambiare repertorio!” Nathan sorride sarcasticamente restando fermo.

“Mamma! Papà!” Isabel, in preda al pianto, chiama i genitori fra un singhiozzo e l’altro senza provare neanche ad asciugare le lacrime. Con gli occhi socchiusi si allontana.

Nathan si volta  e la vede seduta ai piedi di un albero con la testa nascosta dalle braccia.

“Povero me!” Sussurra coprendosi il viso con  entrambe le mani. Torna a sedersi con un sospiro e comincia a guardarsi intorno con il pianto soffocato in sottofondo: “Perfino gli uccelli si sono spaventati…” Scuote la testa e il suo sguardo vaga fin quando un albero in lontananza non cattura la sua attenzione. È molto alto e spicca tra gli altri, ma non è il solo di quel tipo.

Nathan si alza con un gemito e lancia un’occhiata alla bambina ancora intenta a singhiozzare, prima di inoltrarsi fra gli alberi per qualche decina di metri.

 

 

 

 

per Emily Doyle: ciao! Mi fa davvero piacere sapere che la storia ti piace! Spero che il seguito non ti deluda^^ Baci!

   
 
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