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Autore: Mokuren    01/09/2008    3 recensioni
E se lo scontro tra Sasori, nonna Chiyo e Sakura fosse finito diversamente? Il marionettista dell'Akatsuki dovrà prendere alcune importanti decisioni riguardanti la sua "collezione".
Genere: Malinconico, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori , Sakura Haruno
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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the shelly!
Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Note dell'autrice: questa storia, classificatasi al quarto posto nella sezione fanfiction, è stata scritta in occasione del concorso " Il Mostro ed il Mostruoso" indetto da Phantastes e Immaginaria. Il protagonista indiscusso è Akasuna no Sasori, un personaggio sicuramente affascinante: agghiacciante, ma al tempo stesso avvolto da un alone di malinconia e mistero. Ho tentato di tratteggiare un possibile finale alternativo all'epico scontro presente nel numero 31 dell'edizione italiana del manga.

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THE SHELL







All’interno della grotta quasi completamente distrutta regnava un silenzio irreale. Detriti di roccia, polvere e frammenti di legno e metallo sparsi in ogni dove saturavano l’ambiente con la loro presenza. In particolare, erano questi ultimi ad attirare l’attenzione: da lontano potevano quasi sembrare arti umani sradicati con violenza dai loro legittimi proprietari. Braccia, gambe, addirittura armi. Ma erano soprattutto i volti a raggelare: la loro espressione sembrava vacua, sospesa in un eterno presente. Tratti somatici inespressivi, incapaci di evolversi oltre. Bloccati per sempre nella loro condizione di marionette.
Una di queste creature, apparentemente integra e avvolta da un logoro mantello nero, era intenta a fissare con occhi limpidi e assorti due sagome umane ai suoi in piedi. Un essere umano, una donna piuttosto avanti con gli anni, giaceva immobile con un'espressione che si sarebbe potuta definire triste e serafica. I capelli color cenere sparsi sul terreno, qualche macchia di sangue sul viso. Gli occhi inequivocabilmente sigillati. Accanto alla donna, respirava a malapena una giovane ragazza ricoperta da numerose ferite che non accennavano a smettere di sanguinare; era lievemente scossa da tremiti e riversa sul dorso, con il volto completamente celato da capelli che ricordavano il colore dei petali di ciliegio.

La marionetta che si ergeva dinanzi a loro aveva le sembianze di un giovane dai capelli di fiamma con il volto imperturbabile e finemente cesellato. Paradossalmente, i suoi occhi nocciola davano l’impressione di essere ancora umani. Di colpo, interruppe la sua apatica immobilità riprendendo vita: si mosse senza preavviso, avvicinandosi in un istante alla donna dai capelli cenerini. Sembrava quasi indeciso sul da farsi, pensieroso. Cauto, si avvicinò maggiormente al corpo apparentemente inerte nell’intento di percepire anche solo l’eco di un respiro o di un battito cardiaco. Nulla. L’ombra di uno sguardo rassegnato sembrò dipingersi sul volto della creatura.

-Anche tu alla fine mi hai abbandonato... - Mormorò con voce atona, volgendo per un istante la testa verso due burattini riversi al suolo a solo pochi passi da lui. Le fattezze di un uomo e una donna: capelli bruni mescolati a una chioma rossa. Da lontano potevano sembravano quasi abbracciati. Immobili, ma abbracciati.
-A quanto pare sei riuscita a sfuggire all’eternità... Rimane la ragazzina allora. Riposa in pace, nonna.- Sembrava quasi riluttante a lasciarla andare. Con dei luminosi fili di chakra animò alcune marionette che sembravano ancora in buono stato e con un movimento fluido e aggraziato delle mani, le costrinse a muoversi ai suoi ordini. Iniziarono a sollevare e spostare freneticamente detriti. Erano semplici manufatti artificiali, creature obbedienti che non conoscevano la fatica, intente a muoversi al ritmo di un’irreale musica senza note. Quando la fossa fu abbastanza profonda, il mastro burattinaio si diresse personalmente verso il bordo depositando con inaspettata delicatezza la donna sul fondo. Con un rapido movimento a scatto, diede le spalle a quella sepoltura improvvisata, manovrando al tempo stesso i pezzi di legno affinché ricoprissero il tutto il più velocemente possibile. Una volta terminato il loro compito li fece crollare a terra, facendo cessare la loro breve esibizione.
Si avvicinò lentamente alla ragazza ormai in fin di vita, sollevandola da terra e uscendo dalla caverna senza emettere un solo, singolo suono.




Il laboratorio segreto di Akasuna no Sasori era immenso e attrezzato di tutto punto. Qui il proprietario, quando non era impegnato in missioni con il suo partner, lavorava alacremente alla sua arte, per raffinare di giorno in giorno la qualità della sua collezione. Il suo vanto e orgoglio personale. Prima dell’impegnativo scontro del giorno prima, il suo piccolo esercito di seguaci raggiungeva la ragguardevole quota di duecentonovantotto pezzi. Ora erano rimasti solo una ventina di esemplari con qualche flebile speranza di tornare all’antico splendore. Aveva perso definitivamente anche quello che considerava il suo asso nella manica: il Terzo Kazekage. Del resto le marionette umane diventavano del tutto inutilizzabili quando il flusso di energia cessava di percorrere il loro corpo.
Sasori, interrompendo per un istante il suo lavoro di riparazione, si diresse verso lo spartano letto in fondo alla stanza. La ragazza dormiva profondamente, serena e immersa in chissà quali sogni. Aveva curato perfettamente le sue ferite, oltre a somministrarle un antidoto efficace e definitivo contro il veleno che, solo fino a due giorni prima, opprimeva implacabile ogni sua singola cellula. Il letale veleno che portava alla morte nel giro di tre giorni, tra paralisi e atroci sofferenze. Poteva sembrare addirittura grottesco: prima cercava di ucciderla, poi la curava. Del resto, non appena l’aveva vista in azione aveva desiderato averla nella sua collezione. Sarebbe stata la sua nuova punta di diamante: uno spirito indomito unito a una forza prodigiosa e a un controllo del chakra che aveva dell’incredibile.
Le marionette umane dovevano essere in perfette condizioni al momento della trasformazione. Non potevano esserci imperfezioni di nessun genere, in una forma cristallizzata per l’eternità. Già: prima avrebbe provveduto a estrarre i suoi organi interni, l’avrebbe dissanguata completamente e poi l’avrebbe trasformata in un bellissimo involucro dotato degli stessi poteri di quando era in vita. Una tecnica perfetta e collaudata per creare bambole letali, gusci vuoti completamente al suo comando. Questa era la sua arte.
Mentre era assorto in questi pensieri una presenza fece improvvisamente irruzione nel laboratorio: un ninja con un lungo ciuffo biondo che celava parte di un volto ancora fanciullesco e dai lineamenti regolari. Era avvolto nella classica divisa dell’Akatsuki, un mantello nero ricoperto da nuvole color sangue, e i suoi occhi celesti si guardavano attorno con curiosità e circospezione.
-Deidara! Che diavolo ci fai qui? Ti avevo espressamente vietato… - Il marionettista si voltò verso l’intruso con una smorfia di puro furore tesa a deformare i bei tratti del suo viso.
- Sasori, volevo chiederti… - Il ninja dai capelli dorati si bloccò di colpo sulla porta, come paralizzato dallo stupore.
Una reazione comprensibile del resto: Sasori solitamente non mostrava il suo “vero” aspetto ad anima viva se poteva evitarlo, odiava sentirsi “scoperto”. D’altronde non poteva fare altrimenti: la marionetta Hiruko, la corazza esterna con cui ormai conviveva da anni, era andata completamente distrutta. Mandata in pezzi in una manciata di secondi da un colpo devastante di quella ragazzina di Konoha. Viste le circostanze, per qualche tempo si sarebbe limitato a indossare solo “se stesso”.
-Cosa vuoi Deidara? Non farmi perdere altro tempo... - Mormorò a bassa voce, la sua vera voce. Carezzevole e indolente, con un’inquietante punta di languore, così diversa da quella roca e minacciosa che utilizzava all’interno di Hiruko.
-Vedo che sei sopravvissuto… - Rispose, eludendo temporaneamente la domanda e cercando di non fissarlo troppo sfacciatamente. –Non che avessi qualche dubbio.- Si affrettò subito ad aggiungere.
-Lo sai che odio le inutili attese. Arriva al punto. Scommetto che ti sei fatto sfuggire la Forza Portante… - Lo schernì infine, mentre un accenno di sorriso curvava le sue labbra perfette.
-In effetti si è rivelata un’impresa più difficile del previsto… Soprattutto per via del suo compagno con lo Sharingan.- Ammise con riluttanza, chinando leggermente il capo sconsolato.
-Catturare da solo due forze portanti mi sembrava un po’ eccessivo come obiettivo, persino per te… Sei sempre troppo impulsivo.- Concluse secco, notando solo ora uno strano vuoto nel mantello di Deidara. E soprattutto quello che teneva con premura nell’altra mano: un braccio. Si era fatto strappare un braccio durante l’ultimo scontro.
-Siediti, ti riattaccherò il braccio. Poi dovrai sparire. Un’ultima cosa: azzardati a entrare nuovamente qui senza permesso e te la farò pagare cara. Intesi?-
-Cristallino, Sasori.- Rispose sedendosi diligentemente su una delle sedie attorno al tavolo del laboratorio, su cui erano disposti con ordine meticoloso alambicchi, provette di vetro e strumenti per la lavorazione del legno.
I lavori di medicazione furono veloci e accurati: attaccare e riparare arti staccati era da sempre una delle celebrate abilità del marionettista. Una volta terminato il lavoro, Sasori si limitò a fissare Deidara con uno sguardo eloquente. “Vattene” dicevano i suoi occhi. Il biondo fece per allontanarsi quando avvertì, ormai quasi sull’uscio della porta, una terza presenza oltre a loro due: la ragazza addormentata in fondo alla stanza. Si era agitata nel sonno, nonostante la dose massiccia di sedativi che le circolava nel sangue. Probabilmente i suoi sogni tranquilli si erano trasformati in terrificanti incubi.
-E quella cosa ci fa qui…?- Domandò, spalancando la bocca per lo stupore.
-Un’altra domanda e ti strapperò entrambe le braccia. Questa volta però, farò in modo che nessuno te le possa riattaccare… - Lo minacciò Sasori, raggelandolo con quella frase.
-D'accordo, d'accordo me ne vado. Ma qualsiasi cosa tu abbia in mente, vedi di farla in fretta... Oh stavo quasi dimenticando le buone maniere: grazie per il braccio. Avrei avuto qualche piccolo problema a manipolare l’argilla con una mano sola.- Detto questo uscì, lanciando un’ultima, perplessa occhiata verso la Kunoichi ancora persa nel limbo dell’incoscienza.



Erano già passati due giorni dall’inizio della detenzione della giovane all’interno del laboratorio. Ormai era guarita perfettamente dalle diverse ferite che ricoprivano il suo corpo. Persino i piccoli tagli sulle gambe e sulle braccia erano stati risanati perfettamente grazie alle raffinate arti mediche del marionettista. Sembrava essere di nuovo in perfetta salute, sebbene quasi del tutto impossibilitata a compiere movimenti complessi e articolati. Del resto come avrebbe potuto? Una cintura ricoperta da strani simboli le avvolgeva stretta la vita: Sasori, per precauzione, aveva pensato di sopprimerle il chakra con la stessa tecnica di sigillo che la vecchia Chiyo aveva tentato di utilizzare su di lui. Una tecnica fallita clamorosamente, quella utilizzata dalla consigliera del Villaggio della Sabbia, visto che il presunto bersaglio poteva scambiare facilmente la sua essenza vitale da una marionetta all’altra in qualsiasi momento. In quel preciso istante, proprio quando avevano creduto di averlo definitivamente in pugno, le due ninja avevano firmato la loro condanna.
Verso la fine del secondo giorno di prigionia, nonostante l’intorpidimento dovuto alla prolungata mancanza di movimento e ai farmaci anestetizzanti che la mantenevano in uno stato di quasi totale paralisi, la kunoichi aprì lentamente i suoi occhi di un intenso color giada. La prima cosa che vide, girando lentamente la testa sul cuscino, fu il suo carceriere intento a intagliare con abili colpi di scalpello un viso femminile, bello ma inespressivo. Un volto che le sembrava stranamente familiare. Il suo volto, i suoi tratti somatici fissati per sempre in un materiale come il legno, vivo e inerte al tempo stesso.
L’artista, accortosi immediatamente del suo risveglio, si voltò lentamente nella sua direzione, accennando l’ombra di un sorriso che si sarebbe potuto definire innocente se non fosse appartenuto proprio a lui.
-Finalmente ti sei svegliata, ragazzina.- Disse rivolgendosi a lei con un tono di voce calmo e rilassato.
-Dove mi trovo… Perché sono ancora viva?- Disse, mormorando a fatica le sue prime parole dopo ore e ore di inattività delle sue corde vocali.
-Chissà… Non stai apprezzando la mia ospitalità? A proposito: qual è il tuo nome ninja della Foglia? Mi piace sempre conoscere il nome degli avversari che reputo degni.- Si alzò dalla sedia e si avvicinò, scrutandola per la prima volta con un barlume d’interesse.
-Non saprai nulla da me, maledetto assassino... - Bisbigliò con fatica, facendosi forza sui gomiti nel tentativo di sollevarsi.
-Come preferisci. In ogni caso se ti stai chiedendo dove si trova la compagna della Sabbia che si trovava con te, puoi facilmente risponderti da sola… -
L’occhiata di puro odio che la giovane gli rivolse sembrò lasciarlo indifferente. Avvicinandosi di un altro passo al letto, si chinò con grazia vicino al suo orecchio come per rivelarle un segreto.
-Ho deciso. Se non vuoi parlare, allora torna a dormire… - Il movimento della sua mano fu fulmineo. La ragazza neppure si accorse della delicata pressione dell’ago sulla tenera pelle del suo braccio sinistro. Ripiombò quasi all’istante nell’incoscienza, scorgendo di sfuggita il volto angelico ed eternamente giovane di Sasori accanto al suo.




Un soffio di aria gelida la travolse all'improvviso, facendola leggermente rabbrividire. Si trovava all'aperto, questo era certo, ma la pressione di una stoffa morbida sugli occhi le impediva completamente di vedere, relegandola in una snervante oscurità.
La consapevolezza di qualcuno alle sue spalle, intento a slegarle i polsi e a rimuovere la benda che le copriva gli occhi, fece sussultare la ragazza. La prima cosa che vide, una volta caduta la lucida stoffa nera, fu un’immensa distesa di vegetazione, una foresta rigogliosa che le ricordava con nostalgia i colori e le tonalità inconfondibili della sua terra d’origine. Il profumo del vento e del verde che non sentiva più da tempo, le strinsero la gola in una morsa di dolore misto a sollievo. Si voltò lentamente, trovandosi di fronte il suo aguzzino avvolto nel mantello dell’Akatsuki. Sembrava proprio che non avesse ancora trovato una nuova marionetta per rimpiazzare Hiruko… Abbassò subito lo sguardo per controllare la presenza della cintura che le aveva bloccato completamente il chakra durante la sua prigionia. Non c’era più nulla attorno alla sua vita. Era libera. Libera di scatenare la sua forza distruttiva e il suo odio sulla marionetta che aveva tolto la vita alla vecchia Chiyo, ucciso Gaara e che, molto probabilmente, in futuro avrebbe braccato Naruto. Sempre che il suo compagno biondo non l’avesse già catturato… Rabbrividì per la seconda volta a questo pensiero. Lo fissò attentamente, per cogliere anche solo una pallida traccia di umanità nella sua figura. Invano: il suo cuore pulsante di chakra, marchiato dal sigillo dello scorpione, era nascosto accuratamente tra le pieghe del mantello. Quella creatura, a prima vista così eterea e innocente, era del tutto incapace di sentire dolore o di provare emozioni umane. Continuare a cercare tracce di vita in quel bel volto dall'espressione raggelata era perfettamente inutile, lo sapeva bene.
La sua voce ruppe il silenzio quasi totale di quel particolare momento, sospeso a metà tra l’oscurità della notte e la luce ancora incerta del giorno.
-Sei libera, puoi andartene kunoichi senza nome.- Una frase secca che suonava come un ordine.
-Posso almeno conoscere il motivo di questa decisione?- La curiosità ebbe la meglio sull’istinto che le suggeriva di fuggire all’istante, ora che ne aveva inaspettatamente l’occasione.
-D’accordo soddisferò la tua curiosità per la prima e ultima volta, visto che ci tieni tanto. Cerca di capire il mio punto di vista: sei ancora acerba e nonostante la tua forza sia già prodigiosa, puoi migliorare ancora. Non voglio privarmi della perfezione per la mia impazienza. Aspetterò ancora un altro po’, posso aspettare tutto il tempo che voglio… Un giorno, quando ti reputerò pronta, verrò a prenderti e diverrai parte della mia collezione. Te l’avevo già preannunciato all’inizio del nostro scontro nella grotta, ricordi?- Concluse, allargando le braccia a mo’ di spiegazione.
-Sei un povero illuso, Sasori. Vorrà dire che durante il tempo che mi “concederai” troverò un metodo più efficace per eliminarti definitivamente... - Sussurrò a denti stretti, scomparendo rapidamente tra la fitta vegetazione di quella zona di confine nei pressi di Konoha.
-Vedremo chi verrà "sconfitto" alla fine… - Mormorò tra sé e sé il marionettista, mentre il sole ormai sorto illuminava le sue iridi di nuovi bagliori. Anche se non amava le attese, poteva fare anche qualche eccezione se ne valeva davvero la pena. Già… Gli era stata appena rivolta una sfida, il presagio di un nuovo passatempo lasciato in custodia al vento del mattino.







Ringraziamenti

Innanzitutto volevo ringraziare gli organizzatori del concorso per i loro giudizi (di cui ho fatto tesoro in occasione della revisione) e per la scelta dell'affascinante tema da affrontare. Un grazie anche a tutti i lettori e in particolar modo a Setsuka, momoko89 e Zoe chan per i loro commenti. A proposito del finale "aperto": mi piacerebbe molto riuscire a scrivere un capitolo conclusivo visto che qui è lasciato un po' tutto in sospeso...
[Edit] Ho preferito modificare e alleggerire in parte il finale della storia. La versione originale, con i relativi giudizi, è on line sul sito organizzatore del concorso: Immaginaria.





  
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